Titolo: The kids are doing fine
Fandom: DC Comics - Lovvoverse
Beta:
namidayumePersonaggi: Wendy Wilson, Lionel Luthor,
Lena Luthor, Selina Wayne, Bruce Grayson; nominati
Hope Luthor,
Allan Wilson,
Leonor Wilson,
Leonard Luthor e l’
Injustice LeaguePairing: del Bruce/Wendy sparso qua e là
Rating: Pg15
Conteggio Parole: 2.574 (FDP)
Avvertimenti: Angst, ma tipo tanto
Disclaimer: I personaggi della storia ci appartengono quasi tutti, mi dispiace per te, DC. ò_ò
Note:
• Nami, mia bellissima e amatissima Nami, tutto ciò è tuo in modi indicibili. ♥ BUON COMPLEANNO!
• Ok, sì, avete visto bene. Sto scrivendo sulla new new gen ancor prima di finire di scrivere tutto ciò che serve scrivere sulla new gen, ma! E’ il compleanno di Nami! T_T
• Tanto per fare un po’ d’ordine e raccattare i pezzi: Wendy e Lionel sono i figli di Lena e Allan, trasferitisi in Italia con Mario nel ’30, Selina Wayne è la figlia di Ibn e Helena e nel ’47, in seguito alla morte del padre, diventa evil (grazie a Wendy)! \o/ Bruce Grayson è il figlio di Mar’i e Caleb e nel ’48… diventa evil anche lui uccidendo Dick Grayson, yeah. ._. E’ una generazione fuori di testa, lo ammetto.
• Questa fic si svolge tra il 2042 e il 2049, coprendo l’arco di tempo tra il ritorno in libertà di Lena e la sua morte. [
timeline]
• Titolo da The Never-Ending Why dei Placebo.
• Nami, ti amo tanto. T_T ♥♥♥
The kids are doing fine
La casa in Italia è immersa nel verde. C’è un grande giardino, appena fuori dalla porta, che si estende per chilometri; Wendy ha passato l’infanzia appoggiata ai tronchi di quegli alberi, a dondolarsi su altalene che Mario le costruiva, a macchiarsi di terreno tutte le volte che zia Leonor veniva ad allenarla.
Il suo mondo si estende fino ai limiti di quello spazio, non oltre. Ed è a quel giardino e ai mattoni dell’abitazione che pensa con nostalgia, quando Lionel, seduto sull’erba accanto a lei, le dice: «Torneremo da mamma, presto. L’ho visto.»
Wendy non mette in dubbio le sue parole nemmeno per un momento. Chiude invece gli occhi, lasciando che il vento le accarezzi i capelli e respirando a fondo il profumo delle piante e dei fiori. «Sei felice di questo?» domanda al fratello.
Lionel non risponde subito; sembra riflettere su qualcosa e lei ne sente il respiro leggero a poca distanza. «Non lo so,» replica dopo qualche istante. «Com’è la mamma?»
Descriverla, per lei, non è facile. Serra gli occhi ancora più forte, richiamando alla mente tutti i ricordi più vividi che possiede e cercando con cura le parole migliori da pronunciare. «È bellissima,» confessa infine, mentre l’immagine di capelli rossi colpiti dal sole si fa più nitida nella sua testa.
«Davvero?» la incalza Lionel. «Più bella di zia Leonor e di Hope?»
Wendy annuisce senza la minima esitazione, gli occhi ancora chiusi per non lasciare andar via la figura di Lena. «La donna più bella del mondo.»
*
E' davvero la donna più bella del mondo, è il pensiero che sfiora Wendy, appena si ritrova di nuovo davanti a lei. L'abbraccia e si lascia stringere, ritrovando i suoi capelli rossi da accarezzare, il profumo che non ha mai dimenticato.
