[Axis Power Hetalia] Hentalia - 2. Meravigliosa Serata (Prussia/Cina) - pt.1

Aug 13, 2009 13:31



Titolo: Hentalia

Titolo del Capitolo: Meravigliosa Serata

Fandom: Axis Power Hetalia

Personaggio/Coppia: Prussia, Cina (Gilbert Weillschmidt, Yao Wang) [Presenti e nominati: Spagna, Francia, Hong Kong, Corea, Taiwan, Sealand, Inghilterra, Giappone)

Rating: Rosso

Avvertimenti: Lemon, Yaoi, Oneshot, Alternative Universe (AU)

Note: 1. Nessun background storico, è un’AU infatti.

2. Non conoscendosi i nomi umani di Hong Kong, Taiwan e la nominata Seychelles ho usato per il primo un nome da me scelto, Yang, per Taiwan Meimei che nel fandom straniero è uno dei nomi che utilizzano per lei, stessa cosa per Seychelles, per la quale ho scelto Sesel.

3. Grazie a Persychan per averla letta e corretta^^


{ 2. Meravigliosa Serata ~

Ci aveva messo del tempo per ammetterlo ma a lui, a Gilbert Weillschmidt, piaceva quel ragazzo che, con un sorriso, i modi semplici e lo strano accento, da qualche mese a quella parte era entrato nella sua vita, come semplice cameriere nel locale che era solito frequentare.

Era stato difficile accettare che lui, il meraviglioso Gilbert, potesse anche solo provare interesse per uno come quel cameriere - era abituato ad avere il meglio e quel giovane, sinceramente, pareva uno che a fatica arrivava a fine mese - ma alla fine l’aveva accettato, ed ora non avrebbe sprecato altro tempo: l’avrebbe invitato fuori a cena ed avrebbe concluso la serata con il botto - non era un tipo che aspettava i classici incontri successivi per portarsi qualcuno a letto. Questa era la sua filosofia, per lui la qualità di un compagno si definiva anche dalla sua bravura nel sesso: non bastavano solo un bel corpo e gli attributi al punto giusto, bisognava anche saperli usare - cosa che lui, modestamente, faceva meglio di un maestro dell’eros.  Di conseguenza sperava che il bel corpicino androgino e il bel sedere del ragazzo che aveva adocchiato valessero la pena di essere toccati da lui.

Lo guardò quindi con insistenza, studiando ancora una volta i suoi movimenti: il modo in cui prendeva le ordinazioni, come ritirava i capelli scuri dietro l’orecchio e come piegava le labbra all’insù in un sorriso. Ispirava particolarmente sesso con quei piccoli e abitudinari gesti a qui il tedesco era ormai abituato e questo, sorseggiando la birra che si era fatto portare dall’altro cameriere - un tipo carino ma troppo chiassoso e decisamente troppo appiccicoso con la sua preda, era abbastanza geloso delle persone che adocchiava -, già si pregustava la piacevole serata che lo attendeva.

Perché, non solo aveva la certezza che sarebbe stato particolarmente interessante stare a letto con quel giovane, ma era anche convinto che non avrebbe mai rifiutato un suo invito - Perché? Perché nessuno l’aveva mai fatto, ovviamente - e, leccandosi le labbra per pulirle dalla dolce schiuma della bibita alcolica, posò con decisione il bicchiere sul tavolino.

Un ghigno gli nacque spontaneo in viso e, quando il cameriere lo guardò - si era sicuramente sentito osservato, dato che i suoi occhi d’ametista avevano il potere di attrarre le persone: non a caso erano una delle sue armi migliori - gli donò un accattivante occhiolino, tant’è che neanche si stupì quando questo si avvicinò al suo tavolo.

Aveva fatto centro, solo con uno sguardo. Era o no il migliore sulla piazza? E mentre già si pregustava la vittoria - il giovane gli avrebbe chiesto perché lo stava fissando e lui l’avrebbe steso con una frase tra il romantico e il passionale che funzionava sempre - e l’sms che avrebbe spedito a quegli idioti di Antonio e Francis - che si perdevano il meglio della vita andando dietro ai loro attuali fidanzati - per farsi fare i complimenti, le parole del cameriere gli smorzarono ogni iniziale entusiasmo.

“ Desidera ordinare dell’altro, aru?”

