Perdonatemi. Ovviamente so di essere in ritardo, so che le feste si sono appena concluse e che quest'epilogo avrebbe dovuto essere il mio regalino di Natale per voi... Ma le cose qua si sono un pochino complicate, perciò eccomi a postarvi il mio dono di buon anno! Grazie per aver letto. Grazie per aver commentato. Grazie di tutto. Alla prossima storia (prometto che ci sarà, anche se non ho idea di quanto ci metterò!)... Nel frattempo mi rimetterò in pari con tutti i vostri aggiornamenti. Vi abbraccio forte
Milu
My Chemical Romance, “All I want for Christmas is you”
Succedeva quasi tutti gli anni. L’afa asciutta e soffocante che d’estate annebbiava la vista e rubava ogni energia spariva di colpo, d’un tratto, sotto le feste: e la neve - la neve, sì - ricopriva il canyon e ogni altra cosa col suo candido abbraccio di gelo. Zucchero a velo, dicevano i bambini: lo spettacolo che offrivano le cime rossastre di Tsegi spolverate di bianco era impagabile. D’accordo, in certe annate era capitato anche di passare il giorno di Santo Stefano, il Boxing Day, in T-shirt... ma questi erano gli inconvenienti in cui rischiava d’incappare chi trascorreva il mese di dicembre nel cuore desertico dell’Arizona. Comunque, quest’anno alla magia glassata del Natale non sarebbe capitato alcun incidente... Era arrivata, finalmente. La neve.
“Oh... La neve, mamma! La neve!”.
“Possiamo uscire a giocare? Ti prego!”, piagnucolò Samuel con vocetta lamentosa. “Sì, Gracie, possiamo uscire? Sammy m’insegna a fare il pupazzo di neve! Dai, Gracie, dai...”, ed ecco Giuggiola - pardon, Jewel - unirsi al coro. “Ma sono solo le sette del mattino! Siete svegli da cinque minuti e ancora caldi di sonno”, esclamò la destinataria di tutte quelle suppliche sfiorando la fronte dei bambini con una mano stanca. “Avete sistemato i lettini? Ricordate che stasera avremo ospiti, e chi oggi non mi dà una mano nel tenere in ordine la casa non troverà nessun regalo sotto l’albero!”, concluse Grace, minacciandoli appena con un sorriso malcelato. “Tranquilla, tutto fatto! Ci copriamo bene e poi usciamo... Ci aiuterà la nonna, vero nonna May? Vero?”, ribatterono all’unisono i monelli sparendo in un lampo dalla sua vista e precipitandosi in cucina, dove la loro alleata preferita spignattava ai fornelli già da un’ora.
Quattro mesi. Quattro mesi passati e Grace ancora non s’abituava all’idea... Mentre l’allegro baccano dei bambini rotolava fuori, a cercare di dar vita a Mr. Frosty, la donna s’abbandonò ai ricordi, pensosa, col sorriso che le aleggiava ancora sul volto.
Quell’appiccicoso giorno di fine agosto era stata scortata dai suoi monelli preferiti fino ad un misterioso luogo d’incontro. Le avevano promesso una giornata speciale, obbligandola ad indossare una benda sugli occhi e il delirio di seta che Rain le aveva regalato per il suo compleanno appena qualche giorno prima.
Ad aprire gli occhi e ritrovarsi là, sul sagrato della chiesupola del paese, con accanto lui in ghingheri che brillava di luce propria e le due pesti raggianti, il cuore di Grace aveva mancato un battito. Poi uno sguardo negli occhi di May e Neil, colmi di tutto l’amore al mondo e più, le aveva confermato che la scelta giusta era proprio davanti a lei.
E nulla era parso più naturale di questo.
La prima settimana di settembre era volata via in un turbine colorato. Ecco tutto ciò che potevano permettersi, e al tempo stesso l’esperienza più romantica della loro vita: la mini-fuga da sogno trascorsa con Rain allo Zion Lodge di Springdale, nello Utah, era passata in un batter d’occhio, ma l’occasione di assistere allo spettacolo del canyon tenendosi abbracciati aveva valso il sacrificio. L’innocenza feroce e sconvolgente di quelle terre ancora apparentemente intatte, gli scenari suggestivi del parco, la loro felicità perfetta - tutto le rimandava alla mente la fortuna sfacciata che avevano avuto e quanto fossero stati vicini a perdere ogni cosa. Rabbrividì al pensiero.
Diresse la mente su altrettante piacevolissime memorie. La frequenza con cui Giuggiola aveva preso a restare da loro per la notte, portandosi dietro bambole e peluche fino ad invadere esattamente per metà quello che, fino ad allora, era stato territorio esclusivo di Sammy e delle sue macchinine...
