Titolo: Rosa de los Vientos
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo (Spagna), Lovino Vargas (SudItalia); [Spamano]
Rating: Arancione
Parte: 1/5
Avvertimenti: AU, Yaoi, Lemon
Riassunto: “Una pallottola gli strappò il mare, una peseta gli portò un innamorato. E un galeone inglese sconvolse tutto”, ovvero i racconti di Francis sugli amori delle terre spagnole.
[Spamano]
Note: Prima Classificata al Contest: "Dammi la coppia yaoi e ti rendo il terzo incomodo" di BeaLovesOscarinobello
Scirocco
Cercò di non aggrottare le sopracciglia, per prevenire la formazione delle rughe d’espressione, così antiestetiche. Tuttavia, le ciarle del menestrello mettevano a dura prova i suoi sforzi di contenimento: l’intonsa epidermide frontale si sarebbe incartapecorita come pergamena consumata se quel cantastorie non si fosse zittito.
Il suo romantico spirito francese lo portava ad apprezzare le ballate sentimentali e i sospiri delle cetre. Ma quelli emessi dal musicista vagabondo erano storpiature dell’arte amorosa in versi: eroine scialbe, personaggi privi di spessore, fatti incoerenti e rime forzate.
Tentò di concentrarsi sull’aroma fruttato del vino nel suo calice. E, proprio in quel momento, il traballante aedo crollò definitivamente: un lieto fine insulso e banale, che metteva in ridicolo tutte le peripezie narrate in precedenza.
«Se permettete, signori» esclamò, accaparrandosi l’attenzione dei presenti con una teatrale entrata in scena. «Vi racconterò io una storia d’amore che meriti davvero di essere tramandata.»
Il pubblico fu rapido nell’indirizzare la propria attenzione sul vistoso francese: quelli che avevano formato un semicerchio attorno al musico ruotarono le sedie verso il nuovo narratore, chi stava mangiando lanciò un’occhiata tra una cucchiaiata e l’altra, l’abbondante ostessa torse il collo per ascoltare mentre continuava a sistemare le stoviglie appena lavate.
«Quanti di voi sono stati in Spagna?» Francis si attardò a contare le mani alzate per accrescere la suspence. «Terra meravigliosa, non è vero? L’ospitalità latina è impagabile. Dopo quella francese» non poté fare a meno di sottolineare, scrollando la chioma bionda e ondulata. «Immaginate quindi strade assolate, lastricati odorosi di mediterraneo e case piacevolmente rumorose. Questa è la terra che ha dato origine alla storia che sto per raccontarvi.»
Ovviamente il paesaggio spagnolo non era sempre così idilliaco. Ma l’abilità di un narratore stava nel rendere unica la quotidianità, e smussare gli elementi meno delicati.
«Sapete, signori, spesso sono le piccole cose a creare i più grandi sconvolgimenti» continuò, sapientemente petulante. «Antonio Fernandez Carriero lo sapeva molto bene.»
«Chi è questo signore?» un bambino dagli occhi vispi si sporse dalle ginocchia della madre per porgli quella domanda.
«Uno dei nostri protagonisti» gli rispose Francis, mentre la genitrice lo rimetteva al suo posto. «Antonio aveva condotto una vita avventurosa: in gioventù era stato un corsaro della corona spagnola. La fama della sua nave, La Reina, era tale che nemmeno l’Olandese Volante e la sua ciurma d’oltretomba incutevano tanto timore in chi solcava i mari.»
«Non avete detto che era un corsaro, e non un pirata?» protestò un vecchio bucaniere in prima fila.
«L’abilità in battaglia spaventa sia da alleata che da nemica» controbatté Francis. Accarezzò la barba dorata prima di riprendere: «Dicevo, le piccole cose creano grandi sconvolgimenti. Fu così per Antonio. Non avrebbe saputo contare le volte in cui la nera signora aveva cercato di carpirlo sottoforma di una lama puntata alla gola, ma era sempre riuscito a sfuggirle. Finchè…» si godette il rumore del respiro trattenuto del pubblico e proseguì: «Un giorno, la signora con la falce tentò di portarlo con sé facendo cantare la pistola di un suo nemico. Quello sparo fu micidiale: Antonio fu colpito alla gamba.»
«E’ morto?» soffiò atterrita una trecciuta bambina seduta sul pavimento.
