D.Spade x Giotto Fanfic: C'è chi rimane bambino per sempre.

Jun 10, 2011 09:59

Titolo: “C’è chi rimane bambino per sempre.”
Autore: Alex/CriminalDanage
Fandom: Katekyo Hitman Reborn!
Pairing: Daemon Spade/Giotto Vongola Primo
Rating: PG
Prompt: “Hai sempre lo stesso cuore testardo.” Tabella syllablesoftime 
Wordcount: 1345
Warning: Nessuno.
Disclaimer: I personaggi utilizzati sono copyright di Amano Akira, perciò non mi appartengono.

Daemon si domandò perché diavolo i suoi genitori avevano deciso di andare in vacanza in quel paesino sperduto in Italia, dove l’unico elemento che lo attraeva almeno un po’ era il mare.
Aveva appena compiuto otto anni, ovviamente i suoi genitori se ne erano completamente dimenticati e per compensare quella mancanza avevano deciso di portarlo in vacanza… Ma mai e poi mai si sarebbe aspettato un posto così noioso!
Non era presente una comodità, gli abitanti erano per lo più vecchi noiosi e non c’era nulla da fare, oltretutto faceva un caldo pazzesco.
Non amava muoversi assieme ai suoi genitori e nonostante fosse appena un bambino, non aveva paura di visitare da solo un luogo sconosciuto; il paesino era talmente piccolo che in poche ore lo visitò tutto. Durante il secondo giorno di vacanze, si trovò casualmente in una radura adiacente al paesino; gli abitanti sembravano talmente presi dalle loro occupazioni che non si soffermavano nemmeno ad ammirare quella distesa verde, costellata di qua e di là di fiori colorati.
La sua tranquillità fu disturbata da un fruscio, proveniente da alcuni arbusti più alti. Istintivamente si avvicinò, ritrovandosi subito ad indietreggiare quando un bambino biondo rotolò in avanti, cadendo rovinosamente a faccia in giù, sul fango e le erbacce.
Daemon fortunatamente riuscì a trattenere una risata, ma non si preoccupò nemmeno se il bambino stava bene o meno, limitandosi a fissarlo dall’alto al basso. Quando il bambino - che a prima vista doveva avere forse uno, due anni in meno di lui - si rialzò in piedi, si pulì con un lembo della camicia il viso sporco di terra, mentre con l’altro braccio stringeva a sé un gattino dal pelo chiaro, completamente bagnato e sporco.
Il micio miagolò in direzione di Daemon che si accigliò dirigendo il proprio sguardo sui vestiti strappati e sporchi del bambino biondo di fronte a sé.
Quando lui sollevò lo sguardo, incontrò un paio di occhi color miele che lo fissavano con aria curiosa.
«Ciao. Mi chiamo Giotto!» Senza nemmeno essere interpellato, il bambino si presentò, allungando una mano completamente infangata verso Daemon, che si limitò ad annuire con un cenno del capo.
«Daemon.»
Il gattino si ribellò dalle braccia di Giotto, graffiandogli una mano e scappando via, fra le erbacce alte. Il bambino fissò inerme l’animale, senza nemmeno arrabbiarsi per il danno subito.
«Stavo cercando le lucciole e ho trovato quel gattino, volevo portarlo a casa … ma evidentemente preferisce essere libero!»
Da quelle poche parole, Daemon intuì che quel moccioso doveva essere estremamente ingenuo e stupido, rise, squadrandolo dall’alto al basso, con sguardo affilato.
«Se vuoi vedere le lucciole, dovresti farlo di sera, sono sicuramente più visibili a quell’ora… E quello è un gatto randagio, difficilmente ti seguirà fino a casa. »
Spiegò con tono saccente, ma il bambino di fronte a sé corrugò la fronte, come se non volesse accettare la realtà.
«Non è vero! Riuscirò ad ammaestrarlo, così potrò portarlo a casa!» Sbottò sicuro di se, facendo ridere di gusto Daemon. Il bambino più grande scrollò le spalle, troppo divertito dalla sicurezza e dalla cocciutaggine di Giotto.
«Sei davvero un bambino. Anche se ti seguirà a casa, ne approfitterà solo per avere il cibo, infine ti tradirà. I gatti sono fatti così!»
Quelle parole bastarono per far andare su tutte le furie Giotto, che continuò per tutta la giornata a rispondergli con quel modo di fare testardo, al quale Daemon teneva tranquillamente testa, forse anche con un po’ di presunzione.

Inaspettatamente, conoscendo Giotto, quel posto diventò un po’ meno noioso rispetto a quanto immaginò all’inizio.
Lo osservava rincorrere quel gatto, senza stancarsi mai. Aveva capito che per Giotto quella dimostrazione valeva tanto quanto il suo onore, per quello insisteva così tanto.
Daemon si divertiva ad osservarlo, a prenderlo in giro, ma la cosa che lo colpì di più e che nonostante tutti i fallimenti, lui non si arrendeva mai.

