Titolo: Tra Noi. Capitolo 3/18
Autore: Nico
Pairing: Michael/Maria
Fandom: Roswell
Rating: VM18
Genere: AU
Sommario: Michael è il nuovo ragazzo a scuola, quello che attrae l'attenzione di tutti anche senza volerlo, e Maria non è immune. Sembra semplice, all'apparenza, ma è tutt'altro che così.
1 2 Capitolo III
Le giornate erano ricominciate con il solito ritmo, le une uguali alle altre.
Gli studenti avevano ormai ripreso le loro abituali attività e i gruppi parascolastici avevano già chiuso le iscrizioni.
Erano trascorse solo poche settimane ma il ricordo dell’estate era già lontano, lavato via da quella pioggia autunnale che già da troppo tempo non smetteva di cadere.
Maria guardava fuori dalle finestre dell’edificio scolastico, osservando quel giardino pieno di pozzanghere e foglie cadute che solo poco tempo prima rivestivano gli alberi.
Le venivano in mente le battute di un film famoso che aveva noleggiato in DVD un po’ di tempo prima, Il corvo. “Non può piovere per sempre”, diceva il protagonista.
Probabilmente aveva ragione, avrebbe anche potuto nevicare!
Il suono della campanella la riscosse bruscamente dai suoi pensieri, l’ora di laboratorio la attendeva al varco.
Non aveva mai amato la scienza in modo particolare, quasi ogni anno aveva frequentato i corsi di recupero senza mai recuperare veramente.
Ora era anche peggio del solito, e questo era sconfortante perché aveva di nuovo la dimostrazione empirica che al peggio non c’è mai fine!
Il suo compagno di laboratorio era nientemeno che Michael Guerin.
La sua presenza la distraeva, il suo atteggiamento la distraeva, era un concentrato di distrazione!
Non si poteva dire che lui facesse veramente qualcosa, in realtà le rivolgeva la parola solo quando era strettamente necessario. Spesso però la fissava e senza nemmeno nascondersi troppo, per giunta! In quei momenti l’otto volante si trasformava in vere e proprie montagne russe, le più alte che una mente umana potesse concepire.
Anche quella lezione non fece eccezione.
Lui la stava di nuovo fissando, le sudavano le mani e un vetrino del microscopio le sfuggì andando ad infrangersi sul banco di lavoro.
Dio, come era imbranata!! Si era anche tagliata!
Una goccia di sangue fuoriuscì dal dito indice formando un rivoletto sottile.
“Signorina De Luca, cosa succede?”
“Niente professore, mi sono solo tagliata. Niente di greve, comunque”.
Il professore la guardò con condiscendenza, tanto era già convinto della sua inettitudine in quella materia.
“Vada in bagno e lo metta sotto l’acqua fredda, e… signor Guerin, accompagni la sua collega, per favore, non vorrei che venisse colta da uno svenimento!”
Che uomo detestabile, lui e il suo sarcasmo!
Pochi secondi dopo essere usciti dall’aula Maria non si controllò più.
“E’ tutta colpa tua Michael!” sbotto, rossa in viso
“Come colpa mia! Io non ho toccato niente, stavi lavorando tu col microscopio e io…”
“….. tu continui a fissarmi come se fossi una strana manifestazione della natura! Vuoi smetterla una buona volta? Mi agiti, e poi combino più casini del solito, se è possibile!”
Lui abbassò lo sguardo sul pavimento, sembrava dispiaciuto.
Stava riuscendo a farla sentire in colpa. No, non sarebbe stata lei a scusarsi per averlo aggredito. Piuttosto era lui che doveva farlo!
“Dai, scusa”, disse lei dopo un po’. Maledizione, aveva ceduto! “Ero nervosa per la battuta che ha fatto il prof sul fatto che sono un’incapace, dovevo sfogarmi con qualcuno e tu eri qui, ci sei solo capitato in mezzo”.
“No, hai ragione tu. In effetti, ti stavo guadando, solo, non perché sei strana. E’ che tu sei, bèh, sei bella. Io ti trovo veramente molto bella, ecco”.