«No, graziosa fanciulla, non morì» la rassicurò Francis con un sorriso smagliante. «I suoi uomini lo soccorsero prontamente: si consumarono le braccia per la fretta con cui remarono verso il porto, e con la stessa foga cercarono un dottore. Il medico sbrodolò un elenco confusionario di termini tecnici che si tradussero in una semplice realtà: Antonio sarebbe rimasto zoppo per il resto della vita.»
La compassione si abbatté sui volti degli astanti, e Francis ne approfittò per aggiungere un pizzico di melodramma:
«La pallottola aveva leso irrimediabilmente i muscoli della coscia, non più in grado di sostenere il corpo senza l’aiuto di un bastone da passeggio. I giorni per mare di Antonio erano finiti: la sua ciurma venne affidata ad un altro capitano e la sua nave ripartì senza di lui.»
«E’ triste…» piagnucolò una ragazzina sui tredici anni.
«Oh, ma Antonio era un uomo forte, e, soprattutto, venne ripagato profumatamente per il lungo servizio svolto. Decise di investire parte di quella somma per diventare proprietario di un albergo in riva al mare, vicino alla sua patria di flutti. Il suo carattere socievole gli fece guadagnare la simpatia dei suoi dipendenti come in passato era stato per il suo equipaggio, mentre la furbizia che lo aveva reso famoso tra i capitani gli permise di evitare gli sprechi e di far prosperare la sua attività.»
«Non avevate detto che questa era una ballata d’amore?» gli fece notare una donna con i folti capelli raccolti a crocchia. «A me pare più un racconto di avventura…»
«Ancora un secondo, mia dolce signora, e sarete soddisfatta.» Una spolverata di rosso incipriò le guance della donna. Francis sorrise: il sangue francese non tradiva mai. «Era bastata una pallottola a cambiare il mondo di Antonio. Una cosa non più grande di così» mimò l’ampiezza del proiettile avvicinando tra loro pollice ed indice. «E all’incirca della stessa misura fu il secondo oggetto che segnò un netto cambiamento nella sua vita.»
«E che cos’era?» cinguettò un pargolo in seconda fila.
«Una peseta. Che gli portò…» Francis esitò. Non poteva fare una descrizione realistica della persona in questione: il suo svenevole animo di esteta ne avrebbe sofferto. «… la più squisita delle creature che abbiano mai posato il piede su questa terra. Oh, signori, se solo voi aveste potuto vedere il castano della sua chioma! Una tinta calda e lucente che splendeva sui capelli e subissava le iridi dolci. E il viso… orde di cavalieri si sarebbero sfidati per quel volto soave! E il corpo, signori, avrebbe fatto impallidire Afrodite in persona!»
Francis fece in modo che la sua espressione sognante non si incrinasse mentre descriveva un simile bocciolo: il suo spirito realista si stava strappando i capelli nel sentire tante falsità.
«E chi era questa donna? Come si sono conosciuti?» gorgheggiò un gruppetto di amiche alla sua destra, trepidanti.
Francis giocherellò con la barba, indeciso. Meglio non dire loro che, in realtà, stava parlando di un maschio. In fondo, stava già raccontando abbastanza bugie per addolcire l’immagine scorbutica di quell’italiano.
«Erano i primi giorni di marzo» presentò. «Antonio lavorava nella sua locanda nonostante la gamba malata, come ogni buon gestore dovrebbe fare, ma la cicatrice dolorante gli impediva di svolgere diversi compiti. Uno di questi era di recarsi al mercato per fare compere. Sapendolo, molti commercianti inviavano i loro garzoni per portargli frutta, verdura, carne, tessuti o altro. Quel giorno in particolare, Antonio aveva richiesto una cesta di pomodori…»
***
«Antonio, è arrivato il ragazzo del fruttivendolo.»
Il cameriere attese che il padrone della locanda recuperasse il bastone e lo raggiungesse.
Antonio era riuscito a rendere elegante il suo claudicare. Il falegname della piazza maggiore aveva impiegato quattro giorni interi per fabbricare quel bastone, ma il risultato era stato eccellente: la carta vetrata aveva levigato il legno robusto, che era stato successivamente lucidato e dotato di una impugnatura di metallo finemente lavorata, raffigurante scene di vita marina. Quando Antonio camminava, stringeva tra le dita quello che era stato il suo passato: un galeone frangeva le onde, e la fauna marina si affollava tutto attorno.
«E’ già qui?» si sorprese, facendosi indicare il luogo in cui il garzone attendeva.
