18 settembre
Il buio e la paura sono pessimi compagni di fuga.
Il tempo di percorrere pochi metri e Massimo inciampa. Finisce a pancia in giù sul marmo del porticato, evitando per un soffio di picchiare il volto. Batte invece braccia e ginocchia. Le fitte di dolore sono niente a confronto della consapevolezza di aver perso terreno. Inoltre ha fatto un sacco di rumore.
Infatti i suoi inseguitori sbucano alle sue spalle. Oramai l'hanno individuato. Sono a una quindicina di metri. Lo indicano coi bastoni. Uno gli punta addosso una grossa torcia elettrica.
Massimo si rialza, ignorando il dolore causato dalla caduta. Prova a scattare via ma le ginocchia sono gonfie, sofferenti. Gli inseguitori lo raggiungono in un attimo, senza parlare. Con la coda dell'occhio vede il manganello del primo calare verso la sua schiena... salvo poi volare via, colpito da qualcosa.
Una figura sbuca tra lo scrittore e i suoi inseguitori, calandosi dall'alto, dal palazzo, nemmeno fosse Batman. Il paragone non è poi così azzardato, a quanto pare. Il nuovo arrivato indossa una sorta di trench beigé, pantaloni e stivali dello stesso colore. In testa porta una sorta di maschera bianca, annodata dietro la nuca.
Con un calcio colpisce il primo picchiatore alla bocca dello stomaco, mandandolo nelle braccia del compare che gli sta alle spalle. Gli altri due esitano un attimo, poi si fanno sotto alzando i bastoni. Il misterioso combattente in bianco blocca il primo per il polso, torcendogli il braccio dietro la schiena, quindi lo utilizza come scudo umano.
L'ultimo del quartetto scarta di lato, cercando un varco per colpire, ma la perdita di tempo gli è fatale. Il tizio in bianco gli scaglia addosso il suo amico, travolgendo in pieno. I due finiscono a terra in un groviglio di arti.
«Tu», il buon samaritano si volta verso Massimo. «Vieni con me.»
Non che ci sia molta scelta: i quattro sono malconci ma non del tutto K.O. Lo scrittore corre dietro il suo salvatore, che lo guida attorno al palazzo, fino a una stradina laterale, buia e stretta. Lì è parcheggiata una moto. Massimo è un discreto esperto, complice il padre, grande appassionato di motori. Riconosce un Guzzi modello Airone 250, un gioiellino dei tardi anni '30.
Questa però è dipinta interamente di bianco.
Lo sconosciuto balza in sella e accende il motore, quindi si rivolge a Massimo. «Avanti, sali!» Parla un italiano perfetto, ma ha un accento straniero, forse inglese.
Lo scrittore obbedisce e monta in moto, stringendosi all'uomo, che schizza via nell'oscurità senza accendere i fari. L'esperienza della fuga a tutta velocità nel buio è di quelle da infarto. Massimo si rende conto di urlare e imprecare, ma tutto viene fagocitato dal rombo del Guzzi.
A quel punto non può fare altro che chiudere gli occhi e sperare nell'abilità di guida del suo salvatore. La moto non decelera mai, nemmeno quando si lancia in azzardate curve. Il viaggio sembra infinito ma a un certo punto il Guzzi frena e il motore si spegne. Lo scrittore riapre gli occhi, ancora terrorizzato.
Ciò che vede lo lascia a bocca aperta.
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