O_O non ci crederete mai ma.... SONO TORNATA! u_u e finalmente direi xD manco da un sacco di tempo e chiedo venia per questo T_T ho avuto una marea di impegni e imprevisti che non mi hanno fatto scrivere per 2 mesi. ma oggi, sono qui! e posterò due nuovi capitoli di Taboo che si avvia alla sua conclusione xD (e direi che era pure ora no?) be spero apprezziate u_u eccoveli qui preceduti dall'ultimo capitolo che ho postato in pasticceria.
Titolo: T.A.B.O.O.
Autore: Grace
Fandom: Arashi
Genere: sentimetale, comico,
Pairing: aimoto, sakuraiba
Rating: NC-17
Disclaimer: gli arashi non mi appartengono. poi se volete regalarmeli accetto volentieri
Ringraziamenti: a Mary e a Nebel00ng
T.A.B.O.O
Parte 9 Matsumoto Jun
Abbandonai dopo una settimana quel dannato letto d’ospedale, potevo tornare a casa, era ora. Arrivato a casa mi resi conto di quanto mi era mancata, di quanto l’odore dell’ospedale mi facesse schifo e di quanta voglia di tornare alla mia vita normale avevo.
Mi ero ripreso del tutto io, Jun aveva ancora la fronte e la caviglia destra fasciate ma stava abbastanza bene anche lui. Mamma e papà erano naturali, tranquilli e spensierati come al solito, oggi non avrebbero aperto neanche il ristorante ma sarebbero rimasti con me a casa tutto il tempo. Io e mio fratello eravamo in confronto a loro, due statuine. Non parlavamo, non ci sbilanciavamo, eravamo entrambi molto seri. La mia espressione era quella di uno sconfortato e preoccupato ragazzo; Jun aveva un’aspetto cupo, scuro… era visibilmente ansioso e curioso, ma tentava qualsiasi cosa per non dare nell’occhio. Che situazione imbarazzante. Come mi sarei dovuto comportare? Era tutto successo per colpa mia. Più o meno… ma forse era meglio così, che la verità fosse saltata fuori. Ora però i nostri vecchi avrebbero solo dovuto spiegarci la situazione. Quanto volevano farci aspettare…
-Grazie per il pasto- disse Jun alzandosi dal tavolo e dirigendosi verso la nostra stanza. Io lo guardavo e continuavo a risucchiare il mio ramen. Gli occhi dei miei genitori erano sul punto di piangere.
-Che succede qua? Perché siete tutti e tre così freddi?- azzardai io
-Sono giorni che Jun non ci rivolge la parola se non per queste formalità…- disse mia madre
-L’unica cosa da fare è dirgli tutto… non possiamo tenerglielo nascosto a vita- continuò papà
-Sarebbe anche ora. Quanto volevate farlo aspettare? Che diventasse vecchio? È già passato troppo tempo-
-Avremmo voluto dirglielo… ma con quale faccia… non è semplice rivelare una cosa del genere…-
-Mamma, la tua faccia va benissimo. Pomeriggio prenderai coraggio e gli dirai tutto, fallo per lui-
Abbassò lo sguardo e annuì. Mi alzai e andai a bagno.
-Ma che ho fatto… seriamente… sono pronto a sapere questa storia?...- mi ero reso conto e pentito del discorso fatto pochi secondi prima in cucina. Ma ormai avevo parlato, non potevo tirarmi indietro. Passarono veloci due ore e andai in giardino dove Jun era seduto pensieroso.
-Mantieni la calma… ci sono io-
-Come se fosse facile…- poco dopo sbucò dalla sala nostra madre, con un album di foto in mano. Stava per farlo. Papà era dietro di lei.
-Mettiti seduto anche tu Masaki… Jun… ti va di ascoltarmi?-
-Tanto non ho altra scelta… allora? Si può sapere chi sono io?- eccolo il Jun che conoscevo io: freddo e sicuro di se. Bene, mi rassicurava il fatto che le avesse risposto con la sua normalità.