Le differenze emergono solo nelle settimane seguenti, quando nota la sua magrezza, i movimenti scattanti, quell'aria incredibilmente spezzata che non riesce a scrollarsi di dosso. Di Lena non ha ricordi chiari, possiede solo immagini frammentate, offuscate dal tempo, eppure è certa che sua madre avesse una regalità e un'eleganza di cui adesso non trova traccia.
Lionel la guarda con sospetto, quasi stranito da quella donna che non conosce. Per Wendy non è una sorpresa quando, la notte prima dell'udienza finale che deciderà il loro affidamento, le sussurra: «Voglio andare a vivere con zia Leonor.»
Scuote la testa, passa un braccio attorno alle spalle del fratello e gli dice di chiudere gli occhi, di stare tranquillo. «È importante essere al fianco di mamma, sai, ha bisogno di noi. Zio Leonard ci terrà vicino a lei,» aggiunge, cercando di suonare il più sicura possibile nel pronunciare quelle parole.
Lionel non replica nulla e annuisce più per un moto di fiducia che per reale convinzione. Trascorrono alcuni attimi di silenzio prima che la sua voce la raggiunga ancora. «Vorrei che ci fosse papà.»
«Questo non è possibile,» è la risposta secca di Wendy. «La mamma è tutto ciò che ci resta.»
C'è una nota di rimprovero nel suo tono che non può evitare. Lionel si stringe di più a lei e rimane zitto.
*
Le prime settimane con zio Leonard le passano, a dispetto di quanto aveva detto Wendy, lontane da Lena. È Hope l'unica con il permesso di andarla a trovare, mentre partecipa alle missioni dell'Injustice League; Wendy chiede più volte allo zio di avere accesso alla squadra - ha l'età adatta, ormai - ma lui glielo nega sempre.
Il primo giorno che Lena rimane del tempo con loro, dopo l'affidamento, è una domenica d'autunno. Li conduce nel giardino e li fa sedere su una panca, parlando, facendosi raccontare come hanno trascorso gli ultimi anni in Italia. Accarezza i capelli di Lionel e stringe la spalla di Wendy e alla ragazza sembra che tutto sia a posto, che quella sia davvero la loro madre.
Quando Lena è così vicina a lei, nemmeno Lionel ha dei dubbi. Wendy sente la sua tranquillità e lascia che quella la culli, rilassandosi a sua volta.
*
«Cosa stai facendo, mamma?»
Le rivolge quella domanda nel modo più diretto possibile, guardandola negli occhi e prestando attenzione ad ogni minima variazione delle sue emozioni. Da Lena non arriva altro che un'onda bianca, una nuvola di nulla. Wendy non sa come sia possibile, non avere emozioni.
La donna sorride senza allegria, dietro la scrivania, e sposta lo sguardo sulla finestra da cui filtra la luce del pallido sole di dicembre.
«Non posso dirtelo,» replica, tornando a guardarla. Wendy ricambia l'occhiata in silenzio, rifiutandosi di accettare quella semplice risposta. «Sei ancora troppo giovane per occuparti di queste cose,» aggiunge allora Lena, in un tono più conciliante e materno.
Si alza e fa il giro della scrivania, raggiungendola. Le accarezza il viso e, osservandola con quella che sembra un'improvvisa nostalgia, le dice: «Non farai i miei stessi errori.»
Wendy ha la sensazione che stia parlando più con se stessa che con lei, ma annuisce fingendo di aver compreso perfettamente, perché è ciò che la madre si aspetta. «Ti voglio bene, mamma,» si lascia sfuggire, in un moto di impulsività che non riesce a controllare.
Il sorriso di Lena si addolcisce e Wendy sente la prima ondata d'affetto provenire da lei, da quando si sono riviste. «E' esattamente per questo che devi stare attenta,» è l'ultima ammonizione che le dà. Wendy finge di aver compreso anche quello.
In realtà, la sensazione di non riuscire ad esserle utile, di non poterla aiutare in nessun modo, non la lascia per gran parte degli anni seguenti.