Oddio! Gli alieni l’avevano rapita e ora si trovava in una dimensione parallela! Le persone erano le stesse, ma non lo erano veramente, o forse era lei che aveva capito male, o forse era qualunque altra cosa, tranne quello che aveva sentito.
Lui però sembrava imbarazzato, quindi doveva essere tutto vero. “L'uomo saracinesca” le aveva appena detto che era bella!
La mano di Maria si mosse verso il viso di lui indipendentemente dalla sua volontà.
Il suo cervello stava cadendo in picchiata senza paracadute.
Si accorse che il dito stava ancora sanguinando solo quando vide una macchiolina di sangue sporcargli la camicia.
“Scusa, non volevo sporcarti, mi dispiace molto!”. Il suo cervello si era fermato, ora stava fluttuando a mezz’aria, ma fu solo un momento perché all’improvviso lui fece qualcosa di così pazzesco che riprese a cadere anche più velocemente di prima, trascinando lo stomaco con se.
Le prese la mano, col dito che ancora sanguinava e lentamente se lo avvicino alle labbra tracciandone il perimetro.
Con tutta calma la sua lingua le ripulì dal rosso del sangue per poi iniziare a leccarle delicatamente il dito.
Se lo mise in bocca e iniziò a succhiarlo dolcemente socchiudendo gli occhi, come se stesse gustando qualcosa di incredibilmente dolce e buono.
Non esisteva più la scuola, il corridoio, forse nemmeno il mondo.
Lei non sentiva più di possedere uno scheletro perché aveva le gambe talmente molli da sembrare gelatina. Riusciva solo a sentire quella piccola parte del suo cervello, che non si era spappolata al suolo mormorare “Dio, oddio, ti prego, non smettere!”
Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto era durato quel momento ma ad un cero punto Michael tolse il dito dalla sua bocca, leccandolo ancora una volta.
“Ecco, io, bèh…” Fu tutto quello che Maria riuscì a dire.
“Così non dovrai andare a farti medicare, giusto? Ora non sanguina più”
Detto questo lui si voltò e scomparve in classe con un sorrisetto che lo accompagnava.
Lei rimase lì, imbambolata in mezzo al corridoio con il cuore che ancora stentava a ripartire. E lì dovette rimanere finché, finalmente le gambe non riassunsero una consistenza adatta al movimento cosicché anche lei potesse rientrare in classe.
“Signorina De Luca, il signor Guerin mi ha detto che il taglio era più profondo del previsto! Come si sente?”
“ Sto bene prof, ma è come diceva lei prima, ho seriamente rischiato di svenire” rispose Maria tornando al suo posto ed evitando di guardare Michael.
Il professore le lanciò un’occhiata compassionevole, poi riprese la spiegazione, ma non prima di avere borbottato tra sé e sé “bàh, queste donne!”
Quel giorno il ristorante di Liz le sembrava più lontano del solito.
Erano già trascorse alcune ore dal fatto, aveva deciso di chiamarlo così, ma si sentiva ancora stordita.
Le sequenze di quella mattina continuavano a scorrerle nella testa come alla moviola.
Sussultò quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla, interrompendo bruscamente il corso dei suoi pensieri.
“Oh, ciao Max.”
“Ciao! Ti ho chiamata ma non mi hai sentito. Ho dovuto rincorrerti! Mi sembri un po’ nervosa!”.
“No, sto bene, sto solo andando a trovare Liz per chiederle gli appunti di storia, sai, per l’interrogazione.”
“Si? Allora vengo con te, mi farebbe molto piacere salutarla, a scuola è già tanto se ci incrociamo per i corridoi!”
Se quello che parlava non fosse stato Max sarebbe sembrato un gesto carino, da amico. Purtroppo però era lui, e tutto quello che faceva aveva uno scopo ben preciso e quasi mai troppo onesto.
Tutto stava nel capire quale era il suo attuale piano. Una cosa certa però c’era, non si era ancora arreso all’evidenza e la proposta che le fece ne era una lampante dimostrazione.
“Ti va un cinema stasera?” Ma come faceva ad avere sempre quell’aria così naturale! Sembrava che le avesse appena chiesto se aveva una matita da prestargli!
