Sorry for the spam, il post era troppo lungo e ho dovuto dividere la storia in due. Mi sono lasciata decisamente andare nella correzione xD.
Titolo: Would we be able to share each other's loneliness?
Genere: AU, Death-Fic
Fandom: Kis-My-Ft2
Raiting: PG-15
Pairing: HiroSuke (Kitayama x Fujigaya)
Desclaimer: I tizi non sono miei ecc ecc.
Note: La FF prende ispirazione da 1 Litre of Tears, potete immaginare come andrà a finire.
Parte 1. "Riesci a camminare?"
"Si che ci riesco."
Taisuke era appena stato dimesso dall'ospedale e lui si era offerto di accompagnarlo a casa.
Si era reso conto di essersi attaccato un po' troppo a lui, si era ritrovato persino a cena a casa Fujigaya e quella era stata la prima volta che veniva invitato dalla famiglia di un amico. Gli era piaciuta l'aria di casa Fujigaya, si respirava l'amore che i genitori avevano per i figli e viceversa, si capiva fin da subito quanto i membri della famiglia fossero legati tra di loro e Hiromitsu aveva provato invidia.
Lui aveva solamente sua madre, erano stati parecchio legati all'inizio, la madre si era sentita in dovere di fargli anche da padre ma poi qualcosa si era spezzato. Non riuscivano più a comunicare, lui le nascondeva qualsiasi cosa della sua vita e lei quasi lo ignorava.
"Tua madre è amorevole con te, vero?"
"Uhm ma da quando ha saputo che sono malato, mi sta più addosso. Non vorrei essere un peso per lei, deve occuparsi anche di Yuusuke e Ryosuke"
Taisuke era carino con la sua famiglia, cercava sempre di non farli preoccupare e di pesare su di loro, chissà com'era vivere in una famiglia allegra come la sua.
Ci ricadeva sempre, ogni volta che pensava alla famiglia dell'altro non poteva fare a meno di paragonarla alla propria. Al contrario di Taisuke, lui non lo aveva invitato a cena, non gli aveva presentato la madre né ne avevano mai parlato. Fujigaya non aveva mai insistito in verità, era come se capisse che qualcosa non andava tra i Kitayama e non lo aveva mai costretto a parlare se non voleva. Hiromitsu in fondo era un tipo chiuso, lo sapeva bene.
"Quando dovrò usare la sedia a rotelle, sarò un peso per tutti"
"Perché ci stai pensando?"
Il medico era stato chiaro: Taisuke non sarebbe più stato in grado di camminare ed era solo questione di tempo.
Le sue condizioni non potevano fare altro che peggiorare e nessuno poteva aiutarlo. Nessuno.
Iniziarono a camminare l'uno accanto all'altro e solo in quel momento si accorse che Taisuke si muoveva in modo diverso, sembrava quasi un pinguino.
"Sei sicuro di farcela?"
"Uhm, scusa se sono un po’ lento.~"
"Tranquillo, tanto ho tempo."
Lo aveva detto con un tono inaspettatamente dolce mentre lo invitava ad aggrapparsi al suo braccio. L'altro gli sorrise e il colore sul suo volto aumentò improvvisamente: era cotto più di quanto credesse.
Da quando si erano baciati il giorno in cui aveva scoperto della sua malattia, la zecca era diventata Hiromitsu. Non lo lasciava solo mai un secondo, a scuola pranzavano insieme e quando poteva lo accompagnava a casa saltando addirittura gli allenamenti di calcio (cosa che Taisuke non sopportava, non voleva che il più grande rinunciasse a tutto per lui).
"Hiro-chan mi piace tanto."
E glielo diceva così, come se niente fosse?
Le sue guance stavano prendendo fuoco, la sua testa e il suo corpo giravano a causa di tutte quelle sensazioni che stava provando e lui che faceva? Gli diceva che gli piaceva, tanto!
Era ufficiale, Fujigaya Taisuke si divertiva a metterlo in imbarazzo.
"Sei ancora rosso."
"E' colpa tua!"
E bloccandosi davanti a Taisuke, premette le labbra contro quelle dell'altro.
Non si erano più baciati dopo la prima volta, Hiromitsu aveva avuto paura di fare un passo avanti con l'amico perché non era sicuro di poter essere ricambiato - il bacio che si erano scambiati era stato un indizio, ma non aveva voluto tentare la fortuna -.
