Titolo: Die Grausamkeit
Autore:
irish_breeze Fandom: Original
Rating: io starei sul verde, sì.
Note: fanfic con la quale partecipo al meraviglioso contes di
harriet_yuuko Dateci una occhiata perchè è splendido! Potete trovarlo
qui, nel suo LJ personale! NB! La fanfic è ambientata nella Berlino Est all'inizio degli anni 70. Per mia comodità ho usato i nomi delle sigle tedesche, perchè non li so in italiano e perchè trovo piuttosto ridicolo e confusionario tradurre le sigle. Quindi:
DDR: Deutsche Demokratische Republik, Repubblica Democratica Tedesca, la parte Est-> Regime socialista, influenza russa.
BRD: Bundesrepublik Deutschlands, Repubblica Confederata (?) Tedesca, la parte Ovest-> Influenza americana/europea, capitalismo.
At the moment of surrender
of vision over visibility
I did not notice the passers by
and they did not notice me
E' solamente quando l'odore della benzina e dei freni mi annebbia la mente, è solamente allora che penso a Siegfried. Con gli occhi strizzati e trattenendo i conati di vomito.
Voglio andare dove lui voleva andare, lui che mi ha insegnato la libertà privandosene e che con il suo silenzio mi insegna e mi aiuta.
"Stai zitto" mi sussurra "stai zitto e stai fermo, non muovere un muscolo o sei morto" mi dice, ma forse non è lui e sono io.
Lotte sta guidando più lentamente. Forse siamo arrivati, non lo so, non vedo nulla e ho soltanto paura e vorrei andarmene da qui e non aver mai pensato di potercela fare.
Tornare ad Alexanderplatz.
Siegfried arrivò una sera indossando una sciarpa colorata di chiara provenzienza imperialista. In meno di due parole divenne il nostro eroe, senza che lui sapesse nemmeno il perchè.
Qualche giorno dopo mi disse che quella sciarpa era di sua sorella e che sua madre gliela aveva fatta ai ferri per Natale e, anche se cercai di non farglielo notare, in cuor mio ero leggermente deluso. Lui rise e si scusò di non essere una spia americana e ci scherzò sopra una settimana, che se qualcuno l'avesse sentito sarebbe pure finito dentro.
Heinrich ce lo presentò dicendo "Ragazzi, questo è Siegfried. Un mio amico" e dentro di me pensavo che poi chissà chi diamine era Heinrich, forse un amico di Karina o Sarah o boh. Ma mente Heinrich indossava un maglioncino rosso ed era grigio come tutto il resto, Siegfried aveva una sciarpa colorata ed era l'eroe di tutti noi.
Lo avvicinai io, con uno smagliante "Piacere, Michael. Misha per tutti. Tu ti chiami Siegfried no?" e ancora oggi mi domando come ho fatto a non trovarmi disgustosamente imbarazzante.
"Yes. I miei hanno sempre avuto il gusto per l'anacronistico" mi disse, e pensai che si riferisse al suo nome.
"E' bello invece. Almeno tu non sei uno dei tanti Misha. Da dove vieni?"
"Abito sulla Sonnenallee. Studio con Heinrich, o almeno ci provo. Non è uno molto adatto al ruolo dello studente lui, sai. Voglio dire, lo conosci, sai come è fatto"
"Già" mentii, desiderando che quel sorriso conciliante non si spegnesse mai.
Poi la strada, la notte, la vodka. Due sere, tre sere, quattro sere.
Camminavamo sulla Karl Marx Allee e mi insegnava a fischiare alle donne come nei film muti sì ma se un film è muto allora come si può fischiare e sì, sì, queste cose allora facevano ridere. Chiamatela nostalgia.
"Dio Misha. Non sai quello che darei per avere qualche album di musica decente, ogni tanto. Come quelli che ascoltano all'Ovest."