Rimase per qualche istante in silenzio, stupito da quella strana domanda. Dov’erano finiti il: “ Perché mi guarda?” o il: “ Ho qualcosa in viso per caso?”, accompagnati da un sorriso cordiale e curioso? Non poteva aver fallito. Assolutamente no!

Lui, Gilbert Weillschmidt, non falliva mai. Quindi, sempre con sicurezza e senza vacillare, si rivolse al cameriere con un’espressione sensuale.

“ Sì. C’è qualcosa che vorrei.”

“ Dica pure.”, estrasse il taccuino e la penna dal grembiule e il tedesco, ridacchiando compiaciuto per la sua nuova trovata causata dal gesto del giovane, iniziò a dargli dei numeri che lasciarono l’altro per qualche istante basito. “ Temo di non aver capito, aru.”

“ È il mio numero di cellulare.”, rispose con semplicità, bevendo un altro sorso di birra. “ L’hai segnato?”

“ No, e se non desidera fare delle ordinazioni al bar, io torno a lavorare, aru. Chiami me o il mio collega se ha bisogno di ordinare qualcosa.”, e con quella frase - educata ma indispettita - gli voltò le spalle, ma Gilbert non si sentì affatto scoraggiato o demoralizzato, tutt’altro: si era convinto che non sarebbe stato uno spreco del suo tempo lo stare dietro al cameriere. Aveva un carattere molto interessante e questo, insieme al suo corpo, lo eccitava: non gli era mai capitato di trovare qualcuno in grado di ignorare le sue tecniche di seduzione.

“ Ti aspetto quando stacchi, Yao.”, ribatté sorridendo e ricevendo in risposta un’occhiata da parte dell’altro che si allontanò.

Sapeva i suoi orari e sapeva che di lì ad un’ora, Yao Wang, sarebbe stato solo suo. Quella era la sua decisione e non si sarebbe arreso mai e poi mai, quindi con pazienza attese che quei sessanta minuti passassero, sorridendo quando il cameriere si voltava verso di lui, come a voler controllare che fosse ancora presente.

Non se ne sarebbe andato di certo lasciandolo solo, ogni promessa era un debito per Gilbert e ogni sfida - perché ormai quella era una sfida - andava portata a termine: ovviamente con la sua vittoria.

Si carezzò i chiari capelli biondi, sistemandoseli in una distratta e sensuale eleganza, e con un’espressione compiaciuta lo attese all’esterno del locale quando lo vide salutare il suo collega e recuperare giacca e cartella.

“ Salve.”, lo accolse affiancandolo non appena varcò la soglia.

“ Non pensavo l’avresti fatto sul serio, aru.”, dichiarò il moro fermandosi per squadrarlo da capo a piedi.

“ Sono un uomo di parola.”, affermò Gilbert facendo sospirare Yao che, sistemandosi la cartella in spalla, lo fissò serio.

“ Sentiamo, cosa vorresti da me, aru?”, sembrava deciso ma sentì chiaramente una nota di insicurezza.

“ Invitarti a cena.”, al contrario il tedesco si mostrò veramente sicuro di sé. Sapeva quel che voleva e l’avrebbe fatto capire anche all’altro.

“ Mi dispiace ma devo declinare.”, rispose, riprendendo a camminare ma Gilbert, ovviamente, non demorse, iniziando a camminargli accanto.

“ Perché?”

“ Perché a casa mi aspettano i miei fratellini, aru.”, rispose paziente. “ E non ho tempo da perdere con un maniaco.”

Il biondo ridacchiò.

“ Non sono un maniaco. E se lo fossi stato, credimi... a quest’ora non saresti qui.”, abbassò il tono di voce fino a renderlo un sensuale sussurro.

“ Suona tanto come minaccia.”, borbottò il giovane fermandosi ad un semaforo rosso per i pedoni.

“ Allora, vieni a cena con me?”, incalzò ancora.

“ No.”, Gilbert accusò il colpo ma, ancora una volta, non si arrese. In realtà pareva pure divertirsi.

“ Sai benissimo che non accetto un rifiuto.”
“ In verità non lo so: non so neanche chi sei, aru.”, attraversarono insieme e, una volta sul marciapiede opposto, il tedesco lo fermò afferrandolo elegantemente per la mano.

“ Gilbert Weillschmidt per servirti, Yao.”, si presentò con un sorriso, esibendosi in un teatrale baciamano, con il quale riuscì a farlo arrossire fino alla punta delle orecchie, tant’è che nella sua testa balenò la parola: hübsch. Perché il suo giovane cameriere lo era: era veramente carino completamente rosso.

