[Slam Dunk] Our life is gonna change (2)

Feb 01, 2015 15:39

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Qualche giorno dopo il rientro a casa a Kanagawa, la signora Sakuragi ricevette, come previsto, la visita della sorella minore, avevano solo un anno di differenza, ma Minako andava fiera di essere lei la maggiore, anche perché, nei fatti, spesso pareva essere quella più piccola. Hanamichi era ancora a scuola e la madre fu ben lieta di accogliere la sua adorata sorellina da sola, dovevano parlare e se anche Hanamichi era a conoscenza del suo piano, voleva comunque discutere con la donna in privato.
"Miyako ben arrivata, hai fatto buon viaggio?" le domandò abbracciandola, non appena entrò in casa.
"Sì non ti preoccupare, mi sono portata un libro e il tempo mi è volato...tu piuttosto sorellina come stai?" domandò a sua volta, mentre si toglieva le scarpe e seguiva Minako in salotto. Diede uno sguardo al piccolo altarino, salutando il cognato con un sorriso ed un cenno del capo, andandosi a sedere accanto alla sorella. "Meglio...diciamo, sono così impegnata che non ho tempo di pensare, credo che sia un bene, comunque...cerchiamo di rimetterci in fretta e di riprendere in mano le nostre vite il prima possibile" spiegò con un piccolo sorriso.
"Hana?" chiese l'ospite guardandosi intorno, la casa era insolitamente silenziosa.
"È a scuola, ci sono i corsi serali per chi ha qualche insufficienza" spiegò e la donna annuì comprensiva, eh sì era risaputo che il suo scatenato nipote non fosse una cima a scuola. "Come sta?"
"Mi pare che stia bene, si è...ripreso in fretta...ha dovuto farlo Miya, per non crollare psicologicamente, anche se..." la sorella, seduta accanto a lei le prese una mano per incitarla a continuare "...anche se spesso, la notte, lo sento inquieto a volte parla nel sonno oppure piange...io rimango ad osservarlo, ma senza che lui si accorga. Non voglio che non si senta libero di sfogarsi quando ne sente il bisogno. In quella casa non ha potuto farlo, sai come sono fatti..."
Miyako alzò gli occhi al cielo, comprendendo le sue parole, quanto li odiava quei Sakuragi.
"Voglio che lasci libere le sue emozioni...è una reazione normale, anche il fatto che si lasci andare quando è da solo, vorrei tanto potergli stare accanto, ma so che lo metterei solo in ulteriore difficoltà".
"Si sente ancora responsabile?"
Minako annuì e scosse il capo: "io...io non so come aiutarlo in questo, non ne sono in grado, forse deve farcela da solo a superarlo...per ora io ho le mani legate". La sorella l'abbracciò per confortarla, lasciando che, se necessario, si sfogasse. Nonostante, appunto, Minako fosse la più grande tra le due, era sempre lei quella più fragile, quella che si lasciava andare alle emozioni, era un tipino dalla lacrima facile, pensava e rimuginava tanto sulle cose fino a non poterne più e si sfogava piangendo. E lei era sempre lì a confortarla. Miyako le accarezzava i lunghi capelli castani, cullandola, lasciando che si calmasse piano piano, poi sentendola più rilassata, la scostò da sé e le sorrise, ricevendone uno in cambio, debole e sottile, ma era pur sempre un sorriso.
"Allora, c'è qualcosa che posso fare per te? Sono qui a tua completa disposizione, conoscendoti, immagino che la tua testolina abbia frullato non poco in questi ultimi giorni" l'ammonì.
Minako rise: "mi conosci bene..." prese un bel respirò e parlò. A momenti sarebbe rincasato anche Hanamichi e voleva dirle tutto, prima che tornasse. "Avrei un grande favore da chiederti Miyako, vorrei che...per un periodo di prova di un anno, chiamiamolo così, tu potessi prenderti cura di Hanamichi" buttò fuori.
"Come?" domandò confusa la donna.
"Ti spiego, io ho intenzione di andare in Hokkaido per cercare un impiego, mi sono già informata e posso farcela, sai anche tu che, nonostante tutto, quella zona e Sapporo, in particolare, è più moderna rispetto al resto della nazione e voglio tentare. Ma vorrei che lui si allontanasse per un po' da tutto questo, finirà qui questo primo anno e cominciasse parte del prossimo, ma vorrei che avesse la possibilità di studiare in una città come Tokyo, lì ci sono molte più porte che potrebbero aprirsi per lui, scuole con un grado maggiore di istruzione, potrebbe fare esperienza su vari campi. Conoscendolo, per non gravare totalmente su voi si cercherà anche un lavoretto par-time o solo per il fine settimana. Voglio il meglio per lui e, ora come ora, non posso permettermelo. Qui, non posso dargli un futuro, capisci cosa intendo, sorellina?"
"Io...sì certo che capisco, ma...tu che farai, non ci sono grandi sbocchi per lui, ma...neanche per te!" obbiettò. "Vieni anche tu, potrete stare da noi finché non trovi una sistemazione migliore, sai che Haruiko vi vuole bene e non mi negherebbe un favore del genere".
"Lo so e...vi ringrazio entrambi per quello che fate e per essere così disponibili, ma io se so che Hana è in buone mani, mi sentirò più tranquilla...non te lo chiederei se non fosse importante e non mi vorrei separare dal mio bambino, non in un momento delicato come questo, ma è l'unica soluzione che vedo adesso...è per questo che ti chiedo di aiutarmi" le disse seria ed in modo accorato.
Miyako non poté fare altro che annuire, la sorella aveva già programmato tutto nei minimi dettagli e quando si metteva in testa una cosa, non c'era modo di farle cambiare idea. Se, poi, tra queste vi era di mezzo il suo Hanamichi, allora discutere con lei per farla ragionare e cambiare idea era una battaglia persa in partenza. Le sorrise soltanto limitandosi ad annuire con il capo.
"Parlerò con Haru ed i ragazzi, ma saranno sicuramente entusiasti" la rassicurò.
"Grazie!" la sorella s'illuminò tutta e si sporse di getto ad abbracciarla, come faceva sempre quando erano ragazze, cogliendola impreparata, e facendo catapultare entrambe stese per terra.
"Ops..." esclamò Minako, prima di scoppiare a ridere insieme alla sorella, certe cose non cambiavano proprio mai.

