Titolo: Profumo
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Daphne Greengrass, George Weasley - George/Daphne, Fred/Astoria
Parte: 2/5
Rating: 18+
Genere: introspettivo, malinconico, romantico
Conteggio Parole: //
Riassunto: Fred e Astoria stavano insieme. Entrambi sono morti durante la guerra, perché Astoria, nonostante sua sorella Daphne abbia cercato di dissuaderla, è tornata indietro. Da quel giorno Daphne non può far a meno di sentire ovunque il profumo di morte e tristezza, senza riuscire a liberarsene: cercherà aiuto in George, che sarà il solo il grado di annullare quell’odore…
Note: lemon
Indice capitoli precedenti:
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Prologo La risposta
La guerra era finita da poco più di un mese.
Suo padre era stato arrestato con l’accusa di essere un Mangiamorte. Sua madre era depressa e non usciva più dalla sua stanza.
“Perché, Daphne, perché siete tornare indietro?”
Quella era l’unica domanda che le rivolgeva, in mezzo ai singhiozzi, e Daphne non sapeva come rispondere. Non poteva tradire la sorella: quello di Fred era il loro segreto.
La prima cosa che aveva fatto, una volta tornata a casa, era stata quella di andare alla scrivania di Astoria. Aveva mormorato l’incantesimo che aveva inventato insieme alla sorella e, dal cassetto segreto che si era aperto, aveva preso tutte le lettere di Fred. Le aveva messe in una scatola e le aveva riposte in camera sua, in uno scompartimento sul fondo dell’armadio, chiuso con lo stesso incantesimo.
Ogni tanto le rileggeva.
Ehilà, Astoria!
Indovina chi ti scrive? Eh? Eh? Ma sono io, Fred!
Hai visto? Non essere triste. So che ti dispiace che me ne sia andato… Ma non poteva restare ancora a scuola, con quella megera! Io e George abbiamo aperto un negozio di scherzi, a Diagon Alley. Scommetto che l’hai sentito quando l’abbiamo urlato a tutti!
Comunque, non mi sono dimenticato di te… Tranquilla! Puoi venire quando vuoi e prometto che ti regalerò qualcosa. Intanto possiamo sentirci via gufo!
Scrivimi appena puoi,
Fred
Leggeva lettere come quella, quando ancora i due non stavano insieme. Oh, se la ricordava sua sorella, aveva pianto tanto!
“Daphne! Fred mi odia!”
“E perché, sentiamo!”
“Ma non l’hai visto?! Se n’è andato e a me non aveva detto niente! Sicuramente ha pensato che gli stessi troppo addosso!”
“Non essere sciocca, Tori. Ti ha mai detto che gli davi fastidio?”
“No, però…”
“Però niente.”
“E come faccio ora a vederlo? Come faccio a parlarci?”
“Scommetto che ha pensato a tutto. Non ti preoccupare.”
Quando il gufo era giunto, la mattina dopo, Astoria era così felice che sembrava camminare ad un palmo da terra.
Principessa mia,
come stai? E’ una strazio doverti scrivere così poco, non poterti mandare le lettere liberamente. Devo sempre aspettare il tuo gufo… Tra l’altro credo di stargli antipatico: mi becca sempre! Ma non ti preoccupare, sopporto volentieri.
Qui la vita non è tanto bella. Con George e Lee ci spostiamo sempre, non possiamo rischiare di farci scoprire… Per via della radio, sai… La prossima parola d’ordine è Albus, comunque. Se puoi fare in modo di sentirla, trasmettiamo dopodomani…
Mi manchi tanto. Non vedo l’ora che questa guerra finisca, così ti potrò stringere di nuovo.
Forse ti sembrerà strano detto da me, ma mi manca la tua risata! Ridere non ha lo stesso sapore se tu non ci sei.
Ma l’importante è che tu stia bene. Riesci ad evitare Tu-sai-chi, vero? Tuo padre non ti ha costretto a marchiarti, giusto?