Posò le mani sulla schiena di Fujigaya approfondendo il bacio, sentiva il corpo magro del più piccolo contro il suo e si sentì accaldato. Gli piaceva la sensazione che provava stando così vicino a lui, era come se tutto il resto del mondo sparisse, come se esistessero solamente loro due.
"Voglio stare con te, Hiromii."
Prese una lunga boccata dalla sigaretta che aveva tra le labbra e chiuse gli occhi lasciandosi trasportare dal rumore degli uccellini nel giardino della clinica. Aveva deciso di rimanere fuori ad aspettare il ritorno di Nikaido e Senga, a cui aveva dato il permesso di portare l'amico fuori dall'ospedale, e con un po' di fortuna si sarebbe portato avanti con il lavoro di ufficio.
Rimanere concentrato era difficile, sperava che l'aria calda e tranquilla della giornata potesse aiutarlo a rimanere focalizzato sul lavoro e non farlo vagare nei ricordi.
"Perché non ti fai curare Nika?"
"E' una perdita di tempo."
"Non lo puoi sapere! Kitayama-san dice che..."
"Non voglio Hiro, rinunciaci."
Le voci dei due ragazzi si stavano avvicinando e Hiromitsu spense velocemente la sigaretta, raccolse la sua roba e decise di rientrare nel suo studio. Avrebbe dovuto preparare una scusa per i genitori di Nikaido, non aveva chiesto il loro permesso per far uscire il figlio, e avrebbe dovuto preparare una lettera in cui dichiarava di essersi preso la completa responsabilità di quel gesto leggermente sconsiderato.
Cos'altro poteva fare per convincere Takashi a lasciarsi curare? Taisuke si era pentito di non aver intrapreso nessuna terapia… Forse raccontando all'adolescente la sua storia, si sarebbe convinto e avrebbe cambiato idea.
" "Spero possiate aiutare Fujigaya-kun"...Ha detto proprio così, come se avessi bisogno de loro aiuto!"
Accarezzò la testa di Fujigaya scompigliandogli i capelli. Avevano deciso di pranzare sul tetto della scuola per evitare di essere visti dagli altri, l'ultima cosa di cui aveva bisogno Taisuke erano pettegolezzi sul loro rapporto e, se proprio doveva ammetterlo, preferiva avere il compagno tutto per sé.
"Posso ancora camminare, non ho bisogno dell'aiuto di gente che mi derideva.”
Quindi se n'era sempre accorto, Kitayama era stato così stupido da credere che non se ne accorgesse, aveva sempre pensato che certe cose, data l'ingenuità di Taisuke, non le notasse.
"Ti aiuterò io."
"Siamo in classi diverse Hiro"
Il ragazzo si appoggiò con la schiena e la testa sul suo petto e lui lo avvolse con le braccia senza pensarci due volte.
Lo avrebbe aiutato davvero, sarebbe diventato la sua ombra se necessario, non lo avrebbe lasciato da solo per niente al mondo e non avrebbe permesso a nessun altro di occuparsi di lui (non si fidava dei compagni di scuola, con l'acidità con cui avevano sempre trattato Fujigaya c'era il rischio che gli facessero qualche brutto scherzo).
"Fa niente, voglio aiutarti comunque."
"Quanto sei carino Hiro-chan!"
Chiuse gli occhi posando delicatamente il mento sulla testa di Taisuke.
Gli piaceva quando passavano dei momenti da soli, Fujigaya riusciva a farlo diventare una persona diversa, con lui riusciva a pure a ridere.
Con lui riusciva persino ad essere affettuoso.
Con lui riusciva ad essere se stesso.
Era stato strano all'inizio, aveva considerato l'altro un fastidio, il suo seguirlo ovunque lo innervosiva e il suo stargli sempre addosso aveva messo a dura prova la sua pazienza. Poi, un bel giorno, si era accorto che quella piccola zecca non lo infastidiva più, che la sua compagnia si era trasformata da spiacevole a piacevole, si era accorto che bastava un suo sorriso per farlo sentire meglio.
Lentamente, Fujigaya, era diventato sempre più importante, come se fosse l'unica persona che contasse vedere, perché in fondo la sua presenza gli faceva bene, perché col suo sorriso era riuscito a buttare giù il muro di cinismo che aveva e… e gli era grato perché era riuscito a fargli capire che pure lui poteva amare qualcuno.
"Neh Hiromii?~"
"Uhm?"
"Hai la testa pesante anche se vuota!"