***

Delle risate ed un chiacchiericcio concitato accolsero Hanamichi che rincasava da scuola.
"Mamma?" chiamò, mentre stava ancora all'ingresso e si toglieva le scarpe. Ma colei che gli andò incontro all'entrata non fu la madre, bensì la zia.
La donna, come lo vide, allungò le braccia lanciandosi addosso al nipote, non si vedevano da un sacco di tempo e ne aveva sentito la mancanza. "Hana, il mio nipote preferito, fatti abbracciare!" urlò nel suo orecchio dopo essersi appesa al suo collo. Come la madre, anche la zia era di corporatura minuta e rispetto ad Hanamichi sembravano veramente esili e piccole.
"Zia, ciao! Come stai?" la salutò ricambiando l'abbraccio un po' scettico, quelle due si assomigliavano troppo, suo padre lo diceva sempre e anche lui adesso che, crescendo, cominciava a capire e a rendersi conto dei dettagli, ne stava divenendo consapevole. La donna smise di abbracciarlo e sorridendogli si diressero insieme in cucina dove la signora Sakuragi stava preparando la cena.
"Hana bentornato, vai pure a cambiarti e lavarti le mani, qui ho quasi finito!" lo informò, mentre lui si avvicinava per salutarla con un bacio sulla guancia e, non visto, rubava un pezzo di carota tagliata a rondelle.
Mezz'ora dopo erano tutti e tre riuniti a tavola per cena, Hanamichi parlò di come fosse andata la mattina a scuola e dei progressi che stava facendo nel corso di recupero, la madre poteva essere fiera degli esiti finali, il rosso si stava impegnando molto per raggiungere dei risultati che potessero aiutarlo a superare l'anno scolastico, pur senza sobbarcarsi di lavoro eccessivo. Hanamichi era sempre dell'idea che la scuola non facesse per lui.
"Allora Hanachan, Minako mi ha detto che verrai a stare da noi per un po'...vedrai ti piacerà Tokyo, è molto rumorosa ti avverto, ma non ci si annoia, puoi stare tranquillo. Che bello, sai era da tanto che non venivi a trovarci, Haruiko ne sarà entusiasta e sono sicura che anche Ayako farà di tutto per farti ambientare presto, la conosci com'è tua cugina, una chiacchiera dietro l'altra, è un vero peperino, sa il fatto suo, come me del resto!" si pavoneggiò felice. "E poi ha un sacco di ammiratori... beh questo forse l'ha preso più dal padre e dal fratello...anche lui è sempre circondato da una miriade di ragazzine che lo idolatrano...aah ho dei figli famosi" sogghignò tutta contenta, mentre la sorella la guardava scuotendo il capo, era sempre stata piuttosto vanitosa fin da piccola.
Hanamichi sorrise di rimando, prima di incupirsi d'improvviso realizzando solo in quel momento un piccolo particolare. La madre se ne accorse subito ed apprensiva si preoccupò del suo stato: "Hana che hai?! Ti è andato di traverso il cibo?" chiese, vedendo che Hanamichi teneva a mezz'aria le bacchette. Lui la guardò spaventato in viso prima di lasciare andare i bastoncini e posare entrambe le mani sul tavolo, parlò con voce bassa e seria: "mamma, abbiamo un problema! Io non posso andare a vivere con la zia!"
"Come? Perché?" chiesero in coro le due donne, che avesse cambiato improvvisamente idea, o si fosse fatto prendere dal panico?
"Non posso, io...io mi ero dimenticato di lui" disse, come se la cosa fosse ovvia, ma le due donne erano ancora perplesse.
"Lui chi?" domandarono nuovamente, guardandosi per ricercare l'una nell'altra una risposta plausibile.
Hanamichi fece un gesto vago con la mano, indicando la zia, poi a mezza bocca rispose: "la volpe!"
Le due sorelle si guardarono prima tra loro, poi Hanamichi che, sentendosi osservato, adesso era anche arrossito e poi scoppiarono a ridere.
"Cielo Hanamichi, mi hai fatto prendere un colpo! Ma cosa stai dicendo!" lo prese in giro la madre. "Non ti riferirai ancora a quella vecchia storia, vero?" domandò la zia.
"Certo che sì, io mi ero dimenticato che vivesse con voi e non mi sono opposto, ma adesso..."
"Andiamo Hana, è tuo cugino..."
"No che non lo è!"
"E poi eravate solo due bambini..."
"Tzè le volpi sono astute fin da piccole, non dovete fidarvi!" incrociò le braccia al petto trovando risposta ad ogni obbiezione delle donne.
"Hana..." disse la zia "sono passati quasi dieci anni, le persone crescono e cambiano, potreste diventare buoni amici adesso!" cercò di convincerlo.
"Oh zia, non lo dubito, io, infatti, sono cresciuto e sono diventato, come da logica, il migliore, ma dubito che quello là sia diventato migliore, scommetto che non parla tanto neanche adesso?" disse, mettendo alla prova la zia.
"Beh in effetti..."
"E sono anche sicuro che non ha perso quel suo brutto vizio di dormire ovunque".
"…" non aveva parole per negare, erano tutte obiezioni giuste.
"Lo vedi?!" le disse compiaciuto. "Sorride ogni tanto, è leggermente più socievole?" continuò ad elencare quelli che, fin da quando era piccolo, erano i difetti di Kaede.
La donna non rispose neanche stavolta, ma cercò comunque di difendere il figlio.
"Hana lo so che non ha un carattere facile, ma lui è fatto così..." spiegò con un mezzo sorriso. "Anzi aspetta, qualche amico lo ha!" si illuminò d'un tratto.
"A dire il vero più di uno e con alcuni in particolare, va molto d'accordo!" disse decisa. Hanamichi la guardò con un sopracciglio sollevato, per niente sicuro se crederle o meno e poi continuò: "bah, sarà...e comunque io non capisco come faccia, sembra che gli interessi solo quella stupida palla arancione" commentò, riprendendo a mangiare. "Io non lo comprendo, io senza i miei amici mi sentirei perso, insomma va bene impegnarsi per qualcosa, ma...mi pare molto solo...scusa se te lo dico zia" aggiunse dopo, non voleva si offendesse.
"Ho capito cosa intendi, Hana...stai tranquillo, beh vedila così, avrai modo, quando verrai a stare da noi di rifarti e fargli vedere come si fa a socializzare, cosa ne dici? Magari riuscirai ad integrarti anche nel suo gruppo di conoscenze" propose la zia ed in effetti Hanamichi ne fu abbastanza entusiasta, tant'è che se ne uscì con una delle sue solite sparate: "ahahahahah sì sì, vedrai che ci penserà il Tensai dei Tensai a far uscire dalla sua piccola tana quella stupida volpe polare!" disse convinto.
"Hana..." lo rimproverò la madre, guardandolo di sbieco, anche se scherzava, non era proprio il caso di allargarsi molto.
"Che c'è? Il soprannome con cui mi chiama lui è un'offesa, il mio no, cosa vuoi che sia? Mi dovrò pur difendere in qualche modo" cercò di scusarsi, riprendendo poi a mangiare.
"Non ti preoccupare Minachan, Hanamichi non ha tutti i torti, Kaede è sempre così silenzioso e spesso si isola da tutto e da tutti, mi domando a che pensi. Anzi, vi confesso che la prima volta che ci disse di dover uscire con Akira e i ragazzi, in un primo momento siamo rimasti sinceramente colpiti. Abbiamo fatto una faccia stralunata che a Kaede, ricordo, non piacque assolutamente...povero figlio mio, non siamo stati molto gentili nei suoi confronti e sì che non facevamo altro che spronarlo a fare amicizia e ad uscire. Però, rispetto alla sua indole taciturna e chiusa, anche questo è un bel passo avanti" affermò.
"Dai?" s'intromise Hanamichi. "La volpe che socializza...che cosa strana" borbottò, distogliendo lo sguardo da quello della madre che, subito, stava per dire qualcosa per ammonirlo nuovamente. La donna scosse allora il capo sconsolata rivolgendo alla sorella uno sguardo di scusa. Lei, invece, si mise a ridere a bassa voce lasciando così cadere l'argomento e riprendendo a mangiare tutti insieme.

