Fandom: Detective Conan
Titolo: Straight Law
Beta:
dylan-mxRating: arancione
Warning: what if?, missing moments, one-shot, het, death character
Note: spero vivamente di non essere caduta nell'OOC perché non me lo perdonerei mai °_° messo what if? come avvertimento perché potrebbero esserci delle piccole incongruenze con la storia vera e propria di DC, nonostante io abbia cercato di evitarle, ed inoltre perché la relazione tra Sherry e Gin non è ancora stata confermata dall'autore [per quanto per me sia decisamente palese xD]. Il titolo è il nome di un cocktail a base di Gin e Sherry xD Buona lettura!
Introduzione: La storia comincia un anno prima che Sherry abbandoni l'organizzazione: la ragazza sta lavorando all'APTX4869 e la sua vita si divide tra il lavoro e la sorella Akemi, fino a che non cattura accidentalmente l'attenzione di Gin che comincia a seguirla e controllarla, impedendole di venire a contatto con altre persone al di fuori dell'organizzazione. Lentamente tra i due si instaura una specie di rapporto di simbiosi per cui tra i due nasce una relazione senza che ci sia un vero sentimento da parte di Sherry, mentre Gin per lei ha un desiderio ossessivo che si aggrava quando la ragazza, dopo la morte della sorella, si oppone all'organizzazione.
Gifter:
skyearth85Link al gift:
Qui ^^ Si chiese se quella sera sarebbe dovuta andare o se era meglio annullare tutto: non voleva mettere in pericolo Seiji, aveva paura, ma non riusciva neanche a dirgli di no, non quella sera. Si morse il labbro inferiore in preda al nervosismo, erano già le nove e trenta.
Andare, non andare? Si passò una mano tra i capelli. Il cellulare squillò improvvisamente facendola sobbalzare.
Rispose a mezza voce.
< Pronto?>
< Kaori? Sono Seiji.>
< C-ciao…>
< Senti, io ho avuto un contrattempo… è un problema se ritardiamo il nostro incontro di una mezz’ora?>
< No, nessun problema. Anch’io ho più lavoro del previsto.>
< Ok, ci vediamo dopo allora…>
Shiho poteva sentire un po’ di ansia nella sua voce, ma non riuscì a capire che era dovuto al fatto che avrebbe voluto parlarle in maniera più confidenziale. Ma era ancora presto.
< Stai bene, Seiji?>
Aveva paura, paura che gli facessero qualcosa.
< Sì… perché?>
< Niente… solo un brutto presentimento.> mormorò lei.
< Tranquilla, Kaori. Sto bene. A dopo!>
< Ciao.>
Riattaccò e sorrise, le aveva fatto bene sentire la sua voce. E così poteva restare a lavorare più del solito, sperando di depistare Gin e gli altri.
L’ora successiva passò in fretta e quando uscì dall’edificio non incrociò nessuno. Si guardò attorno preoccupata, ma né persone né macchine o altro che potessero essere ricollegate all’Organizzazione.
Salì in macchina con Seiji e da quel momento tutte le sue paure scomparvero dalla sua mente. Non si era mai divertita così tanto, forse in opposizione alla pressione subita quel pomeriggio, ma ora si sentiva sollevata, libera.
Stettero assieme fino a notte fonda senza accorgersi del tempo che passava. Shiho accettò di essere accompagnata fino a casa, in fin dei conti era pericoloso aggirarsi da soli a quell'ora.
Seiji fermò la macchina giusto davanti all'ingresso, ma rimasero là assieme ancora un po', a parlare; al momento di salutarsi si baciarono.
Sherry avvampò, era la prima volta che baciava qualcuno e quel ragazzo era così dolce, così gentile con lei che non poteva fare a meno di volergli bene e ricambiare i suoi sentimenti.
Lo lasciò a malincuore, salì le scale in fretta fino al suo pianerottolo, al buio.
Akemi era fuori, sicuramente con Dai.