Oh, Astoria, mi manchi così tanto che ti sogno la notte. Mi sveglio abbracciando il cuscino… O George, e lui mi picchia sempre. Dice che sono diventato melenso, pensa! Ma non è vero. Sono sempre io. Solo che se tu non ci sei, mi sembra di essere a metà.
Riguardati. Rispondi presto, ma non fare pazzie.
Sempre tuo,
Fred
Leggeva anche lettere come quella. Era una delle ultime: con la guerra non potevano sentirsi regolarmente. Astoria usava il suo gufo personale, che riferiva solo a lei, ma doveva stare attenta a non farsi scoprire dal padre. Fortunatamente Eos era addestrato a non farsi beccare e stava alla larga se Thomas era nei dintorni.
Daphne si sentiva spenta. L’unica volta con cui aveva lottato con i genitori, dopo la morte della sorella, era stato quando loro avrebbero voluto seppellire Astoria nella cappella di famiglia.
Aveva dovuto urlare, strepitare, rinfacciare… Ogni cosa, pur di fare in modo che Astoria fosse sepolta con Fred. Per convincerli aveva detto loro che Astoria aveva scelto da che parte stare, sacrificandosi in guerra, e che loro non avevano alcun diritto di vanificare il suo martirio non riconoscendolo e allontanandola dagli altri eroi di quel giorno.
Thomas avrebbe opposto una strenua resistenza, se non fosse stato arrestato. A quel punto la madre era diventata come una bambola nelle sua mani: piangeva, l’accusava, fissava il soffitto con gli occhi vacui. Mangiava poco, dormiva anche meno. E lei era riuscita a far seppellire Astoria con gli altri e anche ad incidere il suo nome sulla lastra di marmo eretta in commemorazione, proprio sotto quello di Fred.
Il profumo di morte e tristezza non l’aveva mai abbandonata. Si era fatto più intenso durante i funerali: lei sperava che dopo sarebbe sparito, e invece non era stato così. Daphne si lavava ormai tre volte al giorno, eppure continuava a sentire su di sé quell’odore.
Vedeva sua madre struggersi e distruggersi e capiva che, se il profumo avesse continuato a perseguitarla, avrebbe fatto la stessa fine.
Cercò di distrarsi dai pensieri cupi frequentando Draco Malfoy. Se suo padre non l’aveva spuntata con Astoria, aveva però avuto il tempo di combinare il suo matrimonio.
Lei, almeno lei, la figlia rimasta, era stata venduta al miglior offerente.
Daphne frequentava Malfoy Manor con poca convinzione. Era stata educata per essere una signorina a modo ed il suo comportamento era sempre ineccepibile, però non provava nulla. Narcissa sembrava trattarla con affetto e riguardo e lei non sentiva nulla. Lucius era sempre gentile e affabile e lei non sentiva nulla. Draco era affettuoso e galante e lei non sentiva nulla.
Non sentì nulla nemmeno la prima volta che fecero sesso.
Neppure il dolore, quello delle vergini, quello che le avevano insegnato a mascherare per evitare brutte figure. Neppure il piacere, neppure le volte successive alla prima, quello che le avevano assicurato che sarebbe venuto. D’altronde i Purosangue erano ottimi amatori.
Lei non sentì nulla, e finse tanto.
L’unica cosa vera, in lei, sembrava essere rimasta solo nel profumo di morte e tristezza.
Era da quello che capiva di essere ancora viva.
Era da quello che capiva che sarebbe impazzita.
Iniziò a fare sogni, incubi. Sognava George che le veniva incontro, in mezzo alla battaglia, e che aveva sulle labbra la risposta. Sognava l’attesa, mentre lo vedeva incedere, sognava la rivelazione, che sarebbe giunta di lì a poco… E sognava la ragazza sconosciuta, che gli si avventava contro, che gli impediva di andare da lei.
Che non gli permetteva di conoscere la risposta.
Si svegliava urlando.
Dopo una settimana passata così si decise ad agire. Si smaterializzò davanti al negozio di scherzi e vide con sollievo che era di nuovo aperto.
