GENERE: angst (ma si, facciamo la sborona)
RATING: nc-17
WARNING: yaoi
NOTE: Storia e personaggi originali
GIA' POSTATI:
Uno Due Tre Quattro Cinque Sei Sette Otto Nove Dieci Undici Dodici Tredici Quattordici Quindici Sedici Diciassette Diciotto Diciannove Venti Ventuno Ventidue Damian entrò nell’appartamento. Chiuse a chiave la porta, come Allison si raccomandava sempre di ricordargli, lasciò cadere il copione sul piccolo mobile nell’entrata e, dopo una rapida sosta in bagno (perfino lui faceva pipì, nonostante quello che tutti credevano!) si diresse in soggiorno, lascia dosi cadere sul divano. Forse si stava tenendo un po’ troppo occupato, pensò, constatando che era quasi l’una di notte, doveva ancora finire di ricontrollare gli appunti per una lezione del giorno dopo e non chiudeva occhio da due giorni per riuscire a finire una scena notturna in esterna. La coprotagonista si era addormentata più di una volta sul set, ma lui non ci riusciva … sospirando allungò una mano verso il quaderno, posato già dal giorno prima sul tavolino davanti al divano. Scorse velocemente gli appunti. Di sicuro non aveva problemi a memorizzare velocemente, e per quello ringraziava il proprio lavoro … e poi se aveva scelto lingue orientali era perché lo interessavano. Doveva ammettere di starsi concentrando sul Giapponese in particolar modo, trascurando spudoratamente un buon tre quarti delle materie correlate. Ma voleva liberarsi il più in fretta possibile della propria pronuncia. Si allenò per un po’, sperando di riuscire a fare qualcosa per la r e che gli venisse sonno, ma dopo una mezz’ora rinunciò ad entrambe le opzioni ed accese il televisore. Gli cadde il telecomando, vedendo il servizio speciale notturno. Stavano parlando di lui. Della sua famiglia. Di suo fratello. Con le mani che gli tremavano, prese il cellulare ed inviò in fretta un messaggio ad Allison. La donna lo richiamò immediatamente
<< Sto guardando, piccolo …>> sospirò
<< Io ho acceso per puro caso, volevo trovare qualcosa per farmi venire sonno, ma credo che non mi sia andata molto bene …>>
Allison, dall’altra parte, sospirò
<< Mi è arrivata una mail dall’agenzia …>>
Damian chiuse gli occhi, sentendo il tono della donna
<< Non ce la faccio …>> tentò << Ti prego, non farmi parlare di nuovo con loro …>>
<< Non possiamo evitarlo, stavolta … Ma … hai avuto il permesso di arrabbiarti, se necessario …>>
Damian sbuffò e riagganciò, senza lasciare il tempo ad Allison di aggiungere altro.
L’opinionista di turno stava cercando di analizzare i fatti ed il suo comportamento nell’ultimo periodo
<< Non si capisce cosa gli passi per la testa. Una persona normale si starebbe disperando, lui invece sta girando film e spot come se non fosse successo niente …>>
<< E’ come se non provasse niente …>>
Damian spense il televisore ed iniziò a respirare profondamente, per mantenere il controllo. Non voleva lanciare oggetti che magari si sarebbero potuti rompere. Aveva portato solo le cose a cui teneva, quando aveva traslocato, non gli sembrava una buona idea … Guardò il quaderno, sbuffando di nuovo, poi mandò una mail all’insegnante, dicendo che per motivi inerenti al lavoro il giorno dopo non sarebbe potuto essere presente in aula.
Quando la mattina dopo uscì, si trovò, come si era aspettato, circondato da fotografi e giornalisti. Quello che di certo non si era aspettato fu la propria reazione. Si lanciò sul fotografo più vicino, aggredendolo, urlandogli di lasciarlo in pace. Furono le sue guardie del corpo (idea di Allison) a staccarlo dall’uomo, che era rannicchiato a terra, cercando di difendersi dai colpi. Tutto attorno flash, registratori e telecamere accese. Alzò per un momento il viso, ancora ansimando per l’impeto di poco prima, poi sentì le gambe cedergli. Sarebbe caduto se non l’avessero sostenuto.