“Non credo proprio che sia il caso, Max, lo sai già. E comunque ho già un impegno col gruppo di Alex”.
“Oh, bèh, allora sarà per un’altra volta!”
Era ovvio che già immaginava la sua risposta, doveva esserci un altro motivo che lo aveva spinto a farle quella domanda.
Trascorsero in silenzio il breve tratto di strada che li separava dalla loro meta.
Entrando trovarono Liz intenta ad aiutare il padre ma non appena vide Max si precipitò a salutarli.
“Hey, ragazzi, come mai da queste parti?”
“Mi servono gli appunti di storia per l’interrogazione di domani. Ho incontrato Max lungo la strada”.
“Ciao, avevo voglia di farti un saluto, non ci vediamo mai a scuola così ho visto Maria e ne ho approfittato. Ogni scusa è buona, no?”
Oddio! Le aveva fatto l’occhiolino!?
“Ti andrebbe un cinema stasera, Liz? Non ho voglia di restare a casa con Isabel e in programma ci sono alcuni film interessanti”.
Maria non sapeva cosa dire. Liz aveva un’espressione rapita stampata in faccia e, dal canto suo, lei non le poteva certo dire che quel cretino le aveva fatto la stessa identica proposta proprio cinque minuti prima!
“Certo che mi va, dimmi solo dove e quando”. Stava per scoppiare, era lampante.
“Alle otto qui, passo a prenderti con la macchina”.
Liz gli sorrise e corse su per le scale diretta nella sua stanza per prendere gli appunti.
Maria mandava lampi dagli occhi.
“Che cosa credi di fare?!”
“Proprio nulla! Vado solo al cinema con un’amica! Che fai, sei gelosa?”
Non attese nemmeno una risposta, avviandosi verso l’uscita molto, molto soddisfatto di se.
Allora era quello il suo scopo, farla ingelosire!
Non c’era tempo da perdere, doveva escogitare un piano di battaglia degno di questo nome.
Maria aprì la porta di casa e fu immediatamente investita da un pungente odore di calzini sporchi e patatine al formaggio.
Sean e Kyle stavano dando bella mostra di sé stravaccati sul divano, rigorosamente senza scarpe. Era ovviamente l’assetto da partita di football!
“Ciao ragazzi, vi vedo sempre molto indaffarati!”
“Hey!” Non l’avevano degnata di uno sguardo ma in compenso, un attimo dopo, avevano quasi rovesciato il divano esultando. Qualcuno aveva fatto meta.
“Che ne dite di un cinema stasera?”
“ Mi piacerebbe ma stasera renderò felice una donna quindi…se capisci cosa voglio dire…”
“A si? E chi è la fortunata?”
“Tess Harding!” Kyle era visibilmente molto soddisfatto. “Finalmente ha deciso di darmi una possibilità ma sono sicuro che s’innamorerà perdutamente. Dopo tutto lei mi paragonerà a Max Evans che, lo sappiamo tutti, è bello ma quanto è stronzo!”
Maria non poteva fare altro che convenire.
« E tu Sean ? »
« Per me va bene, tanto non sono impegnato »
Ok, la prima parte del piano era andata. Il problema era che mancava ancora quella più importante!
Alle otto e mezza erano entrambi davanti al cinema. Sicuramente Max e Liz non erano ancora arrivati e il film non sarebbe iniziato prima delle nove. Era nervosa, doveva sembrare tutto estremamente casuale.
Poi li vide arrivare mano nella mano.
In quel momento sì sentì un po’ in colpa nei confronti di Sean, lo stava usando per raggiungere i suoi scopi e non sembrava poi così diverso da quello che Max faceva abitualmente.
Decise di mettere da parte quel triste pensiero perché, in fondo, forse stava creando per suo cugino una possibilità in più! Si, era decisamente meglio vederla in quell’ottica.
“Ciao ragazzi, anche voi qui?”, chiese Liz stupita.
“Oggi, sentendovi parlare di cinema, ho pensato che non fosse una cattiva idea, ed eccoci qui”.
“Bene, entriamo allora!”. Max era visibilmente seccato e Maria ebbe un moto di soddisfazione.
