[Hikanoo] Iya da yo sawarasetari mujakini hito ni kobi cha

May 28, 2012 23:55

Titolo: Iya da yo sawarasetari mujakini hito ni kobi cha (Don’t let me touch you like that don’t act coy so innocently) Mayonaka no shadow boy - HSJ
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Arioka Daiki, Yaotome Hikaru, Inoo Kei, Yamada Ryosuke
Pairing: Hikanoo
Prompt: Finestra
Genere: angst
Rating: nc-17
Warning: slash, non-con, !death fic
Conteggio parole: 2.401 (fiumidiparole wordcount)
Note: la storia inoltre è scritta per la tabella wTunes Desires con il prompt #09. Your innocence is mine su diecielode e per ilmmom_italia.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: Luoghi
Tabella: wTunes Desires


Kei era una persona ingenua, tutti lo prendevano in giro per questo.
In primis, Yabu, il suo ragazzo, non faceva altro che ripeterglielo.
“Ti fidi troppo, Kei-chan. Sei troppo buono e le persone se ne approfittano.”
“Ma tu ti sei innamorato di me anche per questo, vero Kota?” gli rispondeva Kei ridendo. E Yabu si ritrovava ad annuire, accarezzandogli i capelli.
Per questo motivo, quando Hikaru l’aveva aspettato a fine delle registrazioni e si era offerto di accompagnarlo a casa, Kei si era fidato, come sempre, perché Hikaru era suo amico.
Nonostante le sensazioni di disagio che Kei avvertiva ogni volta che i loro occhi si incrociavano fingeva di ignorarle, dandosi dello sciocco. Così come a lavoro, se lui e Yabu stavano un po’ troppo vicini Kei sentiva gli sguardi di Hikaru su di sé, ma cercava di non farci caso.
Perché Hikaru, nonostante tutto, non gli aveva mai dato un reale motivo per preoccuparsi, potevano essere solo sue mere congetture.
O, semplicemente, Kei non voleva pensare male dell’amico.
Un amico, Kei ci credeva davvero che Hikaru per lui lo fosse e pensava che la cosa fosse reciproca.
“Yabu non è ancora tornato, vero?” gli aveva chiesto Yaotome d’un tratto.
Inoo aveva scosso il capo.
“No, ma mancano ancora due giorni!” aveva detto felice il più grande. “Non vedo l’ora!”
“Manca poco, allora” concordò con lui l’altro, cambiando marcia e svoltando a un incrocio.
“Visto che sei solo, se ti va, potremo cenare insieme!” aveva proposto Hikaru, guardandolo con un sorriso. “Così ci facciamo compagnia” aggiunse.
“Perché no!” Kei aveva annuito immediatamente, di buon grado.
“Allora è deciso!” Hikaru premette sull’acceleratore, imboccando la via di casa.

*

“Accomodati!” disse Hikaru, permettendo a Kei di entrare nel proprio appartamento. “Aspettami pure in sala” gli aveva detto, mentre andava in camera a cambiarsi per mettersi comodo.
“Ho una fame, Hikka!” lo sentì commentare, prima che la suoneria del cellulare di Inoo riempisse l’aria, azzittendosi immediatamente.
“Ko!” la voce allegra di Kei gli arrivò alle orecchie mentre rientrava in salotto, costringendolo a fermarsi.
“Sì, sì, tutto bene. Sono a casa di Hikaru. Sì, mangiamo insieme, per farci compagnia” la risata di Kei risuonò forte. “Allora tu sbrigati a tornare.”
Altra pausa, poi la voce di Kei, leggermente bassa ed emozionata, dolce. “Mi manchi tanto, Kota.”
Hikaru strinse i pugni lungo i fianchi, continuando ad origliare la conversazione.
“Sì, ti amo anche io, Ko! A domani, buonanotte” l’aveva salutato.
Hikaru, nascosto dietro la porta, era rimasto a osservare Kei per diversi istanti. Lo vide sospirare, guardando il display del cellulare diventare nero, prima di poggiarlo su una mensola e finire di scartare i bento preconfezionati che avevano comprato sulla via di casa.
Aveva cercato di resistere, Hikaru, aveva cercato con tutto se stesso di placare il proprio animo tormentato, ma non c’era riuscito. Voleva davvero riuscire a essere superiore, non era più un quindicenne, era un uomo maturo e da tale si sarebbe dovuto comportare. Aveva capito che Yabu per lui non avrebbe mai provato niente, sapeva che non era realmente colpa di Kei se Yabu non lo amava, ma era comunque una situazione insostenibile.
