Giuro, non avrei mai creduto che ci avrei partecipato.
Sto parlando della
notte bianca su
maridichallenge . Invece ho scritto ben 3 (mecia)fanfiction *ò*
[Antigone/Polinice "non voglio che tu parta]"
- Non voglio che tu parta! Non voglio!
Le dita del fratello le accarezzano dolcemente la guancia, mentre le prime lacrime escono dai suoi occhi. Antigone scuote la testa e continua a ripetere quelle parole.
Vorrebbe essere grande, adesso.
Avere più di quindici anni e l'autorità per impedire a Polinice di andarsene. L'autorità per far capire ad Eteocle che sono fratelli allo stesso modo e che alla base del loro governo c'era una promessa.
- Adesso è l'ora, Antigone. Eteocle non mi ha concesso niente di più che salutarti. E, conoscendolo, è già tanto.
Antigone lo abbraccia stretto. È talmente piccola e minuta da non riuscire a circondare le spalle larghe del fratello. Ma non importa. Affonda il viso nell'incavo del collo di Polinice e gli sussurra che gli vuole bene.
Polinice è sempre stato il suo fratello preferito. Non Eteocle, viziato ed arrogante. Non Ismene, interessata solo ad imparare ad essere una degna sposa per un degno marito. Polinice.
Polinice che le ha insegnato a correre e a fare la lotta con i maschi. Polinice che l'ha consolata quando ha scoperto di essere innamorata di Emone e lui non la guardava nemmeno.
- Mi prometti che farai la brava e non cercherai di raggiungermi? - le sorride il giovane.
- Come... come sai che...?
Che avevo intenzione di fuggire dal palazzo e di raggiungerti?
Antigone sgrana gli occhi, sorpresa.
- Sono tuo fratello e ti conosco, no?
Le tocca il naso con la punta del dito.
- Adesso devo davvero andare via.
Non ha fatto nemmeno tre passi, che Antigone gli grida di fermarsi. Polinice si gira, mentre la ragazzina lo raggiunge. Si toglie il laccio che indossa al collo, quello da cui pende una pietra arancione e glielo mette in mano.
- E questo? Non è il tuo portafortuna preferito? - il fratello sembra sorpreso, dato che sa che Antigone non si separerebbe mai da quell'oggetto - Perché lo stai dando a me?
- Così avrai una ragione per ritornare, prima o poi.
So che non è granché, specialmente perché
s0emme0s si aspettava qualcosa di più incest, ma io l'ho sempre vissuto così il rapporto fra questi due personaggi - soprattutto perché nel mio immaginario la figura di Antigone è più simile a quella di Anouilh che non a quella di Sofocle, shippando sal profondo del cuore Eteocle e Polinice.
E infatti, la seconda ff è su di loro. Il prompt è sempre di
s0emme0s .
[Eteocle/Polinice "io ti amavo" "io no"]
Quando Polinice guardava suo fratello, era come se guardasse la sua immagine riflessa in uno specchio.
Erano uguali i loro occhi, neri e dallo sguardo appassionato.
Erano uguali i capelli, che ricadevano disordinati sulle spalle di entrambi.
Erano uguali i loro fisici, degni dei figli di un re, forgiati da ore di allenamento per battaglie che nemmeno loro sapevano se avrebbero mai combattuto.
I loro caratteri erano l'unica cosa totalmente differente. Eteocle era l'autorità, la sicurezza di sé, mentre Polinice era la dolcezza di una carezza su una guancia, la sensibilità di un giovane che non si era mai interessato agli affari di Stato, preferendo dedicarsi alla musica e alla poesia.
I loro respiri si fondevano in uno solo, quando dormivano insieme. Si armonizzavano al punto di avere quasi lo stesso ritmo, specialmente dopo l'amore.
Mentre Eteocle dormiva, vinto dal sonno e dalla stanchezza, Polinice lo osservava e gli accarezzava i lineamenti del viso, rivivendo il ricordo della notte appena trascorsa, notte uguale a tante altre passate insieme.
Il vino, l'ebbrezza, i loro corpi nudi sul letto. Eteocle che lo baciava sul collo, che strusciava il sesso contro le sue natiche e poi si fermava, ad attendere che Polinice gli chiedesse di possederlo.
E ogni volta Polinice diceva che era sbagliato, e ogni volta Eteocle ribatteva che di sbagliato c'era già tanto nella loro famiglia, un episodio in più non avrebbe certo fatto la differenza. Poi rideva, abbassava la voce e gli chiedeva se in realtà non avesse paura del dolore. Polinice scuoteva sempre la testa, rispondendo che l'amore non poteva fare male, perché era una cosa bella.
Venivano poi le prime spinte, lente e incerte, per permettergli di abituarsi al corpo di Eteocle. Pian piano tutto diventata più veloce, più intenso, fino a scuotergli le membra e a farlo gemere per il piacere. Eteocle gli accarezzava il sesso e lo toccava con dolcezza, fino a farlo venire. Poi raggiungeva l'estasi e ricadeva esausto sulle lenzuola bianche, richiamando Polinice accanto a sé e stringendolo fra le braccia per sentire il calore del suo corpo.