-Il tuo vero nome come puoi aver capito non è Aiba Jun. In realtà ti chiami Matsumoto Jun. Decidemmo di mettere il nostro cognome per farti sentire meno a disagio-
-Matsumoto… dove l’ho già sentito?- dissi io guardando Jun più serio che mai.
-Incontrammo i tuoi veri genitori al liceo e diventammo molto amici. Tuo padre era un uomo molto sicuro di se ed autoritario, amava lo sport e voleva diventare un avvocato. Quando riuscì a diventarlo era al settimo cielo… tua madre invece era una ragazza spigliata, non aveva paura di dire quello che pensava in faccia alla gente, amava stare in compagnia e la sua passione era cantare. Tua madre aveva una voce meravigliosa, trovò infatti lavoro subito, appena finita la scuola…-
-Aspetta… mamma ci stai dicendo che la madre di Jun è… quella Matsumoto?- dissi io interrompendo il discorso.
-Si Masaki, stiamo parlando proprio di lei, della cantante lirica- disse mio padre.
-Non morì in un incidente? La ricordano ogni anno in tv…- improvvisamente parlò anche Jun. Si vedeva che era sconvolto e non poco.
-Si… era molto famosa… Masaki tu non puoi ricordarli, eri piccolissimo e per la maggiorparte del tempo eri dai nonni. Sia io che lei eravamo incinta ma lei non volle farlo sapere alla stampa. Partorì un bellissimo bambino e mi fece promettere che se mai sarebbe accaduta qualsiasi cosa mi sarei occupata di quel bambino, che però voleva nascondere dai riflettori per paura che la sua vita privata venisse intralciata. Purtroppo io persi il bambino, ma non volevo dirtelo visto il tuo entusiasmo nel sapere che avresti avuto un fratello, Masaki… era passato un mese da quando Jun era nato, pochi giorni invece da quando io persi il mio bimbo. Tua madre sarebbero dovuta andare a New York per un concerto accompagnata da tuo padre. Ci chiesero di badare a te fino a quando non fossero tornati, e salirono sull’aereo sorridenti e spensierati come li conoscevamo. Purtroppo quell’aereo non arrivò mai a destinazione. Per un guasto perse quota finendo in mezzo all’oceano. Tutte le persone presenti su quell’ammasso di ferro morirono… non volevo crederci… guardavo la notizia in televisione quando la nonna riportò a casa Masaki. Tu vedendo il piccolo tra le mie braccia pensasti subito che quello era tuo fratello e ti esaltasti tanto… eri felice, eravate dolcissimi insieme. Come potevo rovinare tutto e dirti no, non è tuo fratello… soffocai tutto dentro di me e dissi che si chiamava Jun, e che era il nostro piccolo ometto. Ogni volta che litigavate saltava fuori il carattere di Jun, che somigliava sempre più ai suoi genitori. Masaki ti sei sempre chiesto da chi avesse preso molte parti del suo carattere, ecco, questa è la risposta… mi dispiace avervi mentito per tutti questi anni… Jun, questi sono i tuoi genitori…-
La straziante storia era finita. Mamma passò l’album delle foto a Jun che era come paralizzato. Quasi non respirava più. Io ero shokkato… avevo dimenticato che mamma era rimasta incinta una seconda volta… guardai Jun che a stento trovava la forza di sfogliare quelle foto. Si bloccò a guardarne una. Era l’unica foto che ritraeva tutta la sua famiglia al completo. Lui stretto dalle braccia di entrambi i genitori, persi in un sorriso coinvolgente e sincero. Jun aveva gli stessi occhi e lo stesso sorriso della madre, i capelli e il fisico del padre… per non parlare dei caratteri e delle passioni che aveva citato la mamma… ora mi spiegavo tutto. Certo non mi aspettavo di avere il figlio di un mito della musica come fratello…
-Jun… - dissi io poggiandogli una mano sulla spalla. Strinse a se quella foto e scoppiò in lacrime. Mi faceva male al cuore vederlo così…
-Jun… vogliamo dirti un’ultima cosa… non cambierà niente ora che sai tutto, non cambierà il bene che ti vogliamo. Per noi sarai sempre il nostro Jun. Vi lasciamo un po’ soli… - papà era stato geniale. L’unica paura di Jun era proprio questa. Uscirono di casa e io e mio fratello andammo in camera nostra. Lui si sdraiò sul letto guardando quella foto.