"Schifo di posto" mugugnai e ricevetti in cambio un sorriso tirato. Non si parlava spesso di politica eppure stavamo tutti male e chissà se era qualcosa nell'aria, quella polvere che sembrava svolazzare su tutto, o se eravamo noi. "Ma tu non puoi procurarteli? Qualche tuo amico forse?"
"Uh?"
"Tipo, quella sciarpa colorata da qualche parte l'avrai pur presa, no?"
"Certo. La ha fatta mia madre per mia sorella. Che credevi, cretino?"
Cercai di nascondere la mia delusione.
Però Siegfried non era mai quello che sembrava.
Un giorno urlavamo contro quelli al di là del muro sulla Sonnenallee, rischiando di venir beccati dalle guardie ed il giorno dopo si stupiva perchè prendevo i cetriolini dal vasetto con le dita.
Scoppiava a ridere per niente, pensava a cose buffe e rideva da solo e poi piangeva perchè voleva qualche maledetto album e le chitarre e tutto il resto e diceva di odiare quei tizi che si affacciavano dal Muro ma sperava sempre che qualche donna bellissima o un qualche uomo con gli occhi chiari venissero a salvarlo. Ma a salvare anche me, perchè non ti preoccupare mi diceva, prenderei anche te.
Poi un giorno gli dissi "Guarda quelle nuvole, dimmi se non sembra un uomo con un ombrello" e mi guardò come se io fossi matto e si mise a ridere dicendo "che stronzate, sono solo nuvole"
Non parlava mai di politica, sognava solo la terra, però voleva essere libero.
Alexanderplatz, vicino alla fontana, forse le tre o le quattro del mattino.
"Siegfried, andiamo a casa, sì? Sto morendo di sonno"
"No no no aspetta... Se te ne vai che faccio io qua?"
"Vai a casa anche tu. Non c'è niente da fare qui, perchè vuoi stare sveglio?"
"Mh. Ma dimmi se non è grigia questa piazza. Fa quasi male."
Non voleva andare a casa e non voleva che io ci andassi e faceva sempre così, inchiodandomi a lui con qualche rivelazione che nemmeno lui riusciva mai a comprendere del tutto. L'unica vita lì attorno era la sciarpa di Siegfried, la sua sciarpa gialla rosa verde blu e quei colori quasi mi bruciano gli occhi ancora o forse è il sonno la benzina.
"Non dormire. Non fa nemmeno freddo" mi disse (e mi dice)
Era troppo poco stanco. Non rise nemmeno al mio sorriso stiracchiato e questo è strano.
Perchè io sono quello che lo faceva ridere: "Misha tu mi fai ridere davvero. Non è come con Heinrich, con lui rido come se dovessi perchè lui si aspetta che io rida. Le cose che fa dovrebbero fare ridere, ma io non mi diverto. Una di quelle cazzate dei libri, sai, ho gli occhi spenti". Mi ero anche arrabbiato perchè credevo mi trovasse ridicolo. Ora vorrei aver approfondito quegli argomenti.
"Siegfried, vai a casa per favore. Io vado, ci vediamo domani" e mi alzai, aspettandomi di essere seguito dalla sua sagoma colorata.
Ma stava lì seduto, Alexanderplatz, vicino alla fontana.
Non dice una parola.
"Siegfried, vai a casa. Torna a casa per favore. Va' dalla tua... dalla tua... Dove è la tua famiglia? Torna a casa, per favore."
Non appena aprì la bocca capii che stava per dire qualcosa che non mi sarebbe piaciuto, che non avrei voluto sentire. Che proprio ancora non mi va ancora tutto così grigio.
"Sono dall'altra parte. Io sono di lì. Non mi lasciano tornare. Per il cognome credo. Antenati russi... Vivo con mio padre però."
Non è che non avessi sentito quella storia centinaia di volte. E' solo che non pensai a niente di niente.
"Allora sei dell'Ovest no? Anche tua mamma?"
"Sì. Abitavamo sulla Friedrichstrasse. Vicino al blocco."
