Rosso era il colore di suoi capelli setosi e morbidi.
Rosso il colore del suo rossetto brillante, acceso sulla sua bocca ardente d’amore.
Rosso era il colore del suo abito da sera, che delineava perfettamente le sinuose curve del suo perfetto corpo.
Rosse erano le rose di cui la stanza era ornata, rose di un profumo intenso, di un eleganza imponente, ma dal sapore amaro.
La prima volta che la vidi fu lì, nella sala dove si svolgevano gli affari della “Vie en Rose”, il più lussuoso teatro di tutta Parigi.
Lei accompagnava il padrone del teatro - il capo o ‘le patron’ come si diceva da quelle parti - la persona che mi avrebbe permesso di diventare milionario, se fosse andato tutto bene.
Non avevo ancora capito chi fosse, cosa facesse li, e perché fosse l’unica donna presente in una sala piena d’uomini.
La mia ingenuità mi portò a pensare che Dantòn ne fosse talmente innamorato da permetterle di presidiare anche alle riunioni d’affari.
“Gradite ancora del vino” - mi chiese la donna accarezzando con un dito il bordo del mio bicchiere semi vuoto.
“Roxanne, tesoro” - intervenne il capo - “non è ancora ora di importunare i ragazzi, vieni qui dai, siediti vicino a me, lo so che queste sterili riunioni d’affari non sono il meglio, ma arriverà anche il tuo momento vedrai” - le avvicinò la sedia e lei si accomodo, imbronciata come una bambina ma sexy come una donna fatale.
Importunare? Avrebbe permesso alla sua fidanzata di flirtare con altri? C’era qualcosa che non andava in tutta quella strana storia, ma non mi riguardava, ero lì per concludere un affare di 1.5 milioni di euro così non indugiai oltre.
Poche ore dopo mi ritrovai davanti un contratto che valeva oro, la mia azienda avrebbe disegnato tutti gli abiti per i protagonisti dell’imminente spettacolo della Vie en Rose, una specie di Romeo & Giulietta moderno con il quale Dantòn sperava di accalappiarsi anche il pubblico giovanile, sempre troppo lontano dal mondo teatrale.
Ma nonostante ciò, nonostante la mia penna indelebile stesse per calcare quel foglio, assicurandomi fama mondiale non solo a Parigi ma in tutta la Francia, non riuscivo a staccare gli occhi dal viso di Roxanne.
“Chissà quanti anni ha” - mi chiesi mentre scrivevo accuratamente il mio nome su quell’apparente pezzo di carta dal valore inestimabile - “magari non è nemmeno maggiorenne” - continuai una volta firmato, mentre lei dava una copia del contratto a tutti i presenti.
“Bene signor McGregor, congratulazioni, tra 9 mesi esatti saremo tutti in sala alla prima dell’opera, a godere dei vostri prestigiosi abiti, faccia del suo meglio e la Francia cadrà ai suoi piedi” - mi strinse la mano - “..Andiamo a festeggiare, Roxanne, accompagna pure il nostro nuovo amico di sotto, ci aspetta una squisita cena”.
La deliziosa ragazza mi porse il braccio, che non esitai ad afferrare delicatamente, lasciandomi inebriare dal suo fresco profumo - “Posso chiamarla Eric, le spiace? Sa com’è, non sono abituata a dare del tu ai miei clienti” - rise maliziosamente.
Non le risposi, mi limitai ad annuire e mi feci accompagnare al tavolo dove avremmo cenato, era piccolo, per sei persone.
“Eric!” - una voce familiare mi salutò briosamente - “Non posso crederci, non dirmi che è la tua l’azienda che si è aggiudicata l’appalto per gli abiti?!”.
Era Jacob O’connor, il direttore di sala, colui che, la maggior parte delle volte, si occupava della musica degli spettacoli di Dantòn. Era il fratello della mia ex moglie, ma fatto di tutt’altra pasta.
“Ebbene si amico!” - esclamai entusiasta stringendogli la mano - “Sono proprio io!” - ci abbracciammo per poi scoprire che avremmo cenato assieme quella sera, al tavolo di Dantòn.
“Oh, vedo che avete già fatto conoscenza”- Roxanne si unì a noi, si era cambiata d’abito ed era ancora più bella, difficile non notarla, difficile non perdersi nei suoi occhi - “Accomodatevi pure, arriviamo subito”.
Stupidamente e incoscientemente mi rivolsi al mio amico - “Ma è le fidanzata del capo, questa stupenda creatura?” - chiesi sottovoce.
Lui mi guardò di traverso, come avessi pronunciato una bestemmia che avrebbe potuto costarmi la vita se solo fossi stato sentito da chi non avrebbe dovuto ascoltare e, dopo un primo momento di stupore sghignazzò - “Oddio Eric, oh Mio Dio! Ma quanti anni è che non vieni a Parigi?” - essendo americano non mi capitava di andare in Francia tutte le settimane, naturalmente.
Stavolta fui io a guardarlo storto - “Devo per forza conoscere ogni abitante della Francia ricca?” - domandai scettico.
Lui continuo, da parte sua, ad impegnarsi per non sputarmi in faccia le sue risate e si limitò a sorridere, mi posò una mano sulla spalla - “Caro il mio Eric, quella è Roxanne Satìn, una delle donne più desiderate di tutta la Parigi Bella” - si girò serio a guardarmi negli occhi - “è una prostituta”.
Spalancai gli occhi. Non poteva essere vero.