<< Per favore … per favore …>> iniziò a supplicare << … vi prego, vi scongiuro, lasciatemi in pace …>>
Non gli sembrava nemmeno la propria voce. Si lasciò condurre all’auto che lo stava aspettando e, appena salito, venne catturato in un abbraccio da parte di Allison
<< Ho picchiato un fotografo, Ally … non so che mi sia preso … oh cazzo … >>
<< Calmati adesso.>> gli ordinò la donna, in tono deciso. Damian alzò lo sguardo a scrutarla
<< L’avrei fatto io al posto tuo, mi hai solo preceduta. Sei giovane e veloce.>> borbottò lei. Damian prese il cellulare, componendo il numero d’emergenza
<< Che fai?>>
<< Gli chiamo un’ambulanza. Nessuno s’è mosso, sono tutti troppo occupati a riprendere la scena …>>
Allison lo guardò, poi gli posò una mano sulla testa, sospirando
<< Hai avuto un la tua età per quanto, un intero minuti? Ed eccoti di nuovo professionale fino al midollo.>>
Damian la ignorò. Diede le indicazioni per l’ambulanza e chiese di essere tenuto informato.
<< Dovrei anche ..>>
<< Se lui non sporge denuncia non parlerai con i poliziotti.>> lo interruppe Allison. Damian serrò le labbra, poi scosse la testa
<< Ho aggredito quell’uomo, Ally! >>
La donna lo guardò per un lungo momento, poi sospirò
<< Damy, ascoltami. Hai diciannove anni, e ti è crollato il mondo addosso, più volte, nel giro di un anno. Se anche dessi i numeri, non ci sarebbe nulla di strano. Prima te ne renderai conto, meglio sarà. Per i tuoi nervi soprattutto …>>
<< Ho due film in ballo. Una mia caduta di immagine si ripercuoterebbe su tutta la produzione. Che proprio tu non pensi a questo …>>
<< Non rigirarla. Non sei credibile. Lo so che in realtà sei preoccupato da morire per quell’imbecille a cui le hai date anche se avevi è lui dalla parte del torto e non lo conosci.>> sospirò Allison. Damian arrossì violentemente e si girò a guardare fuori dal finestrino
<< Non farmi più buono di quanto non sia.>> sbuffò
<< E tu non fare finta di essere cattivo, che non ci crede nessuno.>> replicò la donna, prendendogli la mano che aveva posato sul sedile. Damian la ritrasse, sentendo la donna arrotolargli la manica per controllare se ci fossero nuovi tagli. C’erano, lo sapevano tutti due.
<< Damy …>>
<< Il dottore dice che è una fase passeggera. Passato il momento di stress teoricamente smetterò. >> sospirò Damian, girandosi a sorridere ad Allison. Lei annuì leggermente, ma l’espressione preoccupata non scomparve dal suo volto.
<< Sto prendendo le medicine, andando in terapia, cercando di reagire. Più di così non posso fare. Appena penso che forse ce la posso fare, succede qualcosa, come il programma di ieri sera o i giornalisti stamattina. Adesso la conferenza stampa. Io … non riesco ancora a parlarne, vorrei che ve ne rendeste conto tutti. Non …>> chiuse gli occhi per un momento, cercando di capire come esprimersi
<< Non riesco a parlarne, ma lo sto facendo lo stesso. Anche adesso. Parlarne non cambia le cose. Mio padre ha ammazzato mia madre e si è ammazzato davanti a me, anche se lo dico è successo lo stesso. Alan si è ucciso, non tornerà da me se ne parlo. Lo faccio lo stesso, ma poi non puoi pretendere che riesca a tenere sotto controllo l’angoscia. Quantomeno non in maniera normale … >>
<< Dovresti sfogarti …>>
<< Ho appena picchiato un fotografo, secondo te cos’era?>>
Allison spalancò gli occhi e Damian si rese conto del tono tagliente. Si girò di nuovo verso il finestrino. Allison gli strinse di nuovo la mano, e non lo lasciò andare finchè non arrivarono al luogo della conferenza stampa.
