[Sherlock BBC] I'd love to mess your pretty hair, I'd love to see you dead.

Sep 19, 2012 17:34

Titolo: I'd love to mess your pretty hair, I'd love to see you dead.
Fandom: Sherlock BBC
Personaggi: John Watson, Sebastian Moran
Rating: Pg13
Avvertimenti: Sangue, coltelli, ma in quantita limitate.
Conteggio parole: 989 (fiumidiparole)
Riassunto: Il rumore della lama che cade sul pavimento rimbomba nella sua testa come un gong, e capire perché le braccia di Sebastian si stiano avvolgendo attorno al suo busto, lasciandolo cadere all’indietro, contro il suo petto, gli risulta davvero complicato.
Sono cambiate tante cose, da quando Sherlock è morto.
Note: La raccolta ha un nome, un titolo davvero breve, ossia "I’d love to see inside your mind, to tear it all apart, "To cut you open with a knife and find your sacred heart.", rubato volgarmente a Insanity by Oingo Boingo - il nome è tutto un programma. Stavolta torniamo un po' indietro nel tempo. Questa relazione è insana. Comunque. Scritta per il 500themes_ita, prompt 213. Perdere la grazia di Dio.


X Giugno 2013

Ha lo sguardo perso nel vuoto. Stanotte il suo cervello ha lavorato troppo, lasciandolo al mattino privo di forze. Dormire si sta rivelando inutile - a che serve, se il giorno dopo ti svegli più stanco di prima? Stanotte, il suo cervello ha messo insieme i pezzi peggiori della sua vita e glieli ha fatti scorrere davanti agli occhi uno ad uno, e poco importa se ha cercato di aprire gli occhi e scappare, perché i suoi sogni lo hanno abbracciato, soffocandolo con il puzzo di sangue e cadaveri e tenendogli le palpebre chiuse.
Sherlock è caduto. Tre volte di fila, come se fosse legato ad un elastico, come se fosse la rotella di uno yo-yo. Ogni volta che toccava il marciapiede il suo sangue schizzava la guancia e il rumore delle ossa gli entrava sottopelle. È stato difficile, aprire gli occhi e vedere che il sole era sorto dietro una coltre di nuvole spessa.
Sherlock è caduto. Un anno fa. La sua assenza è una mandorla amara sul fondo della lingua.

È in pausa pranzo, gioca con una pallina di gomma - è grigia come il cielo, è grigia come quella che Sherlock teneva in mano un anno e un giorno fa. La preme contro la scrivania e la fa roteare, si perde a guardarne i segni sul legno laccato. Sarah è entrata per chiedergli qualcosa - forse per mangiare insieme - ma è andata via senza nemmeno aspettare una sua risposta.
Dovrebbe andare in cimitero.
Si alza dalla sua sedia e prende la giacca, infilandosela pigramente mentre esce dal suo studio. Sarah lo guarda e abbozza un sorriso che muore non appena incrocia i suoi occhi.
“Non mi sento molto bene.”
Lei annuisce e, con un abbraccio, lo lascia andare.

Non piove, oggi. C’è un sottile velo di nuvole che rende grigio tutto ciò che dovrebbe essere colore, ma non c’è una goccia d’acqua a commemorare il giorno. John non resta molto tempo davanti alla lapide, solo il tempo di leggere il suo nome e lasciare un pensiero. Accarezza la lapide guardandola come si guarda a un fratello, la preoccupazione che lo ha mangiato per un anno e mezzo che adesso è diventata solo rassegnazione.
Sono cambiate tante cose, da quando è morto.
Lo saluta con un cenno della testa, e gli da le spalle. Vorrebbe potersi lasciare tutto indietro, e invece ogni ricordo pesa sul suo cuore come un macigno, e tagliare le corde che li tengono legati è impresa difficile, se non impossibile.
Come si cancella Sherlock Holmes?