"E quella sciarpa la ha fatta tua mamma, sulla Friedrichstrasse lato ovest."
Non rispose, ma scoppiò a ridere.
"Lo sapevo che era una sciarpa imperialista" dissi.
E non mi sono mai sentito così felice come in quel momento.
Le cose erano andate così: la notte del muro Siegfried ed il padre andarono a trovare la vecchia nonna sulla Sonnenallee. La mattina si trovarono davanti i il filo spinato e il divieto assoluto di passaggio per i residenti di Berlino Est.
Il buon vecchio padre con il gusto per l'anacronismo tentò di spiegare pazientemente che sì, loro erano cittadini di Berlino Ovest solo temporaneamente in visita a parenti sulla Sonnenallee, che moglie e figlia si trovavano dall'altra parte e che sì sì, il loro era un cognome russo perchè... e si erano rifiutati di ascoltarli.
Non ti preoccupare disse il buon padre, fra qualche giorno ci lasceranno andare.
I giorni diventarono anni e l'incidente burocratico divenne qualcosa di più, divenne follia.
No, disse il buon padre, no cara, tu e Lotte non verrete qua non capisci non dovete assolutamente venire vedrai che ce la facciamo ma lascia Lotte fuori da tutto questo non può crescere qui vi prego non vi azzardate non fatelo.
"Però ci vediamo eh. Loro possono venire qui. E ogni volta mi promettono che le cose si aggiusteranno e che è un errore stupido. Figuriamoci. Se non vogliono che mio padre rientri in BRD ci deve essere un buon motivo sotto. Lui era in politica, sai."
Siegfried non parlava mai di politica, però voleva essere libero.
Poi qualche notte, qualche giorno, quella sera.
Era saltata la luce.
Eravamo lì per caso, perchè una volta su quella strada, poco più avanti, Siegfried ci abitava.
I lampioni si erano spenti all'improvviso, i soldati avevano rotto le righe e l'allarme aveva cominciato a suonare.
"Andiamo. Misha, andiamo", era l'ordine imperativo, e Siegfried mi prese per mano e cominciò a correre ed io dietro di lui.
Con gli occhi chiusa e la mano di Siegfried nella mia, scalare quel muro e saltare il filo spinato fu niente. Dietro di noi si sentivano i soldati correre e l'allarme copriva i nostri ansimi.
Una striscia di terreno ed un altro muro ci divideva da una vita migliore. Per fortuna ero spaventato perchè non mi rendevo conto di quello che stavo facendo, no, dei miei genitori lasciati lì senza dire una parola e abbandonare tutto, no, non si fa così, ma non c'era stato tempo di pensare, con quello che mi prende la mano ed ora in mezzo a due mura una striscia di terreno piena di corpi di animali e una puzza il buio
e gli spari.
"Corri Misha corri, muoviti!"
E lui che mi tira per un braccio e cominciamo a correre ma poi mi molla e mi sparano ad una spalla e sto male, ma non così male da non vedere Siegfried che si arrampica sul muro, da non sentire le urla degli abitanti dell'Ovest e le urla dei soldati, non così male da non vedere Siegfried che cade sotto una scarica di proiettili.
Io che sentivo il rimbombo di tutti quegli spari sulla mia ferita, io fuggivo. Tutti i soldati erano lì, la gente urlava e d'un tratto la luce di nuovo.
Ma io ero troppo lontano, io ero salvo.
"Hai sentito di quel ragazzo che ha provato a scappare? Hai sentito?"
"Ho sentito sì. Mio cugino era là e mi ha detto tutto..."
"Cristo."
"Eh. 27 colpi e non l'hanno nemmeno spostato."
"Cosa?"
"Aveva già oltrepassato il primo muro sai. E' morto dissanguato."
"Così giovane... Ma come ha fatto?"
"A quanto pare era saltata la luce sulla Friedrichstrasse e lui e forse qualcun'altro ne hanno approfittato per provarci"
"Merda. Lo hanno visto nel buio eh?"