Prima di addormentarsi Sherry ricevette un messaggio della buonanotte da Seiji: non era nulla di particolare, ma le scaldò l’animo come non mai. Lo salvò e scivolò nel sonno senza pensare a nulla.
L’indomani la ragazza si recò al lavoro come sempre. Non aveva ricevuto altri messaggi da Seiji, ma non si aspettava neanche che questo accadesse, non era abituata ad essere al centro dell’attenzione di qualcuno ed essere sommersa da una valanga di sms non le avrebbe fatto esattamente piacere.
A metà pomeriggio dovette salire ai piani superiori per archiviare una serie di dati accumulati negli ultimi tempi: non le capitava spesso di abbandonare il suo piano di giorno, il Capo le aveva fatto intendere che meno si faceva vedere in giro meglio era.
Shiho prese l’ascensore per salire al penultimo piano, con un po’ di fortuna nessuno l’avrebbe notata, gli impiegati a quell’ora erano ancora assorbiti dalle loro occupazioni e nessuno si doveva spostare da un piano all’altro, dato che tutti i livelli erano stati affittati a compagnie diverse che non erano collegate tra loro.
Nonostante ciò al piano terra le porte si aprirono lasciando spazio all’ultima persona che Sherry avrebbe voluto incontrare in quel momento: Gin.
Le ci volle un incredibile dose di autocontrollo per non appiattirsi contro la parete e pregare che un fulmine la facesse sparire - o ancora meglio che riducesse in cenere il biondo. L’uomo non fece una piega quando la vide, si limitò ad entrare e mettersi accanto a lei, la schiena contro il muro.
Non si guardarono, non si parlarono, non diedero segno di essersi notati. Sherry cercò di non pensare al fatto che quello schifoso bastardo le era accanto e si concentrò sul giornale radio che il piccolo altoparlante stava trasmettendo: parlavano di uno dei soliti omicidi commessi in periferia.
La giovane età della vittima attirò la sua attenzione e prestò ascolto.
“Il ragazzo, di appena 19 anni, è stato trovato a pochi metri dalla sua vettura, nella periferia Est di Tokio, freddato con due colpi al petto e uno alla testa. La vittima è stata identificata da poco, sembra corrispondere a Seiji Shiratori; i genitori ne avevano denunciato la scomparsa questa mattina dopo che il ragazzo non si è presentato a casa per la notte e non rispondeva al cellulare. La polizia sta indagando, ma sembra indirizzata verso la strada del regolamento di conti…>
Shiho congelò.
La sua mente smise di ascoltare quando sentì quel nome. Ebbe un vuoto totale e sbarrò gli occhi.
La sua testa cominciò a girare e si dovette sostenere alla parete per non crollare.
Lentamente si voltò e incrociò lo sguardo freddo ed impassibile di Gin.
In quel momento ebbe la conferma a tutti i suoi sospetti, si sentì mancare e scosse la testa leggermente incredula.
< Tu…>
Era un sussurro roco, spezzato, le parole le morivano in gola mentre il suo corpo cominciava a tremare.
Gin continuava a guardarla negli occhi senza sorridere, senza negare.
< Eri stata avvisata, Sherry.> commentò spietato, ma nel suo tono non c’era nulla del suo solito sarcasmo.
Non seppe esattamente cosa cercò di fare, ma la mano si mosse più in fretta della sua mente, il cervello non riuscì a bloccarla. Ma Gin sì.
Il tentativo della ragazza di schiaffeggiare l’uomo finì in quel modo, con la stretta dolorosa del biondo attorno al suo polso ancora a mezz’aria.
Si guardarono: sembrava arrabbiato, sembrava molto arrabbiato, ma Sherry scoprì che sinceramente non le importava.
Un attimo dopo si ritrovò schiacciata contro la parete dell’ascensore dal suo corpo e s’irrigidì.
