Capitolo 5 - Welcome in Tahoma! (Prima Parte)
Nonostante sia super incasinata in questi giorni sono riuscita a pubblicare il capitolo successivo, (yeeyy) anche questo è diviso in 2 parti purtroppo, ma era davvero troppo lungo tutto insieme, e poi sarebbe risultato pesante a mio avviso...
Siamo dal punto di vista di Peter questa volta, spero che vi piaccia, e non fate caso alle foto di Nathaniel, era un po' complicato metterlo abbracciato al water... xD
Baci S.
Peter faceva ticchettare la penna sul block notes, ripassava mentalmente tutti i nomi che vi erano appuntati sopra, con la sensazione di averne certamente dimenticato qualcuno.
Il suo scompartimento era vuoto, ad eccezione di un signore sulla cinquantina che però era profondamente addormentato. Guardò fuori dal finestrino, ma il paesaggio non era degno di nota. Si era sistemato la camicia dentro i pantaloni, e aveva abbassato le maniche fino ai polsi; stava morendo di caldo, ma era costretto a tenere le maniche lunghe, o la gente guardandolo si sarebbe accorta della mancanza di quell'orripilante tatuaggio.
Ripensò alla conversazione avuta solo poche ore prima con il suo gemello.
Dopo aver vomitato fuori dalla finestra, Nathaniel sembrava essersi ripreso, e la cosa più importante era che almeno non aveva beccato nessuno, visto che aveva vomitato nel cortile interno, ma in qualche modo Peter sapeva di dover avvertire qualcuno e confessare che era stato lui. Aveva l'impressione che Nathaniel non lo avrebbe proprio fatto...
Era tesissimo all'idea di lasciare nelle mani di quel ragazzo la sua intera vita, ed era altrettanto terrorizzato di prendere in mano la sua vita, non aveva idea di cosa aspettarsi e continuava a ripetersi mentalmente tutto quello che l'altro gli aveva detto sulla sua famiglia.
- Allora... Con mio padre evita proprio di parlare, almeno nei primi tempi, sarà sicuramente deluso visto che stai tornando a casa senza aver concluso nulla... - Disse, il tono di voce era sfinito.
Era inginocchiato di fronte al water e lo abbracciava con entrambe le mani, ogni tanto ancora aveva qualche conato oppure vi sputacchiava dentro saliva.
- Tu vivrai con i miei nonni, non fare caso a loro, e fai quello che vuoi in casa... Ma trattali bene. - Si raccomandò. - Sono figlio unico, quindi non c'è il problema di fratelli o sorelle, e tieni. - Nathaniel porse a Peter una rubrica.
Lui la prese interrogativo e la sfogliò. Era piena di nomi e numeri di telefono.
- Loro. - Disse pizzicando tra 2 dita le prime 10 pagine. - Sono i miei amici, ti raccomando di farti sentire ogni tanto, se no penseranno che mi sono rammollito. - Precisò facendo a Peter una linguaccia.
- Per quanto riguarda le donne... - Si interruppe guardando Peter scetticamente. - Direi che puoi lasciare perdere, ma se ti interessasse da qui a qui. - Continuò pizzicando un'ampia parte di quella rubrica. - Puoi trovare tante idee. - Concluse strizzando l'occhio maliziosamente.
Peter ripensò a quel momento con un certo imbarazzo, non si era mai sentito così nerd come in quel preciso momento in tutta la sua vita.
Si guardò nel riflesso del finestrino. "Ma sembro così vecchio??" Pensò con una punta di disperazione.
Rimase a fissare la sua immagine per qualche minuto prima di decidere che in realtà non gli importava nulla. Aveva tutto dalla vita: Un lavoro, una fidanzata che lo amava veramente, tanti amici e una famiglia semi-felice.
Non poteva proprio lamentarsi.
E non pensava che il suo gemello avesse molto più di lui, da quanto poco lo conosceva gli sembrava che lui non desse valore alle cose [i]veramente[/i] importanti della vita.
Peter aveva notato che Nathaniel non era di molte parole, forse un po' perché era provato fisicamente, oppure semplicemente perché in generale non si dilungava in discorsi articolati, come invece capitava a lui la maggior parte delle volte...
E nonostante fosse stato proprio il neo fratello a proporre questo folle e incredibile scambio Peter doveva quasi cavargli le parole di bocca per potersi preparare a quello che lo attendeva.
Sul suo block-notes appuntava tutto ciò che Nathaniel diceva, ma in 2 sole pagine erano racchiusi 25 anni di vita. Non era concepibile.
- Come hai detto che ti sei rotto la gamba in 2 media? - Domandò Peter con un tono di voce stranamente acuti, cercando con tutto se stesso di non irritarsi di nuovo. Aveva scoperto che la versione sobria di Nathaniel era molto più sopportabile.
- Non l'ho detto... Olive, la mia cuginetta mi ha spinto giù dalla casa sull'albero perché ero andato a spiarla mentre era con le sue amiche a pettinare le Barbie. - Disse sorridendo beato. Peter si stupì di quel drastico cambiamento, questo Nathaniel appariva arrogante, superficiale e anche un po' villano, ma ogni volta che parlava della sua famiglia, in particolare della sua cuginetta minore sembrava quasi illuminarsi.