"Idiota!"
Sentire l'altro ridere lo rendeva quasi tranquillo, la sua malattia diventava un piccolo punto lontano nella loro mente, pareva quasi non esistere.
Buttò lo sguardo sulle gambe di Taisuke chiedendosi per quanto ancora avrebbe potuto camminare. L'altro sembrava non darci peso, ma sapeva che solo al pensiero di non potersi più muovere stava male; una persona vivace e attiva come il più piccolo costretto a rimanere su una sedia a rotelle, Hiromitsu stava male solo al pensiero di non riuscire più a camminare.
"Ti manca giocare a calcio?"
"No."
In realtà un po’ si ma non poteva farci niente, lo avevano cacciato dalla squadra quando il suo saltare gli allenamenti era diventato sempre più frequente. Non si erano fatti problemi, gli avevano dato il ben servito senza nemmeno tentare di capire come mai fosse così spesso assente.
Correre dietro quello stupido pallone era stata la sua valvola da sfogo fin da piccolo, tirandoci calci riusciva a liberarsi da tutta la rabbia e l'ansia che provava, quando segnava o faceva una bella giocata si sentiva finalmente soddisfatto di sé e adesso non aveva più niente di tutto quello. C'era Taisuke però e quello gli bastava.
"E' colpa mia, vero? Perché sei corso da me quando sono caduto e non sei più andato agli allenamenti."
"Non è colpa tua, non farti troppi problemi."
Non era davvero colpa sua, Hiromitsu sapeva che abbandonando la partita a metà gara si sarebbe messo nei guai, era consapevole che saltare gli allenamenti lo avrebbe messo in cattiva luce, ma Taisuke era più importante di un hobby. Era diventato più importante di qualsiasi cosa.
"Scusa per tutti i problemi che ti sto dando."
"Non lo stai facendo, cretino."
Strinse ancora di più Fujigaya a sé con foga, aveva paura che potesse scomparire da un momento all'altro.
Non aveva mai avuto paura di perdere una persona, se non sua madre quando era piccolo, ma Taisuke era diventato il suo mondo e la sola idea di non averlo più con se lo stava rendendo paranoico.
La notte aveva problemi a dormire, non riusciva a pensare ad altro che a Fujigaya e alla sua salute, si preoccupava per ogni minima cosa ed era diventato ossessionato dal telefono (temeva di non poterci essere nel momento in cui l'amico avesse avuto bisogno di lui).
"Dici che potremmo saltare le lezioni?"
"Fujigaya Taisuke che vuole saltare la scuola? Stai male?"
Taisuke era il classico secchione, quando si ritrovavano per studiare finivano per studiare sul serio, si arrabbiava pure quando Hiromitsu non capiva un esercizio o tentava in tutti i modi di smettere di perdere tempo sui libri! Il suo stupore a quella richiesta era del tutto comprensibile.
"E' che voglio stare con te."
"Awww, quanto sei carino Taipi!"
Iniziò a fargli il solletico facendolo contorcere e ridacchiare come un bambino; Taisuke era sensibile ai fianchi e alle spalle, quando Kitayama gli faceva il solletico in quei punti lui scattava come una molla.
In quei momenti sembrava un ragazzino normale, sembrava non avere nessuna malattia incurabile...
"Non fare caso al caos, mia madre non è molto a casa in questo periodo."
"Non preoccuparti."
Era la prima volta che portava Taisuke a casa e sua madre aveva lasciato tutto come un porcile! Certo, avrebbe potuto sistemare lui ma mica sapeva che avrebbe saltato la scuola. Non che si aspettasse che sua madre rassettasse la casa e raccogliesse le sue cose, ma una volta ogni tanto poteva ricordarsi di avere un figlio e non solo un lavoro.
"Hi-Hiro?"
"Uhm?"
"Non… non riesco a muovermi."
C'erano giorni, momenti, in cui Taisuke non riusciva a muoversi. Rimaneva fermo ad aspettare che il proprio corpo riprendesse il controllo, a volte chiedeva direttamente aiuto a Hiromitsu - tanto erano sempre insieme -.
Il più grande non si era più preoccupato per quelle crisi, adesso sapeva perché aveva difficoltà nei movimenti e perché gli chiedesse aiuto; per quanto brutto come pensiero, si sentiva rassicurato nel conoscere la verità.
"Ti aiuto io!"
