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"Hanamichi, Kaede, finalmente siete tornati!"
I due ragazzi trovarono ad attenderli all’aeroporto di Tokyo, l'intera famiglia Kuroda più una sorpresa.
"Mamma! Che ci fai tu qui?" chiese Hanamichi, vedendo Minako e Momo.
Non si aspettava proprio di trovarli e non capiva il motivo della loro presenza in città, la zia non gli aveva detto nulla quando si erano sentiti per telefono.
“Doaho. Ho chiesto io a tua madre di venire” gli ricordò Rukawa e Hanamichi si volse verso di lui imbronciato: erano stati così bene in quei giorni, Kaede era stato così premuroso, perché lo doveva offendere davanti a tutti?
Minako parlò prima che il figlio potesse andare in escandescenze: "Ero preoccupata, Hana" confessò, mentre il ragazzo veniva abbracciato anche dall'assistente della madre sotto lo sguardo severo di Rukawa.
Hanamichi la guardò sorridendole gentilmente e annuì: “Devo raccontarti un sacco di cose!” la tranquillizzò usando un tono di voce dolce, poi, si volse all’assistente e chiese alla donna: “Che ci fai con Momo?"
"Ma come?” parlò il diretto interessato. “Non mi vuoi? Ti sto forse così antipatico?" si lamentò il ragazzo con occhi tristi, stringendo tra le labbra e le mani un fazzolettino di carta, quasi sull'orlo delle lacrime.
"Oh no, no" si affrettò allora a spiegare Hanamichi. "Non volevo dire che non sei gradito, ma... come dire..." le due donne si misero a ridere, vedendo Hanamichi guardare tutti in cerca di aiuto per spiegare, ricevendo in cambio solo un 'doaho' da parte di Rukawa e ben poca comprensione dal resto del parentado.
"Andiamo a casa, Hana, parleremo lì e anche io ho parecchie cose da raccontarti" disse Minako e insieme si diressero alla villa dei Kuroda.
Hanamichi ebbe il tempo di posare le sue cose alla dependance, prima di presenziare a quella che aveva tutta l'aria di essere una riunione di famiglia: si erano radunati tutti in salotto e l'ultimo a mancare all'appello era proprio Sakuragi.
La zia aveva preparato del tè, servendolo con dei biscotti, portati da Minako da Sapporo, e il rosso trovò tutti intenti a chiacchierare e scherzare, qualsiasi cosa avesse da dirgli la madre, doveva essere sicuramente qualcosa di buono, perché sul suo viso poteva chiaramente leggere una freschezza raggiante.
Si avvicinò ai parenti, tutti seduti comodi, e, senza stare troppo tempo a pensare, si avvicinò al compagno e prese nuovamente posto su di lui. Kaede strinse la vita del suo ragazzo e guardò con sfida Momo che gli sorrise: era bene che capisse anche con i fatti concreti che il doaho era proprietà privata, suo e soltanto suo.
"Allora, chi comincia?" chiese allegra la zia, seduta accanto alla sorella, guardando alternativamente madre e figlio.
Minako sorrise, prendendo la mano della donna, come facevano fin da piccole, per calmare il suo entusiasmo e guardò Hanamichi che annuì con il capo.
"Allora..." esordì il rosso, "già sapevi dei miei incubi e anche della causa di questi. Da qui la mia decisione di andare a trovare papà..."
La donna annuì, gli occhi attenti leggermente lucidi, senza interromperlo. "È in una cappella bellissima, mamma. Ci sono sempre fiori freschi ed è ben tenuta. Dalla lettera di papà abbiamo scoperto diverse cose e io non sapevo come fare per affrontare la nonna. Non sapevo se chiamarla o andare direttamente alla villa, ma non è stato necessario, perché l’ho incontrata” fece una piccola pausa, guardando Kaede dolcemente che lo strinse a sé. “Anche lei era andata a trovarlo”.