***

"Allora ti aspetto da noi tra qualche mese Hanamichi...mi raccomando impegnati per superare gli esami. La scuola alla quale ti iscriverai è un liceo molto esigente, un buon biglietto da visita è tutto! Mi prometti che ne uscirai vittorioso?" domandò la zia al nipote.
"Whawhawha, non dubitare zietta, non dimenticare che hai davanti a te il Tensai, supererò l'esame a pieni voti e poi farò conoscere anche nel nuovo liceo il mio incommensurabile genio".
La settimana di visita della donna a casa Sakuragi era passata velocemente, il periodo di ferie che aveva richiesto in agenzia era terminato e lei doveva fare ritorno a casa. Era comunque più serena, adesso che aveva constatato personalmente come stavano la sorella ed Hanamichi e poteva tornare a casa con un peso minore di quando fosse arrivata. In quei giorni, tutti e tre insieme avevano stabilito il modo e i tempi del trasferimento di Hanamichi: il ragazzo sarebbe andato a vivere per un anno da lei a Tokyo, avrebbe frequentato lì il nuovo anno scolastico delle superiori, insieme alla figlia maggiore Ayako e a Kaede, coetaneo di Hanamichi. Ci sarebbero voluti poco meno di tre mesi affinché il ragazzo finisse la scuola e qualche altro giorno per organizzarsi con i preparativi ed il resto. Minako si era informata in quei giorni ed aveva avuto un colloquio telefonico presso una rinomata sartoria di Sapporo che aveva bisogno di personale. Il mese successivo anche lei sarebbe partita per parlare personalmente con la direttrice della casa di moda a cui faceva capo il piccolo laboratorio di cucito. Era brava nei lavori manuali, pignola quanto bastava e attenta ai dettagli, buona volontà da vendere ed un curriculum impeccabile. La signora Sakuragi affrontava questo viaggio con buone probabilità di riuscita, per qualche giorno Hanamichi sarebbe dovuto stare da solo, ma in quel modo avrebbe avuto tempo per stare con i suoi amici e magari organizzare qualcosa con loro in previsione della sua partenza. Il suo ragazzo se lo meritava un po' di svago, in fondo sebbene si ripetesse che quella era la cosa giusta da fare, si sentiva un po' in colpa a chiedergli di lasciarsi alle spalle quella che fino a quel momento era stata la sua vita.
"Allora io vado sorellina, stammi bene e fammi sapere appena hai notizie sull'esito del colloquio, io faccio il tifo per te" disse Miyako abbracciando la sorella e infondendole coraggio, poi si rivolse ad Hanamichi abbracciando anche lui, prima di salire sul taxi che l'aspettava già da qualche minuto e con il quale avrebbe raggiunto la stazione dove, un treno ad alta velocità l'avrebbe riportata a Tokyo.
Minako ed Hanamichi rimasero ad osservare la vettura allontanarsi e poi insieme rientrarono in casa.

***

"Poggia pure là la tua roba Yo, io non mi formalizzo, lo sai" rise Sakuragi facendo accomodare in casa il suo migliore amico. Durante l'assenza della madre per il colloquio di lavoro, Hanamichi aveva invitato l'amico a stare da lui per quel fine settimana. Con i ragazzi del Guntai, avevano organizzato tutti insieme una mega uscita: cena in un fast-food e poi divertentissime sfide al Pachinko, la loro sala giochi preferita.
"Quando non c'è tua madre sovverti sempre le regole di questa casa, dovresti imparare ad essere ordinato e diligente sempre, non solo quando c'è lei che ti sta con il fiato sul collo per riordinare" lo sfotté bonariamente, ricevendo in cambio un'occhiataccia. "Molto divertente, ma guarda che non mi pare che neanche tu sia tanto un perfetto uomo di casa, quindi non fare molto il saccente. Io ho bisogno del mio spazio e nel mio disordine mi ci ritrovo perfettamente...anzi pensa che quando lei mi sposta qualcosa poi ci impiego giorni per ritrovarla" spiegò serissimo.
"Sì, sì, tutte scuse le tue" rise Mito sedendosi sul futon che la signora Sakuragi aveva steso per lui accanto a quello del figlio: "se aspettassi te, povero Yohei, lo faresti dormire sul pavimento freddo" aveva detto la donna al rosso, preparando la camera per l'arrivo del suo ospite.
"A che ora ci incontriamo con i ragazzi?" si informò il rosso cambiando argomento, mentre si infilava una maglia pulita, era infatti appena uscito dalla doccia quando Yohei, puntuale come suo solito, aveva bussato alla sua porta.
"Verso le 19 ci incontriamo al solito posto poi andiamo a mangiare, per me sarebbe un po' presto, ma sai come è fatto Takamiya, aveva paura di perdere i posti migliori, dice lui" riferì Yohei.
"Eh eh sì, lo so quello è un pozzo senza fondo, mi domando come faccia a mangiare così tanto" commentò spostandosi davanti allo specchio per acconciarsi i capelli con il gel, usando la frangia per formare il classico e caratteristico ciuffo a banana.
"Ma dai Hana, ancora con quella vecchia pettinatura? Secondo me dovresti imparare a lasciare i capelli al naturale, è un po' sorpassato quello stile...e poi a Tokyo ti prenderanno tutti in giro, sai?"
"Ma che dici Yo, lo sai che io sono uno che va controcorrente e poi, che si azzardassero solo a dire qualcosa contro la mia fulgida e meravigliosa capigliatura, li prendo tutti a testate e vedrai come li sistemo" disse gonfiando il petto, osservandosi con soddisfazione allo specchio. Mito alzò gli occhi al cielo, spostandosi accanto al rosso e posizionandosi di fianco a lui, poggiando il bacino contro il bordo della scrivania, non sarebbe mai cambiato.
"Hana, vedi di non farti riconoscere subito, comportati bene o altro che un anno di prova, lì sarebbero capaci di rispedirti al mittente in due secondi netti secondo me" disse serio. Hanamichi l'ascoltò e poi rispose osservandolo dal riflesso dello specchio: "e non saresti contento? Insomma...io mi sento un po' strano ad andarmene così, mollare voi; siete i mie migliori amici e...e tutto il resto, certo, a parte voi non avrei molti motivi per rimanere qui, però...ecco, so che mi mancherete" borbottò a mezza voce e Yohei sorrise, chinando il capo e osservando i propri piedi che si muovevano avanti e indietro, strusciando sul pavimento di legno.
"Anche tu ci mancherai Hana, ma pensa appunto che è solo un periodo di prova e se non ti piace, puoi sempre tornare e continuare qui la scuola, alla fine le voci la finiranno di circolare, la gente si stufa sempre troppo presto delle cose e troveranno qualcos'altro su cui spettegolare. Inoltre, ci sono i treni, in quattro ore se vorrai, noi saremo da te. Io poi non sono mai stato a Tokyo, o meglio i miei mi ci portavano da piccolo qualche volta, ma cosa vuoi che mi possa ricordare" gli disse per tirargli su il morale.
Hanamichi si voltò di tre quarti verso di lui, sorridendogli grato: era proprio un amico speciale, quando aveva bisogno c'era sempre, in ogni situazione vedeva il buono e riusciva a trovare sempre il lato positivo, facendo cambiare prospettiva al proprio interlocutore. Gli sarebbe mancato tanto, nessuno a Tokyo, per quante nuove amicizie avrebbe potuto fare, l'avrebbe mai sostituito.
"Hai ragione! Grazie Yo, come farò senza di te!" gli disse, voltandosi totalmente e infilando impacciato le mani dentro le tasche posteriori dei jeans, come spesso faceva quando era imbarazzato. Yohei lo fissò a sua volta in viso, sorridendogli gentilmente. Ci fu qualche istante di silenzio, rotto poi dal moro che, dando un'amichevole pacca sulla spalla al rosso gli disse: "dai, adesso finiscila però di dire queste cose altrimenti mi commuovo...andiamo i ragazzi ci aspettano" disse, infine, uscendo per primo dalla camera.
Doveva essere il sostegno di Hanamichi in quel momento, non voleva che lo vedesse abbattuto e dispiaciuto per la sua partenza. Da che si conoscevano erano sempre stati amici inseparabili, ne avevano fatte tante insieme e c'erano sempre stati l'uno per l'altro, mentre adesso, pochi giorni ancora e si sarebbero dovuti salutare per un anno. Giustamente, come aveva detto anche a lui, vi era modo di vedersi, non stava poi cambiando stato, si spostava solo di città, eppure quelle quattro ore sembravano così lunghe e un confine invalicabile. Ma adesso non era il momento di pensarci, si disse, quella serata era la loro serata, per festeggiare la loro amicizia, di modo che Hanamichi avesse dei bei ricordi dei suoi migliori amici da portare con sé a Tokyo. Anche se era sicuro che non ce ne fosse bisogno, prima di uscire di casa Yohei aveva fatto qualche telefonata ai suoi amici chiedendo anche a loro di dare il meglio di se stessi per far star bene il loro capo.
"Andiamo?!" Hanamichi richiamò Yohei, che era perso nei suoi pensieri, invitandolo a raggiungere i compagni che li stavano aspettando.
In meno di venti minuti i due raggiunsero gli altri tre compagni, che salutarono festosi il loro capo: "ohi, finalmente, è tanto che aspettiamo, siete in ritardo" li accolse Takamiya, l'amico corpulento, ma tanto simpatico.
"E scommetto che è tutta colpa di qualcuno che ha perso del tempo ad acconciarsi i capelli, neanche fossi una ragazza!" puntualizzò Okuso, il biondino del gruppo.
"Tranquilli ragazzi ho prenotato io e ho avuto la geniale pensata di prenotare con un po' di ritardo..." disse soddisfatto della sua pensata Noma, un ragazzo alto dai capelli scuri e con degli inconfondibili baffetti così strani per un ragazzo della sua età.
"Mal fidati, non sapete che le persone importanti si fanno sempre attendere e poi, tu!" disse il rosso indicando Noma "chi è che avrebbe le idee geniali? Qui l'unico, solo e vero Genio ce l'hai davanti agli occhi, vedi di non dimenticarlo o vi riempio di testate, intesi?" li minacciò il capo agitando sotto i loro visi un pugno chiuso in segno di ammonimento.
Yohei, rimasto in disparte, con le mani nella tasche, osservava la simpatica scenetta scuotendo la testa. Erano sempre i soliti, non sarebbero mai cambiati ed, in fondo, non avrebbe neanche voluto che accadesse, pensò con un sorriso, prima di riportare tutti all'ordine.
"Ehi marmaglia di teppisti!" li riprese, va bene che abbiamo un lasso di tempo sufficiente per non fare ritardo, ma se continuate e cincischiare tra voi...il posto lo perdiamo sicuramente" ricordò loro.
"Oh no, non sia mai, io ho fame!" affermò Takamiya raggiungendo l'amico che aveva preso a camminare nella direzione della loro meta.
"Tzè, e quando mai..." sussurrò Hanamichi con un sorriso beffardo, scatenando l'ilarità degli altri componenti dell'Armata.

