[CAPPUCCETTO ROSSO] Loner & freak

Mar 15, 2019 17:16

 
Titolo: Loner & freak

Fandom: Cappuccetto Rosso

Personaggi: Lupo/Cappuccetto

Genere: erotico, malinconico

Avvertimenti: genderbend, bestiality, dub-con

Parole: 2163

Note: COW-T9, quinta settimana, M1 con prompt “scontro”.

Questo è un sequel di your innocence is mine. Non credo mi sia venuta bene come quella, ma se non altro ho scritto qualcosa XD e vabbè il titolo fa schifo, ma amen, non mi va di pensarci su tanto.


Non ti aspettavi di vederlo tornare - è passato così tanto tempo. E, onestamente, ti ci è voluto un po’ per ricordarti di chi fosse. Quando l’hai visto ti è sembrato di riconoscere i riccioli biondi, il corpo mingherlino, la forma del viso che, però, sembra si sia drammaticamente asciugato, e soprattutto il suo giubbotto rosso col cappuccio. Non è lo stesso giubbotto, certo, ora gli arriva alle ginocchia e gli si stringe addosso evidenziando il suo corpo snello.

Ed è quel particolare che ti fa ricordare, all’improvviso. Ricordi la paura in fondo ai suoi occhi al cioccolato, la morbidezza della sua pelle sulla tua lingua, il suo tremare continuo nonostante non cercasse di scappare.

E adesso si guarda attorno, con un incedere quieto, uno sguardo attento che cerca. Ti cerca, probabilmente.

Ti lecchi le labbra con gli angoli della bocca che si curvano appena all’insù, ti abbassi fra i cespugli e avanzi lentamente a carponi. Hai ancora l’odore di selvaggina che solletica il tuo naso, appena appena. La tua carne invece si muove in senso opposto, i tuoi occhi rimangono fissi sulla chioma color del sole che risalta nel verde, splende toccata dai raggi che filtrano fra le foglie.

È interessante, vederlo qui. La prima volta sembrava così terrorizzato, ed è scappato via così in fretta quando l’hai lasciato andare. Però l’hai visto, allora. Qualcosa nella sua espressione, nella sua esitazione nel rivestirsi, come se volesse chiedere qualcosa per poi mordersi la lingua.

Il tuo sorriso si stende, mentre ti avvicini fra il fogliame, e poi…

Si volta. Ti fermi, fremendo, con le orecchie che si appiattiscono all’indietro.

Ha una pistola e non l’avevi vista. Hai una conoscenza intima di quell’oggetto, più volte ti ha trafitto il corpo prima che tu riuscissi a strappare la gola ai cacciatori che lo usavano. Ricordi il bruciore, ricordi il sangue, ti pare di sentirne il sapore sulla lingua all’improvviso.

“Lupo, vieni fuori,” scandisce la sua voce, mentre la sua mano stringe con più sicurezza la pistola e l’occhio nero ti guarda.

Quell’affare può uccidere, l’hai visto accadere. Più volte hai sentito lo scoppio e poi lo stridio di dolore di un coniglio, o il grido di un fagiano.

Che verso farebbe, nella morte?

“Ti ho sentito, sai?” Continua, Cappuccetto, stringendo la mano attorno al manico. “Ti stavo cercando.”

Devi aver calpestato qualcosa senza accorgertene. Stringi ancora i denti, e poi lo vedi avvicinarsi, e improvvisamente inseguirlo non è più divertente. Potresti sopravvivere ad un colpo, forse due. Ma a tre scappare diventerebbe molto, molto difficile.

“Ah sì?”

Non hai saputo resistere. Sicuramente sa cosa sta facendo e cercava proprio di provocarti, ma… dovevi rispondere.

La sua mano esita, e poi si abbassa. E poi, per qualche motivo, sembra sorridere. Un po’, almeno.

Ti guarda mentre ti sollevi, rivelandoti, e i suoi tratti si contraggono appena prima di distendersi. E poi si avvicina ancora, con calma, e si accorge dei tuoi occhi che saettano alla tua arma. La soddisfazione riempie il suo viso, e poi ti punta l’arma addosso di nuovo.

“Effettivamente è divertente, spaventare qualcun altro,” lo senti dire piano, e il tuo cuore si contrae dolorosamente. Quel bambino è cresciuto, è diventato qualcosa di completamente diverso.

Qualcosa di contorto, proprio come te. Le tue labbra tremano al pensiero, e poi il ghigno di prima torna sulle tue labbra.

“Vero?” Rispondi, e dopo qualche secondo di concentrazione ti muovi. È un balzo veloce, così fulmineo che Cappuccetto ci mette un po’ troppo a premere il grilletto, e lo scoppio rimbomba per il bosco seguito dal frullo spaventato di dozzine di ali.

Entrambi rotolate nel terriccio umido, ed entrambi vi rialzate in fretta, è diventato alto quasi quanto te e nella mano stringe ancora la pistola.

All’improvviso, non devi sembrargli più così spaventoso.