Damian volle entrare nella sala da solo. Non voleva interferenze. Allison si sarebbe agitata e preoccupata anche rimanendo fuori dalla stanza, ma almeno lui non l’avrebbe vista. Si sedette davanti ai microfoni, guardando i giornalisti presenti
<< Immagino sappiate perché la mia agenzia vi ha riuniti.>> esordì. Si alzò la solita cacofonia di domande, ma Damian alzò una mano, accigliandosi, facendo calare il silenzio.
<< Stanotte sono tornato dal lavoro, ho acceso la tv per puro caso e mi sono trovato di nuovo davanti gli ultimi avvenimenti nella mia vita. Con gente che di me non sa niente, persone con cui non ho mai avuto occasione di parlare, che analizzavano le mie reazioni a tutto questo. Sto già andando da un medico per questo, non mi servono gli opinionisti. Non mi servono domande. Ho chiesto al funerale di mio fratello che lo lasciate fuori da questo, almeno adesso che non c’è più … >>
<< E’ vero che si è ammazzato dopo che avete litigato?>>
Damian si trovò ad alzare le sopracciglia
<< Come, prego?>> chiese, con un filo di voce. Il giornalista ripetè la domanda
<< E’ quello che si sente in giro, signor Winters …>> disse un altro. Damian si trovò a ripensare all’ultima conversazione con Alan. La sera della festa del diploma. La sera in cui il suo mondo si era polverizzato. Si trovò a chiudere gli occhi, cercando di scacciare l’immagine dell’auto di suo fratello. Quando li riaprì, era sicuro di essere invecchiato di almeno cent’anni.
<< Si è ucciso, è vero. Mi ha lasciato indietro anche lui …>> perché lo stava dicendo?
<< Ma non avevamo litigato … anzi, l’ultima volta che ci siamo parlati mi sono sentito come se ci stessimo riavvicinando … >> la voce gli si spense. Inspirò profondamente. I giornalisti lo guardavano, in attesa.
<< Per favore, non fatemi più parlare di quello che è successo. Non ce la faccio. Non … >> si sentiva strano, come stordito, ma continuò comunque, una mano a stringere convulsamente il tavolo, l’altra a coprire inconsapevolmente i tagli
<< La mia famiglia non c’è più. Il mio gemello non c’è più. E’ già abbastanza orribile così …>>
Il silenzio che era calato era pesante, denso. Damian prese fiato di nuovo
<< Sto continuando a lavorare. Mi sono iscritto all’università. Sto cercando di continuare a vivere, anche se non riesco a mangiare. Anche se …>> si arrotolò la manica della camicia, mostrando i tagli. Un paio di giornaliste si lasciarono sfuggire delle grida soffocate. Damian srotolò la manica e posò le mani sul tavolo, davanti a lui
<< Tanto lo sareste venuti a sapere comunque, prima o poi, tanto vale che l’abbiate visto adesso. Come tanto vale che sappiate che questa mattina mi sono trovato assediato e non sono riuscito a ragionare. Ho aggredito un fotografo. Non mi era mai capitato di arrabbiarmi così. Mai prima di stamattina. Ma da quando … da quando è successo quello che è successo … >> ecco che di nuovo non riusciva a parlarne, si disse. Dov’era l’angolino buio in cui nascondersi e aspettare di scomparire, quando serviva?
<< … da quando è successo, non … non mi sembro più io. Compio azioni che non capisco. Mi dico che sono idiozie, ma non riesco a fermarmi. Ho costantemente nausea. Sempre. Lasciatemi lavorare. Quando sono sul set è l’unico momento in cui torno ad essere io. >> chiuse gli occhi, cercando di respirare normalmente, ma l’aria arrivava a fatica. Li riaprì
<< Per favore, adesso basta.>> disse. Si alzò. La sua intenzione era quella di uscire, magari anche un po’ teatralmente. Invece la gola gli si serrò completamente e divenne tutto buio.