Si avvicinò a lui prendendolo in braccio, aveva perso qualche chilo a causa della malattia e il suo fisico si stava emaciando. Il volto era pallido, delle volte per evitare di venire preso in giro più del dovuto, Taisuke era ricorso al trucco della madre o agli autoabbronzanti.
L'altro ragazzo gli avvolse il collo con le braccia aggrappandosi per paura di cadere.
"Mi dispiace."
"Piantala."
Lo avrebbe trasportato in braccio per tutto il resto della sua vita se necessario.
Ghignò notando il rossore sulle guance dell'altro, era spassoso vedere come arrossiva quando Hiromitsu lo prendeva in braccio, quel colorito tenue accentuava ancora di più la tenerezza del suo volto.
Non si era mai sentito a quel modo, non aveva mai provato niente di simile e, se proprio doveva essere onesto, la cosa lo spaventava parecchio. Che ne sarebbe stato di lui una volta solo?
"E' carina casa tua."
Glielo disse mentre Hiromitsu lo posava sul proprio letto. Aveva una bella casa, quello era vero, ma era vuota e silenziosa, tutto l'opposto di quella che era casa Fujigaya. Lui e sua madre erano soli, Taisuke poteva contare su una famiglia numerosa.
"Hiromii?"
Si voltò verso di lui e sentì le labbra venire catturate da quelle dell'altro, lasciò che la lingua del più piccolo invadesse la sua bocca e gli lasciò il controllo di quel bacio.
Taisuke baciava bene, aveva acquistato più fiducia e ogni volta che lo baciava, Hiromitsu rimaneva senza respiro. Accadeva anche in precedenza,ma gli piaceva condividere il comando con l'altro di tanto in tanto.
Avvertiva il tocco caldo e delicato di Fujigaya sulla sua schiena mentre il loro bacio si faceva sempre più passionale e frenetico. Portò le mani sul petto di Taisuke sfiorandolo con le dita; stavano entrambi ansimando, i loro corpi che si scontravano e strusciavano l'uno contro l'altro.
Poteva sentire l'erezione crescente di Taisuke contro la propria, mille brividi di piacere scuotevano entrambi e Kitayama non poté fare a meno di cominciare a spogliare l'altro ragazzo.
Non erano mai arrivati a quel punto, non gli era parso giusto costringere Taisuke a fare un passo così importante nelle sue condizioni di salute. In quel momento, però, ne aveva bisogno e sperava che anche per il più piccolo fosse così.
"Mi-Mitsu.."
"Se vuoi che mi fermi, dimmelo..."
"N-non voglio..."
"Avrei voluto passare più tempo con te. Forse ho sbagliato tutto, forse avrei dovuto dare ascolto ai medici, solo che...che era inutile, no?
Non credevo di poterti incontrare, neanche di poter provare certe cose, non volevo essere un peso anche per te e avrei voluto essere più forte, sai? Almeno un po’.
Non odiarmi Hiro-chan e anche se credi di non aver contato molto nella mia vita, sei sempre stato un cretino in fondo, è per te che mi pento di non essermi curato.
Perchè ho visto quanto stavi male, quanto eri triste e quanto cercavi di nasconderlo.
Sono stato così felice di averti conosciuto e di essere stato tanto importante per te. Nessuno si era mai comportato carinamente con me, nessuno si era mai preso cura di me come hai fatto tu fin dall'inizio. Ti ricordi come ci siamo incontrati? Ricordo la tua espressione preoccupata e quella scocciata quando l'infermiera ti ha ordinato di portarmi a casa, scommetto che ti sei sempre chiesto perché era toccato proprio a te!
Mi dispiace averti creato tanti problemi, non solo con i compagni di scuola ma anche con quelli del club di calcio. So quanto tenevi a giocare e a causa mia hai dovuto saltare gli allenamenti e ti hanno cacciato… Non avresti dovuto fare una cosa simile, sei stato un idiota.
Spero tu possa trovare qualcuno che si prenda cura di te e che ti ami esattamente come ti meriti, come hai fatto tu con me.
Vorrei avere più tempo per stare con te, per parlarti delle cose più stupide, per abbracciarti e baciarti, per avere una vita normale… Avrei dovuto darti retta, avrei dovuto seguire ogni stupida terapia, mi dispiace averti fatto credere che non eri abbastanza per farmi cambiare idea, lo eri ma ero spaventato da tutto quello che mi stava accadendo.
Ogni tanto pensami, ok? Anche solo come la tua zecca...”
