Titolo: I will live every day as if I’m born for you [3.6.5. -EXO-]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Arioka Daiki, Yamada Ryosuke, Yabu Kota, Inoo Kei
Pairing: Ariyama; Inoobu
Rating/Genere: R/AU, romantico, fluff
Warning: slash
Wordcount 3.707
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la
500themes_ita con il prompt ‘segnale di speranza’.
Della serie:
AU: Inoobu-AriyamaDisclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
500themes_ita Yamada bussò alla porta dello studio di Arioka, chiamandolo mentre apriva ancor prima che venisse invitato a entrare.
“Daiki?” attirò la sua attenzione, facendo voltare il più grande verso di lui e questi quando lo vide gli sorrise.
“Vieni, Ryo!” gli disse, sollevando lo sguardo dalle carte che stava esaminando e lasciandosi andare con le spalle contro la poltrona, ruotando la sedia.
Yamada sorrise a sua volta e si avvicinò al fidanzato, abbracciandolo da dietro per le spalle, chinandosi a baciargli il collo.
“Che facevi? Ti ho disturbato?” domandò al compagno, passando poi davanti a lui, sedendoglisi in grembo, lasciando che l’accappatoio gli scoprisse le gambe e l’inguine, ma senza vergognarsi.
“Chibi…” lo rimproverò il più grande, sollevando un sopraciglio perplesso per quella sua nudità, ma posandogli naturalmente una mano sulla coscia, lasciandola andare a una carezza. “Stavo lavorando” disse solo con un tono di burla che costrinse Yamada a guardarlo sconvolto.
“Arioka Daiki!” lo riprese a sua volta serio. “Non pensare che ogni volta che io mi avvicini a te sia perché voglio provocarti o sedurti!” lo ammonì, puntandogli l’indice davanti al viso e lasciando una mano a scivolare dietro la nuca, tra i corti capelli.
“Ah no?” mormorò Daiki con malizia, chinandosi a baciargli il collo con tocchi di labbra lievi e veloci.
“No!” assicurò Ryosuke. “Sono uscito dalla doccia e non mi sono vestito subito” spiegò, alzandosi dalle sue gambe e sedendosi sulla scrivania, poggiandogli i piedi scalzi sulle ginocchia, coprendosi di nuovo per evitare a entrambi qualsiasi tipo di tentazione. “Ero venuto solamente a chiederti una cosa” tornò al motivo per cui l’aveva raggiunto.
“Dimmi, tesoro” Daiki lo incentivò a parlare, avvicinandosi meglio a lui spingendo in avanti la poltrona e abbracciandogli le gambe, poggiando il mento sulle sue ginocchia.
Yamada sorrise intenerito nel vederlo compiere quei gesti e gli portò una mano davanti al viso, spostandogli i capelli, accarezzandogli la fronte.
“Volevo chiederti se non fosse un problema se invito Kei-chan nel pomeriggio e poi si fermava stasera a cena e poi anche a dormire. Non ti disturberemo!” si affrettò a spiegare. “Lo so che devi preparare la lezione, ma Kei è parecchio giù di corda e ho pensato che fosse l’ideale fare insieme un pigiama party!” spiegò entusiasta. “Saremo silenziosissimi, davvero!”
Daiki rise e si scostò da lui, prendendogli una mano e baciandogli il palmo: “Non vedo perché no! E poi sono certo che non mi disturberete. Sono felice se Kei ti fa compagnia. Mi spiace non darti molte attenzione ultimamente” spiegò, facendo un’espressione triste.
“Ma cosa dici, Dai-chan! Io sono molto orgoglioso di te!” parlò Yamada allegro. “Anzi, forse sono un po’ geloso però che i tuoi studenti ti vedano più di me. Anche io voglio che venga nella mia università a spiegare diritto legale!” disse, imbronciandosi un po’, incrociando le braccia al petto, facendo ridere il fidanzato che si poggiò con le spalle alla poltrona, dondolando da una parte all’altra.