***

Nel buio della sua stanza, Hanamichi, steso sul futon, sentiva accanto a sé la presenza dell'amico. Erano rientrati alle tre del mattino, avevano fatto baldoria con gli altri fino a che non gli avevano quasi buttati fuori dal locale tra le risa e le battute generali. Erano stati bene tutti insieme e adesso Sakuragi ripensava alla serata, steso sulla schiena, le mani incrociate dietro la testa.
Era così strana tutta quella situazione, quante altre volte erano usciti insieme, eppure quell'uscita aveva un che di diverso, si era indubbiamente divertito, ma gli aveva messo in corpo una strana agitazione. Sapeva anche lui che quell'uscita era diversa dalle solite, aveva assunto un significato diverso proprio perché dopo qualche giorno, al termine di quella sessione di esami che sarebbe cominciata la settimana a venire, lui sarebbe stato talmente impegnato con i preparativi della partenza e non avrebbe avuto tempo per loro.
Era brutto da dire, ma l'aveva vissuta come una sorta di uscita d'addio...o meglio, un arrivederci. Hanamichi sapeva che per un po' non si sarebbero visti personalmente: durante le vacanze i ragazzi si erano trovati un lavoretto e avrebbero avuto ben poco tempo per fare un viaggio per andare a trovarlo. Era tutto così strano e surreale.
Nel silenzio che avvolgeva l'aria chiamò in un sussurro: "Yohei?!"
"Mh?" fu l'unico mormorio. Hanamichi sorrise nel buio...era bastato quello a fargli capire come anche l'amico fosse nella sua stessa situazione, sapeva che stava provando le sue stesse emozioni, era bastato un semplice monosillabo.
"Niente...buonanotte" disse, sorridendo all'oscurità.
"'notte" fu la risposta di rimando.