-Ti somigliano di brutto…-
-Mmm… già. Fa strano-
-Molto… anche chiamarti Matsumoto…Jun, fa strano-
Jun posò la fotografia sul suo comodino.
-Masaki-
-Che?-
-Facciamolo-
Lo guardai shockato. Dopo aver saputo una cosa del genere aveva voglia di fare sesso… che gli passava per la testa.
-Non credo sia il momento…-
-Facciamolo. Non esiste un momento adatto o meno-
-Ma Jun…-
-Ti prego…-
Mi avvicinai a lui sedendomi sul letto, volevo parlare ma prima che aprissi bocca mi ritrovai scaraventato su di lui, tra le sue braccia. Mi stava baciando. Ma quel bacio, con quel sapore, era la prima volta che lo assaggiavo. Ora capivo perché voleva farlo così fortemente. Quell’incontro di lingue e fiati mi comunicava tutto il bisogno di affetto che Jun non aveva. Era come se mi dicesse “stringimi forte, non lasciarmi solo anche tu, amami come non si è amato mai, non abbandonarmi, sono solo al mondo”
Non mi staccò le labbra dalle sue per un solo istante. Veloce mi spogliò di ogni mio vestito, io feci lo stesso con lui. Alzò le gambe e mi strinse fortemente le braccia sulla schiena.
-Sei pronto…?-
-Fallo! All’istante! Ti prego!-
E così spinsi in avanti. Gridò per il dolore mio fratello che mi strinse ancora più forte la schiena.
Ansiamava, gridava, non si risparmiava. Intrecciò le sue gambe su di me, inarcava la schiena dal piacere, era assurdo. Non ragionavo più e continuavo a spingere più forte che potevo. Il tutto senza che lui abbandonasse le mie labbra. Stava per venire, lo sentivo, portò una delle sue mani tra i miei capelli tirandomeli e stringeli ogni qualvolta che sprofondavo dentro di lui.
-TI AMO… ti amo… ti amo… ti amo… ma… saki…- era venuto. Mi aveva spiazzato. Quella frase pronunciata a stento tra gemiti e piacere mi aveva seriamente messo KO. Andai in bagno per ripulirmi, quando tornai in camera lo trovai poggiato a pancia in giù, sembrava baciare il cuscino, guardando il vuoto davanti i suoi occhi.
-Jun… che succede…-
-Masaki… guai a te se mi lasci… guai a te se mi tradisci… guai a te… se mi richiami Matsumoto Jun…-
T.A.B.O.O
Parte 10 Cambiamenti
Il tempo iniziò a passare lentamente, sembrava volesse farci sentire il peso di quei giorni, sembrava volesse dirci di non dimenticare, sembrava volesse parlare. E infatti noi sentivamo la pesantezza di quei giorni, come una sorta di macigno sulle spalle che ci saremmo dovuti portare dietro, per tutta la vita. Jun non era un membro effettivo della mia famiglia ma per noi, lo era eccome. Lui stava diventando sempre più taciturno e introverso, conoscere la verità lo aveva traumatizzato e non poco. Sapevo che soffriva, ma sapevo anche che non potevo riaprire il discorso “Matsumoto” che Jun odiava in modo estremo. Odiava… odiare è un termine non del tutto corretto, più che altro tutto questo lo portava all’apice dello sconforto e finiva sempre per l’innervosirsi e rinchiudersi in se… forse ero io ad odiarlo, quel discorso, poiché non sopportavo di vedere il mio Jun ridursi a quel modo. Tutto in lui stava cambiando: anche se era il solito stronzo e sicuro di se, dentro moriva. Il suo organismo voleva celare all’interno della sua anima tutta la tristezza, lo sconforto, il silenzio, Jun si stava rivestendo di mistero… un mistero che faceva da fortezza, impenetrabile, si, impenetrabile anche per me, il ragazzo che diceva di amare. Riuscivo ad impossessarmi di lui e dei suoi più segreti pensieri nel momento dell’atto proibito, quando la mia e la sua anima, nude si scontravano e incontravano.