“Ma dai! È un piacere che faccio al padre di Kota, dopo tutto quello che lui ha fatto per me, per aiutarmi nella mia attività… e poi è solo per un mese!” gli ricordò, incrociando le mani sullo stomaco, guardando Ryosuke con aria divertita. “E poi mi pagano molto bene, così possiamo andare a farci un piccolo viaggetto!” gli rivelò quel suo intento, prima di tornare a parlare. “A ogni modo, mi piace sapere che sei geloso di me!”
Il più piccolo si strinse nelle spalle e scese dalla scrivania, poggiando le mani sui braccioli e spingendo indietro la sedia in modo da avere lo spazio necessario per inginocchiarsi davanti a lui.
“Io sono un tipo possessivo, Dai-chan, ricordatelo e tu sei solo mio!” precisò, mentre lo abbracciava in vita e si sporgeva per ricevere un bacio.
“Ma chi vuoi che mi prenda, sono vecchio ormai! Ho già una certa età!” rise.
“Oh, andiamo!” minimizzò il più piccolo. “Sono sicuro che i tuoi studenti siano tutti innamorati di te, sensei…” mormorò piano, baciandogli il collo e sentendo le mani di Daiki tra i capelli e poi la sua leggera risata.
“Ma io non ho bisogno di nessuno, ho già scelto la persona con cui passare il resto della mia vita” specificò, guardandolo poi negli occhi.
“Sono proprio molto fortunato, infatti!” affermò Yamada, abbassando lo sguardo e iniziando a sfilargli la cinta dai passanti.
“Ryo cosa fai?” domandò Arioka, sospirando piano. “Hai detto che non volevi sedurmi.”
“Sì, lo so, ma mi è venuta voglia di fare una cosa… diciamo che è il mio modo di ricompensarti perché sei sempre tanto gentile con me, mi accontenti in tutto e mi vizi” spiegò, mentre completava l’opera slacciandogli i pantaloni e infilando una mano sopra la biancheria, iniziando a stimolare Daiki in quel modo.
“Non hai bisogno di fare questo. Non mi devi ringraziare. Lo sai che lo faccio perché ti amo” affermò il più grande, mentre il suo corpo già cominciava a reagire a quelle carezze appena accennate.
“Oh” parlò piano Yamada, tirandogli l’elastico dei boxer. “Allora vuoi che mi fermi?” domandò con fare provocatorio.
“Nhn…” Daiki negò scuotendo il capo, scivolando meglio seduto e divaricando le gambe, posando una mano tra i capelli del più piccolo. “Non ho detto questo… continua pure” lo invitò a proseguire così come desiderava, abbandonandosi a un sospiro di piacere quando Ryosuke si chinò su di lui.
*
“Allora io vado, Ryo, sarò di ritorno verso le otto. Mi raccomando, fate i bravi!” si raccomandò Daiki, sulla porta, mentre si cambiava le scarpe e poi si voltava verso i due ragazzi che l’avevano accompagnato all’ingresso.
“Stai tranquillo” annuì Kei, rassicurandolo. “Ci sono io con lui, vedrai che faremo i bravi!”
“Dai-chan! Dai-chan!” Yamada chiamò il fidanzato e quando questi si volse verso di lui, Ryosuke gli gettò le braccia al collo. “Prima di tornare a casa prendi qualcosa di sfizioso per cena? Non sarebbe un degno pigiama party senza qualche cosa buona da mangiare, vero, Kei-chan?” si rivolse all’amico il quale annuì con fare mesto, cosa che impensierì appena il più piccolo.
“Va bene, se vi viene in mente altro mandami un messaggio, appena ho finito controllerò il telefono” affermò Daiki, cingendo appena Yamada in vita e sollevandolo di poco da terra, sentendo il fidanzato ridere.
“Buon lavoro, Daiki” mormorò Ryosuke, baciandolo sulle labbra, sfiorandogli una guancia con le dita.