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"Hai preso tutto?" domandò Hanamichi, affacciandosi oltre l'uscio della camera della madre che, inginocchiata sul pavimento, chiudeva la borsa da viaggio e la sistemava accanto alla valigia con le ruote, posta vicino allo scrittoio.
"Sì, credo di sì...cavoli era da tantissimo che non preparavo tanti bagagli che ho paura di stare dimenticando troppe cose" disse, in preda ad un leggero attacco di panico ed Hanamichi, osservandola, sorrise entrando nella stanza. Le poggiò le mani sulle spalle tranquillizzandola: "il biglietto l'hai preso? Tu ci sei? Allora hai tutto!" le disse scherzoso. "E se poi dovesse mancarti qualcosa, io starò qui ancora qualche giorno te lo spedirò se sarà necessario, non devi angosciarti oltre, andrà tutto bene, mamma" la confortò.
Quando si dice che il tempo vola! Gli ultimi mesi erano stati pienissimi d'impegni per entrambi, tanto che non si erano resi conto del tempo che trascorreva. Hanamichi, anche se con il minimo indispensabile, aveva superato gli esami finali ed aveva cominciato anche il secondo anno, mentre di già attendeva i risultati di quello d'ammissione nella nuova scuola superiore alla quale avrebbe dovuto trasferirsi. Fortunatamente vi era stata la possibilità, in quanto esterno, di effettuare la prova scritta a Kanagawa, nella sua scuola superiore.
La signora Sakuragi invece, aveva passato con successo il colloquio tenutosi a Sapporo ed aveva ottenuto il posto di lavoro, con grande piacere della direttrice che aveva subito capito di che pasta fosse fatta la donna e delle grandi potenzialità di cui essa era dotata.
Con un po' di rammarico di Minako, però, era stata contattata con una settimana di anticipo rispetto alla data prevista e aveva dovuto stravolgere i suoi piani e, sopratutto, lasciare Hanamichi da solo ad affrontare i preparativi del proprio viaggio a Tokyo. Glielo si leggeva in faccia ed il figlio, per l'ennesima volta, si ritrovava a poche ore dalla sua partenza a doverla tranquillizzare nuovamente: "non devi preoccuparti di niente mamma, me la caverò, insomma non sono mica un bambino, inoltre se conti il mio essere Tensai puoi star sicura che starò benissimo! Per favore, non voglio che rovini il tuo momento pensando a queste sciocchezze, starò bene...adesso, però, vai o farai tardi" le sorrise, prendendo le valigie ed aiutandola a portarle fuori dove, di lì a pochi istanti, sarebbe passato il pulmino che l'avrebbe accompagnata alla metro e poi in stazione. La donna lo osservò sistemare le sue borse più ingombranti nel portabagagli e poi, dopo averlo abbracciato, salì nel bus attendendo che anche altri passeggeri si sistemassero. Hanamichi rimase in attesa di vederla partire e Minako abbassò il vetro del finestrino prima di sporgersi con il capo e, poi, salutare con un cenno della mano, mentre lentamente l'autobus prendeva velocità e si immergeva nel traffico cittadino.
Sakuragi rimase fermo sul ciglio della strada, le mani nelle tasche dei jeans, ad osservare la vettura allontanarsi decidendosi a rientrare in casa solo quando gli fu praticamente impossibile riconoscere il mezzo fra tutte le altre vetture.
Chiuse la porta d'ingresso, sorridendo leggermente ripensando all'emozione che aveva avvertito nella madre, nonostante si fosse prodigata in raccomandazioni con lui, lei per prima era in trepidante attesa che arrivasse il giorno della partenza ed era la più nervosa tra i due. Una volta in casa, sentì il telefono squillare, e riuscì ad alzare la cornetta appena in tempo: "pronto?!" rispose, in tutta fretta.
"Hanamichi!!" disse di soprassalto la voce all'altro capo del filo "che paura stavo per chiudere, ma come mai ci hai messo così tanto?"
"Zia? Sei tu? Scusami, mamma è appena partita e l'ho accompagnata in strada".
"Oh per fortuna, com'era? Emozionata? Conoscendola sicuramente ti avrà anche riempito di raccomandazioni" rise.
Hanamichi sorrise e sospirò: "esatto, non è cambiata molto...ma dimmi avevi bisogno di qualcosa dalla mamma?" s'informò.
"Mh no, no volevo solo accertarmi della sua partenza e poi volevo chiedere se a te andasse tutto bene, pensavo che questo fine settimana finalmente sarai da noi...qui sono tutti emozionati per il tuo arrivo. È da tanto che non ti vedono, credo che incoerentemente si aspettino di ritrovarti esattamente come si ricordano di averti lasciato ed io non ho voluto deluderli, perciò non ho detto loro niente" ridacchiò. "E poi...voglio proprio vedere le loro facce! Non immaginano neanche come tu sia diventato bello" disse furbetta, immaginando, giustamente, le facce dei propri familiari, quando avessero visto che gigante fosse diventato quel terremoto dai capelli rossi che loro ricordavano ancora come un piccolo bimbo appena appena paffutello, dalle guance morbide ed un po' troppo turbolento.
"Ahahah sei perfida anche tu...e comunque, dici che proprio tutti sono felici di rivedermi? Dì, non è che avete nascosto alla volpe tutta la faccenda? Secondo me si sarebbe opposto con tutte le sue forze a questa cosa...qui la faccenda mi puzza" fece per nulla convinto, storcendo il naso.
"Non dire così, qui nessuno trama alle vostre spalle, Kaede è a conoscenza del tuo arrivo e della tua permanenza qui da noi, ma lo sai come è fatto, a lui..." fu interrotta da Hanamichi, il quale si passò una mano tra i capelli rossi, ravvivandoli un po' prima di concludere "...non toccategli il basket ed il suo sacro sonno e del resto non gliene potrebbe fregare di meno, no?!"
La donna dall'altra parte, non poté fare a meno di concordare: era stata una sintesi poco carina, ma il senso comunque era quello. Il loro figlio minore aveva un carattere un po' particolare, ma dopotutto Miyako sperava anche che con la vicinanza e l'esuberanza del nipote, potesse sciogliersi un po'. In fondo da piccoli anche se litigavano spesso, interagivano molto, Kaede che non parlava mai e stava sempre per conto suo, aveva un rapporto del genere solo con Sakuragi.
"Allora Hanamichi senti, avrai un cellulare sicuramente, voglio che tu mi telefoni non appena sali sul treno di modo che io possa venirti a prendere" gli disse.
"Nah non ce n'è bisogno, so dove abitate e nel caso chiederò, non dovete disturbarvi" affermò, non voleva creare da subito alcun fastidio agli zii.
"No, no, no, non cominciare con questa storia, Tokyo è una grande città e poi io VOGLIO venirti a prendere e se non potrò farlo personalmente, manderò qualcuno, di questo non devi preoccuparti, intesi?"
"Ma, veramente io..."
"A-a-a-a-a! Fermo, non dire altro, non provare neanche a pronunciare la parola disturbo o baggianate simili, perché partiamo con il piede sbagliato. Tua madre ti ha affidato a me e se anche so che non sei più un bambino, sei sotto la mia responsabilità, per cui non provare a fare strani ed assurdi pensieri, perché ti conosco sai...anzi no, conosco tua madre e se hai preso da lei tutti i suoi difetti, stai pur sicuro che con me non avrai scampo" lo ammonì scherzosamente, ma in modo serio, voleva che su questo non ci fossero problemi. Le mancavano solo i convenevoli da parte della sua stessa famiglia, pensò. Doveva far capire subito, ed alla svelta, ad Hanamichi come stessero le cose.
"Ok, va bene ho capito. Comunque se proprio ci tieni, mi sono già informato sugli orari dei treni e le coincidenze e partendo subito dopo pranzo arriverei da voi intorno alle cinque del pomeriggio*, se non dovessero esserci ritardi di nessun genere" esplicò.
La donna sorrise radiosa: "aaah benissimo, sei stato previdente, bravo. Comunque sia ci teniamo aggiornati e, per qualsiasi cosa, non esitare a chiamarmi chiaro?"
"Sissignora" rispose Hanamichi prima di ridere a bassa voce, sentendo la zia fare altrettanto.