“Allora sei venuto per vendicarti,” ringhi, muovendoti di lato lentamente. La sua pistola ti segue, eppure non senti nessuno scoppio. E non lo senti nemmeno rispondere. Ti guarda e basta, tenendoti a tiro, eppure non spara.

Ti muovi intorno a lui, la pistola ti segue, e sai benissimo che potrebbe ferirti o ucciderti in qualsiasi momento. Ma no, lui ti guarda e basta, ti punta la pistola addosso e basta. Chissà quanto durerà.

E poi ti viene in mente un’idea - ti sposti un po’ di più, con calma, e quando un raggio di sole colpisce il suo viso facendogli sbattere le palpebre, quello è il momento in cui balzi di nuovo, scontrandoti su di lui. E questa volta, non spara nemmeno.

Senti il suono pesante della pistola che cade a terra, senti il suo respiro mentre lo premi contro un albero e il profumo della sua pelle. Ti viene voglia di morderlo, ma non sembra più così tenero come una volta. La sua carne sarebbe deliziosa lo stesso, ma gli mancherebbe qualcosa.

“Non ho intenzione di mangiarti,” dici, annusando il suo collo. Non sa più di fresco.

“Non ne sono così sicuro,” risponde, con una calma che, dapprima, ti sorprende. La sua voce trema appena, e addosso al tuo corpo il suo sembra arrendersi, ma anche tendersi. Finalmente ti guarda di nuovo, piantando gli occhi chiari nei tuoi, ferini e bui, e afferra il tuo collo. Ma non stringe. I suoi occhi si assottigliano e sembra volerlo, sembra esitare, sembra che anche nella sua testa ci sia un combattimento.

È il tuo segnale, avvolgi le braccia attorno a lui e te lo stringi addosso, leccandogli il collo e la guancia, con un po’ di barba appena visibile che punge. Il suo sapore non è come quello di una volta, e la tua voglia di mangiarlo diminuisce, senti la fame attenuarsi un po’ nello stomaco.

Le sue dita si stringono fra il pelo del tuo fianco e un po’ fa male, ma più che lamentarti volti gli occhi verso di lui con curiosità, e poi lo guardi e i suoi occhi sono diventati neri.

Le sue mani esitano ma poi scendono lungo il suo stesso corpo, e lo osservi toccarsi fra le gambe mentre ti guarda, mentre il suo sguardo scorre giù lungo il tuo.

Un ringhio sale su per la tua gola, trema, perché hai capito tutto.

Ti ha cercato e ora sai perché. O forse è solo uno dei perché, forse uno è che ti vuole uccidere, uno è che gli hai lasciato qualcosa dentro, qualcosa che l’ha riportato da te. Copri la sua mano con la tua, sostituendo il suo pudore con la voglia che ti cresce nel ventre e la muove, lentamente ma con decisione, fino a quando non lo senti duro e voglioso sotto il palmo della tua mano. I suoi respiri si appesantiscono, e potresti sentire ognuno dei suoi tremori sotto la tua stessa pelle, forse sono gli stessi.

Afferri le sue spalle con un altro ringhio, e questa volta non hai più tanta voglia di giocare. È da tanto che non tocchi qualcuno o qualcosa.

Con un movimento deciso lo fai voltare, eppure non sembra opporre molta resistenza - si muove e basta, appoggiandosi al tronco dell’albero. Ti soffermi solo un momento ad annusare fra i suoi riccioli e l’odore ti fa tremare, dalla punta dei piedi fino alle orecchie; col naso scendi lungo la sua nuca e il profumo della sua carne ti esplode nel cervello con una forza che ti sorprende e ti avvolge. Stringi le mani attorno ai suoi pantaloni e li strattoni via, ti abbassi in ginocchio e afferri le sue natiche separandole quando basta a vedere il buco che si contrae già, attorno al nulla.

La prima volta non sei affondato in lui - per te allora la sua paura era già abbastanza soddisfacente, ma ora la tua lingua accarezza l’apertura e senti il suo sapore più intimo, chiudi gli occhi e lo lecchi ancora mentre ascolti il suo respiro uscire in singhiozzi, in piccoli sospiri, e quando ti tocca la testa lo guardi, leccandoti le labbra. Vedi la sua guancia e l’orecchio rossi, vedi le sue spalle sollevarsi e abbassarsi rapidamente, guardi la sua schiena curvata appena, e lo lasci andare mentre ti alzi e sussurri nel suo orecchio.

“Sei tornato per questo, vero?”

Geme piano, ma non risponde subito; stringe gli occhi e affonda di nuovo le dita nel tuo pelo.

“Sono arrabbiato,” dice, con la voce strozzata. “Mi hai trasformato in un mostro.”

Afferri i suoi fianchi, poi scendi con le mani per accarezzare le sue cosce.

“E quindi sei tornato da me,” tiri ad indovinare, “perché nessuno può più capirti.”

Si irrigidisce ancora, e poi abbassa la testa.