“Grazie, a più tardi! Ti amo!” lo salutò, romantico, Arioka. “Ciao, Kei!” salutò il loro ospite che rispose con un cenno della mano.
“Ti amo anche io” gli fece eco Yamada, lasciandolo andare e accompagnando la porta alle sue spalle.
Quando chiuse l’uscio, il più piccolo si volse subito verso l’amico guardandolo con un sorriso aperto e sincero: “Allora, Kei-chan, che hai?” gli chiese subito diretto, vedendo Kei guardarlo confuso e negare con il capo.
“Nulla, Yama-chan!” si affrettò a rispondere Inoo.
“Ah-ah, divertente, ma non me la dai a bere!” lo fermò Yamada, prendendolo per mano e accompagnandolo in salotto, sedendosi con lui sul divano. “Avanti, dimmi cosa ti turba!” gli chiese ancora incalzante.
Kei sorrise e dentro di sé fu grato a Ryosuke per aver interpretato i suoi silenzi anche senza che lui chiedesse niente.
“Mi dispiace averti fatto preoccupare, ma ultimamente mi sento un po’ triste…” esordì, abbracciandosi le gambe.
“È successo qualcosa, Kei? A lavoro va tutto bene?” cercò di informarsi il più piccolo, sedendosi a gambe incrociate accanto a lui.
Kei annuì, poggiando il mento sulle ginocchia e fissando il pavimento: “Sì, sì, va tutto bene e io sto bene” lo precedette prima che ponesse altre domane e volasse troppo di fantasia. “Si tratta di Kota” ammise, voltandosi per guardarlo.
Yamada lo osservò ma non riuscì a comprendere, per cui attese che fosse Inoo a spiegarsi.
“Io ecco…” Inoo titubò un istante prima di esporre i propri dubbi. “Io forse ho fatto qualcosa di sbagliato, anche se non riesco a capire cosa. O forse Kota si è stancato di me, ha capito che è stato un errore mettersi con me” esordì, elencando tutte le possibili ipotesi che aveva fatto nella propria testa.
“Eh?” Yamada fu stupito da quella confessione. “È impossibile, Kei! Yabu ti ama e voi siete perfetti l’uno per l’altro, di questo non devi mai dubitare!” cercò di rassicurarlo.
“Sì, ma…” Kei era indeciso se esporsi ancora con il più piccolo ed essere completamente sincero, poi guardò Yamada negli occhi e si risolse a parlare chiaro. “Io invidio molto te e Daiki” buttò fuori.
“Cosa?”
“Sì… da quando siamo usciti dall’agenzia, insomma, voi avete fatto dei grandi passi avanti fin da subito. Siete andati a vivere insieme, avete fatto dei progetti. Daiki…” attese ancora, dubbioso, prima di confessare, senza più incrociare i suoi occhi perché un po’ si vergognava a mostrarsi così debole davanti a lui. “Daiki ti ha regalato un anello e, insomma, anche adesso, vi ho visti e ho percepito tutto l’amore che aleggia attorno a voi, ed è bellissimo!” affermò prima che Ryosuke potesse fraintendere. “Siete perfetti insieme, siete complici, siete uniti, siete una splendida coppia e io sento che nonostante io ami Kota con tutto me stesso e so che lui mi ama, sento che manca ancora qualcosa. È come se noi non avessimo fatto nessun progresso da quel giorno, sento come se… non lo so è come se la mia vita per quella che era prima di incontrare Kota pesasse su di noi e che né io né lui riusciamo a lasciarcela alle spalle” confessò, lasciandosi andare e sfogando i pensieri che fino a quel momento aveva trattenuto e che erano diventati troppo pesanti per il proprio cuore.
“Kei-chan” lo chiamò Yamada, inginocchiandosi sul divano e sporgendosi per abbracciarlo. “Mi dispiace, io non avevo idea che tu ti sentissi in questo modo” si scusò. “Per me tu e Kota siete una bella coppia e pensavo che tutto andasse bene, invece sono stato così preso da me stesso…” si rimproverò allontanandosi da lui e guardandolo, rimettendosi composto.
