Fandom: RPF_ Arashi
Personaggi: Ohno Satoshi/Ninomiya Kazunari
Pairing: Ohmiya
Rating: PG
Disclaimer: Gli Arashi non mi appartengono, non li conosco personalmente e i fatti di seguito riportati non vogliono avere fondamento di verità. Con il seguente scritto non ci guadagno niente.
Breve storiella senza pretese, ispiratami dal blablare Arashico dei medesimi nell’MC dello Scene Concert (ma che con la linea temporale non ha nessun collegamento, avevo solo bisogno di un pretesto XD). Come sia arrivata da quella discussione a questo solo la mia mente lo sa!
*o* Gaudio e tripudio, voglio dedicare con tutto il mio cuoricino e tutto il mio aMMore, questa storia a
carrie2485 che in meno di 48 ore si è appassionata agli Arashi e li ha joinati senza esitazione. E li ha joinati nel modo corretto anche come pairing, visto che, -riporto testualmente-: “Comunque, la Juntoshi, ma anche no, ecco! Mi sento di dissentire a riguardo, invece, la Ohmiya mi piace troppo”.
Quindi per te, questa splendida, Juntoshi Ohmiya XD
I love you e lo sai. Spero che ti piaccia.
Oddio, perché mi sento così in ansia adesso?!
Se non avessi te
“Finalmente ti ho trovato!”
Ohno si voltò, sentendo una voce familiare alle sue spalle, trovando Nino che lo guardava dall’alto in basso con sguardo corrucciato.
“Nino, che ci fai qui?” domandò, sorpreso di trovare il compagno in un posto come quello, nel loro giorno libero. Lo conosceva abbastanza bene da sapere che non vedeva l’ora di provare il nuovo gioco che gli amici gli avevano regalato la settimana prima per il suo compleanno.
Il più piccolo guardò basito il leader, socchiudendo leggermente gli occhi.
“Me lo sto chiedendo anche io!” sbuffò infastidito, sedendosi accanto a lui sul molo.
“Mh?” Ohno non capiva.
Ninomiya roteò gli occhi, indeciso se spingerlo o meno in mare, ma poi decise che sarebbe stato alquanto seccante poi spiegare i fatti ai loro amici, collaboratori e alla famiglia di Satoshi, per cui fece un profondo respiro, limitandosi a spintonarlo per una spalla.
“Avevamo un appuntamento stamattina. Ma quando sono passato a prenderti tua madre mi ha detto che eri uscito presto per venire a pescare” lo illuminò e Ohno sbarrò gli occhi, ricordando improvvisamente la conversazione che avevano avuto due giorni prima. A sua discolpa poteva solo dire che era stato uno scambio di battute molto veloci, avvenuto mentre si cambiava in tutta fretta per poi correre allo studio successivo dove avrebbe dovuto tenere un intervista, era anche tremendamente stanco e... no, non aveva scusanti. Per lo meno, non per Nino.
“Scusa! Mi sono dimenticato!” si limitò a dirgli, chinando il capo per dimostrarsi assolutamente pentito.
Nino sbuffò, lasciando ondeggiare le gambe nel vuoto, osservando i cerchi che si formarono sull’acqua quando Ohno lanciò nuovamente l’amo in mare.
Si volse a guardarlo e solo in quel momento parve accorgersi del suo strano abbigliamento: un cappello di paglia a tesa larga, dalla quale pendeva uno strato leggero di tessuto che gli proteggeva il volto, una maglia a maniche lunghe che arrivava a coprirgli quasi completamente le mani e pantaloni lunghi.
Non capiva come mai ci facesse caso solo in quel momento: era fin troppo vestito per i suoi gusti e vestito male oltretutto. Non era esattamente un abbigliamento adatto a quel tipo di attività, contando anche che l’aria era estremamente calda.
“Perché ti sei conciato così?” gli chiese, non potendone fare a meno.
Ohno si volse a guardarlo e sorrise imbarazzato: “Sono tanto ridicolo?”
“No, di più” lo rassicurò Ninomiya con un ghigno dispettoso.
Ohno scosse il capo, senza prendersela, conosceva bene l’amico da perdonargli pressoché qualsiasi cosa.
“Non volevo rinunciare a venire a pesca. Mi rilassa, lo sai, ma ogni volta mi rimproverano a lavoro perché ho preso sole. È la prima e l’unica cosa che mi è venuta in mente per non rinunciarci” spiegò.
Nino lo guardò per un attimo, prima di sospirare rumorosamente: “Aaah, Riida, sei impossibile!”