Sho sembrava aver rinunciato a me. Non fece più nulla di azzardato ne con me ne con mio fratello… finalmente eravamo liberi di amarci senza doverci preoccupare di nulla. Si… certo… il fatto era che io, non avevo fatto i conti con il futuro più vicino.
Stava preparandosi per la consegna dei diplomi… strano a dirsi, ma era agitato, quindi anche lui sapeva cosa significasse avere ansia, timore e altre sensazioni che ogni comune essere umano prova… dopo pochi minuti uscì di casa tirando un respiro intenso, sperando di raccogliere tutta la forza che gli sarebbe servita. Quasi come per paura che una volta uscito da quella porta non sarebbe più tornato lo seguii…
... quella mattina lo seguii per tutto il viale di sakura che precedeva la scuola. giocavo a nascondino tra i tronchi e le siepi, mentre qualche fiore di sakura mi volava tra i capelli. Lui camminava lento, un pò assonnato, ed era elegantemente figo. La leggera brezza mattutina gli faceva ondeggiare i fili dei capelli, che, con la luce del sole parevano color oro, la sua giacca svolazzava, e il suo corpo andava confondendosi con la natura circostante.... bellissimo. Sublime. Etereo. Era un angelo sceso dal cielo per salvare la mia anima. Dolce, raffinato, misterioso, ipnotico. Lui era così. Celava il mistero e la timidezza dietro un faccino dolce e non esternava nulla. Improvvisamente si voltò. Mi vide. Ero immobile. Davanti a lui. Mi fissava. Poi sorrise. Mi guardò dolcemente e sorrise. Allungando la mano e invitandomi a camminare con lui. Quello sguardo estremamente dolce e misterioso.... quel sorriso ipnotico e timido che nascondeva ogni cosa.... costruivano la persona che era Jun. E tanto mi bastava per amarlo.
-Come mai mi stavi seguendo?- mi chiese tranquillamente lui una volta che io mi affiancai al suo corpo.
-Non volevo perdermi il tuo diploma… credo- risposi io, abbassando lo sguardo.
-Capisco…- fece un sorriso, un sorriso ridotto quasi ad una smorfia, socchiuse le palpebre e con un leggero movimento del capo si voltò verso destra a fissare il parco giochi nelle vicinanze.
-Allora, non hai ancora deciso cosa farai dopo il diploma?- domandai io
-No, non so, potrei dare una mano al Taboo o al ristorante dei nostri… o andare all’università.. Masa, non lo so, non ho tutta questa fretta comunque…-
-Ma dovrai fare pur qualcosa… non puoi startene dietro il bancone a servire cocktail per il resto della tua via-
-Be… allora perché tu lo fai? E non ti crea nemmeno tutti sti problemi-
-Ma per quanto riguarda me, aprire il Taboo, era da sempre stato il mio sogno. Non mi servono lauree per quello. E poi io non ho nessun’altra ambizione e nessuna dote particolare-
-Con questo vorresti dire che io ho doti speciali?-
-Be… Jun, sai cantare bene, giochi a calcio che è una bellezza, oppure potresti ambire a diventare un avvocato no? Hai una certa predisposizione naturale in queste cose-
-Non ho la minima voglia di diventare un avvocato… ne un cantante… e questo tu lo sai meglio di me-
-Tentavo di elencarti qualcosa che avrebbe potuto piacerti-
-Eccoci qui… ho desiderato così tanto che finisse questa scuola maledetta, ed ora sono qui a deprimermi perché è l’ultimo giorno-
-E’ la cosa più normale del mondo…-
-Dici? Eeeeh… che amarezza-
-Jun! Masaki!- Satoshi che a poco a poco sbucava dalla salita del viale aveva urlato i nostri nomi attirando l’attenzione di molti.