Sapeva di dover parlare con Yabu, ma a che pro, si diceva? Per sentirsi rifiutare? Per sentire il proprio cuore andare in frantumi definitivamente?
A volte pensava che lo doveva a se stesso, per dire che almeno aveva tentato, poi però ci ripensava, dandosi dell’idiota.
No, non si voleva poi così male.
Però qualcosa doveva fare, erano giorni che cercava di trovare un modo per far trovare al proprio cuore un po’ di pace e aveva trovato un’unica soluzione: se lui non poteva essere felice, non lo sarebbe stato neanche Kota.
Per quanto lo amasse, Hikaru era molto arrabbiato con Yabu, non sopportava che non si accorgesse di lui, non sopportava che ignorasse e calpestasse in quel modo i suoi sentimenti.
E voleva farlo soffrire.
E per farlo avrebbe toccato ciò a cui Yabu teneva di più.
E la cosa più cara che Kota aveva era il suo Kei-chan.
Con passi silenziosi, Hikaru entrò nella cucina, sorprendendo Kei alle spalle, posandogli le mani sui fianchi, facendolo sobbalzare.
“Hikaru!” lo riprese l’altro, portandosi una mano al cuore, voltandosi appena.
Hikaru gli sorrise.
“Scusami, Kei-chan” mormorò, posandogli il mento sulla spalla, senza accennare a spostarsi, guardando le scatole con la loro cena.
“Hanno un aspetto delizioso!” commentò, lasciando scivolare le braccia in avanti e attirando a sé il corpo del più grande.
“Hai ragione, e io ho famissima, dai mangiamo!” propose Kei cercando di scostarsi piano, senza dare modo all’altro di percepire il suo disagio, ma Hikaru lo trattenne.
“Mh… penso che la cena possa attendere ancora un po’, però.”
Kei lo guardò perplesso, muovendosi per allontanarsi da lui, ridacchiando.
“Ah, cosa vuoi fare? Hai… vuoi andare a lavarti prima?” tentò, non conoscendo le abitudini dell’altro.
Hikaru scosse il capo ridendo, allentando la presa su di lui, permettendogli di scostarsi, ma guidandolo in modo che si voltasse verso di lui.
“Ho un’idea più interessante” gli disse, allungando il collo per baciarlo.
Kei si scostò, posandogli le mani sulle spalle.
“Hikka, fermo… che cosa fai?” ridacchiò, cercando di apparire normale, ma con l’ansia che cresceva.
“È uno scherzo divertente, ma adesso puoi smettere” gli disse, cercando di apparire il più fermo possibile nelle sue intenzioni.
“Io non sto scherzando, Kei-chan!” affermò. “Era Yabu prima? Gli hai detto che sei qui? Che ti ha detto? Era contento?” chiese.
Kei lo scostò da sé, riuscendoci solo perché l’altro glielo permise, allontanandosi, tirando appena un sospiro di sollievo, spostandosi verso il ripiano per prendere il cellulare.
“Ah, sì, ha detto che spera che ci divertiamo, ma sai, però, Hikka? Mi sono ricordato che ho un impegno e forse è meglio che vada” fece sbrigativo, ma Hikaru lo raggiunse velocemente, bloccandolo contro il muro, accanto alla finestra.
Kei spalancò gli occhi, fissandoli oltre il vetro che dava sul cortile interno della casa, spaurito.
“Oh no, Kei-chan!” lo riprese il più piccolo. “Perché te ne vuoi andare? Sono certo che il tuo impegno può essere rimandato, e poi Yabu ha detto che possiamo divertirci, no? Non ti vuoi divertire con me?” gli chiese, avvicinandosi a lui, soffiando quelle calde parole al suo orecchio.
“Hikaru, mi stai facendo paura, per favore, smettila!” gli chiese Kei, cercando di mandarlo via, ma l’altro gli fermò le braccia contro il muro.
“Sai, Kei? È questo che non capisco, è come questo tuo atteggiamento possa piacere tanto a Yabu. Come hai fatto a conquistarlo” gli chiese, mentre la rabbia montava maggiormente dentro di lui. “È questo tuo atteggiamento da ragazzina indifesa che mi dà sui nervi. Non capisco proprio come possa fare Yabu a eccitarsi davanti a te. Tu sei così…” fece una pausa, prendendogli il mento con una mano, osservandolo quasi disgustato. “Sembri così innocente a volte che non capisco se tu lo faccia apposta o sia proprio così. E lo voglio scoprire, Kei. Finta o reale che sia, la tua innocenza sarà mia!” lo minacciò.