Si accomodarono nelle poltrone, Liz e Sean nel mezzo e Max e Maria agli estremi opposti.
Erano trascorsi circa trenta minuti dall’inizio del film, non era male ed era un vero peccato dovere andare via ma il piano aveva sicuramente la precedenza sulle passioni da cineasta. Maria diede una gomitata leggera a Sean che si voltò dalla sua parte.
“ Devo andare a casa, non mi sento bene. Credo di aver mangiato qualcosa di scaduto, ho dei crampi allo stomaco che non mi fanno sopravvivere!” Cercò di assumere l’espressione più addolorata possibile.
“Allora vengo con te, non posso lasciarti da sola o zia Amy….”
“No, rimani, ti prego. Abbiamo già pagato il biglietto e poi, l’hai detto anche tu! Un po’ di sana concorrenza non gli farà certo male!” Facendogli l’occhiolino si alzò dirigendosi verso l’uscita.
“Dove va Maria?” domandò Liz incuriosita.
“Non si sente bene, torna a casa” rispose Sean sorridendole.
Se la luce fosse stata accesa sarebbe stato impossibile non notare la faccia di Max.
Era scura da far paura.
Era andato tutto bene, non era poi male come stratega!
Era riuscita ad evitare che Max e Liz stessero troppo da soli, almeno per quella volta! Augurò mentalmente buona fortuna a suo cugino.
Mentre si avviava verso casa con un aria decisamente soddisfatta, dei passi pesanti dietro di lei la fecero voltare ma sapeva già a chi appartenevano. Michael.
Arrossì violentemente solo al pensiero di quello che era successo tra di loro quella mattina. Doveva calmarsi ad ogni costo!
“Ciao Michael, da dove vieni?” chiese con il tono più rilassato che l’agitazione di quel momento le consentiva.
“Da quel negozio all’angolo aperto 24 ore su 24”
“E cosa hai comprato, la cena?”
“No, una scatola di colori?”
Colori era una strana risposta. Non vedeva attinenza tra Michael Guerin e una scatola di colori.
“E a cosa ti servono?”
“Mi capita di disegnare ogni tanto, così, per hobby. Tu piuttosto, non dovresti andare in giro da sola, di notte. Esistono i maniaci, non lo sai?
“Ma io ho incontrato te. E tu non sei uno di quelli, no? In ogni caso non abito molto lontano, puoi accompagnarmi, se ti và, giusto per controllare che arrivi a casa sana e salva”.
Era strano. Pochi secondi prima, nel vederlo, sarebbe volentieri sprofondata sotto terra e ora lo stava invitando ad accompagnarla a casa! Si chiese sinceramente quando era diventata una persona così audace.
Lui non le rispose ma la seguì e, insieme, si incamminarono in silenzio.
Non fu lungo il tragitto da percorrere ma la tensione nell’aria era palpabile. Era qualcosa di invisibile ma allo stesso tempo reale, quasi come se avesse un corpo fisico, ma soprattutto era impossibile da sopportare a lungo.
Michael cedette per primo iniziando a parlare.
“Bèh, volevo dirti che, insomma, riguardo a quello che è successo oggi….mi dispiace, sono stato un idiota”.
Maria era sconvolta, si, era l’unico termine che poteva descrivere il suo stato d’animo.
Era dispiaciuto?! Ma di cosa?! Le aveva fatto provare la sensazione più bella, più unica della sua vita e ora era semplicemente dispiaciuto?!
Questa volta fu lei a muoversi verso di lui e la sua mano iniziò a percorrere la strada per avvicinarsi al suo viso.
Gli passò le dita tra i capelli e poi, molto lentamente, spostò la mano dietro al suo collo imprimendole una certa pressione per farlo abbassare.
Le loro labbra si trovarono vicine, si stavano quasi sfiorando. Potevano sentire sul viso l’uno il respiro dell’altra, potevano percepire l’emozione l’uno dell’altra!
Maria si leccò le labbra poi, con la lingua, leccò quelle di lui percorrendone il perimetro. Era in assoluto la prima volta che era lei a prendere l’iniziativa e questo le dava una bella sensazione.
