Il prima e il dopo.

Aug 30, 2009 16:08


Progettare un edificio non è, semplicemente, tracciare linee.
Si tratta di imbrigliare e incanalare forze, farle poggiare una contro l’altra come nei castelli di carte in modo che si annullino a vicenda.
Solo quando sono perfettamente raffrontate come due eserciti allora è possibile il miracolo dell’equilibrio, da mantenersi proprio come in una partita di scacchi, attraverso una battaglia silenziosa fatta di spostamenti impercettibili.
Sbaglia chi vede in un muro il simbolo stesso dell’immobilità: un agglomerato di mattoni vive la vita silenziosa delle piante, resistendo giorno dopo giorno alla forza di gravità.

Prova tecnica per un'apertura di capitolo (di UEP, ci manca solo che mi metta a scrivere la tesi così e poi siamo a posto) che non ha visto la luce, sostituita da un altro punto di vista.

Volevo appiccicare a questa frase un ragionamento, ma faccio fatica ad articolarlo, per cui rinuncio.

Il racconto che sto scrivendo da ieri, in compenso, sta venendo fuori molto meglio, anche se continuo a non trovargli un titolo.

Parla di Marcos descritto attraverso gli occhi (e la gelosia) di Alejandro, della sua voglia di scuoterlo e della vigliaccheria con cui spera che lo faccia qualcun altro al suo posto.

È un racconto mentale, in cui i dialoghi sono ricordi della notte precedente, fusi in un impasto di sensi di colpa.

Non so perché la figura dello chef sia nata con questo fondo di cupezza, so solo che mi piaceva l'idea di approfondire le sfumature del suo rapporto con Marcos, prima di spedire quest'ultimo a Las Ventas a vedere come ci si sporca di sangue.

Ad ogni modo, intanto che l'era geologica che separa me dal prossimo aggiornamento si concluda, vi butto lì che Alo è questo tipaccio qua.

Mefistofelico al punto giusto, no?

un'estate pericolosa, frammenti sparsi

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