Prima di andare a studiare filosofia e geometria (al solo pensarci mi vengono i brividabadibidi) posto l'unica ff che ho fatto (per ora, eh!) sul contest autunnale...
Titolo: Odio et Amo.
Gruppo: Arashi.
Pairing: Sakumoto.
Rating: pg-13.
Poesia: Odio et Amo (carme LXXXV - Liber).
Autore poesia: Gaio Valerio Catullo.
Disclamer: Gli Arashi e la poesia non mi appartengono. Io possiedo soltanto un immenso amore nei confronti degli Arabimbi e una stima infinita nei confronti di Catullo.
Note: bozza scritta in classe mentre il prof. ci chiedeva di provare una traduzione in rima per la poesia. Con la rima faccio schifo XDDD Ma questa poesia è fatta apposta per i Sakumoto *___*
Odio…
“Sakurai…”
Ti sento chiamarmi dal fondo del corridoio.
Avevo percepito il tuo arrivo. Come se ormai anche se non ti ascolto, non ti vedo, non ti sfioro… ti sentissi lo stesso.
Mi giro a guardarti.
“Dove stai andando?” chiedi. Il solito tono piatto nella tua voce bassa, i tuoi occhi che mi fissano dall’altro lato del corridoio buio.
“Esco un attimo…”
“Non mi sembra di aver detto che facciamo una pausa. Abbiamo ancora un sacco di altre cose su cui decidere” obbietti all’istante. Ti aspettavo.
Aspettavo le taglienti, altezzose parole che mi indirizzi sempre.
Giocare con te... stuzzicarti.
“Non l’hai detto, ma io esco lo stesso. Ho una telefonata importante da…”
“Quanto importante?”
Le fiamme nere dei tuoi occhi divampano.
La luce alle tue spalle proietta solo la tua ombra, il delicato profilo del tuo corpo.
“Importante” ribadisco.
La mia voce si perde nel lungo corridoio, inghiottita dal buio.
Mi avrai sentito?
Ti giri, fai qualche passo.
“Subito in studio. La telefonata la farai più tardi” ordini.
Odio…
Mi avvicino appena quella persona ti lascia solo un attimo.
Non credevo che questa serata si sarebbe trasformata in una lenta, terribile tortura.
“Chi è?” chiedo, affiancandoti. Guardo altrove, ma lo so che mi stai studiando.
“A te che importa?” rispondi tagliente, bevendo un altro sorso del tuo cocktail.
Ti guardi in giro.
“Un vecchio amico” rispondi, vago.
Sai che mi fa irritare questo tuo modo di fare… sai che non riesco a sopportare la curiosità.
“Molto amico…” mormoro, cercando di non farmi sentire.
Tu alzi lo sguardo fino ad incontrare il mio, sorridi.
“Stiamo pensando di andare a vivere insieme…” riveli, sistemandomi la cravatta.
Non ho parole.
“Forse il prossimo mese” aggiungi, sparendo fra la folla del salone.
Odio…
“Non mi interessa quello che pensi di me!”
“Non ti ho criticato, era solo una costatazione!”
“E non accetto nessuna costatazione da uno come te!”
“Io…”
“Smettila di tormentarmi! Che ne vuoi sapere tu???”
“Allora evita di fare tutto in modo così plateale, mi da suoi nervi!”
“Ah, è così? Sarei io quello che si mette in mostra, no?”
“Non ho detto…”
“Hai detto esattamente quello! Non mi importa sei il mio carattere, il mio comportamento o semplicemente la mia esistenza ti disturbi, Sakurai! SMETTILA DI PRETENDERE di essere qualcuno nella mia vita!”
… et amo.
Finalmente zitto, sdraiato, nudo fra le lenzuola del mio letto.
Finalmente un tiepido sorriso sulle tue labbra. Mio, solo mio. Vorrei strappartelo con questi baci e non restituirtelo mai più. Vorrei solo che tu mi sorridessi sempre, in questo modo.
Nonostante i litigi, le dure parole, le ripetute promesse di porci un limite…
“Perché finisce sempre così?”
La mia domanda resta sospesa nell’aria densa della stanza.
I tuoi grandi occhi mi osservano, con la mano mi accarezzi il collo, il petto.
Odio et amo.
Con gli stessi movimenti, lo stesso sguardo e lo stesso profumo con cui arrivi, vai via.
Senza mai dire una parola.
Resto a guardare il soffitto e penso…
Quare id faciam, fortasse requiris?
Devo sentirmi vuoto o felice?
Devo sorridere o affliggermi?
Quando sei davvero tu? Quale sei davvero tu?
Cosa sono io… per te?
Con la stessa forza con cui ti odio… con la stessa forza sento di amarti. E con debole rassegnazione lascio che tu decida quando queste due cose avvengano…
alternandole…
ogni giorno.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.