“Hikaru, mi fai male, lasciami!” si lamentò il più grande, mentre Hikaru gli stringeva entrambi i polsi, facendoli sbattere contro il muro. Kei lasciò andare il telefono che cadde a terra, aprendosi.
Inoo lo guardò con disperazione, la sua unica fonte di salvezza era andata perduta.
Hikaru seguì il suo sguardo e sorrise in modo cattivo, allungando il piede e calciando via il cellulare ancora più lontano.
“Adesso ci divertiamo sul serio!” gli disse, tuffandosi contro il suo collo e iniziando a baciarlo e morderlo, mentre sentiva Kei dibattersi e ribellarsi.
Gli infilò un ginocchio tra le gambe, costringendolo a divaricarle e premendo verso l’alto con la coscia.
“Hikaru, Hikaru, finiscila. Lasciami!” tentava di dire Kei, ma invano, Hikaru gli aveva preso entrambi i polsi con una mano, portando l’altra dietro la schiena e tirando fuori dai pantaloni un nastro che usò per legarglieli sopra la testa.
“Sta fermo!” mormorò infastidito il più piccolo, trovandosi in difficoltà nell’assicurargli i polsi che avvolse con un nodo ber stretto, sentendo Kei gemere di dolore.
Kei abbassò le braccia, volendo scostarlo, ma Hikaru gli fece sbattere la schiena contro il muro, posandogli le mani sulle cosce e inginocchiandosi ai suoi piedi.
Gli abbassò i pantaloni, tenendogli fermi i fianchi, afferrando con una mano il suo sesso.
Le mani di Kei si infilarono tra i capelli di Hikaru, nel chiaro intento di allontanarlo da sé e l’altro fu costretto a rialzarsi, premendosi con forza contro di lui, riportandogli le braccia in alto con una mano, mentre l’altra accarezzava il suo sesso, eccitandolo.
Kei aveva iniziato a lacrimare, spaventato per quella situazione, il cuore che rischiava di scappargli dal petto e stringeva i denti per impedire all’altro di percepire ancora di più il suo terrore.
Hikaru sorrise, costringendolo a baciarlo, muovendo la mano con forza dalla base alla punta del sesso di Kei, premendo con i polpastrelli e le unghie, facendogli male.
Kei gli morse le labbra, facendole sanguinare, ma Hikaru non se ne curò. Passò la lingua sulla ferita, leccando poi le scie salate dalle guance del più grande, mentre con la mano era ancora impegnato a massaggiarlo.
“È inutile che ti ribelli, Kei-chan. Il tuo corpo mi vuole, anche se cerchi di resistermi.”
“Lasciami! Ti prego!” lo supplicò il più grande, mentre sentiva il fiato farsi più pesante e i muscoli delle gambe iniziare a cedere.
Hikaru sorrise mentre sentiva il suo sesso ingrossarsi nella mano e poi venire irrimediabilmente nella sua presa. Continuò ad accarezzarlo, sporcandolo con il suo stesso sperma e, con un movimento repentino, lo costrinse a voltarsi e poggiare la fronte contro il vetro della finestra.
Con la stessa mano che aveva usato per masturbarlo, si spostò sul suo sedere, preparandolo, infilando due dita dentro di lui, sentendo Kei gridare.
“Allora Kei-chan” lo chiamò. “Cosa ne dici? Ti piace essere scopato?” domandò retorico, prima di cambiare tono e, irrisorio, correggersi. “Anzi, scusa, Kota non ti scopa, vero? Lui fa l’amore con te. Perché voi vi amate, vero?” domandò cattivo, sfilando e riaffondando le dita dentro di lui a ogni parola, con sempre maggior violenza.
Kei strinse gli occhi, cercando di non pensare a quella brutalità, a non pensare alle parole cattive di Hikaru; non gli avrebbe dato la soddisfazione di chiedergli ancora di smetterla.
Cercò di concentrarsi sul piacere, nonostante provasse schifo nel sentire il sesso di un altro uomo dentro di lui, non voleva che godesse delle sue lacrime e della sua paura.