«Non l’ho mai visto prima. Sembra…» il cameriere abbassò la voce nell’esprimere il suo parere personale: «Sembra sul punto di azzannare qualcuno.»
Antonio torse un sopracciglio, perplesso. Se il ragazzino smilzo che reggeva la gerla di pomodori avesse provato a mordere qualcuno, si sarebbe rotto i denti. Aveva il fisico di un filo d’erba, e lo sguardo seccato di un animale randagio.
Qualche ciuffo castano, della stessa tinta degli occhi infastiditi, era sfuggito al cappello che lo proteggeva dal sole mattutino. Gli abiti che lo coprivano si accatastavano uno sull’altro in un disordine di forme e colori: doveva essere un trovatello vestito con le elemosine dei caritatevoli.
«Sono dieci pesetas» comunicò il ragazzo senza nemmeno salutare, stringendo il canestro di verdura come se temesse una rapina.
«Dieci, d’accordo…» ripeté Antonio, frugando nelle tasche. Contò velocemente le monete raccolte sul suo palmo: nove pesetas.
«Ne manca una» espose la mano perché anche il giovane potesse vedere. «Torna al termine del tuo giro e te la farò avere.»
«Fossi matto!» inorridì il garzone, arretrando di un passo. «Lo sai quante bastonate sono, se si torna in bottega con una peseta di meno?»
«Bastonate?» si stupì Antonio.
«Conosco il trucco. Io me ne vado fiducioso, e quando torno mi sento dire: “Io ho pagato tutto quanto, marmocchio, sloggia!”. E’ il mio groppone che ci rimette, per gli sconti!» poggiò il paniere a terra e vi si parò davanti, a braccia conserte. «Niente crediti. O hai i soldi, o mi riporto indietro i pomodori.»
Antonio squadrò di nuovo il ragazzo mingherlino, annichilito. Credeva davvero di intimidirlo? Persino da zoppo gli sarebbe bastato un nonnulla per scavalcare quel mucchietto d’ossa.
Ma non era sulla stazza inconsistente del ragazzo che voleva focalizzarsi.
«Hai detto bastonate» insistette. «Vieni picchiato spesso?»
Il garzone sollevò il mento, insolente. «Sono dieci pesetas» ribadì.
«Ti ho chiesto…»
«Dieci.»
Antonio passò una mano tra i capelli scuri, sospirando per la cocciutaggine del ragazzo.
«Dovrai seguirmi di là» gli disse, indicando il bancone con la testa.
Il giovane lo tallonò, senza togliere lo sguardo dal suo bastone.
«E’ per colpa di una vecchia ferita in battaglia» spiegò con voce rauca Antonio, una volta circumnavigato il ripiano di legno.
«Non te l’ho chiesto» brontolò il garzone, appostato sull’altro lato del bancone.
«No, ma io ho il vizio di parlare troppo» sdrammatizzò con un sorriso l’uomo. Appoggiò il bastone in un angolo e si chinò per cercare la chiave della cassa.
«Hai combattuto?»
Antonio sollevò il viso ed incrociò la ritrosa curiosità degli occhi castani che lo fissavano dall’alto. Il ragazzo doveva essersi appollaiato sul bancone, facendo perno con i piedi sullo spesso battiscopa.
«Ero un corsaro» rispose Antonio.
Trovò finalmente la chiave e si rialzò.
«Quanti mari hai visto?»
L’uomo fissò per la seconda volta quel giovane apprendista: sebbene l’espressione scontrosa cercasse di mascherarlo, una fiamma di interesse scintillava nelle iridi calde.
«Tutti e sette» si vantò con modestia Antonio. «Ero il capitano de La Reina.»
«Ah, la conosco» il berretto venne calato ad ombreggiare il volto: evidentemente il giovane non era in grado di esercitare un controllo totale sulle sue curiosità. «E’ un bel galeone.»
«Era la sorella dell’oceano» asserì Antonio, carezzando la nave incisa sul suo bastone. Avrebbe dato entrambe le gambe pur di poter passare un altro giorno in mare. «Per quanto gli uomini possano ingegnarsi, non costruiranno mai un’imbarcazione pari a quella.»
«Hai disertato?» lo stuzzicò il ragazzo, con un’unghia di acredine nella voce.
Antonio sorrise amaro e scosse la testa con afflizione.
«No, non sono un traditore. Solo uno sbadato» picchiettò la coscia inefficiente e mormorò: «E’ bastato un colpo di pistola.»
