Un rumore stridente di piccole lame che sfregavano tra loro ed il tintinnio della porcellana, risuonarono nella stanza, disturbando il mio sonno. Aprii gli occhi per osservare con disappunto la metà vuota e quasi fredda del letto, accanto a me, poi sollevai lo sguardo ed individuai la figura massiccia di Watson davanti al mobiletto da toilette. A petto nudo, con i calzoni ancora slacciati e le bretelle cadenti, aveva appena completato la rasatura giornaliera ed ora era intento a regolarsi i baffi. Il rumore che mi aveva svegliato era appunto quello delle forbicine che sferruzzavano e sbattevano contro la porcellana della bacinella per scrollarsi via i residui. Potevo affermare, senza tema di smentita, di conoscere un certo numero di gentiluomini che portavano i baffi e le basette in maniera del tutto inappropriata; tanto ridicola, in effetti, da essere una consueta beffa celata dietro i ventagli delle signorine da bene. E tuttavia Watson non era in alcun modo noverabile tra quei signori. Al contrario, trovavo che quei baffi gli donassero particolarmente, sottolineando con attenzione l’arco morbido e generoso delle labbra regalategli da Madre Natura. Erano chiari, né troppo folti, né troppo radi, e sapevo per esperienza che al tocco erano morbidi e potevano rivelarsi stuzzicanti nelle occasioni più impensate. «Vedi qualcosa di tuo gradimento?» mi domando il Dottore, osservandomi attraverso lo specchio. «Diverse cose» ammisi, puntellandomi su un gomito. Lui soppresse un sorriso che avrebbe rischiato di vanificare l’opera che stava attuando sul proprio viso. «Pensi di alzarti o intendi restare lì finché Mrs. Hudson verrà ad annunciarmi la tua scomparsa e ti troverà nel mio letto?» mi interrogò con fare svagato. «Ancora un minuto» replicai, prima di scivolare giù da quel caldo giaciglio e raggiungerlo per posare un bacio sul suo collo.
A petto nudo, con i calzoni ancora slacciati e le bretelle cadenti, aveva appena completato la rasatura giornaliera ed ora era intento a regolarsi i baffi. Il rumore che mi aveva svegliato era appunto quello delle forbicine che sferruzzavano e sbattevano contro la porcellana della bacinella per scrollarsi via i residui.
Potevo affermare, senza tema di smentita, di conoscere un certo numero di gentiluomini che portavano i baffi e le basette in maniera del tutto inappropriata; tanto ridicola, in effetti, da essere una consueta beffa celata dietro i ventagli delle signorine da bene.
E tuttavia Watson non era in alcun modo noverabile tra quei signori. Al contrario, trovavo che quei baffi gli donassero particolarmente, sottolineando con attenzione l’arco morbido e generoso delle labbra regalategli da Madre Natura. Erano chiari, né troppo folti, né troppo radi, e sapevo per esperienza che al tocco erano morbidi e potevano rivelarsi stuzzicanti nelle occasioni più impensate.
«Vedi qualcosa di tuo gradimento?» mi domando il Dottore, osservandomi attraverso lo specchio.
«Diverse cose» ammisi, puntellandomi su un gomito.
Lui soppresse un sorriso che avrebbe rischiato di vanificare l’opera che stava attuando sul proprio viso. «Pensi di alzarti o intendi restare lì finché Mrs. Hudson verrà ad annunciarmi la tua scomparsa e ti troverà nel mio letto?» mi interrogò con fare svagato.
«Ancora un minuto» replicai, prima di scivolare giù da quel caldo giaciglio e raggiungerlo per posare un bacio sul suo collo.
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