...l’emozione di Rain, il giorno dell’inaugurazione della sua prima vera officina, davanti all’affluenza dei paesani curiosi...
...il nuovo guardaroba di Jewel, acquistato assieme...
...e il suo primo giorno di scuola, con Sammy a farle da tenerissimo e immancabile scudo.
I primi contatti timidi e divertiti coi Gypsies e il lauto banchetto del Thanksgiving Day, trascorso al campo nomadi tutti assieme; e poi la faccia fiera di quella peste di Claude, che aveva rubato la precedenza a qualunque maschio adulto presente nel pretendere di infilzare lui il tradizionale tacchino farcito.
Ora, rannicchiata sul divano comodo del salotto ad osservare la casa già confezionata a dovere in occasione del cenone serale, Mrs. Storm si godeva il tepore della stufa senza alcuna fretta. Aveva deciso di aspettare il suo romantico bacio del risveglio, prima di continuare ad affrontare la giornata: era un’ottima scusa per poltrire ancora un po’, anche se l’affanno allegro dei preparativi l’aveva buttata giù dal letto in tutta fretta già da un’ora mentre Rain continuava a riposare. L’idea che di lì a poco avrebbe per la prima volta osservato la sua buffa, stramba famigliona allargata radunarsi sotto l’albero per il rituale scambio di doni le parve il regalo più bello che avesse mai ricevuto in vita sua. Poi ricordò improvvisamente, mentre s’appisolava con un ampio sorriso, che il bello doveva ancora venire.
***
“Jingle bells, jingle bells, jingles all the way...”. Persino all’esterno del Mall, l’aria era stracolma di ritornelli di stagione, campanellini da slitta e profumo di dolciumi. “Sto per vomitare. Dio mio, ogni anno la stessa storia... A chi posso guastare la festa?”, sogghignò Kim in direzione del compagno. “Che bertuccia che sei, la pianti? Sembri il Grinch. Su, un po’ di zucchero non può farti che bene... E poi, Kylie è entusiasta!”, sorrise paziente Karl senza raccogliere alcuna provocazione.
“Babbo, babbo!”: la piccola iniziò a sbracciarsi entusiasta in direzione del ciccione di rosso vestito con cui una fila imponente di ragazzini attendeva di farsi fotografare. “Non pensarci nemmeno, farfallina! Quello è di sicuro un ubriacone disoccupato, non il tuo babbo. Anzi, aspetta: in effetti, a pensarci bene... sotto quella barba bianca potrebbe proprio esserci lui. Certo è un po’ ingrassato dai tempi del college: che ci avrò mai trovato, in uno del genere?”, sghignazzò la rossa osservando la reazione di Karl con la coda dell’occhio, mentre Kylie la fissava perplessa. “Kim! Ma ti sembrano cose da dire alla bambina? Ecco, hai rovinato la festa... a me”, finse d’imbronciarsi il ragazzo. “Per punizione... Kylie fa la foto con Babbo Natale, e stasera guardiamo tutti insieme Mary Poppins in tv”, proclamò il biondo trionfante.
“No, Mary Poppins no - tutto ma non questo! E... non abbiamo tempo per la foto, dobbiamo ancora comprare un pensierino per tuo fratello. A proposito, sei poi riuscito a convincerlo? Ci raggiunge per il pranzo del 25, almeno? E’ domani, cavolo!”, fece Kim tutto d’un fiato, sperando di distrarlo dai suoi stucchevoli propositi. “Macché. Anzi, grazie per avermelo ricordato. Più tardi ci riprovo, anche se dubito che accetterà. Non s’allontana di un passo da Moon, il tonto. E a lei non credo freghi nulla. Mah, contento lui...”, rispose rassegnato. Ma alla fine, almeno con Kim, l’aveva spuntata. Kylie aveva avuto la sua foto con Babbo (e gli aveva chiesto una baaam-bola), poi era crollata sul seggiolino dell’automobile, al ritorno.
S’era svegliata di soprassalto, in casa, non appena aveva sentito il vivavoce del cellulare di Karl parlare col tono di zio James, al quale lei aveva mandato un grosso bacio che grondava saliva alla fragola. Poi, mentre la tata disneyana per eccellenza lampeggiava dallo schermo, la bimba aveva iniziato a saltellare in attesa di Babbo, per l’esilarante disperazione di Kim: “Distruggerai casa, lo so... e siamo in affitto!”.
“Casa”... Sapeva già di buono, di domestico, di famiglia un po’ scombinata e tanto rassicurante. E a loro tre, avventatisi ben prima della mezzanotte sui pacchetti stretti sotto l’unico alberello striminzito che Kim aveva tollerato di allestire in casa, non pareva vero.