***
Adesso di quelle notti non è rimasto nulla.
Gli occhi di Eteocle non hanno più lo sguardo appassionato di un tempo. Sono freddi ed inespressivi, mentre comunica a Polinice che vuole che vada via da Tebe perché il regno gli appartiene.
È notte e loro hanno appena finito di fare l'amore.
- Questa era l'ultima volta.
- Perché? - Polinice cerca di incrociare il suo sguardo, ma gli occhi di Eteocle sono improvvisamente estranei, appartengono ad un corpo che gli sembra di non conoscere più.
- Perché una città può avere un solo re.
- E questo cosa c'entra con noi? - replica Polinice, sbigottito. - A me non importa nulla di essere re. Importa solo...
Eteocle si alza dal letto e si avvicina alla finestra.
- Ti amavo... Mi sono dato a te perché ti amavo, davvero per te non significa nulla? - chiede il fratello, rivolto verso le spalle del sovrano.
- Io no. Non ti ho mai detto che ti amavo, se non sbaglio. L'hai solo creduto. Del resto, sei sempre stato ingenuo.
La risatina sarcastica di Eteocle fa venire voglia di sbatterlo contro un muro e prenderlo a schiaffi o almeno graffiargli la pelle, incidergli un ricordo che sappia di sangue. Ma Polinice non fa nulla di tutto questo. Abbassa lo sguardo e si riveste, senza dire una parola. Quando raggiunge la porta della stanza, mormora che se ne andrà, come vuole il sovrano di Tebe.
Il fratello annuisce e gli ordina di non farsi più rivedere, perché adesso il regno è suo. Quanto alle lacrime che gli rigano il volto non appena avverte i passi veloci di Polinice allontanarsi, Eteocle tenta di convincersi che siano dovute a qualche granello di polvere che gli è entrato negli occhi.
Dovrà ordinare alle schiave di pulire meglio le sue stanze, pensa, mentre si distende nuovamente sul letto e si abbandona ad un sonno profondo che gli impedisca di pensare a qualsiasi altra cosa, in primo luogo ad un paio di occhi neri perfettamente identici ai suoi.
E insomma. Questa è la mia prima incest (slash, di etero ne ho scritta un'altra, tanto tempo fa u.ù) e - a parte la fine - sono abbastanza soddisfatta di come è venuta fuori. Immaginare Eteocle e Polinice gemelli per me poi è naturale. E mi è anche venuta voglia di tornare a scrivere il fantasy ispirato al ciclo tebano e *ç*
Poi. Il prompt di
janetmourfaaill era "Rischio".
E l'unica cosa intelligente (?????????) che mi è venuta in mente è stata una Fabriquè ad alto contenuto demenziale ^___^
[Rischio - Fabriquè]
Gerard è sempre stato una testa calda. Ama il rischio, l'adrenalina, dice lui. Quindi, automaticamente, non gliene frega nulla se qualcuno potrebbe beccarli a festeggiare la vittoria ai mondiali a modo loro.
Chiusi negli spogliatoi, Gerard gli strappa i pantaloncini di dosso e si china fra le sue gambe. Del resto era una scommessa. Gerard era convinto che la Spagna avrebbe vino, Cesc era convinto - da bravo pessimista - che la loro fortuna fosse già stata abbastanza e che non si potesse fare sempre affidamento sulle previsioni del polpo Paul.
Quindi Gerard aveva proposto di scommettere: chi avrebbe perso si sarebbe fatto fare un pompino. Aveva tralasciato il fatto che per lui la scommessa sarebbe stata vinta in entrambi i modi. Forse sarebbe stato più logico che fosse Cesc a doverglielo prendere in bocca, ma Gerard sapeva che l'amico si sarebbe imbarazzato di più all'idea di dover ricevere.
Sì, Cesc è decisamente strano, deve essere stato il freddo dell'Inghilterra a congelargli i neuroni.
Fatto sta che adesso Gerard sta trafficando con i boxer di Cesc, mentre quest'ultimo tenta di glissare sulla penitenza da pagare per aver perso la scommessa.
- G-Geri, non pensi che dovremmo... evitare?
La mano di Gerard gli sfiora l'inguine.
- Motivo?
- Fuori ci sono... Ah...Migliaiaaaah... di tele-cazzo, così... Telecamere. E non sarebbe molto... Oddio, aaah... molto intelligente.
- Se magari tu evitassi di urlare come una vecchietta al mercato, nessuno ci scoprirebbe, mh?
- D'acc...ordo! - sospira Cesc.
Gerard inizia lentamente a succhiare, mentre l'amico gli mette una mano fra i capelli, quasi a volergli dare un ritmo.
- Dio, Gerard, ma dove cazzo hai... imparato?
L'orgasmo arriva inaspettato, travolgendolo in un'ondata di calore. Cesc ricade ginocchioni a terra, senza fiato. Gerard ha l'aria soddisfatta.
- Allora, mi dici dove cazzo hai imparato?
- Esperienza, Cesc. Quella che dovresti farti anche tu. Così impareresti che ci sono rischi che nella vita vale la pena correre!