< Non ci provare, Sherry. Non pensarci nemmeno.>
Graffiante, basso, roco, quel tono le fece venire i brividi, poteva sentire il respiro lento e caldo dell’uomo sul suo orecchio, l’odore del fumo le riempiva i polmoni, i suoi capelli biondi le solleticavano la guancia. Non si era mai trovata così vicina a lui, ma tutto quello che percepiva in quel momento era rabbia, fastidio: davanti a lei stava una delle tante persone che rendevano la sua vita un inferno, che la controllavano, che l’avevano obbligata a studiare all’estero, lontano da Akemi, che la costringevano a lavorare ogni singolo giorno a quel dannato esperimento, che le impedivano di vivere. Le avevano tolto Seiji.
Quel pensiero le passò la mente con una potenza inaudita, cancellando la rabbia e la paura, lasciando solo un dolore lancinante.
Si lasciò andare abbandonando la propria rigidità, appoggiò la fronte sulla spalla di Gin che ancora la teneva inchiodata al muro.
< Ti odio.> bisbigliò, la voce le tremava.
In quel preciso istante l’ascensore si fermò e prima che le porte si aprissero del tutto il killer si separò da lei senza commentare. Uscirono entrambi e andarono in direzioni opposte.
Quella notte Shiho non riuscì a dormire: rilesse fino allo sfinimento l’ultimo messaggio che Seiji le aveva inviato, ma non osò alzarsi per farsi una tisana o qualcosa che le stendesse i nervi. Akemi, saputa la notizia, era rincasata subito, probabilmente per controllare che sua sorella non facesse idiozie. Non voleva avere un faccia a faccia con lei, voleva solo sperare che un qualcosa, qualsiasi cosa, facesse sparire quella merda dalla sua vita una volta per tutte.
*
Gin riattaccò la chiamata con uno sguardo lugubre stampato in faccia, attirando l’attenzione di Vodka.
< Che succede, Aniki?>
Il biondo non rispose, limitandosi a guardare fuori dal finestrino: la missione che gli avevano appena affidato era solo per lui e, ne era certo, sarebbe stato un gran casino. Non tanto per Cointreau, quello era abbastanza facile.
Il problema era Sherry.
Si accese una sigaretta con aria decisamente scontenta, quella ragazzina era una seccatura.
L’aveva controllata in quegli ultimi mesi senza farsi vedere da lei - non voleva altre scenate come quella in ascensore risalente a diverso tempo prima - per ordine del Boss, che temeva potesse allontanarsi dall’Organizzazione. Per Gin quell’ipotesi era altamente improbabile, sua sorella era stata mandata in missione all’estero e non sarebbe tornata ancora per un bel po’ e quindi Sherry si trovava senza alcun appoggio, nessun contatto. Non avrebbe potuto neanche pensare di abbandonare l’Organizzazione.
< Dal tuo improvviso malumore suppongo che il caso riguardi Sherry, giusto Gin?>
Vodka sobbalzò mentre la voce femminile lacerava il silenzio. Il biondo gettò un’occhiata da oltre la propria spalla a Vermouth, seduta sul sedile posteriore.
< Ne eri già informata?>
< Ha dato la nostra piccola missione anche a noi. - replicò la donna riferendosi al Boss - Ma ti ha lasciato la parte più divertente. In fin dei conti è un peccato vedere come vi siate evitati in questi ultimi sette mesi. E poi si sentirà sola, ora che la sua sorellina è in viaggio, avrà bisogno di qualcuno che la consoli…>
< Non dire idiozie.> la interruppe secco Gin.
Mise in moto e gettò la sigaretta fuori dal finestrino. Si prospettava una pessima nottata.
Quando uscì dall’edificio una leggera brezza le scompigliò i capelli, riscuotendola dal suo stato di torpore: si sentiva molto stanca quel giorno, per questo aveva finito un po’ prima quella sera.
Era un periodo in cui lavorava continuamente, dormendo decisamente poco rispetto a quanto avrebbe dovuto. Ormai l’esperimento sull’APTX4869 era quasi concluso e Sherry voleva fare il più in fretta possibile, il Capo aveva davvero finito la pazienza.
E poi, in fin dei conti, non aveva altra occupazione che il lavoro.