“Magari torna. O magari decide di invitarmi al campo. Non rompere, Karl, è Natale: non farti trattare male per forza”. Pausa. “Ti ho detto di no, non insistere. Magari torna, e se poi non mi trova a casa? Magari torna. Auguri a te e alle ragazze, vi abbraccio forte. Ciao”. Mise giù il telefono un po’ stizzito, James. Non che si divertisse, a declinare l’ennesimo invito di quel fratello scavezzacollo redento all’improvviso. Ma doveva restare a Tsegi, vicino a lei.
L’ultima lite era avvenuta proprio il giorno prima. 23 dicembre, a poche ore dalla Vigilia: lui aveva scioccamente insistito come al solito e lei, come al solito, l’aveva buttata inutilmente sul ridere salvo poi allontanarsi in fretta. Snervante e infantile. Meravigliosa e bellissima, come il primo giorno, come l’ultimo. Come sempre. James le aveva solo proposto di partire assieme per Phoenix, per passare qualche giorno con Karl e la sua famiglia nuova di zecca: non si vedevano da ottobre, persino la bimba chiedeva continuamente di loro due. Moon aveva nicchiato, aveva riso, aveva sbuffato - soffiava, come la maledetta gattaccia selvatica che era - e la discussione era nata da sé, per autocombustione.
Ma adesso, che poteva mai farci James? Un bel cenone solitario - con Shep e Gloves, per la precisione - era il giusto prezzo da scontare per la sua palese idiozia. Lei se n’era andata sbattendo la porta. Lui non sarebbe mai partito senza, ovviamente. E poi stava già facendo buio. “Magari torna”, ripeté a se stesso.
***
“Passami le uova, tesoro. Ecco, intanto versa piano il brandy... No, quello è aceto!”. Em e Vivi trafficavano attorno all’impasto come streghette alle prese con la più complessa pozione mai realizzata... o come due bambine che pasticciano in cucina. Uno sbuffo di farina le fece ridere entrambe. “Ci prenderanno tutti in giro, o moriranno per avvelenamento da pudding... Non potevamo semplicemente comprare qualcosa di confezionato giù al negozio?”, fece Vivica ridacchiando. La complicità che aveva trovato sin dal primo istante con Emi era ormai collaudata, come con un’idealizzata sorella maggiore sognata di nascosto durante tutta l’infanzia.
“Ma no, tranquilla: possiamo sempre ricorrere a qualcuno dei libri segreti di Aster e cancellare la memoria dei presenti, no?”, le strizzò l’occhio Emi. “A proposito, Em, quando torna? Lei e Nyx mi mancano un sacco...”, iniziò Vivi con un pizzico di nostalgia. “Non saprei dirtelo, piccola”, rispose la maggiore. “Non c’è una data precisa che io o Moon possiamo indovinare: quelle due streghe girandolone spariscono, ogni tanto, e poi riappaiono a missione compiuta. Cosa combinino e perché lo facciano non è dato saperlo, ma stai serena: torneranno”. Rassicurata, Vivi riprese a seguire con gli occhi la grafia minuta di Aster sul vecchio ricettario tradizionale che lei ed Emi seguivano da ore.
Doveva moltissimo a quell’incredibile signora dalle gonne sgargianti, ricordò. Le emozioni indescrivibili provate quella notte, durante l’allegra cerimonia pagana celebrata da Aster per unire in matrimonio lei con Claude ed Emi con Bal tornarono a invaderla come il minuto stesso in cui le aveva sperimentate per la prima volta. Si era sentita parte di un tutto, significante e significato, finalmente consapevole delle proprie potenzialità... e accolta, amata, realizzata. Felice, in una sola abusata parola.
“Me lo prometti, che tornano?”, domandò ancora, con una velo lucido sugli occhi all’idea di non poter più riabbracciare l’artefice magica del suo destino da favola, scomparsa con la gatta durante la notte di Ognissanti. “Ma certo, sciocchina!”, l’abbracciò Emi infarinandola tutta. “Quelle due sanno badare perfettamente a se stesse, ti dico. Avranno un valido motivo per essere sparite così... Ce l’hanno sempre, sai? Ora, piuttosto, distraiti e fa’ quella benedetta telefonata, prima di dimenticartene di proposito! Poi torna a darmi una mano, o l’impasto alle prugne mi divorerà”, sorrise Emerald con dolcezza.
Vivi sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo Em e non aveva la minima voglia di seguire il suo consiglio. Eppure... eppure Juno non meritava il silenzio. Si sorprese a comporre il numero e, prima di rendersene conto, sentì la voce stranamente impacciata di sua madre riempirle le orecchie.
...il resto è
qui! ^^