Per quanto poteva, mosse le mani, poggiandole sul vetro della finestra, avvicinandole al volto, pensando a Kota, pensando ai suoi gesti a come lui lo facesse sentire bene quando lo accarezzava, quando lo preparava con le dita, con la lingua, a quando si spingeva piano in lui stringendogli le mani, mormorandogli all’orecchio che lo amava e che per lui era il bene più prezioso.
E dovette servire, perché iniziò a provare piacere da quel rapporto non consensuale, da quella schifosa violenza.
“Kota” gemette, non riuscendo a trattenersi. “Kota!”
Hikaru spalancò gli occhi, spingendo in lui con forza, con urgenza.
“Finiscila!” ordinò Hikaru, muovendosi dentro di lui, sfilandosi e penetrandolo di nuovo.
“Kota!” continuava Kei, invocando il nome del ragazzo che amava, mentre la voce di Hikaru gli chiedeva di smetterla, una mano gli stringeva i capelli, facendogli male, spingendolo maggiormente a battere la testa contro il vetro, ma a Inoo non importava, la sua mente era occupata solo da pensiero di Yabu.
Lasciò scivolare le mani in avanti, tra le proprie gambe e per quello che riuscì, iniziò a masturbarsi, pensando a Yabu, pensando al suo corpo sul proprio, dentro il suo, alle sue mani su di sé, raggiungendo così l’orgasmo, invocando per l’ultima volta il nome del fidanzato.
Hikaru continuò a muoversi in lui, stringendogli i fianchi e mordendogli la base del collo quando venne nel suo corpo caldo.
Si sfilò dal più grande di scatto, senza concedere né a sé né all’altro di riprendersi, vedendo Kei scivolare per terra, la fronte scorrere sul vetro della finestra e sedersi sul pavimento freddo.
Lo guardò che tremava leggermente, il respiro affannato, le guance rosse e umide di lacrime; mosse un passo indietro, abbottonandosi i pantaloni e voltandosi per allontanarsi da lui.
Si chinò a raccogliere il cellulare, raccattando i pezzi della batteria, quando un peso improvviso gli gravò sulla schiena e qualcosa gli strinse la gola.
Si alzò velocemente, lasciando andare il telefono di Kei, portandosi le dita al collo, stringendo la stoffa che ancora legava i polsi di Kei.
“Ti piace, eh, Hikaru? Dimmi, come ci si sente?” lo interrogò, mentre tirava indietro i polsi, ferendosi ancora di più, ma consapevole che in quel modo anche Hikaru avrebbe sentito dolore.
“K… Kei” mormorò Yaotome, impossibilitato a emettere un suono più forte.
“Non ti senti più così forte, adesso, eh, Hikka?”
Kei tirò ancora, indietreggiando, costringendo Hikaru a fare lo stesso, fino a che non lo sentì accasciarsi sulle ginocchia, batterle a terra e cercare di scrollarselo da sé.
Inoo non cedette: doveva pagare per tutto il male che gli aveva fatto.
“Sai una cosa, Hikka?” gli disse, mentre allargava le gambe, poggiandosi sulla sua schiena, spingendolo a piegarsi in avanti, montandogli sopra. Hikaru cercò di tossire, mentre sentiva il respiro rarefarsi sempre di più, la gola bruciare.
“La…scia…mi” cercò di mormorare.
Kei sorrise, malignamente, una nuova sensazione di potere che lo appagava, sentiva di avere la vita del più piccolo in suo potere, sentiva di stargliela portando via.
“Non è stato male farsi scopare da te, sai?” gli mormorò, chinandosi vicino al suo orecchio. “Non è stato così doloroso alla fine e sai perché? Perché è vero, Yabu mi ama e ha sempre molta cura di me, ma non è sempre gentile. Gli piace divertirsi con me, gli piace farmi male, gli piace prendermi con violenza, gli piace farmi godere in modo selvaggio. E a me piace vedere il suo viso stravolto dal piacere, e sapere che è merito mio mi eccita. Ho pensato a lui per tutto il tempo, anche se quello che mi hai fatto non è lontanamente paragonabile a come lui mi faccia sentire” gli disse, con cattiveria, con soddisfazione.
Soddisfazione di vedere il suo volto divenire rosso, poi violaceo, fino a che i suoi occhi che rincorrevano spaventati e terrorizzati i suoi non persero colore ed Hikaru esalò il suo ultimo respiro.
E solo allora Kei, sentendolo accasciarsi completamente al suolo, privo di vita, si sollevò da lui, lasciandolo inerme, al centro della stanza.
Solo come era sempre stato.

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