Merlin, Dollop head

Jan 31, 2012 23:02


Titolo: Dollop head 
Autore: Castiel Who
Genere: Erotico
Personaggi: Arthur Pendragon, Merlin Emrys
Pairing: Arthur/Merlin
Rating: NC17
Avvertimenti: Slash, Lemon
Note: Scritta sotto l'omonimo prompt, per il p0rn fest 5 indetto da fanfic_italia.


Il fragore delle voci giubilanti degli spettatori giungeva alle sue orecchie attutito dalla spessa stoffa colorata della tenda, attraverso la quale la luce filtrava, acquistando una calda tonalità rosso porpora. Una giornata niente male, nonostante il viavai fra una necessità del principe e l’altra, a cui il povero servitore toccava sottoporsi ubbidiente.
«Muoviti Merlin, non abbiamo tutto il giorno. » Ordinò Arthur facendo di tutto fuorché venirgli incontro nel suo compito.
Il moro si accigliò, le mani impegnate a sganciare meticolosamente l’armatura sporca di polvere. Quando riuscì a liberarlo da tale costrizione, gli venne concesso appena il tempo di posarla accanto alla lancia spezzata, sul primo tavolinetto vicino, improvvisato per l’occorrenza, poi lo afferrò per le spalle e lo spinse violentemente sulle ginocchia.
Merlin gemette una protesta e si massaggiò una spalla guardandolo storto. «Mi hai fatto male. » Puntualizzò dando una pacca, più simbolica che violenta, alla gamba del biondo.
«Ti ho detto di darti una mossa, » rimbeccò Arthur slacciandosi la cintura e poi sfilandosi la pesante cotta di maglia, lasciandola cadere per terra. «La pulirai tu più tardi. » Lo assicurò, con un ghigno compiaciuto.
Merlin si rialzò in piedi, scuotendosi le braghe con un cipiglio ribelle e le labbra serrate tanto da risultare una linea sottile. «In questo caso credo che andrò a finire i miei doveri, mio signore. » Detto ciò, raccolse la cotta e si avviò deciso verso l’uscita, dalla quale passava indomito un sottile raggio di luce.
«Aspetta Merlin! » La voce di Arthur giunse roca e più gentile, alle sue orecchie, ora. Il giovane stregone si lasciò sfuggire un sorriso di vittoria, le spalle ancora volte verso l’altro, affinché non lo vedesse. Fece un altro passo senza girarsi né rispondere.
Arthur gli afferrò un gomito e lo costrinse a fronteggiarlo. Il leggero sorriso fu costretto a sparire, sostituito da un cipiglio alquanto irritato. «Non intendevo trattarti male. » Ammise scrutandolo negli occhi, le labbra carnose e rosse come ciliegie leggermente dischiuse nella concentrazione e dannatamente invitanti.
«Sei proprio un microcefalo. » Disse Merlin, guardandolo fintamente severo, come se stesse rimproverando un cagnolino e non il futuro re di Camelot.
«Mai quanto tu sei una ragazzina impertinente! » Ribatté acido, lasciando il gomito dolorante del servitore e allontanandosi di un passo.
Questi sollevò un sopraciglio, sforzandosi di mantenere inalterata l’espressione seria. Osservò i lineamenti del principe aggrottarsi e acquisire l’espressione di un bambino bizzoso, e improvvisamente esplose in una risata, non riuscendo più a tenere il broncio davanti a un tale risultato della sua recita. D’altra parte poteva considerarsi un ottimo attore: nascondere la sua magia agli occhi di tutti senza farsi mai scoprire, era già un’impresa abbastanza ardua di per sé.
Arthur rispose alla risata con un sorriso e fece un altro passo indietro, facendo un cenno con il capo. Merlin sbuffò, fintamente scocciato, lasciò cadere a terra i pesanti indumenti adatti al torneo, che sollevarono un nuvolo di polvere tutt’intorno a loro, poi si avvicinò al principe con circospezione.
«Me ne occuperò più tardi. » Annunciò, appoggiando un palmo al centro della camicia umida di sudore del biondo, spingendolo gentilmente e al contempo deciso. Arthur lo assecondò, indietreggiando e facendo attenzione a non inciampare su niente. Sbatté il fondoschiena contro il bordo del tavolo, quasi cadendoci sdraiato, quindi puntò i polsi contro il legno grezzo, deciso a non sottomettersi in tutto e per tutto, o almeno così sperava di non apparire.  
Merlin si abbassò lentamente verso la cintura e posò i polpastrelli poco più in basso, dove era già palpabile la dura erezione. Applicò una maggiore pressione, soddisfatto nell’udire i gemiti a malapena trattenuti nella gola del biondo.
«Siete molto impaziente, mio signore. » Lo canzonò con un sorriso compiaciuto stampato sulle labbra. Tutto ciò che ebbe in risposta fu un cupo brontolio, quasi si trattenesse a dire ben altro. Bene così, perché se era qualcosa di sgarbato, lo stregone era sempre in tempo a girare i tacchi e andarsene altrove. Non che lo desiderasse veramente, comunque.
Sollevò parte della camicia e gli morse languidamente un fianco, le sottili dita occupate a trafficare con la cintura, alla cieca. Una mano scivolò in soccorso, ma venne subito morsa giocosamente, in avvertimento. Quando un umido calore avvolse il medio e l’indice, Arthur chiuse gli occhi, dimenticandosi la propria preoccupazione.