Minako sussultò, stringendo la mano della sorella che la sostenne.
"Anche io ne sono rimasto sorpreso, mamma e pure lei non si aspettava assolutamente di vedermi lì. Sembrava felice di avermi incontrato e si è rivolta a papà, ringraziandolo di avermi mandato a lei. Voleva davvero bene a papà e se con te è sempre stata scortese, mi ha detto che si scusa, ma che l'ha fatto per non farti soffrire. Le è dispiaciuto mandarci via e fingere, per tutti questi anni, un odio che non sentiva. Mi ha detto che tu sei riuscita a cambiare papà, sei riuscita a dargli quello che la sua famiglia gli aveva sempre precluso e le piacerebbe vederti”.
Minako aveva gli occhi lucidi e Momo le passò un braccio attorno alle spalle per rassicurarla, mentre Hanamichi le si avvicinò abbracciandola, sussurrandole discreto: "Le ho lasciato il mio numero, per qualsiasi cose le ho detto di chiamarci e, se tu sei d'accordo, potremo andare insieme a trovarla. Vorrei che chiariste, così come ho fatto io e so che anche papà lo vorrebbe" concluse, guardandola in viso e tornando da Kaede.
Minako annuì poi prese la parola: "Parlando di papà, Hana ho letto la lettera e visto il libretto. Quei soldi sono per te e per il tuo futuro, sapeva che non ci sarebbe stato per sempre e anche io ero consapevole che vi fossero delle possibilità che potesse lasciarci molto presto. Non dobbiamo sprecare il suo sacrificio e il suo desiderio, per cui io continuerei a tenere il conto aperto da usare più in là, per te stesso."
Hanamichi annuì e ci fu un leggero istante di silenzio, poi Hanamichi chiese di sapere il motivo della visita della madre. La donna, allora si illuminò: "Ho lasciato il mio lavoro” disse d’impulso.
"Cosa?" si sconvolse il rosso.
Minako sorrise: “Adesso ti spiego, Hana. La responsabile mi ha consigliato di mettermi in proprio, ha visto il mio talento e mi ha detto che in una città grande come Tokyo potrei fare molto, non ci sono tante attività artigianali come questa e potrei creare un piccolo universo da imprenditrice. Una cosa piccola per il momento e per cominciare ha permesso a Momo di stare con me, ha accettato le sue dimissioni e diverremo soci. La quota della mia liquidazione e quella della sua, saranno il nostro budget iniziale da cui faremo partire il tutto” spiegò sorridendo. “E, poi, qui ci sei tu, una parte di me, quando sei venuto a trovarmi, sperava davvero che decidessi di restare a Sapporo, ma per quanto abbia cercato di convincermi che mi andasse bene stare lontana, purché riuscissi a darti una giusta istruzione, non ne ho avuto la forza. Inoltre parlando con il mio capo, mi ha consigliato di non mollare e non buttare il mio talento e mi ha dato i giusti contatti. Se per te andrà bene, Miyako mi ha già dato il suo appoggio" guardò la sorella che annuì sorridendo. "Potremo dividere la dependance, fino a che non ci saremo sistemati e troveremo un posto tutto nostro, cosa ne dici?" chiese poi con il fiato sospeso.
Hanamichi sorrise di cuore alla madre e andò ad abbracciarla dandole tutto il suo appoggio.
Nel salotto ci fu un momento di commozione generale per quelle due vite che finalmente stavano cambiando e cambiavano per il meglio, poi tutti si congratularono, facendo i loro migliori auguri per il futuro che li attendeva.
Momo fu poi invitato a restare a cena e le due sorelle cucinarono, come ai vecchi tempi, insieme, mentre Ayako parlava di moda con il giovane stilista e il signor Kuroda si accendeva il televisore per fare un po' di zapping: per una volta poteva anche prendersi del tempo libero dal lavoro.