Entrò.
C’era un sacco di gente a fare compere: dopotutto erano in vacanza, dopotutto la guerra era finita. La gente aveva iniziato a vivere di nuovo, si aiutava con gli scherzi per andare avanti.
Localizzò George quasi subito. Aveva perso il suo sorriso ma non aveva più gli occhi rossi e gonfi. Da una parte voleva avvicinarsi, chiedergli la risposta, dall’altra aveva paura. Cosa sarebbe successo? E se l’incubo fosse soltanto un incubo?
Se George non ce l’avesse avuta, la risposta?
Anche attorno a lui c’era l’odore di morte e tristezza. Era simile al suo, ma in un certo senso diverso: opprimente, tetro allo stesso modo, ma con un retrogusto speciale.
Dopo una settimana passata nel dubbio e nell’incertezza provò ad avvicinarlo.
George era sfuggente, spariva non appena vedeva che lei gli andava incontro. Che la stesse evitando? Non capiva il motivo. Forse aveva intuito le sue intenzioni, forse era un modo per dirgli che non aveva la risposta?
Forse era solo il profumo di morte e tristezza che diventava troppo intenso quando lei si avvicinava.
Daphne non voleva più attendere, però.
Lo aspettò fino all’orario di chiusura. Era entrata in negozio, quel giorno, e poi ne era uscita, di modo da non insospettire George. Poi l’aveva aspettato in un luogo un po’ in ombra, cercando di non farsi vedere: quando il ragazzo era uscito lei l’aveva colpito alle spalle.
“Expelliarmus!”
George era inciampato e lei aveva afferrato la sua bacchetta al volo. Quando il ragazzo si era messo in piedi e l’aveva riconosciuta i suoi occhi si erano fatti duri, dopo un primo momento di sorpresa.
“Ah. Sei tu.”
“Mi stavi evitando. Scusa per le maniere inopportune.”
“Non è vero che ti stavo evitando. Si può sapere che vuoi da me, comunque?”
Daphne si avvicinò di qualche passo.
“George, cosa volevi dirmi quel giorno? Quando stavi venendo verso di me, e poi sei stato… Interrotto?”
Non ci fu bisogno di ulteriori chiarimenti. Avevano capito entrambi a cosa Daphne si riferisse.
Il profumo di morte e tristezza parve farsi più intenso, per un attimo.
“… Cosa vuoi che mi ricordi, Daphne? E’ passato tanto tempo. Sto solo cercando di dimenticare.”
“Ma io… Io devo…”
La ragazza si sent’ vacillare. Si era convinta che George avesse le risposte, che George…
“L’unica cosa che ho capito è che se le persone che amiamo ci vengono portate via, l’unico modo per farle continuare a vivere è non smettere di amarle.”
A queste parole lo sguardo di Daphne si indurì e la ragazza lanciò a George la sua bacchetta, voltandogli poi le spalle.
“Tsk. Se volevo sentirmi dire una frase fatta, avrei cercato in un libro. Così non funziona, George.”
Daphne iniziò a fare due passi, come per andarsene. Aveva voglia di pensare, di elaborare. Non poteva smaterializzarsi e tornare a casa… Non subito.
Doveva scendere a patti con la realtà: George non aveva la risposta.
“Ehi.” la richiamò lui.
Lei si bloccò, poi, lentamente, si girò.
Il ragazzo le lanciò un oggetto: una chiave, semplice e argentata.
“Sai dove abito.” George indicò l’appartamento sopra al negozio con un cenno del capo “Avevi ragione tu. Ti evitavo. Ma forse… Forse non è la soluzione giusta. Forse insieme possiamo trovare un modo… Non adesso, non… Quando vuoi. Forse mai. Però… Glielo dobbiamo, Daphne.”
La ragazza fece un cenno e poi riprese a camminare, allontanandosi da lui.
Il profumo di morte e tristezza aveva un retrogusto dolce e amaro quel giorno, mentre Daphne si asciugava gli occhi con una manica della veste.