Quando riprese i sensi, Allison era china su di lui. E lui era in un letto d’ospedale.
<< Uscita di scena ad effetto, Damy, hai fatto prendere un colpo a tutti. Soprattutto a me …>>
Damian fece per risponderle che se si preoccupava troppo le sarebbero venute le rughe, ma la voce non gli uscì. Sentì il panico attanagliarlo e cercò un appiglio. Trovò la mano di Allison a stringere la sua, ma …
<< Che cazzo combini?! >> sbraitò Christopher, entrando e sbattendosi la porta alle spalle. Damian avrebbe voluto stringersi nelle spalle e rispondere con una battuta, ma di nuovo non riuscì ad emettere nemmeno un suono
<< Come …>> iniziò Allison. Damian iniziò a scuotere la testa. Non poteva succedere di nuovo. Non ora che stava lavorando. Non … Christopher lo tirò seduto e lo abbracciò. Lo tenne stretto finchè non sentì il suo cuore tornare a battere normalmente, poi lo allontanò leggermente, prendendolo per le spalle
<< Ok …>> riuscì a mormorare << Controllo recuperato. Chris … grazie …>>
Christopher lo guardò, poi abbassò il viso, improvvisamente bagnato di lacrime, sempre tenendo Damian per le spalle
<< Lo so che stai facendo del tuo meglio. Lo so che è anche colpa mia se stai così …>>
<< Non è stata una cosa che puoi aver deciso, Chris …>>
<< Hai smesso di respirare, Damian!>> gridò Christopher, scuotendolo forte. Damian si morse il labbro inferiore, poi fece una smorfia
<< Lo so, me ne sono accorto. Volevo fuggire fuori prima, così avrei potuto evitarlo, ma non ho fatto in tempo. Troppi ricordi, tutti assieme. Ecco perché di solito non ne parlo.>>
Allison spostò Christopher in malo modo, poi colpì Damian su naso e bocca col dorso della mano. Il ragazzo si portò la mano alla zona colpita, guardando Allison, sconvolto
<< E questa? …>> chiese, appena riuscì a recuperare la voce
<< Quello che hai detto … è perché non ne parli che ti riduci così!>>
Damian spalancò se possibile di più gli occhi
<< Tu non ne hai idea, Ally!>> disse, con una mezza risata, che gli suonò completamente isterica
<< Tu non ne hai idea! Non puoi minimamente capire come mi sento! Mia madre era tua amica. E’ morta. Io l’ho vista un istante prima che morisse! Continuo a rivedere la testa di mio padre esplodere! Ogni volta che ne parlo, sono di nuovo su quella fottuta porta e c’è una cazzo di scena splatter e ogni volta non riesco a fermarlo! Io e Alan siamo nati insieme! Siamo sempre stati insieme dal momento in cui la prima cellula che ci ha formati si è divisa! E adesso non c’è più! Non esiste più! Anche nella sua bara non c’è niente, perché non è rimasto un cazzo da metterci! Non ci sono più, nessuno di loro tre! Non farmici pensare continuamente! Non dirmi che è perché non ne parlo che sto male, perché adesso ne sto parlando, e voglio seguirli!>>
Christopher si frappose tra lui ed il secondo schiaffo, singhiozzando forte, abbracciandolo stretto. Damian gli si rannicchiò tra le braccia, graffiandosi dove già aveva i tagli.
<< Non ci riesco! Ci sto provando, davvero, ma …>> gemette, con la voce spezzata. Allison scoppiò in un pianto dirotto, abbracciando tutti due i ragazzi. Christopher si staccò per primo, asciugandosi gli occhi. Fece alzare il viso a Damian
<< Va bene. Non posso capire come ti senti, anche se ti vedo distrutto. Lo vedo. Ma non so cosa tu stia provando davvero. Questo l’ho capito. >> mormorò. Damian sospirò, staccandosi da Allison. Si guardò il braccio. I tagli avevano ripreso a sanguinare dove si era graffiato. Chiuse gli occhi, sospirando
<< Ditemi che mi daranno del valium e giuro che domattina sarò di nuovo quasi lucido. Adesso voglio solo dormire. Niente sogni. Solo buio. >> mormorò
<< Vado a parlare col medico.>> sospirò Allison. Diede un bacio sulla guancia a Damian, poi uscì dalla stanza. Damian alzò lo sguardo. Christopher lo stava osservando come si osserva un oggetto molto fragile. Senza avvicinarsi, per paura che andasse in frantumi.