"Ti amo tanto..."
Si portò una mano alla bocca per evitare che i singhiozzi attirassero l'attenzione di qualcuno, non voleva farsi vedere in quelle condizioni.
Per quanto ci avesse provato nel corso degli anni, non era riuscito a dimenticarlo, non era riuscito ad amare nessun altro: Taisuke rimaneva l'unico per lui.
I ricordi dei momenti passati assieme, le sensazioni che avevano provato, le parole e le promesse che si erano scambiati, non sarebbero mai ritornate. Nessuno gli avrebbe mai fatto riprovare quel tipo d'amore.
Era stato per Fujigaya che aveva deciso di diventare un medico, si era messo in testa di aiutare le persone affette dalla sua stessa malattia, l'atassia spino-cerebellare, perché non era riuscito a salvare lui.
"Non si può tornare indietro, vero?"
C'erano ancora un sacco di cose che avrebbe voluto dirgli, tipo quanto era stato felice di averlo conosciuto e di averlo avuto nella sua vita, gli avrebbe voluto dire che era grazie a lui che era cambiato.
Ma non si poteva tornare indietro, purtroppo. Gli sarebbe piaciuto però, desiderava talmente tanto riavere Taisuke con sé; quando l'altro era morto, un pezzo della sua anima e della sua vita se n'era andata con lui. Non era una frase di circostanza, Hiromitsu non si sentiva più se stesso dal giorno di quel funerale.
Fujigaya era morto presto, a soli ventidue anni la vita lo aveva abbandonato lasciando un vuoto dentro alle persone che gli avevano voluto bene.
Lo aveva visto peggiorare mese dopo mese, non c'era mai stato un attimo di tregua e, per quanto avesse sofferto, Hiromitsu aveva deciso di rimanere al suo fianco.
Anche se aveva significato vederlo immobile su un letto.
Anche se aveva significato poterlo vedere vivo e l'attimo dopo morto.
Stava ancora male dopo tutti quegli anni, si sentiva perduto ogni volta che ripensava a lui e quando tornava a casa, le rare volte che lo faceva, non c'era niente che lo faceva stare meglio.
"Di...ve...nte..rai… Diventerò?...un...bravo...medico...Lo pensi sul serio, Taisuke?"
Lo era diventato? Credeva proprio di no, gli mancava quella sensibilità, forse, che un bravo medico aveva.
Hiromitsu era intelligente, non aveva avuto problemi all'università e chiunque si era complimentato con lui per la bravura dimostrata negli esami e nel praticantato. Usava il suo cervello per le cose pratiche, ma gli mancava l'empatia necessaria per essere visto come un essere umano e non come solo un medico.
Nikaido era l'unico paziente con cui stava tentando di avere un contatto emotivo, probabilmente la sua giovane età lo stava condizionando e lo stava portando ad essere meno freddo.
"Kitayama?"
La mano di un collega si posò sulla sua spalla per dargli conforto, nel corso degli anni lo aveva visto in quelle condizioni fin troppe volte.
Era il suo mentore, era stato il primario della clinica per qualche tempo durante il periodo di ricovero di Taisuke. Era l'unica persona che avesse mai visto Kitayama Hiromitsu piangere.
"Come sta andando con Nikaido-kun?"
"Male, senza riabilitazione sta peggiorando in fretta."
"E' proprio come Tai-chan, eh?"
Non sapeva se si riferisse al fatto che la malattia stesse avanzando velocemente, se fosse per l'età giovane che gli accomunava o per il fatto che si fossero rifiutati entrambi di fare la terapia.
Nikaido aveva molte più possibilità di Taisuke, però, la medicina aveva fatto dei passi da gigante e le probabilità di miglioramento erano molto più alte rispetto a vent'anni prima.
"Ci dispiace..."
“T-Taisuke...”
Era morto?
Eppure il giorno prima sembrava stare bene, quindi perché se n'era andato?
Perché qualcuno aveva deciso improvvisamente che se lo poteva prendere?
Non era giusto, Taisuke era troppo giovane, aveva ancora tante cose da fare e da vedere! Dovevano ancora passare del tempo insieme, la sera precedente si erano promessi di passare la giornata successiva a leggere qualcosa e stare in compagnia, perché Fujigaya aveva smesso di combattere?
Perché aveva permesso a quella maledetta malattia di vincere?
Si accasciò a terra lasciando libere le lacrime di sfogarsi; non riusciva a crederci, non riusciva a pensare a niente che non fosse Taisuke.