Quel pensiero la fece sorridere amaramente. Era cambiata, da quel giorno di sette mesi prima era cambiata. Non le importava più di quello che l’Organizzazione faceva, non biasimava i suoi colleghi, lei non era meglio di loro, lo sapeva, ma non le importava. L’unica cosa che contava nella vita era appunto vivere, o meglio, sopravvivere, e questo significava fare tutto quello che il Boss le diceva di fare e sperare di essergli così utile da non essere eliminata.
Si guardò attorno. Nonostante fosse molto tardi c’era diversa gente per strada, giovani ubriachi intenti a godersi le prime giornate di giugno sperperando il loro denaro in alcol, droga e donne. Evitando di farsi vedere scivolò rasente ai muri, come al solito, in fretta, diretta verso casa.
O almeno, quella era la sua intenzione, prima di ritrovarsi davanti, appena svoltato l’angolo, due omaccioni corpulenti che non avevano affatto l’aria di volerla lasciar andare. Si girò di scatto per tornare indietro, ma un’altra figura le si parò davanti.
Non c’erano più vie di fuga.
< E’ troppo tardi ormai.>
Gin alzò un sopracciglio con aria interrogativa, l’uomo ai suoi piedi che tossiva sangue e cercava di articolare qualche frase sensata.
< In questo momento i nostri uomini sono già all’opera.> bofonchiò ancora Cointreau, cercando di alzarsi, la un calcio dritto alla bocca dello stomaco lo riportò velocemente a terra.
< Anche i miei. - rispose il biondo con un ghigno - E ti assicuro, Cointreau, che sono molto più efficienti dei tuoi.>
L’uomo a terra non rispose e Gin estrasse la pistola.
< E’ stato stupido da parte tua tradire così l’Organizzazione. Ma non preoccuparti: non rifarai mai più uno sbaglio simile.> ghignò.
Lo sparo echeggiò con forza.
Gin si allontanò dal cadavere del traditore e salì in macchina, ora doveva trovare Sherry e in fretta anche. Cointreau aveva informato un piccolo gruppo di malavitosi del posto dell’esperimento che la ragazza stava portando avanti: le avrebbero teso un agguato sulla via del ritorno, l’avrebbero rapita e l’avrebbero usata per riprodurre l’APTX4869 per loro.
Un piano decisamente avventato e suicida, solo uno stupido come quel traditore poteva architettarlo, ma intanto lui avrebbe dovuto raggiungere la ragazzina e salvarla. Vermouth e Vodka si stavano occupando del resto della banda proprio in quel momento.
Sperò solo che Sherry non fosse uscita prima del solito dal laboratorio.
Era certa che non si trattasse di una rapina, la borsa non l’avevano neanche sfiorata e non la stavano neanche minacciando, semplicemente la stavano bloccando lì, pronte a saltarle addosso. Shiho pensò al peggio e pregò che quel poco di autodifesa che sapeva bastasse. Si pentì di non essersi mai procurata un’arma da quando faceva parte dell’Organizzazione e nella borsa non aveva nulla che potesse servirle.
< Fa la brava, piccola. Tu ora verrai con noi.>
Sentì una mano posarsi sulla sua spalla, ma prima che la stretta potesse farsi concreta se la scrollò di dosso e cercò di sfondare la barriera dei due uomini senza riuscirci. L’afferrarono per le braccia per sollevarla di peso.
Si divincolò scalciando e colpì qualcosa di duro; uno degli uomini gemette prima di colpirla al volto.
< Dannata puttanella!>
Shiho sentì di avere del sangue in bocca e lo inghiottì mentre i due uomini che la tenevano le legavano le mani dietro la schiena. Cercò di colpirli a calci, ma era del tutto inutile, cercò di urlare, ma una mano enorme le tappò la bocca con forza. Gli uomini cominciarono a parlottare tra loro, ignorando i suoi vani sforzi di liberarsi.
< Su, portiamola alla macc-…>
La frase di uno dei suoi aggressori venne spezzata da un colpo di pistola e uno dei due che la tenevano sollevata da terra cadde.