<< Prima stavi … provando a piangere?>> chiese, dopo un attimo di silenzio. Damian scoppiò a ridere
<< Hai fatto una faccia buffissima mentre me lo chiedevi!>>
Christopher lo guardò
<< Stai ridendo …>> mormorò, le lacrime che gli solcavano di nuovo il viso, sedendosi sulla sedia più vicina. Damian lo guardò, piegando leggermente la testa di lato
<< Si. Sei riuscito a farmi ridere. >> disse, sorridendo. Christopher gli sorrise tra le lacrime
<< Scemo.>> mormorò, cercando di darsi un minimo di contegno. Damian gli regalò un altro sorriso, poi fece una smorfia
<< Non ci sono riuscito, eh?>> borbottò, in risposta alla domanda di Christopher
<< No, parrebbe di no …>>
Damian sbuffò, scompigliandosi i capelli
<< Sono l’unico che deve usare le lacrime finte per le scene tragiche, ormai!>> si lagnò. Il medico, entrato in quel momento con Allison, lo guardò
<< Vuoi ancora i calmanti per dormire?>> si informò. Damian si girò verso la porta, ed annuì vigorosamente
<< Si, per favore ... Ally, avverti tu sul set? Grazie … >>
Allison grugnì qualcosa di poco carino, mentre usciva, cellulare alla mano. Christopher gli fece un cenno con la mano ed uscì a sua volta. Damian si lasciò cadere indietro sui cuscini
<< Ho davvero bisogno di dormire.>> mormorò. Il medico sbuffò, per poi borbottare qualcosa sulle celebrità, ma Damian non ebbe il tempo di rispondergli a tono, perché era già scivolato in un sonno senza sogni.
La mattina dopo, quando si svegliò, era ancora intontito, ma per la prima volta da mesi si sentiva riposato.
Allison, che lo stava aspettando per accompagnarlo a casa, lo abbracciò, quando, dopo essere stato visitato da un medico, uscì dalla stanza dove aveva passato la notte.
<< Ci sono giornalisti, fuori … tanti …>> annunciò la donna. Damian sospirò, poi annuì, sorridendo
<< Ho fatto una dormita meravigliosa, posso affrontarli.>> decise. Allison gli sorrise di rimando, stringendogli forte la mano.
Quando uscì dall’ospedale, venne letteralmente investito da domande. Ma questa volta inerenti la sua salute. Damian sorrise
<< Starò bene. >> disse, riuscendo poi a raggiungere l’auto.
Allison lo scrutò per un lungo momento. Era ancora pallido, i capelli raccolti alla meno peggio in una coda lenta.
<< Piccolo, sei sicuro di star bene?>> gli chiese. Damian le sorrise
<< Non ho detto di star bene. Ho detto che starò bene.>> rettificò. Allison sbuffò e gli tirò leggermente i capelli, facendolo lamentare rumorosamente. Poi il ragazzo si fece serio
<< Ieri … ho detto che li volevo raggiungere. Ma … in realtà non è vero. Voglio vivere. Voglio continuare la mia vita, Ally. Mi mancheranno, sempre. Soprattutto Al … ma ho deciso di farcela. Ad ogni costo.>>
Allison lo guardò per un attimo. Era da prima del diploma che non lo vedeva sorridere così deciso. Gli sorrise di rimando
<< Conta su di me, piccolo.>>
Damian rise e si appoggiò indietro sul sedile, guardando fuori dal finestrino il paesaggio che sfrecciava, immerso nel sole di quella mattina che sembrava volergli infondere coraggio.