Hanamichi e Kaede, invece, erano scesi a giocare a basket: "Preparati, kitsune, oggi è il mio giorno fortunato e sono sicuro che ti straccerò!" l'aveva sfidato.
***
Un leggero bussare alla porta della dependance aveva svegliato Hanamichi che stava riposando sul divano: in quei primi giorni dopo l’arrivo della madre aveva ceduto alla donna il letto, nella camera che fino a quel momento era stata sua, in attesa di trovare una sistemazione migliore. Andò ad aprire e quello che si trovò davanti gli parve un sogno.
"Kitsune, che ci fai sveglio a quest'ora?" domandò, stropicciandosi l’occhio con il pugno: la luna era alta nel cielo e lui avrebbe dovuto dormire da un pezzo.
"Seguimi..." sussurrò il moro e Hanamichi gli andò dietro curioso.
Rukawa lo portò sul retro del cortile, vicino alla palestra, dove sul prato aveva steso una coperta e acceso delle candele: tutto era sistemato come il giorno della festa Nazionale dell'equinozio d'Autunno.
Hanamichi osservò sorpreso il compagno che lo prese per mano invitandolo a sedersi sulla coperta.
"Kaede, hai fatto tutto da solo? A cosa devo..."
Kaede lo tacitò con un bacio sulle labbra, posando un dito su esse quando si allontanò.
Prese poi una scatolina dalla tasca della felpa e la porse ad Hanamichi.
"Prima che la apra" gli disse, mentre il ragazzo lo osservava, con il cuore in gola, e restava in ascolto della sua voce bassa. "Voglio che sappia che ti ringrazio, Hanamichi, per tutto quello che hai fatto per me, per essere entrato nella mia vita e averla sconvolta. Per amarmi nonostante tutto, nonostante anche me stesso” gli disse, incentivandolo poi ad aprire la scatola, mentre riprendeva a parlare e Hanamichi veniva a conoscenza di quanto conteneva.
"Ho pensato molto a quello che è successo in questi pochi mesi, stiamo insieme da pochissimo, ma sono sicuro che mai incontrerò un'altra persona che riesca ad annullarmi e a farmi sentire così vivo e a stare bene con gli altri e con me stesso come fai tu..."
Hanamichi alzò su di lui due occhi grandi e luminosi, mentre con mani tremanti estraeva, dal taglio sul cuscinetto di velluto, due piccole fedi in argento. Al loro interno vi erano incisi i loro nomi.
Kaede sfilò quello con il proprio e prese la mano di Hanamichi: "Io lo so che non te l'aspettavi, che non sono cose che ci si aspetta che Kaede Rukawa faccia. Tu hai anche questo potere su di me, mi fai fare delle cose e mi fai provare emozioni che contraddicono quello che io stesso credevo di essere, ma che riesco ad attuare in modo assolutamente normale che spaventa me per primo". Giocherellò un momento con la piccola fede, poi la infilò piano all'anulare destro di Hanamichi, prima di fermarsi: "Se non vuoi, dimmelo" lo guardò seriamente.
Hanamichi ebbe solo la forza di scuotere il capo e poi annuire, sperava capisse che non voleva che si fermasse e Kaede sorrise, sussurrando un dolce ‘doaho’.
"Abbiamo solo diciotto anni, lo so, ma io sento che anche fra sessant'anni proverò ancora tutto questo e la mia parola è una sola" disse deciso, infilando completamente l'anello al suo dito.
Hanamichi strinse la mano con cui Kaede ancora lo teneva e schiuse le labbra per dire qualcosa, senza però riuscirvi.
"Io non so cosa dire Kaede... è... è troppo..." non trovava i termini per esprimersi come avrebbe voluto: era troppo felice in quel momento, pieno di sensazioni che gli gonfiavano il cuore e rischiava di perdere il respiro.