-Satoshi, per la prima volta in vita mia ti vedo sistemato e ordinato! Vedi che se vuoi riesci a sembrare più carino?- scherzò mio fratello punzecchiandolo poiché la sua divisa era perfettamente indossata.
-Ehi tu! Che vorresti dire eh?-
-Nulla nulla… non scaldarti, sennò sarai costretto a sbottonarti la camicia e tornerai il solito ragazzaccio senza stile!- gli disse Jun scoppiando a ridere.
-Sempre a cazzeggiare voi due eh!- una voce alle nostre spalle si era avvicinata
-Nino!- urlò Jun
-Ecco che arriva il rompi della situazione!- scherzò Satoshi
-Ciao Nino- salutai io
-Buongiorno uomini di mondo. Satoshi, vestito per bene non ti si può guardare. Jun, Masaki, come state?-
-Bene grazie- risposi io
-Ma fatela finita tutti e due!- sbraitò Satoshi sconfortato e irritato mentre mio fratello e Nino se la ridevano.
-Allora? Pronti per il diploma?-
-Sono nato pronto- disse Ohno, trapelando per un attimo uno sguardo molto triste.
-Mi sto preparando psicologicamente- rispose infine mio fratello, anch’ egli triste.
Dopo la consegna dei diplomi quei tre amici che si erano costruiti una vita insieme, si sarebbero divisi. Satoshi avrebbe lavorato a Kyoto, nell’azienda dello zio, Nino sarebbe partito per studiare giornalismo, e Jun, ancora non sapeva cosa avrebbe fatto.
Mancava ancora un po’ all’inizio della cerimonia e noi ci intrattenemmo in una animata conversazione quando uno dei professori di mio fratello ci venne incontro e portò Jun con se all’interno della struttura scolastica.
Iniziai ad agitarmi. Dopo circa una mezz’ora lo vidi tornare, tra le nuvole, distaccato dal resto del mondo. Pareva sognare.
-Jun? Ehi Jun che è successo?- sia io che gli altri due ci stavamo preoccupando
-Mi hanno convocato-
-Chi ti ha convocato?- chiesi io confuso
-Mi hanno notato- disse lui sempre più assorto
-Ma chi ti ha notato e convocato?!?-
-Una compagnia calcistica-
-Davvero?-
-Si… hanno voluto parlare con me… mi hanno convocato per un provino…-
-E dove si svolgerà sto provino?-
-…New York… è per una squadra americana…-
-Ah… e se ti prendono che succede…?-
-Dovrò trasferirmi lì per un po’… ma ancora non ho deciso nulla… dovrei parlarne con mamma e papà…-
-Sai benissimo che loro ti appoggeranno e ti diranno “parti all’istante e fa carriera”-
-E tu? Tu cosa mi diresti Masaki?- e con questa frase mi spiazzò. Che dovevo rispondere? “no, non partire? A me non ci pensi?” una frase così egoistica non l’avrei mai pronunciata, non ne ero capace eppure, a pensarla e ripensarla, ero davvero un maestro! Mi fissava. Stavo sudando.
-Fa… fa quello che ritieni più giusto per te… pensa a te… non ad altri-
… sorrise. Sorrisi. Ma in cuor mio, sapevo che non era quello che desideravo.
T.A.B.O.O
PARTE 11 EGOISMO
Mi ispezionava ogni angolo del cervello. Mi percorreva ogni vena nel mio corpo. Mi sfiorava prepotentemente la pelle. Mi lacerava ogni nervo. Mi appannava la vista. Mi trapanava le orecchie fino al punto in cui non sentivo più nulla. Mi voltavo a destra e a sinistra in cerca di un qualche appiglio. Mi voltavo rapido e pesante, mentre tutto attorno a me sembrava a rallentatore. Mi sentivo male. Mi avevano provocato tutto questo quelle parole.