Era lei, ora, a dirigere il gioco.
Michael non era solo stupito. Probabilmente non conosceva abbastanza parole per descrivere come si sentiva in quel preciso istante ma forse quella che si adattava meglio alla situazione era elettrizzato. Era come se tante piccole scariche di corrente percorressero il suo corpo da capo a piedi.
Per tutta la giornata si era dato dello stupido per quello che aveva fatto e, quando l’aveva incontrata poco prima, aveva dovuto resistere all’impulso di scappare a gambe levate.
Non era molto bravo a scusarsi ma sapeva di doverlo fare. E poi? Cosa era successo?
Con ogni probabilità non era propriamente il momento giusto per porsi tutte quelle domande, dopo, forse….
Si avvicinò e le passò un braccio dietro la vita, schiacciandola contro di sé.
Poi dischiuse le labbra e la sua lingua si incontrò con quella di lei, prima delicatamente, assaggiandola, poi sempre più duramente, fino a farla entrare completamente nella sua bocca.
Anche lei cercava di approfondire il bacio e la sua lingua, intrecciata con quella di Michael, voleva esplorare tutto della sua bocca, voleva sapere tutto di lui.
I loro corpi erano talmente vicini da sentire il calore l’uno dell’altra attraverso i vestiti e Maria poteva sentire distintamente crescere l’eccitazione di lui, la sentiva premere con forza attraverso i jeans, contro il suo corpo.
Se baciarsi era questo poteva affermare con certezza che quella era la sua prima volta.
Staccarsi fu difficile, nessuno dei due voleva smettere, ma respirare era necessario.
Lui la guardò con quel suo sguardo intenso e le accarezzò il viso con delicatezza, come se fosse fatta di porcellana.
Prima di voltarsi e sparire nel buio della strada le disse semplicemente buonanotte.
Ormai tra di loro si stava consolidando una prassi; lui se ne andava sempre all’improvviso lasciandola lì come una cretina.
Forse, stanotte, non avrebbe dormito.
Michael camminava veloce lungo la strada attraverso il parco. Aveva il battito cardiaco che ancora non si era normalizzato.
Che bacio era stato! E dire che a guardarla così non dava l’idea di essere così calda!
Appena entrato in casa si diresse in cucina per prendere un bicchiere di succo d’arancia, quando si emozionava aveva sempre la gola secca.
Erano usciti tutti.
Pensò con ironia che le cose non erano cambiare poi tanto rispetto a quando viveva con suo padre perché, anche allora, a qualunque ora rientrasse, era sempre e comunque solo, eccetto la compagnia della donna delle pulizie e della cameriera.
Era molto stanco ma probabilmente non si sarebbe addormentato così presto. Succedeva sempre così, almeno a lui. Quando la stanchezza si faceva sentire di più il sonno non arrivava mai.
Si butto sotto la doccia calda, sentendo i muscoli di tutto il suo corpo sciogliersi sotto il benefico massaggio dell’acqua. Chissà se anche lei in quel preciso istante si stava facendo la doccia, chissà se il suo corpo nudo era immerso negli stessi vapori rilassanti….. chissà se fossero stati nella stessa doccia! Si stava eccitando di nuovo.
“Michael, sei proprio un animale!” disse rivolgendosi a se stesso.
Tornò nella sua stanza con un asciugamano legato in vita e un altro sulla testa e si lascio cadere di peso sul letto.
Guardava il soffitto come se fosse in trance perché in realtà stava ancora guardando lei, anzi, adesso sapeva anche qual era il suo sapore.
Si mise improvvisamente seduto prendendo il blocco da disegno e i colori che aveva appena comprato. Scelse un verde smeraldo e un altro verde un po’ più scuro per gli occhi. Poi un rosso vermiglio per la bocca. Si, si avvicinava decisamente alla realtà ma, ovviamente, non avrebbe mai potuto eguagliarla.
Anche in quel momento, però, non poté fare a meno di pensare che, in effetti, l’arte del disegno non era perfetta come pensava perché non avrebbe saputo proprio come fare a rendere su carta il suo sapore.
Capitolo 4