"Indossava una sciarpa colorata. Troppo colorata."
"Merda."
I giorno seguenti sono stati un po' confusi, un po' troppo confusi anche per me.
Ho pianto, sicuramente, ma non abbastanza, perchè la spalla mi faceva e mi fa un male del diavolo. Non sono potuto andare in nessun ospedale. Ho provato a togliermi la pallottola da solo ma ovviamente non ne sono stato capace.
Camminavo senza vedere, i passanti non mi notavano, io non notavo loro. Arreso.
Alexanderplatz non era mai stata così grigia.
Poi è apparsa Lotte. In mezzo alla strada, con una sciarpa viola.
La ho subito riconosciuta. Forse perchè teneva fra le braccia una scatola di cartone che poi alla fine non erano altro che le ceneri di Siegfried, ma non ne abbiamo più parlato.
La ho avvicinata, abbiamo parlato un po', ha pianto tanto e tutto il resto.
Lei era in macchina. Non poteva trattenersi troppo nella DDR, sai, dopo tutte quelle storie la madre è sempre un po' preoccupata e sì sì capisco, io ti saluto.
Dietro di me la città, mezza città, davanti a me, lei.
Ho lasciato un biglietto ai miei genitori chiedendo loro scusa, e di salutarmi tutti quanti comunque fossero andate le cose. Spero che non lo trovino fino a domattina, lo spero con tutto il cuore.
L'idea è stata di Lotte. Voleva salvarmi a tutti i costi ed allora eccomi qua, sotto il motore della sua macchina a rischiare la vita.
Sento che rallenta, e che siamo arrivati al posto di blocco, e fra poco controlleranno dentro all'abitacolo ed il portabagagli.
Se sposto un braccio rischio di morire ma spero che facciano in fretta perchè non ce la faccio più.
Voglio chiudere gli occhi quando mi accorgo che li ho già chiusi.
Immagino di essere già oltre quel muro, e di trovare Siegfried che mi aspetta, con quella sciarpa colorata al collo.
Quella cazzo di sciarpa imperialista.
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Ecco, la mia ossessione berlinese ha portato a tutto ciò: una original (!) storica (!!) gen (!!!!!!!!!!).
Non è che sia soddisfatissima del risultato, la trovo un po' patetica e retorica, ma comunque xD Avevo veramente bisogno di scriverla ed immaginare di essere lì T-T
E dato che all'inizio della fanfic avevo le idee piuttosto chiare su come avrebbero dovuto andare le cose, ci piazzo pure qualche nota per una migliore comprensione del testo xD
die Grausamkeit: letteralmente questa parola significa "crudeltà" e sinonimi vari, ma contiene al suo interno la parola "grau", grigio, che è un tema abbastanza ricorrente.
Siegfried: è una cosa piuttosto patetica ma il nome è simbolico xD Sieg significa vittoria, mentre Frieden significa pace, ed inltre la particella "fried" mi ricorda la parola Freiheit, libertà. Quindi, ci stava<3
la Sonnenallee: è una strada di Berlino interrotta come tante altre dal muro. Come in molti altri tratti da qui era possibile, per gli abitanti dell'Ovest, guardare verso Est, ma non il contrario.
La storia di Siegfried e del suo tentativo di fuga è una storia vera, (
per maggiori info, il link wiki!) come pure il tentativo riuscito all'interno della macchina. In realtà sono piuttosto contenta della parte storica, perchè è un anno che ci stiamo sopra, ho visto tutta al filmografia esistente al mondo credo e a Berlino il Museo del Checkpoint Charli è bellissimo!
Ah, anche l'idea della sciarpa capitalista mi è venuta leggendo una serie di short story di un autore che scriveva al tempo della DDR, ed in una delle quali una ragazza si lamentava di non poter mettere gli occhiali alla John Lennon perchè simbolo del capitalismo imperante. Non ricordo il nome dell'autore ma dopo controllerò!