“ Piacere, aru...”, mormorò insicuro ed un poco imbarazzato, per poi riprendere con più decisione. “ In ogni caso dovrai accettare il rifiuto, aru. Altrimenti diventi seriamente un maniaco.”

“ Sei gentile a preoccuparti della mia reputazione. Ma parlo seriamente quando dico di volerti invitare a cena. Se non fa oggi, vista la tua situazione con i tuoi fratelli, mi accontento di domani.”

Yao gemette.

“ Ma non ti arrendi proprio mai?!”

“ Mai.”, assentì. “ Per dimostrarti la mia buona fede permettimi di accompagnarti a casa. Non vorrei ti accadesse qualcosa.”

“ E farti vedere dove abito, aru? Non voglio essere pedinato!”

“ Se avessi voluto ti avrei seguito già da mesi.”

“ Uhm... anche questo è vero.”, bofonchiò. “ D’accordo, aru. Ma tieni le mani a posto che un po’ maniaco lo sei, aru.”

E Gilbert Weillschmidt ebbe la sua prima vittoria, che accolse con un ampio sorriso.

“ Giusto un po’. Il tanto giusto.”, rispose, venendo ancora scrutato dal giovane.

“ Sei di Berlino, aru?”

“ Sì. Tu invece?”

Non che gli importasse granché in realtà - un paese valeva l’altro, l’importante era non avere problemi linguistici in quei casi e nonostante l’accento strano di Yao, questo parlava abbastanza bene il tedesco - ma era vitale conoscerlo almeno un po’ per farselo amico e convincerlo ad uscire con lui - se usciva con lui mancava poco per portarselo a letto.

“ Nanchino.”

“ E come mai qui in Germania? Sei un bel po’ lontano da casa.”

“ Lavoro, aru. Tra l’altro l’istruzione tedesca è abbastanza buona per i miei fratelli, aru.”

“ Modestamente.”, ridacchiò.

“ Mi sembri un tipo un po’ troppo sfacciato per essere una persona educata, aru.”, insinuò Yao, sempre sulla difensiva, riuscendo a far sorridere ancora di più Gilbert.

“ Non sono poi così invadente, altrimenti ti avrei chiesto dei tuoi parenti, quanti fratelli hai e perché siete qui senza i genitori.”

Lo vide chiaramente trasalire e puntargli addosso due scettiche e preoccupate iridi castane che lo spinsero a spiegare la sua frase.

“ Hai detto che ti aspettano i tuoi fratelli e che di preoccupi della loro educazione, un lavoro solitamente affidato ai genitori. Ho fatto due più due.”

“ Sei più intelligente di quel che sembri, aru.”, si nascose la bocca, quasi pensieroso, dietro una lunga manica della giacca.

“ Sono un tipo cervelluto!”, rise.

“ Comunque...”, puntò gli occhi sulla strada che stava percorrendo. “ Ho due fratelli. Un maschio e una femmina, aru.”

“ Entrambi minori.”, concluse Gilbert.

Quello poteva essere un problema. Se erano piccoli, Yao, da bravo tutore, avrebbe dato più spazio a loro che a lui - ovviamente dava già per scontato che sarebbe riuscito a conquistarlo.

“ Uhm... Meimei ha quasi quindici anni, mentre Yang quasi diciotto, aru.”

“ Siete molto giovani in famiglia.”, constatò, aggiungendo però mentalmente che il maggiore dei due poteva anche essere già abbastanza maturo per prendersi qualche responsabilità e lasciargli il fratellone libero la sera e la notte, soprattutto.

“ Perché?”, un lieve sorriso increspò le labbra del cinese. “ Quanti anni mi dai?”

Quella domanda mise un attimo Gilbert in apprensione, soprattutto se accompagnata da quel sorriso che, oltre ad essere particolarmente carino, aveva un ché di inquietante. Ai suoi occhi, Yao, sembrava un ragazzino di massimo vent’uno anni: tratti lisci e dolci, i capelli lunghi - simbolo, per il tedesco, di ribellione - e il modo di rapportarsi con la gente era tipico di quelli che hanno appena abbandonato le sottane materne piene di: “ Non parlare con gli sconosciuti.”