Il giovane spostò lo sguardo a turno dalla sua gamba, al suo bastone, al suo viso. Non fece parola delle sue meditazioni: l’unico segno tangibile dei suoi pensieri fu una pennellata di comprensione sull’espressione seccata.
«Ho delle altre consegne da fare» annunciò spiccio, scendendo dalla sua postazione.
«Non hai preso i soldi» obiettò Antonio.
Il giovane girò attorno al bancone, gli afferrò il polso e si rovesciò sulla mano le nove pesetas.
«Tornerò a prendere la decima stasera, al termine del mio giro» concluse sbrigativo, ed imboccò veloce la porta. «Vedi di averla pronta» lo minacciò prima di uscire.
Antonio restò pietrificato, alla ricerca di un senso in quanto era accaduto: un secondo prima il ragazzino si era infuriato perché non voleva elargire pagamenti a credito, e subito dopo aveva deciso di aspettare la sera per riscuotere l’ultima peseta.
«Il mondo è bello perché è vario» commentò al basito cameriere che aveva seguito tutta la scena. «A proposito, dobbiamo cambiare fruttivendolo.»
«Come mai?» domandò l’inserviente.
«Non approvo certi metodi» snocciolò Antonio. Il suo sottoposto non pose ulteriori interrogativi e corse a recuperare i pomodori.
Antonio si adagiò sulla sedia dietro il bancone, la vecchia cicatrice che formicolava.
Quando era stato capitano aveva comandato schiere di uomini forgiati dai campi di battaglia e spellati dal mare; mai, nemmeno una in una singola occasione, aveva fatto ricorso alla violenza per essere obbedito. Non approvava simili criteri educativi, specie se adoperati nei confronti di gracili ragazzi orfani: chi non possedeva il carisma necessario a farsi rispettare non avrebbe dovuto assumere dipendenti.
Comunque, aveva capito una cosa di quel giovanotto. Non sognava certo di succedere nella possessione di un banchetto di frutta e verdura al mercato rionale: le sue aspirazioni erano dirette ad un mondo fatto di spuma marina, di salsedine respirata al comando di un timone.
Antonio non aveva dubbi a riguardo.
L’oceano che ruggiva nelle vene di quel ragazzino era lo stesso che infuriava nelle sue.
***
«E si sono rivisti?» sospirò una bambina, incantata.
«Ma certo. Quella sera stessa, come promesso dalla meravigliosa fanciulla» garantì Francis - glissando allegramente sul vero sesso del garzone e sulla sua intrattabilità, di certo non meravigliosa - e proseguì.
***
La chiave venne appesa al suo chiodo con un tintinnio.
Davvero un peccato che il vecchio Dan avesse levato gli ormeggi quella sera: la risata aspra con cui condiva i suoi racconti d’avventura rimbombava in tutta la sala principale. La locanda sarebbe stata un po’ più vuota senza quello sguaiato filibustiere.
Un’acre malinconia strisciò dalla cicatrice fino al cuore, dove affondò le zanne con voracità. Antonio massaggiò il petto per spazzare via quel sentimento corrosivo, senza troppa convinzione: non sarebbe riuscito ad estirpare quella tristezza astiosa semplicemente accarezzandola.
Quando i marinai approdavano al suo albergo li accoglieva con gioia: attraverso i loro discorsi poteva avere l’illusione di sentire ancora il rollio della nave sotto i piedi e il concerto delle maree nelle orecchie. Ma quando ripartivano si spandeva in lui la stessa sensazione che aveva provato quando, per la prima volta, aveva salutato La Reina dal molo: il presentimento che un enorme portone si fosse chiuso, e lui fosse rimasto imprigionato dalla parte sbagliata.
«Antonio, stai diventando vecchio se sei così melanconico…» si prese in giro, ben consapevole di essere assai lontano dalla senilità.
Si appoggiò al bastone e si preparò a salire le scale.
Gli architetti che avevano ristrutturato quell’edificio gli avevano consigliato di scegliere come propria camera una di quelle al piano terra, ma Antonio era stato categorico: la sua stanza sarebbe stata al terzo piano, l’ultimo. Solo da lì si poteva godere della vista del mare
Non erano valse a nulla le prediche apprensive del resto del mondo sulla sua gamba difettosa: al piano terra erano stati allestiti gli alloggi del personale, e la sua camera era stata ammobiliata, nel malcontento generale, al terzo piano.
Aveva appena appoggiato il piede sul primo gradino quando bussarono.
Antonio andò ad aprire, e nel rettangolo della porta comparve l’aiutante del fruttivendolo.
