Vale a dire Stephen King contro Stephenie Meyer.
Il Re (deposto?) dell'horror contro l'aspirante regina dell'horror all'acqua di rose.
Il fatto
Ogni adulto che abbia avuto il coraggio di leggere Twilight e soprattutto di commentarlo di fronte a un ragazzino, potrà facilmente intuire le reazioni dei giovani fan della saga alla notizia: Stephen King, nel corso di un’intervista rilasciata a USA week end per promuovere il suo nuovo libro, ha commentato duramente il lavoro di Stephenie Meyer.
A dire il vero, il cronista non aveva chiesto opinioni sul valore delle scrittrici, ma solo in quale misura King pensasse di aver spianato la strada a Rowling e Meyer. King risponde di sentire di aver influenzato la Rowling quanto lui stesso fu influenzato da Richard Matheson, e di considerarla un’ottima scrittrice, mentre non ha idea della formazione della Meyer e, decidendo di non voler trattenere la critica, annuncia che la sua scrittura “non vale un accidente”.
Possiamo immaginare l’espressione dell’intervistatore: nessuna vera critica ufficiale era mai stata mossa finora alla saga dei vampiretti, forse anche perché ben pochi adulti hanno impiegato del tempo per conoscere cosa leggono i ragazzi.
A questo punto King sembra rendersi conto che con questa affermazione perderà un sacco di giovani lettori, annaspa alla ricerca di paragoni con altri autori, e cerca di ammorbidire i toni. Giudica il libro un’opera per ragazzine, eccitante e avvincente, che contiene un po’ di sesso ma non troppo, e quindi non rappresenta una minaccia dal punto di vista dei genitori, ma che per le ragazzine è un concentrato di emozioni che non sono ancora pronte a gestire. (fonte:
www.fantasymagazine.it)
Se dovessi scegliere con chi schierarmi, starei dalla parte di King, in quanto di certo preferisco la sua concezione di "scrittura del terrore". La critica che King muove riguardo a una certa rappresentazione a tinte pastello di sesso e amore è vera. C'è anche da dire che bisogna fare chiarezza: la Meyer la dobbiamo classificare come autrice per ragazzi (e ciò giustificherebbe i toni "soft" dei suoi romanzi), oppure come autrice horror?
Io della Meyer ho provato a leggere il primo libro, giusto per non fare la figura di quello che critica senza conoscere, ma l'ho trovato davvero improbonibile per un lettore hard-boiled come me. Non metto in dubbio che alle ragazzine possa piacere, visto che l'autrice ha amalgamato furbescamente tutti quegli ingredienti che decretano il successo di film e romanzi indirizzati alle "nuove generazioni".
Al contempo c'è però da dire che King potrebbe avere semplicemente un po' paura di questa autrice che senz'altro al momento gode più fama di lui. Un po' d'invidia, insomma.
Nonostante King non mi piaccia più da diversi anni, trovo comunque deprimente che il massimo punto di paragone nel campo della narrativa horror sia la Meyer.
Auguro a tutti, specialmente ai lettori più esigenti, di scoprire piuttosto quel sottobosco di autori molto più "duri" e tecnicamente preparati di cui si parla poco ma che hanno un concettto dell'horror più vicino al suo vero DNA.
Parlo di gente come Max Brooks, Brian Keene, Jonathan Carroll, John Ajvide Lindqvist e, perchè no, gli italianissimi Francesco Dimitri, Danilo Arona, Gianfranco Nerozzi etc etc.
Il consiglio che do è sempre lo stesso: informatevi su quanto offre il mercato, guardatevi intorno, non scegliete solo ciò che propongono i grandi media. C'è molto altro, oltre quello che "va di moda".
Postilla: ma cos'è in realtà la narrativa horror?
Per i profani si tratta di "bassa macelleria". La più vituperata branca della letteratura di genere. In realtà molti romanzi horror sono prima dei tutti dei perfetti romanzi di formazione (penso a "It" di King, o a "L'estate della paura", di Simmons). Altri sono elaborate introspezioni nella psiche umana. Altri ancora traggono spunto dal quell'aspetto fantastico-esoterico che attrae molti, anche se non tutti hanno il coraggio di ammetterlo apertamente.
Nel genere horror ho avuto la fortuna di trovare parimenti del buon intrattenimento e degli ottimi spunti di riflessione. Forse qui bestemmierò, ma non scambierei il contenuto di "It" con quello di libri statalizzati (ovvero proposti dalla scuola pubblica) come "I malavoglia" o "La coscienza di Zeno", improponibili a dei quattordicenni a cui si rischia solo di far perdere l'amore per la lettura.