*
Conosce Bruce Grayson ad uno dei ricevimenti a cui lo zio Leonard li obbliga a partecipare. C'è qualcosa in lui che la colpisce all'istante, qualcosa che è a metà tra l'avere una premonizione e l’esserne attratta.
Bruce è un moccioso di quindici anni, sfacciato e sicuro di sé. Le si presenta come se fosse una cosa naturale, piantarsi davanti a lei e tenderle una mano, incurante dei cinque anni di differenza che si portano; per un lungo momento, finché gli occhi di lui le restano addosso, si sente l'unica ragazza della sala.
Le dice ben poco, oltre il proprio nome, eppure sembra già comportarsi come se la conoscesse da sempre, come se tra loro ci fosse una comprensione particolare. «Ci vediamo,» la saluta e le sorride dandole la certezza che sì, si rivedranno.
Lionel le si avvicina subito dopo che il ragazzo si è allontanato. «Chi è quello?» domanda, scurendosi in volto. Wendy scrolla le spalle e non risponde. Percepisce l'ostilità del fratello, così quando lui aggiunge: «Non mi piace,» non le sta dando alcuna informazione nuova.
«Ti piacerà,» si limita a replicare, sorridendo gentile al suo indirizzo. Lui aggrotta le sopracciglia. «Perché?»
«Perché piace a me.»
*
«Stagli lontana.»
Anche se il tono di Lena è calmo e non lascia intendere alcuna minaccia, Wendy comprende perfettamente l'ordine che c'è dietro.
Vorrebbe che sua madre non li avesse visti insieme, vorrebbe anche non cedere così facilmente tutte le volte che Bruce le chiede di incontrarlo, ma se c'è una cosa che Wendy non ha mai capito è quanto davvero contino i desideri nella vita - al momento, suppone niente.
«Non so se posso accontentarti,» mormora all'indirizzo di Lena, guardando in basso. Farebbe tutto ciò che è in suo potere per la donna, tutto, ma Bruce sembra sfuggire a qualsiasi tipo di controllo. Attende di sentirla parlare nuovamente, temendo la sua rabbia, ma dalla madre arrivano solo emozioni confuse e silenzio.
Quando alza gli occhi, preoccupata da tale atteggiamento, scopre solo una luce strana negli occhi di Lena, qualcosa a metà tra l'insoddisfazione e la preoccupazione, qualcosa che le scava a fondo nel cuore.
«Come vuoi,» è tutto ciò che la donna dice, guardando altrove e lasciando cadere l'argomento.
*
Qualche notte dopo, la scopre sveglia nel proprio ufficio, seduta sul divanetto nell'angolo immersa nel buio più completo.
Wendy ha appena avuto un incubo in cui ha visto Leonor morire e sa che anche sua madre ha passato una giornata difficile - l'ha sentita urlare contro Leonard e Hope, per poi chiudersi nell'ufficio con zio Jim e zio Michelangelo per ore -, così entra piano nella stanza e le si siede accanto, sperando di confortarsi e confortarla.
Lena non dice nulla e non la guarda, sembra a malapena riconoscere la sua presenza. Wendy percepisce di nuovo quell'onda confusa e quasi piatta di sentimenti provenire da lei e, come tutte le volte, non sa cosa fare a riguardo.
Trascorrono dei minuti che sembrano lunghissimi, in quel silenzio spezzato solo dai loro respiri. Poi Lena parla all'improvviso, prendendo una mano della ragazza e stringendola tra le proprie. «Aiuta la mamma, Wendy. Vuoi?»
Lei si sbriga ad annuire, la gola secca perché l'onda bianca si è trasformata in affetto e inquietudine. «A fare cosa?» sussurra. Si sente improvvisamente una bambina piccola, di fronte all’importanza che quel momento possiede. Lena le accarezza il viso, dedicandole uno sguardo apprensivo e poi, lentamente e scandendo le proprie parole con attenzione, parla.
«A distruggere il mondo.»
Wendy annuisce ancora. «Tutto ciò che vuoi, mamma,» promette.