Kei gli sorrise e gli passò una mano tra i capelli.
“Ma tu non hai nessuna colpa. Anzi, mi dispiace averti rovesciato addosso questi miei pensieri negativi, ma è solo che sono stato felice del tuo invito e sentivo che avevo bisogno di parlare con qualcuno e tu sei il mio migliore amico. Tu sei la mia famiglia, Ryo” confidò, sorridendogli.
“Kei-chan!” Ryosuke si emozionò a quelle parole, prendendogli una mano tra le sue. “Anche tu sei la mia famiglia e sono felice che mi abbia parlato dei tuoi problemi. E voglio aiutarti per quello che posso” affermò. “Kota ha detto qualcosa quando gli hai detto che venivi qui?”
“Nulla” Inoo scosse il capo. “Lui non è a casa in questi giorni, manca da metà settimana, torna domani a Tokyo, aveva una missione sotto copertura a Kyoto, ma non volevo che mi vedesse triste al suo ritorno, non voglio dargli pensieri inutili” spiegò.
“Non sono pensieri inutili, solo mi chiedo se non sia meglio parlare anche a lui di come ti senti. Sicuramente non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma se Kota sapesse cosa…”
“No!” lo fermò Kei, come spaventato. “Non dirglielo, Yama-chan, è un segreto!” gli chiese, stringendogli la mano. “Io non voglio che Kota pensi a me come un peso, io non lo voglio perdere” disse, parlando a bassa voce e Yamada non insistette oltre, non voleva che Kei si sentisse giudicato da lui e si chiudesse a riccio, per cui sorrise, carezzandogli il dorso della mano e sorridendogli.
“Ok, ok, Kei-chan, tranquillo, non gli dirò nulla. E dato che devi essere in forma per il suo ritorno, oggi passeremo la serata in completo relax!” affermò, alzandosi dal divano e scortando l’altro nella sua stanza da letto. “Adesso ci mettiamo comodi” disse, avvicinandosi all’armadio e prendendo due vestaglie da casa, tendendone a Kei una di colore chiaro, invitandolo a metterla e levandosi jeans e maglietta per infilare la propria. “E ci rilassiamo!” spiegò, battendo le mani, restando solo con la biancheria. “Ci stai?”
Kei lo guardò, grato per aver compreso il suo stato d’animo e annuì, iniziando a sua volta a spogliarsi.
“Perfetto! Ah, ho letto su internet una ricetta per fare una maschera per il viso naturale e senza costi, ti va di provarla?” propose a sua volta il più grande, ritrovando lo spirito adatto a un pigiama party degno di quel nome. “Ti ricordi quando le facevamo all’agenzia?”
“Ah sì, alcune erano veramente buonissime, ma erano costose!” commentò il più piccolo, mentre si spostava con Kei in cucina. “Però se ricordi la ricetta, possiamo provare a farla in casa se abbiamo tutti gli ingredienti!” propose allegro, aspettando le istruzioni del più grande.
Kei annuì e gli si avvicinò: “Sì, ci servono solo un barattolo di yogurt e un cetriolo!” spiegò, guardando il più piccolo con occhi luminosi.
*
“Ryo! Sono a casa!” Daiki si annunciò ad alta voce, non appena ebbe messo piede in casa. “Kei!” chiamò poi l’amico, dal momento che il fidanzato non gli aveva risposto, ma anche Inoo pareva non averlo sentito. “Forse sono usciti” ponderò tra sé, accorgendosi poi che le loro scarpe erano all’ingresso.
“Chibi, sono a ca-” le parole gli si mozzarono in gola quando mise piede nel salotto e per poco non fece cadere di mano le buste delle prelibatezze che Yamada gli aveva espressamente chiesto quel pomeriggio via mail.