Sherry istintivamente diede una gran testata all’indietro, sentì un dolore enorme alla testa, chiuse gli occhi e vide le stelle mentre da dietro di lei si elevava un grido di dolore. La ragazza cadde per terra con un gemito. Aprì gli occhi e vide uno dei due uomini puntarle contro una pistola, si lanciò lateralmente proprio nel momento in cui premette il grilletto. Sentì un dolore fortissimo, una bruciatura al fianco.
Ci fu un tonfo e l’uomo che le aveva sparato cadde a terra, morto.
L’ultimo rimasto alzò la pistola verso l’angolo da dove proveniva il fuoco nemico. La ragazza non ci pensò due volte e si gettò in avanti verso la sua mano, serrò i denti sul suo polso e strinse più forte che poteva.
Ci furono diversi colpi, grida, poi lei si ritrovò a terra accanto all’uomo, ormai privo di vita. Lasciò andare il polso, ansimando.
In quel momento avvertì il dolore più lancinante che avesse mai provato. Gemette rocamente senza aprire gli occhi: sentiva male ovunque, la testa le pulsava, in bocca aveva il suo sangue mischiato a quello dell’aggressore e il fianco stava letteralmente andando a fuoco.
Dei passi echeggiarono lungo la strada e si fermarono accanto a lei. Sentì qualcuno slegarle le mani e cercò di mettersi in piedi, ma non riusciva a raccogliere le forze.
Sentì delle mani fredde sfiorarle un braccio e sollevare piano un lembo della sua maglietta per esaminare il fianco ferito; rabbrividì senza voltare la testa per vedere chi fosse l’inaspettato salvatore.
Per il momento le bastava sapere di essere viva e non troppo malridotta.
< Ti conviene alzarti. Molto presto arriverà la polizia e ti assicuro che è meglio che non ti trovino qui.>
Gelò nel riconoscere quella voce ed imprecò mentalmente: tra tutti proprio lui doveva capitare.
< Non è così facile.> ribatté lei sarcastica cercando di non aggiungere che farsi aggredire, picchiare e sparare in un vicolo non era una cosa che le capitava tutti i giorni.
Provò di nuovo ad alzarsi e ci riuscì con l’aiuto di Gin, ma il problema era restare in piedi, il fianco bruciava da impazzire e la testa le girava dal dolore. Sentì il corpo dell’uomo vicino al suo, mentre la sosteneva e la faceva avanzare verso la macchina. Si voltò a guardarlo.
Era da quello spiacevole episodio in ascensore che non vedeva il suo viso da così vicino, era una sensazione strana, nonostante non si vedessero da mesi il suo volto era proprio come lo ricordava.
Arrivarono alla sua Porsche e Sherry sedette accanto a lui, stringendo i denti quando dovette chinarsi per entrare nell’auto; si vide riflessa nel finestrino e pensò che sembrava proprio un cadavere. Il sangue che aveva sentito in bocca era in parte colato lungo il mento ed una delle due guance era arrossata per il ceffone ricevuto. Gettò uno sguardo sulla parte colpita dal proiettile, ma vide solo una chiazza scura di sangue sulla maglietta.
Restò a fissare la propria immagine mentre Gin metteva in moto. Non chiese dove erano diretti né cercò il suo sguardo, era certa che se avesse provato a fare qualsivoglia cosa avrebbe finito per vomitare da qualche parte e questo era ben lontano dai suoi progetti del giorno.
Poco le importava che fosse stato il biondo a salvarla, l’uomo che le aveva dato l’ultima spinta per farla cadere nel suo baratro di solitudine e di cinismo, in quel momento le bastava essere ancora viva.
Gin pensò a lungo a cosa fare: lasciarla andare a casa era fuori questione, potevano esserci ancora dei membri minori di quel gruppo in giro, non era detto che Vodka e Vermouth fossero riusciti ad eliminarli tutti in un solo colpo. Inoltre quella ferita al fianco andava medicata, nonostante fosse solo una ferita superficiale. Era un lavoro facile, ma andava fatto con cura e Sherry da sola poteva avere problemi a disinfettare il tutto per bene.
