18 settembre
Ci sono delle persone che lo cercano. Non sa chi sono ma intuisce che è meglio evitarle. Le ha intraviste per la prima volta verso le due di notte, mentre camminava inutilmente verso chissà quale meta.
Una strana auto è sbucata da una traversa dell'infinita strada che stava percorrendo. Aveva fari accecanti, uno anche sul tettuccio, e procedeva scandagliando i lati della via.
Per istinto Massimo ha preferito non farsi vedere. E dire che fino a pochi attimi prima avrebbe dato tutto quello che aveva in tasca per incontrare una sola anima viva.
Ora il suo orologio segna le quattro e cinquantadue. Esausto, si è fermato nell'ennesima piazzetta che ha incontrato nel suo vagabondare. Sono ore che cammina, concedendosi deviazioni temporanee per esplorare i vicoli oscuri sui due lati della strada. La sua mente sta già accettando l'inaccettabile: in qualche modo ha trovato il Borgo. O meglio, ci è finito dentro in pieno.
Massimo si è imposto di ragionare come uno dei protagonisti dei suoi libri. Il che vuol dire avere la mente aperta, lasciare spazio all'impossibile. Però è più facile dirlo che farlo.
Si è sistemato sotto il porticato di un palazzo antico, simile alla sede di una banca o di qualcosa del genere. Non lo riconosce come non riconosce le strade percorse finora, anche se nel loro stile c'è qualcosa che richiama Milano, pur non essendolo.
Seduto con la schiena appoggiata al muro, cercando di ignorare l'aria fredda che tira sotto quel portico, Massimo è attento a captare ogni suono. L'auto piena di fari è da tempo passata altrove ma ha paura di vederla tornare.
Non sa chi la guida e non vuole scoprirlo.
Estrae la copia di Le Grandi Firme acquistata dal misterioso libraio. Facendosi luce con lo schermo dell'iPad cerca l'articolo che l'ha indotto ad acquistare la rivista. Lo trova a metà giornale.
“Lo stravagante architetto italo-austriaco Francesco Pliss, noto per i richiami simbolisti delle sue costruzioni, è reduce da un viaggio in Cirenaica. Laggiù, nella Libia italiana, il conte ha trovato una misteriosa moglie, ora riportata a Milano, ma non ancora mostrata in società. Qualche pettegolo sostiene che la sposa di Pliss sia stata acquistata, alla guisa di una schiava, da una confraternita mistica di Senussi del Giarabub.”
L'articolo è integrato da una foto che mostra un uomo sulla sessantina, magro e aristocratico, con corti baffetti grigi e sopracciglia cespugliose. Il tizio, vestito in un impeccabile abito scuro, è indicato dalla didascalia come Francesco Pliss.
È la prima volta che lo vede in viso. Su Internet non ha trovato foto dell'architetto.
Un rumore improvviso lo fa sobbalzare. Sono passi e si avvicinano di corsa dal retro del palazzo, non distante da dove è seduto lui. Si alza di scatto. Con cautela sbircia all'angolo del porticato e lì vede: quattro figure si avvicinano attraversando l'ordinato cortiletto del palazzo. Sono vestiti con dolcevita scuri. Un paio indossano dei passamontagna, anche se sono ripiegati sulla fronte a mo' di berretti.
Tutti impugnano dei bastoni simili a manganelli.
Non c'è molto da fare se non darsi alla fuga. Massimo non ci pensa due volte e scappa.
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