“Oh, Dai-chan!” lo salutò Yamada, aprendo solo un occhio per guardarlo. “Sei già tornato?” gli chiese sorpreso. “Kei, vedi come vola il tempo quando ci si diverte?” disse all’amico il quale si limitò ad annuire, ma senza muovere alcun muscolo del viso.
“Ryo, cosa state facendo?” domandò perplesso Arioka che aveva trovato il proprio salotto completamente stravolto, il tavolo e il divano erano stati addossati a una parete, mentre al centro della stanza i due avevano sistemato delle sdraio bianche, che Daiki neanche aveva idea avessero in casa, ma che sicuramente il più piccolo aveva scovato chissà dove e Yamada aveva preso in prestito dal suo studio due grosse lampade e le aveva posizionate accanto ai lettini, sugli stessi, poi, Ryosuke e Kei stavano distesi come fossero in spiaggia o in un centro estetico.
“’ao, Ai-han!” mormorò Kei educatamente, sollevando una mano verso di lui, o in quella che credeva fosse la direzione in cui stava Daiki, cercando comunque di non distruggere la compattezza della maschera che aveva sul volto e controllando con due dita che i cetrioli che aveva sugli occhi non si fossero mossi.
“Se ti serve la lampada, tesoro, dovrai aspettare altri quindici minuti, questa l’abbiamo appena messa in posa!” spiegò Ryosuke, sorridendogli e tornando disteso a rilassarsi.
Arioka non ebbe la forza di domandare nuovamente ai due cosa gli fosse passato per la mente di fare quel pomeriggio perché, effettivamente, aveva paura di quale sarebbe stata la risposta, per cui si limitò a informarli che avrebbe lasciato la loro cena in cucina, mentre si andava a fare una doccia.
“Azie, ‘more” mormorò Yamada, sentendo la pelle rilassarsi sotto gli effetti benefici della crema di yogurt, sospirando di soddisfazione.
Quando Daiki uscì dalla doccia e tornò nel salone con indosso il pigiama, trovò la propria casa un po’ più simile a come l’aveva lasciata prima di andare a lavoro e, soprattutto, con nessun mobilio extra.
“Dai-chan!” quando lo vide entrare in cucina, Yamada lo salutò saltandogli al collo, baciandolo sulle labbra. “Bentornato!” lo accolse festoso. “Come è andata a lavoro? Senti come è morbida la mia pelle adesso?” gli disse, prendendogli un polso e facendo in modo che gli sfiorasse una guancia con il dorso della mano. “Io e Kei ci siamo fatti belli, abbiamo provato alcune maschere per il viso fai da te: depurative, illuminati, rilassanti…” elencò. “È stato divertente!” annuì, guardando Kei che concordò con lui. “Hai comprato un sacco di roba da mangiare!” parlò velocemente, saltando di palo in frasca, mentre Kei apparecchiava la tavola.
“Ah, sì… in realtà non saremo solo noi” spiegò Daiki, rintontito da quel fiume di parole.
“Eh? Hai invitato qualcuno?” chiese Yamada, sedendosi al proprio posto.
“Non proprio” Daiki scosse il capo. “Kei, non hai controllato il cellulare, vero?”
Il più grande scosse il capo e Arioka sorrise.
“Mi ha chiamato Yabu, dice che ha provato a contattarti, ma non gli hai risposo. Ha detto che era in viaggio verso casa, hanno finito prima e ha avuto il permesso di rientrare in anticipo. Gli ho detto che eri qui e l’ho invitato a fermarsi a cena!” spiegò ai due e Yamada sorrise all’amico, prendendogli le mani nelle sue.
“Hai visto, Kei-chan! Sono certo che Kota abbia chiesto il permesso di rientrare un giorno prima perché voleva vederti!” assicurò felice e Kei storse appena la bocca, accennando un sorriso.
“Mh, dici?”