Sospirò, giungendo all’unica conclusione possibile, se ne sarebbe occupato lui.
Guidò per una ventina di minuti, mischiandosi nel traffico notturno e controllando costantemente lo specchietto retrovisore: non avrebbero dovuto esserci complicazioni, ma preferiva accertarsi che nessuno li seguisse.
Finalmente giunsero nella palazzina dove abitava; era in un quartiere di periferia, accanto a tanti altri edifici tutti identici. Lasciò la macchina nel parcheggio sotterraneo, dove attirava meno l’attenzione.
Aiutò Sherry a scendere dalla macchina, sorreggendola per non farla cadere. Si vedeva che non era abituata al dolore fisico, ma quella fragilità non lo commuoveva, anzi.
Se fosse stato d’umore migliore si sarebbe divertito a punzecchiarla, conoscendo il suo orgoglio, peccato che in quel momento non ne avesse proprio voglia.
Controllò attentamente che dal fianco della ragazza non gocciolasse sangue, sarebbe stato alquanto difficile spiegare ai vicini perché ci fosse una scia rossa che portava dalla sua auto alla porta del suo alloggio, ma per fortuna la ferita sembrava aver già smesso di sanguinare. La pallottola non era penetrata nella carne, l’aveva solo colpita di striscio.
Salirono con l’ascensore fino all’appartamento. Quando Shiho mise piede in quel posto fu sorpresa da un ordine impeccabile accompagnato da un arredamento spartano e freddo. Sembrava un luogo usato di rado, probabilmente Gin vi si recava solo per dormire quando non era in missione, il che era un vero peccato, dato che era spazioso, soprattutto se era utilizzato da una sola persona.
Avanzò nel soggiorno guardandosi attorno con curiosità: non era mai stata nell’appartamento di un altro dei membri dell’Organizzazione e le fece strano trovarlo così… anonimo.
Gin, che era sparito dietro una porta per qualche istante, tornò portando con sé il kit medico.
< Togliti la maglia.>
Sherry lo trafisse con lo sguardo: sapeva che non era essenziale, poteva medicarla semplicemente tenendo sollevato il lembo della maglietta.
< Se vuoi non avere complicazioni in futuro, ti conviene farlo.> ribadì il biondo aprendo il kit e tirando fuori quanto gli serviva.
< Ma che scrupoloso…> commentò lei spogliandosi. “E che stronzo” aggiunse mentalmente, ma preferì non esternare il suo pensiero.
Si sentì arrossire mentre si sedeva su una sedia, Gin accanto a lei che disinfettava la ferita.
< Chi erano quegli uomini?> domandò la ragazza. Sperava che trovare un qualsiasi argomento di conversazione distogliesse sia lei che l’uomo dal fatto che era praticamente in reggiseno davanti a lui, cosa che le pesava moltissimo, considerando che era il primo a vederla così.
< Membri di un’organizzazione criminale di infimo livello. L’unico motivo per cui sono riusciti ad arrivare a te è che avevano una spia tra di noi.>
< Chi?>
< Coitreau.>
< Che fine ha fatto?>
< Già sistemato.>
Shiho apprese la notizia con sollievo e questo la stupì, qualche tempo prima l’idea di un omicidio le avrebbe provocato un disgusto profondo, non tanto nei confronti dell’assassino, ma dell’atto di per sé.
< Tu?>
< Sì.>
< Non mi dire che ti hanno incaricato di proteggermi fino a nuovo ordine.> borbottò alzando gli occhi al cielo.
< Ti controllavo da mesi, Sherry. Avevo il compito di eliminare chiunque ti ostacolasse con il tuo lavoro.>
La ragazza lo guardò freddamente: l’allusione a Seiji era palese.
Gin sostenne lo sguardo.
< Bé - commentò lei gettando un’occhiata al proprio fianco - non mi pare che tu abbia svolto egregiamente il tuo lavoro.>
< Se tu avessi rispettato i tuoi orari tutto questo non sarebbe successo.> replicò lui caustico, disinfettando con un po’ troppa forza la ferita.