«Dannazione, Merlin... » mormorò con un certo sforzo nel controllare la voce, se avesse continuato così, sarebbe venuto senza nemmeno essere effettivamente toccato. Il respiro si fece più pesante, mentre ritrasse repentinamente la mano, desiderando di più, molto di più. Guardò severamente il ghigno impertinente stampato sul volto del moro, domandosi se avrebbe preferito prenderlo a schiaffi oppure prenderlo a morsi e leccarlo smaniosamente. Il solo pensiero rendeva l’erezione fin troppo incontenibile nella costrizione dei calzoni che stavano ancora perfettamente al loro posto.
Fu incredibile scoprire che, nel frattempo, Merlin aveva slacciato del tutto la cintura e ora stava indugiando sui bottoni di legno che lo separavano da un sollievo pressappoco momentaneo. Si abbassò a leccare la pelle tutt’intorno al fine triangolo di peli pubici e indugiò su di loro, torturandolo per l’attesa di qualcosa di più concreto.
Arthur lo condusse più in basso, prepotentemente, non riuscendo più a contenere il proprio bisogno urgente. I pantaloni visibilmente bagnati vennero sfilati con un gesto unico e, in un attimo, il membro duro del biondo fu libero e pronto per ricevere tutte le attenzioni possibili.
Con suo grande sollievo, infine, iniziò il paradiso: le labbra umide e rosse di Merlin lo avvolsero per un attimo sulla punta, poi si spostarono lungo tutta la rigida lunghezza, assaporandone ogni centimetro di pelle.
I respiri si fecero più pesanti, le dita si avvinghiarono alla schiena del moro, stringendo la stoffa consunta del giacchetto primaverile. La lingua tracciò linee bollenti che andavano dal fondo, fino alla pelle ripiegata del prepuzio, accelerando i tempi passati in quel punto particolarmente delicato.
Arthur rispose alla provocazione con un grugnito, non aspettando altro che tale esplorazione venisse approfondita come meritava. Ma esaurire i suoi desideri sembrava non essere nei programmi che si era prefissato il moro; la punta della lingua accarezzò a fior di pelle i testicoli, mandandogli in fiamme l’intero bassoventre, prima di accoglierli completamente all’interno della sua bocca.
«Hai intensione di tirarla ancora per le lunghe? » Riuscì a domandare fra gli ansiti di eccitazione che gli toglievano il respiro, con un tono arrochito innaturalmente per il tentativo di simulare il tono più naturale che riusciva a venirgli in mente.
Un dito, birichino, si approfittò dell’attimo di apparente distrazione per scivolare inosservato nello spazio fra le natiche e posizionarsi proprio sullo stretto anello di muscolo, cogliendo il principe di sorpresa. Con un’esclamazione di sorpresa, Arthur gettò la testa indietro, rischiando di perdere l’equilibrio sui propri polsi e lasciarsi cadere rovinosamente sul tavolo.
«Certo che no, mio signore. Non lo farei mai. » Ribatté Merlin col tono innocente di un bambino appena scoperto con le mani nel vasetto della marmellata. Ancora, il futuro re era indeciso tra il desiderare di soffocarlo con baci roventi, oppure prenderlo a pugni: chi si credeva di essere? Più che l’aria di un umile servitore, con il passare del tempo, stava sempre più prendendo l’aria di un amante, con tutti i suoi pro e i suoi contro. Fortuna volle che fossero in maggioranza i primi, se si esclude quelle vere e proprie torture e il - piccolissimo - fatto che fare cose simili con un uomo non era esattamente salutare per la reputazione di quello che, un giorno, sarebbe divenuto il re della grande Camelot.
Con la punta della lingua, lo stregone sfiorò la cima liscia e perfettamente lubrificata del glande, giocoso, mentre il dito continuava a stuzzicare l’apertura, iniziando a insinuarsi pian piano, il meno fastidiosamente possibile. Fu pura estasi: la mente del principe si svuotò di ogni pensiero non inerente a quel preciso momento, e gemette debolmente il nome del suo amante.
Il limite venne superato quando le labbra del mago si aprirono per far entrare in quel caldo e umido angolo di paradiso gran parte dell’erezione pronta a espellere il seme e, allo stesso tempo, il sottile indice si mosse dentro lui, facendosi strada verso la prostata. Arthur venne, rilasciando il seme color latte nella gola del moro, il cuore batteva all’impazzata, scandendo ogni secondo che passò, prima che le pulsazioni potessero farsi nuovamente regolari.
Merlin estrasse il proprio dito e allontanò di un poco, sorridendo quando il biondo si lasciò cadere disteso di schiena sul tavolo, con un ghigno di gratificazione sulle labbra. Osservare gli effetti che era in grado di produrre su Arthur, e quelli che quest’ultimo era  capace di produrre su di lui, era quasi meglio della magia. Non ne avrebbe rinunciato per niente al mondo.
«Ehi, Merlin, » mormorò Arthur fra un respiro profondo e l’altro. Non aprì gli occhi, sapeva bene di aver attirato l’attenzione indiscutibilmente su di sé, senza il pericolo di alcun pensiero a frapporsi fra lui e il suo servitore. «Non mi hai dato nemmeno un bacio. » concluse aprendo un occhio e atteggiando le labbra come un cucciolo ferito.
Merlin rise, sporgendosi sul tavolo e appoggiando le proprie labbra a quelle dell’altro. «Microcefalo. »

Fine.

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