“ Massimo vent’uno.”, rispose, mettendo in chiaro la sua impressione, suscitando nell’altro una musicale risatina.

“ Riprova, sarai più fortunato, aru.”

“ Non puoi essere più giovane.”, decretò, come se il cinese lo stesse prendendo in giro. “ Ventidue. Non puoi essere più vecchio.”

“ Sbagliato, e non mi considero affatto vecchio. Ho solo venticinque anni, aru.”

Gilbert sospirò sollevato, donandogli poi un sorriso complice.

“ No, non lo sei. Perché alla nostra età non siamo vecchi.”

“ Coetaneo?”

“ Ja. E vedi? Sembriamo già due amici. Andiamo d’accordo.”

Yao scrollò le spalle, fermandosi subito dopo dinnanzi ad una palazzina.

“ Sono arrivato.”, il tedesco si guardò attorno, fotografando mentalmente luogo e via. “ Grazie per la compagnia, Herr Weillschmidt.”

“ Solo Gilbert, infondo io ti chiamo per nome.”, ghignò.

“ Una libertà che ti sei preso da solo, aru.”

“ Ma siamo coetanei.”

“ D’accordo, aru.”, sbuffò. “ Ora puoi andare.”

Il tedesco scosse la testa sorridendo ancora.

“ Ti accompagno fino alla porta. Qualche vero maniaco potrebbe assalirti.”

“ Tanto l’ho capito che vuoi vedere qual è il mio appartamento, aru.”, sospirò entrando nel palazzo senza far nulla per fermare l’altro che, soddisfatto, lo seguì.

“ Mi hai già inquadrato. Siamo fatti l’uno per l’altro.”

“ Non esagerare.”, arrossì ancora, mordicchiandosi leggermente le labbra. “ Poi, chi ti ha detto che sono della tua sponda, aru?”

“ Il tuo collega, il coreano, ha la lingua lunga quando parla di te.”, rispose salendo lungo la rampa di scale con il cinese il quale, a quella frase, ringhiò.

“ Lo ucciderò, aru.”

“ Sì, così la smetterà di girarti attorno e avrò la piazza libera.”, ovviamente Gilbert grazie all’altro cameriere sapeva anche che Yao non era fidanzato e parlava quindi con una certa sicurezza, cosa che parve capire anche il cinese.

“ Non sei il mio tipo, aru.”, precisò.

“ Non mi conosci ancora. Ma posso affermare che tu lo sei per me.”, ed era la verità. Più ci parlava mandando avanti quel botta e risposta, più si convinceva che Yao Wang fosse perfetto per Gilbert Weillschmidt. Non arrivava ad avere la sua meravigliosa bellezza ma aveva un viso grazioso, un corpo androgino e uno di quei sederi che, usando le parole del suo amico Francis, sembrava fatto apposta per posarci la mano. Inoltre aveva un carattere fatto per tenergli testa: era orgoglioso e sospettoso - classico degli orientali - ma bastava qualche frase detta nel modo giusto per farlo arrossire, proprio come in quel preciso istante nel quale riuscì momentaneamente ad interrompere la loro discussione, lasciandolo senza parole fino a quando non arrivò all’appartamento.

“ Lasciami indovinare, aru. Stai per chiedermi se puoi entrare?”, chiese ironicamente, aprendo la porta.

“ Se fosse così, quale sarebbe la risposta?”

“ Dovresti averlo capito ormai, aru.”, ribatté, oltrepassando l’uscio ed esclamando un: “ Sono tornato!”

“ Grazie.”, Gilbert fece un passò per entrare in casa con Yao, ghignando vittorioso, ma la mano di questo si posò decisa sul suo petto.

“ Che hai capito, aru?”

“ Che posso entrare no? Fino ad ora mi hai permesso tutto: è questo che ho capito.”, lo osservò arrossire.

“ Dovevi capire che la risposta era negativa.”, borbottò abbassando il capo.

“ Sei solo in casa?”, sviò furbescamente il discorso, notando che al saluto del cinese nessuno aveva risposto. Questo volse lo sguardo alle sue spalle poi, debolmente, annuì.

“ Forse sono usciti, aru.”

“ Assicuriamoci che lo siano.”, e allontanando placido la mano di Yao dal suo petto entrò in casa seguito dalle lamentele, miste alle minacce, del padrone dell’appartamento.

“ Chiamo la polizia, ti sei infilato a casa mia senza permesso, aru.”