***

"Ma porca paletta!" imprecò mentalmente Hanamichi mentre, a grandi falcate, trascinandosi dietro il trolley da viaggio, zigzagava tra la gente, cercando di non pestare troppi piedi, diretto in stazione. Si era svegliato tardi quella mattina, proprio la mattina della sua partenza. Aveva tardato ad addormentarsi, non essendo abituato ad andare a letto presto e alla fine, nonostante la sveglia avesse suonato più volte, con una manata l'aveva fatta cadere lontano da sé, disattivandola, salvo poi voltarsi dall'altra parte, mugugnando qualcosa nel sonno, riprendendo a ronfare sonoramente.
Si era svegliato due ore dopo, poiché il proprio stomaco aveva cominciato a protestare per la fame e, dopo un momento di titubanza, osservando la propria stanza semi vuota e le borse da viaggio accanto alla scrivania, aveva realizzato che giorno fosse e quali fossero i suoi programmi per la giornata. Si era alzato di tutta fretta, buttando all'aria le coperte, andando di corsa al bagno a prepararsi: una doccia veloce per svegliarsi come si deve, un colpo di spazzola in testa, giusto per non sembrare uno spaventapasseri e mostrare un minimo di decenza e presentabilità e poi, raccattati bagagli e bagaglietti, era schizzato fuori di casa, ricordandosi fortunatamente di chiudere, prima di lasciare la chiave nella buca delle lettere del proprietario del condominio.
Sua madre, prima di partire, aveva parlato con il capo condominio spiegando la loro situazione e chiedendo comunque di tenere per loro libera la casa per quando sarebbero tornati. Il gentile signore, affezionato ai Sakuragi e secondo Hanamichi anche con qualche mira particolare nei confronti della madre, era stato più che accondiscendente promettendo di riservare loro un occhio di riguardo nel qual caso avessero deciso di tornare ad abitare nella sua palazzina.
"Scusi, permesso...mi spiace....ehi spostati...mi fa passare, grazie...ah dovrei timbrare..." Hanamichi, con il fiatone e leggermente accaldato, era finalmente riuscito a salire sul treno e a prendere posto vicino al finestrino. Si abbandonò di peso sul sedile, sbuffando sonoramente. Per un pelo era riuscito a non perdere la coincidenza e adesso, mentre avvertiva il treno muoversi lentamente ed acquistare pian piano velocità, si faceva aria sventolando davanti al viso un volantino che, tra le altre cose aveva dovuto accettare da un ragazzino che si era messo in mezzo sul suo cammino e che non l'avrebbe l'asciato passare se non l'avesse preso.
Lasciò vagare lo sguardo oltre il vetro trasparente, osservando distrattamente il paesaggio che si susseguiva sotto i propri occhi. Poggiò la fronte contro il finestrino e socchiuse lentamente le palpebre: l'attendeva un lungo viaggio. Stava lasciando la sua casa di sempre per andare a vivere in una città a lui sconosciuta: Tokyo era grande, caotica, così diversa dal piccolo centro nel quale era cresciuto ed aveva vissuto. Non conosceva nessuno là, a malapena trattava con i propri parenti; ovviamente voleva bene a sua zia, era molto simile alla madre e si sarebbe sicuramente sentito a casa, ma nonostante questo, continuava a pensare come lo zio ed i suoi cugini avrebbero preso quell'intrusione nelle loro vite. Questo lo preoccupava non poco, ma era anche inutile pensarci adesso, quando fosse arrivato il momento avrebbe affrontato la situazione di petto, come era nel suo modo di fare. Sperava inoltre di riuscire a fare nuove amicizie, la nuova scuola gli avrebbe dato modo di conoscere nuove persone, magari, nelle più rosee aspettative sarebbe anche diventato amico della volpe. Sorrise ad occhi ancora chiusi, immaginandosi la scena, era una cosa abbastanza improbabile se ricordava bene come fosse fatto il cugino. La zia non aveva smentito le sue supposizioni, ma la cosa, anziché demoralizzarlo, lo divertiva, di certo non si sarebbe annoiato in casa.
Tornò seduto composto sul sedile, aprendo gli occhi e lasciando vagare lo sguardo su tutto il vagone: gli altri passeggeri, in silenzio, si facevano ognuno i fatti propri, chi leggeva il giornale, chi ascoltava musica, chi dormiva anche. C'era uno strano silenzio ovattato in tutta la cabina ed Hanamichi lasciò vagare ancora i propri pensieri, rivolgendoli stavolta non al proprio futuro, bensì al suo passato, agli amici che, a malincuore, aveva dovuto lasciare: la sua inseparabile armata. Aveva chiesto espressamente loro di non accompagnarlo in stazione, sapeva che si sarebbe intristito e se il magone fosse stato talmente grande, magari si sarebbe anche commosso e certo non voleva lasciare loro un ricordo così poco onorevole del supremo Tensai.
Naturalmente con loro non aveva parlato di questo, aveva tirato fuori una scusa banalissima per non essere accompagnato, ma Yohei aveva letto dentro di lui, come solo un vero amico sa fare, ed aveva capito: la pensavano allo stesso modo. La serata che, tempo addietro, aveva passato a casa del rosso era stato il loro modo di salutarsi, certo quello non era un addio, ma era comunque una situazione difficile per loro che non si erano mai separati per così tanto tempo e, per il bene di Hanamichi, Mito sapeva che doveva lasciarlo andare.
Stanco di stare fermo nella stessa posizione, dopo appena quaranta minuti di viaggio, Hanamichi si alzò dal proprio posto e per sgranchirsi un poco le gambe percorse l'intero vagone alla ricerca del bagno, aveva bisogno di lavarsi la faccia per svegliarsi un po', cominciava ad annoiarsi e per sua sfortuna, le pile del lettore cd erano scariche.
Tornò al proprio posto, scusandosi con il ragazzo che gli sedeva di fianco per averlo disturbato nuovamente per passare e quello, senza neanche degnarlo di uno sguardo emettendo solo un debole sbuffo, si era girato un po' sul fianco, sistemandosi come meglio poteva nella poltroncina, tornando ad appisolarsi. Hanamichi lo guardò perplesso riprendendo a volgere lo sguardo fuori dal finestrino. Fuori il tempo era leggermente cambiato, non era ancora piena estate, nonostante la bella stagione fosse già cominciata, un tiepido venticello smuoveva le fronde degli alberi, era più o meno metà pomeriggio quando il rosso si appisolò, stanco ed annoiato.
Una brusca fermata, risvegliò Hanamichi dal sonno nel quale era profondamente caduto. Ancora stordito, si mise dritto sul sedile e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare, guardando l'ora: le 19.30. Nel display, inoltre, segnalava che vi erano quattro chiamate senza risposta: aprì l'elenco e vide che erano tutte della zia.
'Accidenti!' una volta salito sul treno si era dimenticato di reinserire la suoneria. Con il tasto di chiamata rapida telefonò alla zia che rispose dopo il secondo squillo: "Hanamichi, finalmente! È da due ore che ti chiamo, ma dove sei? Che fine hai fatto?" lo tempestò di domande, era molto preoccupata.
"Scusa zia..." disse Hanamichi in imbarazzo, una mano a grattarsi confuso sulla testa. "Mi dispiace, io mi sono addormentato, ma credo ci sia qualche problema con i trasporti, ci siamo fermati poco fa e adesso...." fu interrotto nell'udire una voce meccanica invadere lo scompartimento e spiegare le cause di quell'improvviso arresto.
"Hanamichi?! Non ti sento caro, ehi...spiegami per favore, cosa stavi dicendo?"
"Aah, sì, sì ero in ascolto. C'è stato un piccolo incidente di percorso, dicono che a momenti ripartiremo e che dovremo essere a Tokyo nel giro di un ora ancora" spiegò e poi aggiunse: "mi dispiace molto zia, questo non era previsto".
"Oh non ti preoccupare, non dipende da te, l'importante è che non sia nulla di grave e che fra poco ci incontreremo" lo rassicurò la donna ed Hanamichi si rilassò, poggiando la schiena al sedile dietro di sé. "Io resto qui in stazione ad aspettarti ed ho anche una sorpresa per te, non indovinerai mai da chi sono accompagnata" rise la donna, prima di salutare il nipote e chiudere la telefonata.
Hanamichi scosse la testa, quella donna era un caso disperato, si divertiva come una bambina a fargli le sorprese o qualche scherzo. Aveva già un'idea sulla sorpresa che l'attendeva al suo arrivo in stazione e certo la sua nuova vita sarebbe cominciata con una bella e sana litigata fra parenti, ne era sicuro, ma era sicuro anche che si sarebbe divertito moltissimo.