L'unica cosa che riuscì a fare, fu abbracciarlo, stringerlo a sé e nascondere il viso contro il suo collo, lasciandogli sulla pelle infiniti bacetti, come per recuperare le parole che non riusciva a dirgli.
"La prendo come una cosa buona, se ho trovato il modo per lasciarti senza parole sono stato proprio un genio!" lo prese in giro, quando tornò nuovamente a specchiarsi nei suoi bellissimi occhi scuri.
"Baka kitsune! E tu hai acquistato l'uso della parola, non so chi ci abbia guadagnato di più!" scherzò a sua volta, prima di perdere quel cipiglio severo e sorridergli.
"Questo almeno riesci a mettermelo?" chiese il moro, porgendogli l'altra fedina.
"Sì..." il rosso annuì e infilò all'anulare del compagno l'anello, simbolo del loro amore.
Rimase a rimirare il piccolo cerchietto che adornava il suo dito e intrecciò le loro mani, mentre Kaede lo faceva stendere sulla morbida coperta e lo abbracciava.
"Senti, perché non vieni a dormire con me, visto che tua madre ha il tuo letto. Saresti più comodo e” lo precedette prima che l’altro potesse interromperlo. “Adesso siamo ufficialmente fidanzati, a tutti gli effetti. Non sarebbe strano. Ho riflettuto su quello che hai detto alla pensione, è per questo che ho deciso di acquistare questi anelli. Non ho intenzione di nascondermi almeno in casa" gli disse, guardandolo seriamente.
Sakuragi annuì, sfiorandogli castamente le labbra con un bacio e Rukawa lo strinse a sé.
"Possiamo restare qui ora?" chiese il rosso, ricevendo in risposta un sussurro affermativo.
Attimi di silenzio, poi Hanamichi parlò: "Sai, Kaede, pensavo che è qui che abbiamo risolto le nostre divergenze. Mi hai praticamente confessato i tuoi sentimenti in una notte come questa e hai saputo aspettarmi. Hai fatto tutto questo per me e anche io ti devo ringraziare, perché, nonostante i miei strani comportamenti, hai scelto me. Sei l'unica persona con la quale voglio stare, l'ho sempre saputo, è sempre stato così" concluse, mentre si sporgeva a baciarlo, si lasciava baciare e stendere sulla morbida coperta.
Passarono la notte così, addormentandosi felici, sussurrandosi brevi parole d'amore, fino a che il sonno non li colse.
E così giunse anche la mattina, con la sua nuova alba, un tiepido sole a scaldare i loro corpi.
Si svegliarono inspiegabilmente nello stesso momento, socchiudendo le palpebre specchiandosi l'uno nello sguardo dell'altro: un sorriso e poi un altro, un bacio e un altro ancora, carezze leggere sul viso e attraverso i vestiti, intrecci di mani e ancora baci.
Poi, Kaede, sollevato sui gomiti, aveva intrappolato Hanamichi sotto di sé, le loro gambe intrecciate. Avrebbero voluto parlare, quando udirono un rumore: uno scampanellio leggero e uno scatto automatico.
Immediatamente, una pioggia d'acqua sottile era scesa a zampillo su di loro, bagnandoli: puntuali, i timer degli irrigatori si erano azionati e loro erano stesi esattamente a portata di getto.
Hanamichi scoppiò a ridere e Kaede sorrise con lui, le ciglia del rosso erano imperlate di piccole gocce e i capelli di Kaede si appiattirono, incorniciandogli il volto disteso, cosa che lo rendeva ancora più bello.
Si scambiarono un bacio al sapore di rugiada, mentre il gradevole e intenso odore di terra bagnata circondava l'aria. Incuranti dell'acqua non si mossero, vivendo solo dei reciproci sguardi, incuranti del mondo esterno sullo sfondo: in quel momento gli unici protagonisti erano solo loro un doaho dolce e una baka kitsune romantica.
“Ti amo, Kaede!”
“Ti amo, Hanamichi!”
Our life is gonna change
Fine