*
L’unica cosa che registra, quando la morte del padre di Selina Wayne giunge alle orecchie di sua madre, è il suo sentirsi sollevata, come se un grosso peso le fosse stato tolto di dosso. Non c’è gioia, tuttavia, né alcun senso di vittoria, e Wendy è incerta di quanto le proprie azioni siano state buone.
«Non sapevo che sarebbe andata così, che sarebbe morto,» confessa a Lena, ma la donna le sorride affabile, replica: «Hai agito bene,» e non tocca più l’argomento.
Lei è invece costretta ad averci ancora a che fare quando è Selina stessa ad andarla a trovare. C’è qualcosa di precisamente diverso nel suo aspetto e qualcosa di precisamente più sicuro e maturo nelle sue emozioni. Wendy non sa cosa dirle, così rimane in silenzio a guardarla, aspettando che sia lei a fare la prima mossa.
«Tu lo sapevi, vero, che sarebbe andata così?» le domanda la ragazza. Non c’è rabbia nel suo tono, nessuna accusa: sta semplicemente constatando qualcosa che le pare ovvio.
Wendy scuote la testa. «Mi dispiace per tuo padre,» dice. «Ma i padri muoiono, o ci lasciano. È un fatto.»
«Non parlavo di lui, parlavo di me.»
«Oh.» Le rivolge una lunga occhiata, soppesando le parole che pronuncerà. Chiude gli occhi. «Sì, quello lo sapevo. L’oscurità che ti porti dentro, capisci? Io posso vederla. Posso vederla in chiunque.»
Selina capisce. Non aggiunge altro, mentre le volta le spalle e se ne va. Wendy sa che si rivedranno ancora.
*
Quando Bruce si presenta da lei, la notte dopo aver ucciso il proprio nonno, Wendy non si sorprende. Se c’è qualcosa che ha capito di se stessa è che possiede una sorta di calamita che attrae il buio, che lo alimenta, che lo porta a venire fuori: in qualche modo che non comprende bene, le pare che quello sia l’unico aspetto che ha veramente in comune con Lena, e per questo ne è fiera.
Bruce la bacia, la stringe a sé e mormora contro la sua pelle: «Te l’avevo detto. Te l’avevo detto che non sarei stato capace di essere un buono a lungo.»
Wendy annuisce, senza riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione che sia colpa - o merito - suo se è andata così. Non le importa: Bruce che la spinge contro un muro, che la bacia, la tocca, vale bene il sangue di uno sciocco eroe sulla coscienza.
«Ricorda che non l’hai fatto per me,» si ritrova a dire, mentre le mani di lui scorrono sulla sua pelle. Il ragazzo si immobilizza e le prende il mento tra le dita per farsi guardare negli occhi.
«Tutto ciò che farò d’ora in poi sarà per te,» le promette.
*
Il rumore di un mondo che crolla è quello di una casa affollata.
L’abitazione è un crocevia di membri dell’Injustice League, di collaboratori di Lena o della mafia, di villain più o meno importanti. Wendy sente che qualcosa di grosso e importante sta per succedere, ma non riesce a trovare il coraggio di chiedere a sua madre di cosa si tratta. I sogni di Lionel e i propri sono un motivo di preoccupazione già abbastanza grande.
Quella mattina, zio Jim porta notizie su Superwoman che sta serrando i ranghi della JLA, su qualche grosso attacco che si sta preparando. Lena gli sorride, per nulla intimorita.
«Serenity non sarà più un problema, tra poco,» è ciò che replica. Poi si volta verso Hope e aggiunge: «Avrò bisogno di te, tesoro. Vuoi seguirmi?»
La ragazza annuisce e la raggiunge immediatamente, felice di obbedire a quell’ordine. Wendy le guarda uscire qualche minuto dopo, ed è l’ultima volta che vede sua sorella viva.
*
La notizia gliel’annuncia Lionel, ma non è una vera sorpresa.