***

"Kaede! Kaede, tu lo vedi?!" domandò per l'ennesima volta la donna al figlio, sollevandosi sulle punte dei piedi per cercare di individuare colui che stava così impazientemente aspettando. Il ragazzo, un tipo alto dall'aria alquanto seccata, aveva sollevato gli occhi al cielo esasperato. "No, mamma! Il treno non si è ancora fermato e non sappiamo da quale porta scenderà, datti una calmata!" le disse un po' brusco. Lei si voltò verso il moretto, rivolgendogli un'occhiata significativa: "non parlarmi così, sai. È che io sono emozionata per il suo arrivo e anche preoccupata se permetti. Saremmo già dovuti essere a casa a quest'ora, se solo questo stupido treno fosse stato in orario" spiegò nuovamente, tornando a rivolgere la propria attenzione ai passeggeri che, finalmente cominciavano a scendere.
Kaede sospirò, convincendosi una volta di più che la madre fosse davvero un caso disperato, osservando anche lui la fiumana di gente dirigersi verso di loro, aguzzando la vista cercando il cugino. "Nh, eccolo...sta venendo proprio dritto verso di noi!" informò la donna la quale, essendo più bassa, ancora non lo vedeva.
"Eh? Ne sei sicuro? Attento a non scambiarlo per qualcun altro..." lo avvisò. Il ragazzo si limitò a commentare: "da come mi hai detto tu stessa, l'ultima volta che l'hai visto, non è cambiato poi tanto dai tempi dell'infanzia e poi...nh con quegli assurdi capelli rossi non ci vuole molto a riconoscerlo" commentò acido. Miyako si voltò verso di lui sconvolta per quel commento poco carino, ma non ebbe modo di riprenderlo che si sentì chiamare da una voce familiare e calda: "Zia Miya! Eccomi sono arrivato!" Hanamichi sorrise, intravedendo la donna che, individuatolo, superò un signore grassoccio con un trolley al seguito, andandogli incontro per salutarlo.
"Hanamichi, finalmente, il mio adorato nipote. Ce l'hai fatta ad arrivare, ero così preoccupata, come è andato il viaggio?" chiese, prendendogli dalle mani la valigia con le ruote e tirandola dietro di sé.
"Lungo e noioso, ho ancora tutti i muscoli addormentati" disse, mentre muoveva di lato il capo per sciogliere i muscoli del collo e delle spalle. "Vedrai come arriveremo avrai tutto il tempo di sistemarti e riprenderti...oh ecco" disse raggiante, raggiungendo nuovamente il ragazzo che l'aveva accompagnata.
"Tadaaan! Sorpresa, guarda chi è venuto a prenderti?!" disse retorica, fermandosi e restando in mezzo ai quei due ragazzi troppo cresciuti che si guardavano l'un l'altro senza dire una parola. Miyako fece passare lo sguardo alternativamente sul nipote e sul figlio aspettando una reazione.
"............................................."
"Doaho...era ora!" l'accolse Kaede.
"Baka kitsune! Non è certo colpa mia se il treno ha fatto ritardo e, comunque, potevi anche non venire!" s'infervorò il rosso al quale non piaceva affatto quel nomignolo e l'atteggiamento che l'altro ragazzo aveva nei suoi confronti.
"Tzé, fosse stato per me sarei rimasto volentieri a casa. È lei che mi ci ha costretto!" disse, candidamente e senza alcuna intenzione di fingere un comportamento maturo.
"Immagino a quali interessanti attività sei stato costretto a rinunciare, il cuscino avrà sentito tanto la tua mancanza" lo punzecchiò.
Di certo questa non era la reazione che Miyako si aspettava dai due, almeno non dopo tanto tempo che non si vedevano. Credeva avessero appianato le loro divergenze risalenti ai tempi dell'infanzia, ma a quanto pare si era sbagliata di grosso. Sorrise nell'osservarli battibeccare come due bambini e poi non trattenne una risata.
Hanamichi l'osservò e poi si rivolse al cugino: "credo che ti abbia portato qui proprio per questo, sai? Si prende gioco di noi!"
"Per una volta...sono d'accordo con te!" concordò il moro, osservando la madre con un sopracciglio arcuato.
"In effetti, in realtà, speravo foste cambiati, ma...ammetto che così è più divertente" ammise. "Però adesso andiamo, o tuo padre si preoccuperà. Forza Kae, aiuta Hana a portare le valigie" disse, indicando la borsa che il rosso portava a mano.
"Oh, non c'è bisogno, ce la faccio" disse, sistemandosi meglio anche lo zaino che teneva sulle spalle. Ma Kaede non era dello stesso avviso e gli strappò quasi di mano il borsone: "dai qua...andiamo!" disse, prima di voltarsi verso l'uscita. Hanamichi ringhiò qualcosa di incomprensibile, tirandosi dietro il trolley che aveva ripreso dalla zia, provocando in quest'ultima l'ennesimo risolino.
Usciti dalla stazione, raggiunsero la macchina con la quale erano arrivati e Kaede aiutò Hanamichi a sistemare i bagagli nel cofano, prima di sedersi al posto di guida.* Hanamichi salì dietro, trovando estremamente molto più comoda quella postazione, rispetto al precedente viaggio in treno.
"La volpe guida?" chiese sorpreso alla zia, affacciandosi tra i due sedili anteriori per poter osservare i movimenti del ragazzo e poi guardare la zia in attesa di risposta. "Sì, ed è anche piuttosto bravo...bisogna stare attenti che non si addormenti, ma..."
"COSA?!" urlò il rosso, allarmato. Kaede si limitò ad osservarlo dallo specchietto retrovisore, ma non commentò.
La donna sorrise: "ti sto prendendo in giro, comunque è vero, si addormenta spesso in bicicletta, è il terrore del quartiere e anche a scuola non scherza, rischia sempre di far fuori qualche studente ignaro che si trova sul suo cammino. Per non parlare poi della quantità industriale di mezzi a due ruote e pedali che dobbiamo ricomprare perché distrugge sbandando contro qualsiasi oggetto inanimato".
"Mamma! Smettila!" l'ammonì Kaede, tutto quello non era divertente.
Hanamichi lo guardò strabuzzando gli occhi e si mise immediatamente composto, sistemandosi nella parte sinistra del sedile: cintura di sicurezza ben allacciata e mani sul poggiolo dello sportello.
"Doaho, guarda che ti vedo!" lo riprese il moro con voce bassa ed infastidita, avrebbe fatto meglio a lasciarli a piedi.
Il tragitto verso casa dopotutto non fu tanto traumatico come Hanamichi aveva pensato, la volpe era abbastanza brava al volante, riflessi pronti, attento al massimo e rispettoso delle regole della strada. Allora perché la zia gliel'aveva descritto come un pericolo pubblico ambulante? Forse per divertirsi alle sue spalle? Doveva ancora imparare a capire quando la gente si divertiva a sfotterlo: non era una bella sensazione, non lo era quando lo facevano i suoi amici, peggio che mai, quando a farlo erano i propri familiari.
In quella, poi, si ricordò di mandare un messaggio a Yohei: il ragazzo, infatti, si era fatto promettere di avvisarlo quando fosse arrivato a destinazione. Digitò velocemente un breve messaggio di testo e poi lo spedì. Subito dopo sentì l'avviso di posta e lesse velocemente la risposta, sorrise ridacchiando sottovoce per il contenuto del messaggio, prima di riporlo nella tasca.
Curiosa come al solito, la donna domandò: "oooh chi era Hana, la tua fidanzata?"
Hanamichi arrossì, scuotendo il capo: "no, no, ma quale fidanzata...ehm era solo Yohei, ricordi, quel mio vicino di casa, è un mio caro amico e voleva sapere se fossi arrivato sano e salvo, tutto qui".
"Oh bene" sorrise "mi spiace Hana che abbia dovuto lasciare tutti i tuoi affetti, ma sono sicura che qui ti farai nuovi amici e Kaede ti aiuterà ad ambientarti" disse guardando il figlio e, nell'osservare l'espressione del suo viso, gli diede un piccolo pizzicotto sul braccio. Si era tanto raccomandata con lui di aiutare Hanamichi e farlo sentire a casa, ma pareva proprio che non la volesse sentire.
"Whawha non ti preoccupare, il Tensai è capace di farsi tanti nuovi amici, migliori anche di quelli della volpe" si entusiasmò.
"Tzè, Tensai?!" fece scettico Kaede, controllando entrambi gli specchietti retrovisori, prima di inserire la freccia e svoltare a sinistra per entrare nel quartiere in cui abitavano, poi concluse: "Tensai dei doaho".
"Ma io ti..."
"Eccoci siamo arrivati!" trillò allegra la donna, riconoscendo la propria casa. Kaede armeggiò con un piccolo telecomando ed aprì il cancello per poter entrare nel garage, situato accanto alla grande casa, e posteggiare la macchina: era stanco, non vedeva l'ora di rinchiudersi nella propria stanza.
Hanamichi osservò fuori dal finestrino restando a bocca aperta: definire quella cosa, casa sarebbe stato riduttivo. Era una vera e propria villa, in uno dei quartieri più in della capitale. Sapeva già quanto i propri parenti fossero facoltosi, era stato da loro altre volte, ma forse era passato troppo tempo per ricordare quanto effettivamente lo fossero. Certo che la zia se l'era proprio scelto bene il maritino, ironizzò tra sé.