«Sono venuto a ritirare la peseta» comunicò monocorde. Qualcosa di indefinibile aveva scolorito la vitalità incostante del giovane e abbassato le spalle esili, che il garzone tentava continuamente di raddrizzare.
«Vado a prenderla. Siediti, intanto» lo invitò Antonio, facendolo accomodare in una delle poltrone all’ingresso: doveva accertarsi di un sospetto. Ed il ragazzo non avrebbe mai risposto ad una domanda diretta, se non fosse stato obbligato.
Il giovane accettò diffidente, e si sedette in punta di cuscino, la schiena ben lontana dal comodo rivestimento. Ad Antonio fu sufficiente osservare l’innaturale irrigidimento di muscoli dorsali e l’attenzione con cui il ragazzo cercava di non appoggiarsi alla spalliera per capire. Formulò la domanda che ora sentiva di poter fare, sicuro che la sua supposizione fosse azzeccata:
«Ti ha picchiato?» chiese, piazzandosi davanti alla poltrona.
Il ragazzino lo fulminò con un’occhiataccia.
«Sto aspettando la peseta» gli ricordò con impazienza, cercando di alzarsi. Antonio non si mosse di un millimetro, ed il garzone fu costretto a mettersi di nuovo a sedere.
«Sto aspettando una risposta» replicò garbato l’uomo.
L’apprendista stropicciò le labbra in una smorfia e capitolò indignato:
«Non ha gradito. Datemi questa benedetta peseta e saremo a posto.»
Il bastone passò da una mano all’altra dell’uomo prima che questo proferisse:
«Faresti meglio a lasciare il tuo lavoro, prima che ti distrugga le vertebre.»
«Il pane non si materializza per magia» ribatté sprezzante il ragazzo.
«Lo so. Potresti lavorare qui, infatti.»
Stupore e dubbio cozzarono negli occhi del giovane mescolandosi tra loro in mille frammenti.
«Saresti vicino al mare. E qui pernottano i capitani di tutte le navi che si fermano in porto» continuò Antonio, sapendo bene dove colpire per suscitare l’interesse del garzone.
Il ragazzo tamburellò le dita sui braccioli della poltrona, indeciso.
Antonio si chinò sulle ginocchia, il bastone appoggiato sulla spalla, in modo che l’apprendista potesse guardarlo dall’alto mentre assicurava:
«Sono stato per anni capitano di una nave, e per anni padrone di un albergo. Nessuno dei miei uomini ha mai avuto un livido a causa mia.»
Trascorse qualche secondo di stasi riflessiva. Gli occhi del ragazzo saettarono da una parte all’altra, ricalcando il ritmo furioso cui lavoravano le sue meningi nel valutare i pro e i contro di quell’offerta.
Per la prima volta si tolse il cappello, liberando una zazzera arruffata di rame scuro.
«Com’è lo stipendio?» volle sapere. «E, comunque, sei ancora in debito con me di una peseta.»
Antonio si rialzò, soddisfatto.
La sua arte di convincere le persone non era ancora arrugginita del tutto.
***
«Erano già innamorati?» si commosse la donna con la crocchia.
«Ovviamente no» negò con grazia Francis. «Si erano visti per poche ore… sarebbe stato impossibile. La loro storia cominciò come una relazione di lavoro e nulla più.»
«E allora come è successo?» insistette la bambina dai capelli intrecciati.
«Non occorse molto tempo» sviolinò il narratore, beandosi dell’attenzione che si era conquistato. «Due spiriti affini non impiegano molto ad infiammarsi a vicenda. Avevano in comune l’amore smodato per il mare, e caratteri così diversi da incastrarsi perfettamente l’uno nell’altro. Condividendo la vita quotidiana, ebbero molte occasioni per accrescere il reciproco trasporto. Una gentilezza oggi, un sorriso domani… tante piccole cose si accumularono a formare la base di un sentimento profondo.»
«Quando se ne sono accorti?» chiese la più sfacciata del gruppo di amiche radunate in un angolo.
«La storia inizia a marzo. Il cambiamento avvenne nel mese di maggio» calcolò Francis, in attesa di essere supplicato per seguitare la narrazione.
«Oh, avanti, ci dica come sono andate le cose!» lo pregò infatti la madre che reggeva ancora sulle gambe il figlio.
«Dunque…» Francis stuzzicò la barba per fingere un intenso raccoglimento. «Il punto di stacco è alle idi di maggio…»
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