La verità è che ci siamo disabituati alla cattiveria.
Gli scrittori e gli sceneggiatori, non importa se di film o serial, nell'incapacità o nell'impossibilitù di raccontarla hanno preferito altre vie, sicuramente più accattivanti.
Poi, non paghi, le hanno ulteriormente "addolcite", ed ecco che ci ritroviamo serial killer simpatici (Dexter) e misantropi eroi (House).
Per carità, non che non apprezzi questi personaggi e le serie di cui sono protagonisti, l'importante è ricordarsi che la realtà è un'altra cosa e che nella realtà un poliziotto giustiziere è molto poco simpatico e un medico che si fa di Vicodin di norma non è così efficiente.
E proprio nella realtà più cruda affonda il film di Anderson, e lo fa con tutta la fisicità di cui può disporre: a partire dal titolo, "There will we blood", che secondo me è anche un po' un monito per lo spettatore, alla fotografia, che tratta la terra come un corpo umano e il petrolio come fosse davvero sangue vivo, alla magistrale interpretazione di Daniel Day Lewis, che si è conquistato meritatamente l'Oscar per ogni singolo sguardo con cui ha bucato la camera.
La cattiveria, dicevo: cattivo è un termine che discende dal latino e che ha come significato originario quello di "prigioniero".
Prigioniero del peccato, secondo la logica cristiana, prigioniero di se stesso come credo sia questo, mirabilmente, il caso.
"There will we blood" è un film che parla di avidità, lo fa mettendo a confronto i due grandi sistemi che tengono insieme il pianeta: il Capitalismo e la Religione (in conflitto o in accordo tra loro a seconda dell'opportunità del momento) e lo fa soprattutto costruendo un percorso narrativo intelligente: man mano che dalla terra fuoriesce il petrolio, Daniel Plenview, il protagonista, si svuota della sua umanità in un crescendo sempre più "mostruoso": come già detto Daniel Day Lewis è talmente bravo da annullare completamente se stesso per dar vita a questo imponente personaggio, mozzando in più punti il respiro per la sua capacità di immedesimazione.
Alla fine quello che resta è uno scheletro di avidità a cui resta aggrappata una pelle avvizzita di crudeltà e ferocia, raccapricciante proprio come solo un cadavere in decomposizione potrebbe essere.
Un uomo prigioniero della sua stessa smania, carnefice di se stesso prima ancora che degli altri.
Un film imponente, a tratti "epico" ma di un'epica al contrario, priva di eroi.
Ve lo consiglio caldamente, da rivedere almeno un paio di volte per cogliere meglio i dettagli.