Fu proprio questa curiosità che spinse Peter a sapere di più del loro rapporto, non sarebbe riuscito a fingere di essere un cugino maggiore adeguato se lui non gli avesse dato più dettagli.
- Lei vive con noi, i miei zii sono morti l'anno scorso in un incidente stradale, quindi evita ogni riferimento se puoi. E' la ragazzina più angelica che esista, è dolce, gentile, e se può farti contento in qualche modo, sta certo che lo farà! - Mi disse sorridendo pieno d'emozione, ma poi si ricompose e strinse gli occhi. - Quindi vedi di trattarla non bene, BENISSIMO, se no te lo giuro che vengo fino lì e mi faccio diventare unico! - Minacciò.
Peter era rimasto particolarmente sconcertato da quella seria minaccia.
Davvero Nathaniel aveva pensato che lui avrebbe potuto fare del male a una bambina? Ovvio che l'avrebbe tratta meglio che poteva, non era neanche concepibile pensare il contrario.
Non erano neanche parenti, ("lei è la figlia, del fratello, di mio padre" aveva precisato lui mentre Peter scriveva obbediente) ma lui l'avrebbe trattata come tale, solo per come si illuminavano gli occhi al gemello quando parlava di lei, quello era affetto profondo, vero, Peter sentiva che avrebbe dovuto fare di tutto per onorare quel sentimento.
- Ma posso sapere che lavoro fai... O facevi? Se mi chiedono non posso dire che non mi ricordo, non credi? - Gli aveva chiesto Peter quando aveva capito che il racconto del neo fratello era finito.
- Magari avessi potuto evitarlo. - Disse strizzando l'occhio.
Peter si stupì di quante volte lo faceva, se lo sarebbe dovuto ricordare, o forse era un riflesso dovuto all'alcol?
- Mio padre è il proprietario di un negozio di roba usata, ma mi ci vedi a fare il commesso? Io no, quindi sono venuto qui a Seattle per rispondere a un colloquio di lavoro come specialista contabile in un ufficio qui vicino, ma non so perché non mi hanno preso. - Disse abbattuto.
Peter si chiese se avesse le conoscenze per fare il contabile, o se sperasse di essere preso solo per la bellezza fisica.
- Quindi ho pensato di farmi un bicchierino per non pensarci, ora che ci penso la tipa al bar aveva già pensato che io fossi te, mi sa che dovrai pagare un bel conto questo mese, ne ho approfittato... - Concluse strizzando un occhio al suo gemello.
Così si era conclusa la loro "lezione" di conoscenza.
Peter era decisamente agitato, tra qualche fermata sarebbe arrivato alla stazione centrale di Tahoma e non era pronto. Per gran parte del pomeriggio aveva appreso informazioni da un uomo completamente ubriaco, che perdeva un sacco di tempo a guardarsi intorno o rideva per ore senza un motivo valido.
Come aveva potuto, lui, Peter Price, anche solo pensare di accettare una simile baggianata, un tempo non avrebbe aspettato neanche un secondo prima di chiamare suo padre e chiarire insieme a lui tutta la faccenda legalmente. E invece ora si trovava su un treno diretto nel bel mezzo del nulla, senza avere la benché minima certezza di ciò che lo aspettava e con la certezza virtuale che lo avrebbero scoperto nel giro di 5 minuti denunciandolo alla polizia del luogo, che lo avrebbe sicuramente ficcato in uno di quei carceri Mexicani che si vedono sempre nei film.
Lui sarebbe stato la femminuccia di tutti quei delinquenti veri e la sua vita sarebbe stata rovinata per sempre.
Immerso in questi "allegri" pensieri Peter fu riscosso dal controllore che annunciava la sua fermata. Perché, si, il treno era talmente tecnologico che c'era una persona apposta che enunciava tutte le fermate urlando.
Il ragazzo afferrò con fatica la valigia di Nathaniel, e si chiese se quello sciamannato non l'avesse riempita di pesi; e scese dal treno diretto all'entrata.
Aveva i nervi a fior di pelle e uscito dalla stazione si chiese per la prima volta come avrebbe fatto a tornare verso casa.
Non aveva la minima idea di dove si trovasse e non aveva la minima idea di che facce avessero i suoi familiari. Poteva sperare che fossero simili a Kevin, ma non poteva riporvi tutte le sue speranze. Improvvisamente colto da un lampo di genio prese il portafogli di Nathaniel e lo aprì in cerca di una qualche foto, ma non c'è n'era neanche mezza; sospirando sconsolato Peter si guardò intorno, esattamente nella situazione di partenza.
- Nat! Nathan!! Da questa parte! - Sentì dire da una voce alle sue spalle.
Dopo qualche minuto di incertezza si voltò in direzione della voce, quello ora era il suo nuovo nome, si sarebbe dovuto abituare a voltarsi quando lo sentiva...