Ohno rise, probabilmente Nino aveva ragione. Se solo non fosse stato così pigro, avrebbe potuto mettere la crema solare ad alta protezione prima di uscire di casa e non avrebbe avuto bisogno di squagliarsi dal caldo quel giorno. Anche perché era abbastanza fastidioso portare tutta quella roba addosso.
“Ehi!” si volse a guardare Nino con disappunto quando questi gli tirò via la paglietta e tirare fuori dalla tracolla un flacone rosso.
“Che cos’è?” chiese Ohno, confuso.
Ninomiya gli mostrò l’etichetta che rappresentava un sole sorridente e una scritta colorata in inglese.
“È la soluzione più ovvia ai tuoi problemi. Me l’ha data tua madre” spiegò, mentre toglieva il tappo giallo e si versava un po’ di crema profumata sulla mano.
“Girati!” gli disse, sfiorandolo per fargli voltare meglio il viso verso di sé, spandendo con due dita la crema fresca sulle guance, la fronte e il mento, facendo sì che la pelle calda assorbisse la protezione. Ohno osservò il volto di Nino concentrato, mentre svolgeva quei movimenti, sentiva le sue dita massaggiarlo delicatamente, i polpastrelli accarezzargli i tratti del volto con attenzione e sorrise.
Quando ebbe terminato, Ninomiya incrociò i suoi occhi ridenti e fece un’espressione confusa, nello sguardo un’implicita domanda.
“Niente” si limitò a dire Ohno.
“Adesso levati tutta questa roba di dosso” gli ordinò il più piccolo, indicando la maglia che portava.
“Perché?” domandò l’altro.
“Non ho ancora finito e, poi, mi fa caldo solo a guardarti!” lo rimproverò.
Ohno obbedì, spogliandosi della maglia e rimanendo con indosso una canotta bianca.
Nino si mise dietro di lui, allargando le gambe in modo da incastrarsi meglio dietro il corpo del compagno, e si versò un’altra generosa dose di crema sulla mano; iniziò a massaggiargli le spalle, infilando di tanto in tanto le mani sotto lo scollo per coprire ogni parte. Con lentezza ridiscese sulle braccia, raggiungendo i polsi e le mani, impegnate a reggere la canna da pesca, prima di risalire e tornare sulla schiena. A tratti il più piccolo si fermava, solo per aggiungere altra crema, per poi riprendere il massaggio.
Ohno si abbandonò a quelle accurate attenzioni, sentendo i palmi di Nino scivolare in una morbida carezza. Le sentiva su di sé e, ogni volta che si spostava, un leggero brivido nasceva sottopelle: quando Nino si soffermò a massaggiargli la nuca, Ohno abbassò il capo, chiudendo gli occhi, assecondando quei movimenti, per permettergli di muoversi liberamente. Poi Nino scivolò con le dita in avanti, scendendo fino allo scollo tondo della canotta, muovendole verso l’alto, costringendo Satoshi a reclinare il capo all’indietro.
Il più grande perse completamente cognizione del tempo e del luogo in cui si trovavano, troppo rilassato da quelle carezze su di sé: stava bene tra le braccia di Nino e il più piccolo a volte sapeva essere quasi romantico.
“Riida…” si sentì chiamare. “Ohi, non ronfare su di me, mi si sta addormentando una gamba, sono scomodo!”
Ecco, quasi, dovette ricredersi il cantante.
Si rimise dritto, permettendo a Nino di cambiare posizione e il ragazzo si spostò, ma senza allontanarsi completamente da lui.
“Posso provare?” domandò, allungando una mano verso la canna da pesca.
Ohno lo guardò sorpreso, osservandolo in viso, prima di sorridergli e tendergli lo strumento. Stavolta fu lui ad avvicinarsi all’altro e sedendosi, come poco prima aveva fatto il compagno, alle sue spalle: lo circondò con le braccia posizionando le mani su quelle piccole di Nino, insegnandogli l’impugnatura corretta.
Lanciarono insieme la lenza e Nino ridacchiò. Satoshi sorrise a sua volta, appoggiandosi meglio alla sua schiena, stringendolo e incrociandogli le braccia sul petto.
Nino si volse a guardarlo, disorientato da quel comportamento; Ohno gli baciò una guancia, prima di posare il mento sulla sua spalla e mormorare: “Grazie!”
“Stupido vecchio” lo prese in giro Ninomiya, tornando a rivolgere lo sguardo al mare, rilassandosi, “non so cosa faresti senza di me” si compiacque di sé.
“Già…” ridacchiò a sua volta Ohno. “Chissà cosa farei senza di te…”