Non gli importava se i suoi compagni di università o qualche suo professore potesse vederlo piangere, il mondo gli stava crollando addosso.
"Hiromitsu.."
Sentì un corpo caldo contro il proprio, le braccia di Yuusuke lo stavano avvolgendo e Hiromitsu si lasciò andare contro la sua schiena.
In tutti quegli anni aveva legato con i fratelli di Taisuke, così come con tutta la sua famiglia, ed era grato all'altro ragazzo del sostegno che gli stava dando (lui era figlio unico, con sua madre i rapporti non erano cambiati, non aveva nessuno in quel momento).
"Sono sicuro che Tai-chan non vorrebbe vederti così."
"Che cos'è?"
"Una lettera che mi ha lasciato il mio ragazzo prima di morire."
Dopo aver pensato e ripensato a un modo per far capire a Takashi quanto si sarebbe pentito di essersi lasciando andare alla malattia, Kitayama aveva tirato fuori quella lettera per ricordarsi di quanto dolore portasse la morte improvvisa, di quanto dolore Takashi avrebbe provocato ai suoi genitori e a Senga dopo la sua morte.
Si era ripromesso di fare qualsiasi cosa pur di aiutare quel ragazzino e mostrargli cosa gli era successo, renderlo partecipe di quello che aveva passato Taisuke, il suo ragazzo, poteva essere l'unica soluzione.
"Avevi un ragazzo?"
Takashi era il primo a venire a sapere che un tempo era stato fidanzato, non ne aveva mai fatto parola con nessuno perché, appunto, non si era mai aperto a nessun paziente o collega.
Prima di Taisuke era stata una persona solitaria, quando era morto era tornato ad esserlo e non aveva mai visto il motivo per cambiare.
"Si, aveva la tua stessa malattia."
Nikaido alzò lo sguardo su di lui quasi sorpreso, aveva sgranato gli occhi e sperava che fosse per il fatto della malattia e non perché avesse avuto un ragazzo. Kitayama si sarebbe sentito davvero a disagio nel venire giudicato da un diciassettenne, aveva messo a nudo la propria anima in fin dei conti.
Aspettò qualche secondo prima di mettersi seduto accanto a lui, la lettera ancora tra le mani, quel pezzo di carta era la sua ultima speranza. Quello e i ricordi che aveva di Taisuke.
"Era così pieno di vita, gli piacevano un sacco di cose e… E aveva un sacco di interessi. Non stava mai un attimo zitto e aveva la brutta abitudine di seguirmi in qualsiasi posto.
Veniva ai miei allenamenti, mi costringeva ad accompagnarlo a casa e la mattina mi aspettava al cancello di scuola."
"Davvero?"
Annuì allungandogli la lettera, stava provando una strana sensazione nel parlare del suo passato, era quasi liberatorio dopo tutti quegli anni di silenzio.
Takashi lo stava fissando mordicchiandosi il labbro inferiore, pareva interessato a quello che aveva da dire e la cosa lo fece sentire meglio, lo fece sentire quasi in pace con se stesso.
"Si è ammalato a quindici anni, come te, solo che in quel periodo non c'erano cure né terapie sperimentali. Dopo aver saputo della sua malattia si è buttato giù, per lui era difficile accettare il fatto di non poter più fare niente. Non so da quanto sapesse di essere malato, se per lui è stata una sorpresa come per me, ma all'inizio è stata dura fargli capire di non dover mollare.
Col passare del tempo ha cercato in tutti i modi di reagire, faceva finta di niente la maggior parte del tempo, fingeva di stare bene e di essere normale, tentava persino di giocare a basket, sai? Con la sedia a rotelle e con i nostri compagni di scuola che lo guardavano in malo modo. Non riusciva a fare tutto, ma ci provava lo stesso.”
"Anche se non riesco a correre con le gambe, posso farlo con le ruote!"
Anche Nikaido usava la sedia a rotelle come strumento di intrattenimento, ci faceva le acrobazie e riusciva persino a racimolare qualche spicciolo. Quando lo vedeva compiere quei gesti, Hiromitsu si illudeva di vederlo combattere, si illudeva che Takashi volesse vivere.
“Dovrei leggere la sua lettera? Ma è una cosa personale e-”
"Vorrei solo che capissi, Takashi."
Il ragazzino abbassò lo sguardo sulla lettera e sospirò, aveva capito cosa stava tentando di fare, vero?