Shiho si morse il labbro per il dolore.
Non guardò l’uomo in faccia, ma era certa che in quel momento stesse sorridendo. Applicò le bende senza parlare, i suoi movimenti erano precisi e rapidi, le sue mani erano così gelide che ogni volta che le sfioravano la pelle Sherry non poteva fare a meno di rabbrividire.
< Dovresti vestirti di più.> borbottò senza pensarci due volte.
Gin capì a cosa si riferiva e ghignò.
< Detto da te, che sei mezza nuda.> ribatté divertito, vedendo la ragazza arrossire di botto.
La scienziata lo guardò male facendo una smorfia e senza alcuna ragione diede con le dita un colpetto alla falda del cappello che l’uomo ancora indossava, facendolo cadere silenziosamente.
Per un attimo si chiese se lui l’avrebbe presa male, ma poi si consolò dicendosi che, se davvero il suo compito era quello di proteggerla, non avrebbe potuto ferirla più di tanto.
Il killer recuperò il cappello da terra e si alzò piano. Sherry lo guardò incuriosita, era la prima volta che lo vedeva a capo scoperto e le dava una strana sensazione.
Si alzò anche lei e sorrise appena mentre si specchiava in quegli occhi verdi così freddi, gelidi… non le faceva paura, sapeva che non poteva farle del male. Vederlo troneggiare davanti a lei, sentirsi sovrastata da quell’uomo così imponente, così alto, così estraneo eppure non fuori posto, tutto questo non l’agitava. Le sembrava che ogni cosa fosse dove doveva.
< Grazie.>
Era sincera. Gin non lo diede a vedere, ma sentì qualcosa che crollava dentro di lui.
< Aspetta a ringraziarmi.> mormorò roco.
Lei non sapeva cosa poteva farle, non sapeva cosa avrebbe voluto farle ed era meglio che non lo venisse proprio a sapere. Si tratteneva solo perché aveva ordini precisi, non perché gli facesse pietà, non perché provasse un qualcosa di profondo per lei che gli impedisse di farle tutto. L’unica cosa che sentiva era quel desiderio di averla solo per lui, lontano dagli altri, lontano da tutto e tutti.
Solo lei per lui e basta.
Sentì una mano tirargli piano la manica ed aprì gli occhi, trovandosi davanti Sherry che lo fissava preoccupata.
< Tutto ok?>
Distolse lo sguardo cercando di riprendere il controllo di sé.
< Vieni.> rispose dandole le spalle e uscendo dal soggiorno.
Sherry congelò per un momento quando capì che la camera dov’erano entrati era la stanza da letto di Gin. Era un luogo piccolo, scuro, ma più caldo degli altri, con un bel letto ad una piazza e mezzo e un armadio che occupava tutta una parete.
< Dormirai qui questa notte.>
< E tu?>
< Sul divano.>
Da quell’armadio Gin tirò fuori una vecchia maglia che ormai gli era piccola e la diede alla ragazza da usare come pigiama, poi la lasciò sola andando a fumarsi una sigaretta in salotto, ne sentiva il bisogno impellente.
Si tolse il cappotto e se l’accese abbandonandosi sulla poltrona: doveva distendere i propri nervi, tornare in sé. L’altra opzione era piombare nella propria camera e fare qualcosa di cui si sarebbe pentito amaramente in futuro: decisamente sconsigliabile.
Sentì i passi leggeri di Sherry sul parquet e girò lentamente la testa. Sorrise, la maglia era decisamente troppo grande, le copriva le gambe fino a poco sopra il ginocchio e nelle mezze maniche praticamente ci navigava.
Sotto sembrava non portare nulla, ma in fin dei conti quella t-shirt copriva tutto il copribile.
Lei arrossì un poco incontrando il suo sguardo, tentennando sullo stipite della porta.
< Buonanotte.> mormorò prima di tornare in camera.
L’uomo sospirò, sdraiandosi sul divano, aveva l’impressione che quella notte avrebbe avuto difficoltà ad addormentarsi.