"Gli alti sono i primi a morire"

Jan 28, 2010 00:01


Gli ho chiesto: "allora perché viene al bar co 'sti giovanotti del Mis? Che c'entra lei co' quella gente?"
M'ha detto che provava il rimorso per quel fratello che non s'era salvato, disse: "Non è che mi volessi suicidare. Volevo essere morto, ma ormai avevo perso l'opportunità."
Così emigrai in Canada. Non sarei tornato se non avessi avuto il problema agli occhi. Avevo bisogno di aiuto, e in Italia c'erano ancora mio figlio e mia nipote. Quando tornai a Roma mi accorsi che da casa mia per andare al bar dovevo passare davanti a quella sezione di partito. In un primo momento le svastiche e i fasci littori mi terrorizzarono. Pensai che in Italia in tutti questi anni non era cambiato nulla. Facevo grandi giri per strada pur di evitare quel tratto con quei simboli atroci. Poi incominciai a non vederci più. In quelle condizioni non potevo avventurarmi per la città, dovevo scegliere la strada più breve. All'inizio percepivo le ombre, ma lentamente scomparvero anche quelle. Spogliato della sua scenografia anche il fascismo m'appariva grottesco come tante vicende che m'era capitato di vivere. E poi sono malato di cuore. Credetti che mi veniva offerta una possibilità di morire. Perché nell'indeterminatezza del buio bastava un insulto improvviso, magari una spinta e potevo avere un infarto.
Ma poi m'ha fatto una curiosa impressione non essere riconosciuto, vedere che parlavano a me come uno qualunque, che i miei soldi avevano ancora un valore, che ci potevo pagare il caffè, che non erano carta per il gabinetto come quel giorno al collegio militare. La mia cecità sembrava aver colpito anche loro. La vita riprendeva il suo corso naturale. Che non è il più giusto. È oltanto la condizione che implica la minore fatica."

Ascanio Celestini, Lotta di classe, pp.73-74

lettura, memorabilia, appunti

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