“ Mi ci hai invitato. E se non era un invito ti sei spiegato male.”

“ Non eri tu quello cervelluto?”

“ Sì. Ma solo su quello che mi interessa e tu mi interessi abbastanza per sapere quando usare il mio magnifico cervello e quando no.”, non lo guardò in viso, ma era certo che il cinese fosse rosso, visione confermata dal tono di voce usato per la risposta successiva.

“ Se ti interesso potresti anche andartene e capire che oggi non uscirò con te, aru.”

“ Vuol dire che domani potresti uscire.”

“ No, aru! Non ho mai detto niente di tutto ciò!”, gracchiò, entrando in cucina.

“ Hai detto che oggi non esci. Questo significa che un altro giorno potrebbe esserti congeniale. Quindi domani.”

“ Sei insopportabile, aru.”

“ Sono testardo. È diverso.”, ribatté, osservando il giovane staccare dal frigo un foglio attaccatovi sopra con la calamita. Era scritto in cinese e, anche avvicinandosi per guardare meglio, Gilbert non l’avrebbe capito, però né intuiva il contenuto.

“ Sono usciti con qualche amico?”, domandò tranquillamente.

“ Sì.”, rispose Yao rileggendo la lettera. “ Torneranno dopo cena, aru...”, aggiunse sovrappensiero.

“ Quindi possiamo imitarli e uscire anche noi.”

“ Scordatelo.”, sbottò il cinese, rialzando lo sguardo.

“ Allora mi autoinvito a cena.”, e bloccando le lamentele dell’altro proseguì con un: “ Non è bello mangiare da soli.”

“ Stai diventando veramente invadente, aru.”

“ Voglio solo conoscerti meglio. Sono già cinque mesi che ci frequentiamo.”

“ Come?!”

“ Hai iniziato a lavorare cinque mesi fa: sono un cliente abituale del locale.”

“ Non ti ho mai notato, aru.”

Ovviamente non si demoralizzò: era diventato un gioco alquanto divertente.

“ Per questo dico che sei speciale, Yao. Solitamente tutti mi notano.”

“ Piantala, aru.”, arrossì ancora in modo delizioso.

“ Dico la verità. E questa non va mai fatta tacere.”

Il cinese si mordicchiò le labbra poi, serio puntò le sue iridi su quelle dell’altro.

“ Parliamoci chiaro. Che vuoi da me, aru? E non rispondermi che vuoi portarmi fuori a cena, è una scusa che non attacca.”

“ Sei così sospettoso.”, commentò.

“ Vuoi scopare e basta, aru.”

Gilbert tacque per qualche istante, decisamente stupito dalla schiettezza del cinese, ma si riprese subito.

“ Sinceramente, sì. Mi piacerebbe fare sesso con te, ma non essendo un animale né un maniaco, voglio prima conoscerti. Ovviamente ti vorrei anche consenziente, anche se con un bel pezzo di figliolo come me ci verrebbero tutti di loro spontanea volontà.”, ghignò.

Yao lo fissò poi, grattandosi il collo con fare pensieroso uscì dalla cucina entrando nel bagno adiacente, sempre seguito dal tedesco.

“ Sono stato sincero.”, continuò Gilbert.

“ Lo so, aru.”, ribatté, attaccando la lavatrice come se nulla fosse. “ E lo sarò anch’io. Non voglio alcuna relazione, aru. Non ne ho il tempo. Ma ho anche capito che non ti arrenderai neanche se ti raccontassi la storia della mia vita...”

“Genau.”, assentì il biondo.

“ Quindi...”, le guance si arrossarono leggermente. “ Io ti do quel che vuoi e tu la smetti di importunarmi. È uno scambio pari, aru.”

“ Mi stai dicendo che-”

“ Che vengo a letto con te, aru. È il tuo fine infondo.”, bloccò a metà la frase di Gilbert che, ghignando, si avvicinò al cinese fino a costringerlo contro la lavatrice.

“ Lo ammetto: mi hai stupito. Ma non sono tipo che scende a pat-”, l’ennesima frase venne bloccata da Yao, ma questa volta gli bastò afferrargli il viso e avvicinarlo al suo con decisione, per far incontrare le loro labbra in un violento bacio. E sin da subito, superato il momento di stupore per l’inaspettato gesto, Gilbert si batté per avere il controllo di quella battaglia che vedeva impegnate le loro lingue.

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