Il quinto giorno di vacanza scoppiò un violento temporale, Daemon non si lamentò più di tanto: stare rinchiusi in albergo, piuttosto che stare fuori era la stessa cosa, quindi ne approfittò per riposare.
Improvvisamente una brutta sensazione si fece spazio in lui, forse si trattava di una stupidaggine, ma sentì che doveva andare a controllare.
Rubò un ombrello all’entrata dell’albergo, uscendo sotto la tempesta per poter raggiungere il prima possibile la radura dove Giotto normalmente si allenava nell’addestrare il gatto.
Non voleva crederci, quel bambino era stupido, ma non sarebbe arrivato mai a certi livelli! E invece le sue aspettative non si dimostrarono del tutto errate. Spalancò gli occhi quando trovò il bambino a terra, svenuto nel fango, con il gattino che continuava a colpirlo con delle piccole zampate sul viso, come a volerlo tenere sveglio.
Senza nemmeno pensarci più di tanto, si sfilò la giacca, avvolgendo il corpo tremante e bagnato del più piccolo, con non pochi sforzi lo sollevò, cingendolo con le braccia.
«Sei davvero un’idiota! Come ti è venuto in mente di uscire con questo tempo?!» Gli urlò in faccia, correndo verso l’albergo, rischiando più volte di scivolare nelle pozzanghere che si erano create per la troppa pioggia.
Giotto gli mostrò un sorriso, sollevando un braccio per potergli spostare una ciocca di capelli corvini dal viso, mentre con l’altro braccio stringeva il micetto, fradicio come lui.
«Hai visto? Si è persino preoccupato per me!» Esclamò poco prima di socchiudere gli occhi, Daemon in quel momento non capì se Giotto stava parlando del gatto o se stava parlando al gatto, riferendosi a lui.
Da quel giorno non riuscì più ad entrare il contatto con Giotto, poiché lui era stato sgridato dai genitori, beccandosi una polmonite, mentre Daemon partì per casa sua.

***
«Sai Primo? La scorsa notte ho fatto un sogno, di quando ero bambino.»
Daemon interruppe il silenzio che si era creato nell’ufficio di Giotto, roteando fra le mani il bicchiere di vino, portandosi una mano sotto il mento, fissando Giotto, che nel frattempo aveva contraccambiato lo sguardo.
«Che genere di sogno?» Chiese incuriosito, posando le braccia conserte sul tavolo. Daemon ci ripensò un attimo, poi sorrise.
«Ho sognato un bambino cocciuto, dal cuore e dalla forza d’animo così testardi che quasi commuoveva.» A ripensarci gli veniva quasi da ridere. Giotto inclinò il viso, sorridendogli come era solito fare.
«Questo bambino voleva vedere le lucciole in pieno giorno, non lo trovi assurdo?»
«Ai bambini piace sognare, forse anch’io sono rimasto ancora un po’ bambino, non credi?» rise, facendo scorrere l’indice sul bordo del bicchiere.
«Comunque vedere le lucciole in pieno giorno è forse un po’ troppo pretenzioso… » Aggiunse, sollevando lo sguardo e sorridendo a Daemon, quest’ultimo si alzò in piedi con fare teatrale, scuotendo la testa.
«Chiudi gli occhi, Boss.»
Giotto lo fissò per alcuni secondi, poi senza obbiettare si concentrò sull’immagine mentale che aveva dei ricordi di quella radura, dove il Giotto bambino aveva insistentemente addestrato quel gatto affinché gli diventasse fedele.
«Puoi aprirli ora.»
Il Boss dei Vongola obbedì, schiudendo gli occhi e rimanendo paralizzato per la meraviglia che gli si parò davanti in quel momento.
Al posto dell’ufficio era apparsa un’enorme distesa di prato verde, con qualche fiore qua è là; Giotto giurò di avvertire persino il venticello estivo sulla pelle. Era notte piena, in cielo splendeva una luna piena bellissima e tutt’attorno splendevano stelle. No, non erano stelle, erano tantissime lucciole che illuminavano la radura come se fossero stelle.
«E’ meraviglioso….» Disse con un filo di voce Giotto, voltandosi per sorridere a Daemon che annuì soddisfatto per la sua stessa creazione.
«In fondo non avevi tutti i torti, le lucciole si possono vedere anche di giorno… .» Scherzò riferendosi al fatto che al di fuori dell’illusione era comunque pieno giorno, Giotto ridacchiò, affiancando Daemon tanto vicini da sfiorarsi l’uno le spalle dell’altro.
«Non ti ho mai ringraziato per avermi salvato, anche se è successo anni fa… Grazie.»
Daemon sospirò, passando un braccio attorno alle spalle di Giotto, stringendolo a sé.
«Sarà successo anni fa, ma sei sempre uguale. Sciocchino, determinato a terribilmente testardo.»
Un miagolio richiamò la loro attenzione e un gattino dal pelo chiaro iniziò a strusciarsi contro le gambe di Giotto, istintivamente il Boss si abbassò per raccoglierlo fra le proprie braccia, avvicinandolo al viso di Daemon.
«Visto com’è diventato obbediente?»
«Non ne dubitavo… con un padrone come te!»

khr, d.spade/giotto, fanfiction, reborn!

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