La porta di casa è aperta. Cigola, mentre la spinge, e il rumore è così fastidioso che, sotto il maglione, gli si forma la pelle d’oca. Si guarda intorno, entrando in casa a passo felpato, la presenza di qualcun altro solida attorno alla sua persona. Le persiane sono chiuse, le tende tirate: vedere qualcosa risulta davvero difficile.
Ma sente il respiro.
È un momento, il tempo di percepire il peso di qualcuno premergli sulla schiena e costringerlo sulle ginocchia, il tempo di sentire il calore umido e fastidioso di un respiro contro la propria pelle.
“È colpa tua, Watson.”
La voce di Sebastian Moran trema sul suo orecchio come scossa da un terremoto. E John vorrebbe reagire, ma oggi non ne ha le forze.
Davvero, no.
Non parla, mentre una mano si stringe ai suoi capelli e gli tira la testa indietro; stringe la bocca e si trattiene dal respirare - quanto ha bevuto, prima di arrivare a casa sua? L’aria puzza d’alcool e disperazione.
“Se tu non ti fossi messo a giocare con Holmes, non sarebbe successo niente. È tutta colpa tua.”
Il cuore accelera soltanto quando sente la lama fredda di un coltello poggiarsi sul suo collo. Fa dei respiri profondi, si lecca le labbra cercando di non andare in panico.
Non vedere non lo aiuta.
“Hai ucciso Holmes, hai ucciso James, permettimi di risolvere i nostri problemi.” Le sue dita grosse abbandonano i capelli e affondano dentro la sua giacca, stringendogli maglione e carne insieme, facendolo gemere di dolore. “Un taglio e via, questa vita è insulsa, tanto, no? John?”
Abbandona la testa sulla sua spalla, aggrappandosi al braccio più pericoloso, sentendolo nudo. Affonda le unghie nella pelle, sperando che possa allentare la presa, ma poi il coltello preme più forte, e fa male, e trattenersi per non urlare è difficile, ma deve farlo, perché ormai ha perso tutto, lui, Sebastian, non c’è più niente a tenerli in piedi, non c’è grazia divina che li obblighi a restare aggrappati alla vita.
Il cielo deve essersi pulito, fuori, perché riesce a vedere meglio adesso, a distinguere le sagome dell’arredamento.
Sente qualcosa di umido scivolargli lungo il collo, e la testa farsi più leggera. Il rumore della lama che cade sul pavimento rimbomba nella sua testa come un gong, e capire perché le braccia di Sebastian si stiano avvolgendo attorno al suo busto, lasciandolo cadere all’indietro, contro il suo petto, gli risulta davvero complicato.
Sono cambiate tante cose, da quando Sherlock è morto.
Non si sarebbe mai aggrappato a ciò che è rimasto del suo peggior nemico, tre anni fa. Non gli avrebbe permesso di iniettarglisi in vena senza permesso, di avvicinarsi così tanto al suo collo per permettergli di ucciderlo.
La lingua di Sebastian è morbida, sul suo collo; scivola sulla carne pulsante facendola bruciare, mentre l’odore di birra, e whiskey e dio sa cos’altro si mescola a quello metallico del suo sangue. Tira su col naso, sentendosi nauseato, e socchiude gli occhi, le mani di Sebastian che gli accarezzano l’addome, si infilano nello spazio tra un bottone e l’altro della camicia.
Sono passati otto mesi, dalla prima volta che lo ha incontrato.
È stato in quel momento che ha perso la grazia di Dio. È stato nel momento in cui ha accettato di non vederlo come un nemico, ma come il riflesso distorto di se stesso.
Si abbandona tra le braccia di Sebastian mentre questo gli stringe nuovamente i capelli, piano, stavolta, per obbligarlo a spostare la testa di lato, e lasciargli spazio per leccare via il sangue, e mangiarsi il suo dolore.

2012, fandom: sherlock bbc, pg13, personaggio: sebastian moran, personaggio: john watson, !fanfiction

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