In un anno avevano tentato di tutto per convincerlo a seguire una terapia, una riabilitazione, ma Takashi si era sempre rifiutato dicendo che tutto sarebbe stato inutile. Non si rendeva conto di quello che poteva perdere, dei momenti belli che avrebbe potuto avere con la sua famiglia e con i suoi amici, c'era una nube grigia attorno a lui che gli annebbiava la mente e non lo faceva ragionare.
"Lo amavi?"
"Si".
E forse lo faceva tutt'ora.
Non aveva mai smesso di pensare a lui in fondo, non aveva mai cercato sul serio di dimenticarlo e, per quanto malato fosse quel comportamento, gli andava bene così.
Era sicuro che nessuno sarebbe mai stato all'altezza di Taisuke, nessuno lo avrebbe reso succube dell'amore e della passione, preferiva starsene da solo piuttosto che cercare qualcosa di impossibile da trovare.
"Dev'essere stato difficile per te...Insomma, vederlo soffrire e poi morire."
"Lo è stato più per lui, le cose di cui si è pentito sono scritte là dentro."
Dando una pacca sulla spalla di Takashi, si alzò per uscire dalla stanza.
Sicuramente l'altro ragazzo non ne sarebbe rimasto sconvolto, non era una lettera indirizzata a lui, e forse non si sarebbe nemmeno convinto e avrebbe trovato quelle parole senza significato ma Hiromitsu ci sperava. Sperava davvero che funzionasse.
"Ce l'ho fatta eh Taipi! Con il massimo dei voti!"
L'altro gli sorrise facendogli segno di avvicinarsi al suo letto.
Fujigaya non poteva più muoversi né parlare, ma sorrideva comunque e lo faceva ogni volta che Hiromitsu lo andava a trovare.
In quel periodo il più grande doveva dividersi tra l'università e l'ospedale, delle volte studiava nella stanza del compagno stando bene attento che non gli succedesse nulla in quei momenti. Non voleva voltarsi e vederlo soffocare con l'acqua, gli aveva promesso che si sarebbe preso sempre cura di lui e lo avrebbe fatto.
"Guarda!"
Gli mostrò quel pezzo di foglio per il quale tanto si era impegnato, diventare un bravo neurologo sarebbe stata dura ma ce l'avrebbe messa tutta.
Voleva rendere Taisuke orgoglioso.
Voleva realizzare il suo sogno per poter aiutare le persone come il più piccolo.
Nonostante i suoi problemi, Fujigaya non aveva mai smesso di spronarlo per farlo continuare a studiare, lo aveva appoggiato nel suo piano di diventare un medico.
"Un giorno...riuscirò a curarti..."
"Hi-Hiromitsu, posso entrare?"
"Si, certo."
Takashi era entrato nel suo studio allungandogli la lettera di Taisuke, si avvicinò piano con la sedia a rotelle e sospirò quando Kitayama riprese quel pezzo di carta e lo posò sulla scrivania. Il più grande si mise seduto su di essa e cominciò ad osservare il ragazzo con curiosità: aveva gli occhi lucidi
"F-forse… Voglio iniziare la riabilitazione."
"Davvero?"
Lo guardò sorpreso, non credeva di poter vivere quel giorno, non credeva che Nikaido Takashi si sarebbe fatto convincere.
Le parole di Taisuke dovevano averlo colpito, dovevano avergli fatto capire che si sarebbe pentito di essersi lasciato andare senza lottare.
“Taisuke si era pentito, non è così? Si era reso conto di non poter stare più con te.”
"Sì, si è rifiutato fin da subito di farsi aiutare. Lui non-non ne vedeva il motivo.”
Deglutì un paio di volte per evitare di scoppiare a piangere: quella era la verità, Taisuke non aveva mai pensato di lottare per lui.
Lo aveva scritto anche nella lettera, gli aveva detto che gli dispiaceva avergli dato l'impressione che la sua presenza non contasse ma per quanto si fosse scusato, Kitayama continuava a credere di non essere stato abbastanza.
"Io non voglio pentirmi di non aver passato del tempo con Kento, non voglio che mi odi per quello che ho fatto.
Voglio… Voglio continuare a vivere.”
"Non importa quanto starai giù o quanto ti sentirai solo, io sarò sempre con te perché so che porterai il mio ricordo nel cuore.
So che mi ricorderai per sempre, Hiro-chan."