«Hope è morta,» dice, il tono spigoloso e secco. «Mamma l’ha uccisa per fermare Superwoman.» C’è qualcosa che assomiglia a rancore e a tristezza, intrappolato tra le parole, ma Wendy finge di non badarci.
Annuisce, continuando a svolgere i propri affari come se la cosa non avesse importanza. Il fratello si siede sulla poltrona di fronte alla scrivania e la fissa con attenzione. «Credi che…» comincia, incerto, «potrebbe fare qualcosa del genere anche a noi?»
La ragazza solleva la testa, stupita da una simile domanda. Lentamente, lascia cadere la penna sul ripiano, abbandona le carte della Lex Corp. e si appoggia allo schienale, respirando a fondo. «Lionel, devi capire una cosa,» inizia, scandendo con cura le parole. «Hope era un clone, uno strumento. In questo modo ha servito i suoi scopi e nulla più. Noi, invece, siamo i suoi figli. È diverso.»
È assolutamente certa di ciò che sta dicendo e, tale sicurezza, traspare chiaramente anche agli occhi del fratello, tranquillizzandolo. Lionel sospira e annuisce. «Hai ragione,» conferma, «è diverso.»
Wendy abbandona la sua scrivania e va ad abbracciarlo.
*
Lena ha l’aria stanca, il viso segnato da occhiaie e l’onda bianca che emana è ancora più tenue e piatta del solito. Wendy si chiede quante ore a notte dorma, ormai, o addirittura se lo faccia; si chiede cos’altro stia architettando, anche, perché ha perso traccia dei suoi piani già molto tempo prima - o meglio, forse non ha mai avuto una vera traccia, ma solo indizi labili da seguire a stento.
«Devi dire a Lionel che gli voglio bene, ogni giorno,» si raccomanda la madre, con quel tono nostalgico adesso tanto famigliare. «E ascoltare zio Leonard sempre, anche se a questo punto sei una donna. Lui sa cosa fare.»
Wendy le presta attenzione senza poterlo evitare, nonostante il suo desiderio sia quello di tapparsi le orecchie e allontanarsi, sfuggire a ciò che sua madre sta dicendo davvero.
«E Bruce… immagino di essermi sbagliata su di lui,» sospira e si gira a guardarla negli occhi. «Fa’ che ti ami, Wendy, ma se dovesse smettere… accettalo.»
Lei annuisce lentamente e lascia che il silenzio cali. Attende che la donna continui, ma quando non lo fa, incapace di trattenersi oltre, domanda: «Ci stai dicendo addio, mamma?»
Lena non risponde. Sposta gli occhi sulla fotografia di Allan che tiene sulla scrivania e la fissa per qualche istante. Poi, in uno scatto, l’abbassa facendo urtare la cornice contro il legno del ripiano.
*
Trova Lionel nella stanza che Lena occupava fino a pochi giorni prima, rannicchiato sul pavimento, la testa nascosta tra le braccia. Gli si siede accanto e lo abbraccia, lasciandosi inondare dalla sua disperazione e, a sua volta, trasmettendogli la propria amarezza.
Trascorrono così dei minuti interi, totalmente in silenzio. Nessuno dei due piange, perché sono ormai adulti, perché Lena non li ha cresciuti per questo, perché è un dolore che va oltre le lacrime, oltre ogni possibilità di espressione.
Poi, quando il respiro del ragazzo si fa più calmo e lui si rilassa, Wendy parla.
«Devi essere forte,» gli sussurra all’orecchio, accarezzandogli i capelli. «Dobbiamo esserlo entrambi, perché adesso tocca a noi.»
«Tocca a noi cosa?»
Wendy prende un respiro profondo e, appoggiandogli una mano sul viso, lo costringe ad incontrare i suoi occhi. Con lo spettro di un sorriso sulle labbra, risponde. «Tocca a noi distruggere il mondo.»
Note, parte seconda:
Volete sapere se scrivere tutto ciò mi ha spezzato il cuore? Ebbene, l’ha fatto. ç_ç