-Masaki?- chi mi stava chiamando?
-Ehi Masa? Che succede?- chi mi stava scuotendo il braccio destro?
-Ohi! Masa! Rispondi! Che ti prende?- la sua voce la riconoscevo. Purtroppo.
-Sto bene… scusatemi, vado un attimo al bagno- mi dileguai solitario.
Dopo aver ricevuto quella notizia da mio fratello, con una scusa mi allontanai e tornai a casa. La depressione di era diffusa nel mio corpo, avevo l’aspetto di un cadavere che girovagava intorno ad un cimitero in cerca di una lapide che gli desse conforto, volevo solo andare dritto a casa e rinchiudermi nel mio baratro di solitudine e tristezza e non sentire più nessuno.
Alla fine non avevo assistito alla cerimonia del diploma di Jun, non ne avevo avuto la forza.
Mi resi conto che la casa era vuota solo dopo essermi buttato sul divano del salone e non vidi mia madre arrivare. Si perché io e mio fratello avevamo l’abitudine di sfasciare tutto l’ordine creato da nostra mamma buttandoci sul divano causando un rumore assurdo, a quel punto lei arrivava e con la prima cosa che le capitava a tiro ci minacciava… buffo. Non vinse mai lei. Ero quindi solo in quella grande casa? Ottimo. Era proprio ciò che desideravo.
Poco dopo mi ritrovai in piedi, a camminare lesto da una stanza all’altra. Non so di preciso cosa stessi facendo e quale fosse stata la mia espressione, so però che avevo una gran voglia di rompere qualcosa. Quella rabbia, non l’avevo mai provata. Ero un ragazzo calmo e introverso io, non avevo mai istigato liti, al massimo ne ero la vittima, eppure in quel momento, se mi fosse capitato qualcuno davanti gli avrei cambiato i connotati per i tanti pugni che gli avrei tirato.
-Maledizione!- urlai in preda all’ira tirando un pugno al tronco dell’albero in giardino.
-Non voglio che vada! Non voglio per nessuna ragione! Però… io… non posso fermarlo proprio ora… … maledizione perché sono così impotente!- e continuai così. Per ore. Lacerando le mie mani. Le schegge e il sangue si erano miscelati. Tremanti. Doloranti. Infettate. Sanguinanti. Sporche. Le mie mani imploravano la mia pietà, mi urlavano “basta! Fermati” ma non mi fermavo. Ero nel bel mezzo di un monologo tra me ed il destino infame e balordo e scaricavo la mia frustrazione facendo a boxe con quell’albero. Intanto piangevo. Come un neonato.
Mi fermai solo quando dopo aver tirato un pugno non sputai fuori in preda al dolore un urlo quasi soffocato.
-Aaahi..i…- ripresi a piangere e ritirai il pugno stringendo con l’altra mano il polso.
-A…Ahia…- sussurrai io con il volto ricoperto di lacrime, con il naso che colava e la saliva che fuoriusciva dalla mia bocca ogni volta che la aprivo.
-Ah… ah…- ansimavo. Il dolore era atroce, insopportabile. Insostenibile.
-AAAH!!!- urlai. Ero squallido. Sentirmi in quel modo solo perché mio fratello sarebbe andato via era assurdo. Ero sconfinato nell’esagerazione ma che potevo farci? Ero così… e non riuscivo a tollerare che lui dovesse starmi lontano per periodi lunghissimi. Lo amavo troppo per accettare una cosa simile. Lo amavo troppo per non vederlo.
Tornai dentro e mi fasciai quelle mani che ormai non parevano più mani e mi distesi sul letto di Jun ansioso di rivederlo tornare.
Passarono circa due ore e di lui neanche l’ombra. Mi diressi verso il giardino, aprii lo shoji con la residua forza che avevo nelle braccia e seduto sugli scalini trovai lui. Abbassò la testa all’indietro e mi salutò con uno dei suoi più bei sorrisi.