“Mi piaceva il bosco. Anche allora mi piaceva di più venire qui che stare fra loro.”

Afferri ancora i suoi fianchi, ma questa volta le tue unghie affondano in essi e senti il suo respiro mozzarsi in gola.

“Preferisci venire fra i mostri invece di stare con la tua gente?” Borbotti, incredulo. “Non ha senso.”

Annuisce, e tu annusi l’aria. È fredda, ma Cappuccetto non trema. Finalmente il suo corpo sembra rilassarsi.

“Almeno i mostri non fanno finta di essere altro,” dice, e ti guarda da sopra la spalla.

“Siamo crudeli,” dici, assaporando già la sua paura, ma non ne vedi.

“Lo sono anche loro,” dice lui, e finalmente l’uomo di fronte a te si abbandona piegandosi in avanti, le mani che lo sostengono contro l’albero.

Sembra cambiato completamente anche rispetto a quello che presentava solo poco fa. Sembra aver cambiato idea. Sembra che sia venuto per cacciarti, ma resta per farsi mangiare.

O forse non siete pronti a darvi la caccia a vicenda.

Non pensavi fosse diventato così strano, ma affondi in lui lo stesso, graffiando la sua pelle e cingendolo con forza fino a sentire ogni centimetro delle tue cosce premuto contro le sue e annusi la sua pelle mentre muovi il bacino, di fretta, a scatti veloci senza curarti dei gemiti che l’uomo soffoca fra i denti. Sei certo che gli faccia male, ma dopotutto si è offerto lui.

Chiudi gli occhi e ti perdi fra le sue pareti strette, non ti accorgi del tuo ansimare affannoso, è caldo e ti spingi contro di lui con sempre più forza nonostante sia già arrivato in fondo, e poi quando arrivi al limite cingi la sua vita, e il tuo sesso si gonfia dentro di lui costringendolo a urlare.

Apri la bocca e mordi la sua spalla finto a sentire il sapore del sangue sulla lingua, e ancora non si ribella, non cerca di liberarsi.

Si arrende. La sua testa cede e il suo corpo si abbandona, mentre il tuo seme lo riempie.

“Sono più crudeli di me?” Chiedi dopo qualche momento di silenzio, e leccare la ferita ti viene automatico, come fosse un’abitudine. Lo senti tremare contro il tuo petto.

“No. Ma volevo assaggiarti di nuovo,” risponde.

“Non fai altro che contraddirti. Perché sei qui?” Gli chiedi, sbrigativo, e mentre con lentezza lo lasci andare si appoggia all’albero, per poi guardare il tuo sperma che cola fra le sue cosce senza disgusto, senza orrore, nulla.

“Non lo so. Pensavo di volerti uccidere, ma- non lo so. Non lo so.”

Non ha senso. Gli umani hanno paura dei lupi. Gli umani cacciano i lupi. Gli umani non si arrendono ai lupi, al buio, al bosco. Creano il fuoco per vedere, creano armi per uccidere, e uccidono qualsiasi cosa vedano.

Cappuccetto non è un umano normale. E poi ti ricordi che non dovrebbe interessarti. Sei sempre stato solo e sei sempre sopravvissuto da solo. Le prede che volevi le hai sempre prese per te e nessun altro. In passato hai deciso che volevi Cappuccetto Rosso, e te lo sei preso, poi l’hai lasciato andare. È sempre stato semplice, lineare, logico, e andava bene così. E dovrebbe essere così anche per lui, invece si è lasciato toccare di nuovo ma questa volta senza proteste, senza odiarti, ed è così strano, così insolito, ti verrebbe da pensare che non è davvero un umano.

Non ti eccita più così tanto.

Afferri i suoi fianchi di nuovo, ma questa volta esiti prima di spingerlo a voltarsi verso di te.

“Vai a casa,” ordini, secco. “Prendi la tua pistola e non tornare più nel mio territorio.”

“Sai, è meglio un mostro che nessuno,” risponde, come se tentasse di farti cambiare idea.

Non ti guarda nemmeno, e tu scuoti la testa.

“Vai a casa,” ripeti. “Non ho bisogno di compagnia. Se tornerai, io ti mangerò.”

Lo guardi mentre riallaccia i pantaloni, e poi vedi un sorriso sarcastico piegare le sue labbra.

“Continui a dirmi che vuoi mangiarmi, ma poi non lo fai mai…”

Ma se ne va lo stesso, silenziosamente com’è arrivato, e senza una parola lo guardi andarsene, poi il sole colpisce la pistola ancora abbandonata a terra.

Non ti avvicini nemmeno. La lasci dov’è, forse Cappuccetto tornerà a prendersela.

Nel frattempo, torni nel tuo rifugio nel folto del bosco, con la fame che torna a contorcere il tuo stomaco, e mentre il buio si infittisce spingi tutto fuori dalla testa, cercando un’altra preda.

fandom: cappuccetto rosso, avvertimento: dub-con, genere: malinconico, genere: erotico, avvertimento: gender bender

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