Quando la vettura venne parcheggiata nel box, automaticamente le luci al neon del soffitto si accesero, senza bisogno di premere alcun interruttore e, non appena Kaede spense il motore dell'auto, Hanamichi scese dal mezzo.
"Wow!" certo che vi trattate bene voi qui a Tokyo" disse alla zia, mentre si guardava intorno ed attendeva che il cugino gli aprisse il cofano per poter recuperare le sue cose. Stranamente, senza bisogno di chiedere, il moro aveva già preso il borsone, mentre Hanamichi tirava dietro di sé il trolley e lo zaino.
"Ma dai Hana, non fare il bambino nel paese dei balocchi" rise bonariamente la donna, ma Hanamichi era proprio così che si sentiva e quella era solo una parte di tutta la casa, non osava pensare al resto. "Dopo qualche giorno anche tu non ci farai più caso e tutto ti verrà a noia, credi a me, non è vero Kaede?" cercò di far intervenire il figlio che, però, liquidò tutto con un monosillabo di dubbia interpretazione.
Hanamichi, che seguiva il ragazzo da dietro, alzò gli occhi al cielo, ma senza commentare, forse era troppo stanco anche lui per il lungo viaggio e poi aveva anche fame: non si può battibeccare a stomaco vuoto, di questo era fermamente convinto.
"Andiamo in casa, lo zio ed Ayako ci aspettano!" trillò Miyako chiudendo la fila.
Usciti dal garage, mentre il ronzio silenzioso del cancello automatico si chiudeva dietro le loro spalle, Hanamichi diede un'occhiata all'esterno della casa. Era una struttura moderna, in stile occidentale, come aveva potuto notare lo fossero anche altre case della zona, costruita su tre piani: era davvero curioso di capire come fosse organizzata all'interno. Non avrebbe voluto esagerare, ma la sua vecchia scuola poteva benissimo stare dentro quella casa e ci sarebbe stato il tanto di costruire anche una nuova aula.
Attorno alla villa, un giardino fiorito faceva bella mostra di sé: un prato verde accuratamente tenuto mostrava dei bellissimi fiori colorati e profumati. Adesso che ricordava bene, sul retro ci sarebbero dovuti essere...
"Ehi zia, avete ancora quelle due altalene e lo scivolo sul retro?" chiese, facendo memoria e voltandosi appena per osservare la donna da sopra la spalla.
"Ahahah no, Hana. Ormai è cosa superata, Kaede ha voluto usufruire di quello spazio per far costruire uno spazio chiuso in cui montare un canestro per potersi allenare quando non può andare al campetto. L'abbiamo trasformata in un piccolo campo da basket coperto, se così si può chiamare, vero Kae?" ma senza aspettare risposta, continuò a spiegare al rosso: "abbiamo apportato alcune modifiche alla casa, ma te le farò vedere meglio domani mattina".
Quando furono quasi arrivati davanti alla porta, non ebbero bisogno di suonare al campanello per venire aperti: Ayako, una bella ragazza alta e snella dai lunghi capelli ricci aveva spalancato di colpo la porta rimanendo sull'uscio ad aspettarli.
"Hanachan, benvenuto! Finalmente siete arrivati, vi davamo per dispersi! Mamma quanto sei cambiato, ti ricordavo più piccolo e pienotto" lo accolse raggiante la cugina, osservandolo attenta e facendosi da parte per lasciar passare il fratello che, mollati sul pavimento dell'ingresso i bagagli del rosso, era sparito dalla circolazione.
"Eheh" rise imbarazzato Sakuragi. "Il treno ha fatto ritardo mi spiace!" si scusò entrando in casa, posando a sua volta le proprie valige accanto all'ingresso e togliendosi le scarpe. "Permesso..." disse, forse in modo un po' troppo formale.
"Oh Hana, non essere così rigido, questa ormai è casa tua!" lo riprese la zia, andando a chiamare dallo studio il marito e lasciando il rosso solo con la figlia maggiore.
"Ciao Ayako!" salutò Hanamichi abbracciandola: la rivedeva dopo molto tempo ed era diventata ancora più carina. Era noto quanto la ragazza fosse popolare tra il pubblico maschile, non aveva, fisicamente, caratteristiche tanto particolari che saltassero subito all'occhio, ma il caratterino deciso che si ritrovava la descriveva come una brava ragazza e a suo modo affascinante. "Come stai Hana?" chiese lei ricambiando la stretta e sollevandosi appena sulla punte dei piedi per dargli un bacio sulla guancia abbronzata. "Cavoli, sei cresciuto parecchio dall'ultima volta che ci siamo visti, è passato così tanto tempo. Forse, sei anche più alto di mio fratello!" gli sorrise, mandando indietro i capelli.
Stavano ancora all'ingresso a chiacchierare, quando la nuova presenza del capofamiglia li fece voltare verso di sé: "Hanamichi! Ben arrivato!" salutò lo zio, un distinto signore sulla cinquantina, alto dal fisico asciutto e l'aria forse un po' burbera, merito di una ligia e composta educazione, ma dal buon cuore. Accanto a lui, la moglie osservava sorridente la scena tra i due, tenendolo sottobraccio. "Buonasera zio, grazie per l'ospitalità" salutò educato Hanamichi accennando un inchino e stringendogli la mano che questi gli tendeva. "Oh nessun disturbo, Miyako mi ha raccontato tutto, l'importante è che tu stia bene e che possa sentirti in famiglia qui con noi. Ah, prima che mi dimentichi, ha anche chiamato Minako prima, voleva sapere se fossi arrivato. Richiamala al più presto, sistemati e poi tutti in tavola per la cena" annunciò spostandosi in cucina con la moglie.
"Vieni Hana" lo chiamò Ayako "ti faccio vedere la tua stanza" disse, aiutandolo a spostare le sue cose. Hanamichi sorrise e la seguì in silenzio, poi vide la ragazza aprire una porta a vetri trasparente e cominciare a scendere le scale di legno che portavano ad una piccola costruzione esterna. "Ayako, ma non siamo appena saliti?!" domandò curioso. La ragazza sorrise e spiegò: "lo so, ma la mamma ha deciso che per assicurarti la privacy necessaria e per darti il tempo di abituarti alla nuova situazione, sia più congeniale concederti più spazio".
Il rosso, però, non la seguiva ancora. Arrivata alla fine della scala, Ayako infilò nella toppa del grande portone di legno una piccola chiave, due giri in senso orario e spinse la porta in avanti. Oltrepassò l'uscio e, tastando alla cieca il muro alla sua destra, trovò l'interruttore della luce: la stanza s'illuminò di colpo mostrando ad Hanamichi quella che, d'ora in avanti sarebbe stata la sua casa.
"M...ma...ma è tutta per me?" chiese, osservando la cugina con occhioni grandi, mentre la borsa che portava a tracolla su una spalla, scivolava lungo il suo braccio.
"Oh ma dai, non fare quella faccia, sei un po' troppo esagerato, questo tuo vizio non è cambiato vedo" gli disse lei, alzando un sopracciglio sarcastica.
Hanamichi, invece, era convinto del contrario, aveva le sue ragioni per essere esterrefatto; quello era veramente più di quanto si sarebbe mai aspettato, non gli avevano dato una semplice stanza degli ospiti come si era immaginato, ma praticamente un'intera casa, certo era piccola: si componeva soltanto di un enorme salotto che fungeva anche da cucina con la disposizione della stessa a penisola, una camera da letto e un bagno. Era arredata con gusto e con svariati aggeggi tecnologici che Hanamichi immaginava fossero anche molto costosi. Di per sé poteva non essere nulla di eccezionale, per lo meno per la riccia e per i suoi standard di vita, ma per Hanamichi quello era un po' come se stesse cominciando una nuova vita da solo. Aveva uno spazio tutto per sé, era indipendente, in qualche modo tale si sentiva.
"Ehi, il motivo per cui ti sistemerai qui, non è perché non ti vogliamo tra i piedi, non fraintendere" aggiunse la ragazza, vedendo che il rosso continuava a guardarsi intorno ed aveva un'espressione perplessa. "Vogliamo solo che tu non ti senta obbligato a...fingere o a comportarti in un determinato modo solo perché stai da noi. E comunque vogliamo che passi più tempo in casa che qui da solo, quindi i pasti li faremo tutti insieme e, quando inizierà la scuola potremo studiare insieme" gli spiegò.
Hanamichi la guardò e comprese: "certo ho capito e vi ringrazio tantissimo per quello che state facendo" sorrise. "Adesso andiamo però, sto morendo di fame, potrei divorare di tutto stasera...ah aspetta, però, chiamo mia madre prima. Potresti avvisare che sto arrivando?" le chiese sorridendole felice ed Ayako capì che voleva un po' di privacy con quella telefonata, quindi ricambiò il sorriso e risalì le scale rientrando in casa, raggiungendo i familiari in cucina per portare loro il messaggio di Hanamichi.

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