*Autore: margherota
*Titolo: Paradice City
*Fandom: Full Metal Alchemist
*Personaggi: Envy, Lust, Gluttony
*Generi: Introspettivo
*Avvertimenti: Raccolta, What if...?
*Rating: Verde
*Prompt: "Vi aspettano prati infiniti, sotto cieli sterminati." Silvana de Mari - Cianfrusaglie Scapigliate
*Note: E' la primissima volta che mi cimento in questo fandom. Ho ascoltato più volte la canzone dei Guns N Roses e subito ho pensato a questi tre pg - cosa lunghissima da spiegare, temo XD Ho pensato a una cosa semplice: come sarebbe il Paradiso per gli Homuncolus? Questo è nato(L) Ho preso solo questi tre perché ho visto la vecchia versione dell'anime per cui gli altri non li conosco, pardon ;W;
Vi aspettano prati infiniti, sotto cieli sterminati: così il Padre aveva promesso un domani migliore - o forse con sillabe diverse, o forse con toni diversi. Envy non aveva badato tanto alle parole quanto alle intenzioni, alla lusinga pura e semplice. Con leziosità, aveva cominciato a immaginare, provando gioia in una fantasia che sarebbe diventata realtà ben presto tra le sue mani, ne era sicuro.
Nel suo Paradiso, non c'erano specchi; nella sua valle incantata, ognuno era cieco e non conosceva il proprio aspetto; nel regno dove lui era il Dio imperfetto, non c'era Sole ma solo un'ombra a coprire ogni vista.
Non c'era invidia, ma solo rispetto.
Come lo era Envy stesso, era mostruoso un Paradiso simile - pieno di contraddizioni, di gente sfigurata che marciva solamente in un posto, chiusa in un'individualità preponderante e quasi assoluta.
Imperfetto come la figura stessa invidiata dell'Essere Umano.
Vi aspettano prati infiniti, sotto cieli sterminati: facendo allusioni simili il Padre aveva inteso, una volta, come il loro futuro si prospettasse roseo e pieno di promesse - il futuro di tutti loro, nessuno escluso. Gluttony aveva impiegato un po' di tempo a ricevere il messaggio, Lust glielo aveva dovuto ripetere un paio di volte prima che il significato attecchisse anche in quelli che dovevano essere i suoi neuroni. Ma una volta giunto lì,aveva suggerito alla mente immagini a dir poco celestiali, anche per una mente semplice e lineare come la sua.
Nel suo Paradiso nessuno aveva uno stomaco; nella sua valle incantata, anche se gli alberi facevano i loro frutti, questi erano talmente sgradevoli da non essere per nulla appetibili; nel regno dove lui era il Dio imperfetto non c'erano alberi da frutto e neanche gli uomini avevano un buon sapore: inconsistenti come l'aria.
Non c'era fame, ma solo appagamento completo.
Era terribile un Paradiso simile al modo esatto per cui lo era Gluttony - pieno di nulla e vuoto di tutto, grigio e spento, senza colori né attrattiva, come se un Fuoco divino avesse spazzato via ogni cosa senza far rimanere proprio nulla, neanche la fame.
Imperfetto come l'insieme stesso agognato dell'Essere Umano.
Vi aspettano prati infiniti, sotto cieli sterminati: a questa maniera il Padre aveva parlato di un futuro prossimo dove non ci sarebbe stato alcun diverso e alcun homuncolus - dove la differenza stava nel cuore e nella mente, non da qualche altro posto. Con una certa indulgenza e soppesando quelle parole che rimarcavano ben profondamente il confine tra l'ideale promessa e il concreto obiettivo, Lust aveva cominciato a immaginare. E si era persa, a guardare i prati fioriti e gli alberi da frutto, si era persa nelle lande di una terra mai vista eppure tanto cara al cuore - caldo e molle, come se fosse finalmente a casa, accarezzato e vezzeggiato da un amore supremo.
Nel suo Paradiso, non c'erano né padri né madri; nella sua valle incantata, non c'erano mani e non c'era pelle, non labbra né bocca; nel regno dove lei era il Dio imperfetto, ognuno aveva solo sé stesso e nessun'altra relazione con gli altri.
Non c'era malizia e seduzione a unire le persone, ma solo un grande posto in cui abitare tutti assieme.
Tanto quanto lo era Lust, era raccapricciante un Paradiso simile - pieno di mostri, dove ognuno badava a sé stesso e non aveva motivo se non la Ragione e la Legge per agire e fare, dove i gruppi e i nuclei contavano semplici unità.
Imperfetto come l'essenza stessa amata dell'Essere umano.