-Masa! Il diploma è stato emozionante! Prima di tornare qui sono passato dal ristorante e ho detto del provino a mamma e papà! Mi hanno detto di si! Masaki ti rendi conto? Andrò in America per un provino con una squadra di calcio!-
-Sono contento per te fratellino- risposi io mentre Jun mi strattonava le braccia. Non lo stavo guardando, non volevo guardarlo.
-Fratellino? Non mi chiami così da quando stiamo insieme! Che hai d’un tratto?-
-Nostalgia tutto qui-
-Perché hai entrambe le mani fasciate?-
-Nulla-
-Che è successo alle tue mani!-
-NULLA HO DETTO!- mi liberai dalla sua stretta e mi diressi in camera inseguito da mio fratello, ma riuscii a chiudermi la porta alle spalle prima che lui potesse bloccarla.
-Masaki che hai? Apri questa porta!- urlava.
-Apri questa fottuta porta!- bussava a colpi di pugni.
-MASAKI! Rispondimi!-
-Vattene!-
-Finiscila e affrontami! Apri questa porta! Sfogati!-
-VATTENE!-
-NON ME NE VADO! PARLA! CHE CAZZO TI SUCCEDE!- a quelle parole mi sentii male. Mi alzai di scatto e mi fiondai alla porta con le braccia alzate e le mani strette in un pugno.
-Non avevi detto di amarmi? Non avevi detto di voler stare sempre con me? Non mi avevi fatto promettere che non ti avrei mai abbandonato? Allora perché ora stai abbandonando me? Non fraintendermi, voglio che tu vada li e realizzi i tuoi sogni ma non lasciarmi così! Sei ignobile! Non ti sta importando nulla di me! Sei egoista! Pensi solo a te stesso. Pensi che questo tuo modo di fare mi faccia star bene? No! Maledizione Jun! Vattene!-
-Chi sarebbe l’egoista qui? Sei tu quello egoista! Il tuo comportamento è sbagliato! E non te ne rendi conto Masaki! Sei tu che stai pensando solo a te stesso e al tuo bene! Dei miei sogni in realtà non te ne sta fottendo niente! Si me ne vado! Me ne vado eccome! Tanto sono libero di fare ciò che voglio!-
Avevamo litigato. Per la prima volta avevamo litigato. Uscii di casa e mi diressi verso casa di Sho.
-Masaki? Che sta succ…. ei?!?-
-Dormirò da te per qualche giorno. Non ti fare illusioni, non ho alcuna intenzione di fare sesso o altro. Semplicemente dormirò qui. E non farmi domande!-
-Va… bene…-
Passò una settimana. Sho non mi aveva sfiorato nemmeno con un dito. Non avevamo mai aperto dialogo. Non mi rendevo conto di ciò che stavo facendo. Avevo avvisato che sarei mancato per qualche giorno, ma non mi sarei fatto rintracciare. Il cellulare era spento, al Taboo non avevo messo piede, da casa di Sakurai non ero uscito.
Tornai a casa una mattina di Giugno, quindici giorni dopo che ero sparito. Appena entrai in casa mia madre mi tirò uno schiaffo.
-Dove sei finito? Ci hai fatto preoccupare da morire! Ma che modi sono questi!-
-Scusatemi. Non succederà più-
-NO che non succederà!-
Scansai la mamma e mi avviai verso la mia stanza. Quando aprii la porta trovai la metà delle cose che ricordavo ci fossero.
-Nemmeno a salutare Jun sei stato. Non ti vergogni?- disse mia madre.
-Jun… è … già andato?-
-Si. Da tre giorni ormai. Lo rivedrai tra qualche giorno se non lo prendono. Ma se tutto andrà bene, non ho la più pallida idea di quando possa tornare-
E il mondo mi crollò nuovamente addosso.
E il dolore provato alle mani, non era nulla in confronto a quello nel petto.