“Ma certo che sì, vero Dai-chan?” volle conferma dal più grande, il quale poté semplicemente annuire, sconcertato dall’irruenza del fidanzato il quale seguiva a volte dei percorsi mentali solo suoi, labirinti in cui Arioka non riusciva a districarsi.
Quando suonarono al campanello, Daiki andò ad aprire, accogliendo il loro altro ospite e quando lo condusse in cucina dove gli altri due aspettavano parlando fitto fitto tra loro, vide il proprio fidanzato salutare il capo della polizia e spingere Inoo per le spalle.
“Kei-chan!” lo salutò sorridente Yabu, prendendogli le mani quando fu abbastanza vicino e baciandolo sulle labbra. “Che buon profumo!” osservò. “Hai fatto un’altra maschera?” domandò Yabu con un sorriso, accarezzandogli il volto.
“Sì!” parlò Yamada. “Ci siamo fatti belli io e Kei-chan!” appuntò, mentre il più grande annuiva.
“Ryo, che succede?” mormorò Daiki all’orecchio del fidanzato, quando Yabu e Inoo erano distratti a parlare tra loro e il più piccolo si portò l’indice davanti alla bocca, assicurandogli che poi gli avrebbe spiegato tutto.
*
Era stata una serata abbastanza divertente, rifletté Kei, mentre rientrava a casa in macchina con Yabu: alla fine il suo pigiama party con Ryosuke era saltato e non sapeva se fosse una cosa positiva o meno. Certo Kota era tornato a casa prima e in qualsiasi altra occasione Kei ne sarebbe stato contento, ma quella sera si sentiva stanco, anche se aveva parlato con Yamada il peso che sentiva nel cuore si era solo alleggerito, ma non era scomparso del tutto: forse il più piccolo aveva ragione, doveva parlare con Kota di quello che sentiva e se avesse saputo cosa l’altro pensasse sarebbe stato tutto più semplice, ma non voleva farlo, perché aveva paura di perderlo, aveva paura di scoprire che i suoi timori erano realtà e non sapeva cosa avrebbe fatto senza Kota.
“Kei…”
Quando si sentì chiamare da Yabu si risvegliò da quei pensieri e si guardò attorno spaesato.
“Siamo arrivati, non te n’eri accorto?” gli chiese divertito il più grande.
“Oh, no, io sono un po’ stanco a dire il vero e mi sono un attimo perso nei miei pensieri” spiegò, facendo per uscire, volendo aprire la portiera, ma fermato da Yabu che lo trattenne, posandogli una mano sul braccio.
“Kei, aspetta…” Inoo lo guardò e sentì il proprio cuore saltare un battito. “Senti” esordì Yabu. “C’è qualcosa che non va, tesoro?” gli domandò diretto e Kei ebbe paura.
“N… no, Kota, tutto normale, te l’ho detto, sono solo…”
“Non parlo solo di adesso” precisò il più grande interrompendolo. “Parlo di te e di quello che succede da ormai qualche settimana…” disse, dimostrando a Kei che non fosse un poco attento osservatore come lui aveva pensato. “C’è qualcosa che ti turba, Kei?” chiese ancora e il più piccolo non si aspettava quel discorso, non era pronto, era troppo improvviso e rimase in silenzio.
Yabu dovette interpretare in modo errato quella sua reazione, perché sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
“Mi dispiace se passiamo poco tempo insieme, Kei. Il mio lavoro è pesante, nell’ultimo mese sono stato spesso fuori casa e anche in ufficio non avevo un attimo libero per stare con te. Mi sono trattenuto fino a tardi in centrale, lasciandoti tornare da solo e non è giusto” ammise quella sua mancanza. “Scusami davvero” ripeté, posandogli una mano sulla guancia, accarezzandogli l’orecchio e Kei non poté fare a meno di tendersi verso quel tocco caldo: amava Kota e non poteva perderlo.
“Oggi ho finito prima e non volevo aspettare un solo istante di più lontano da te, Kei. Mi sei mancato tantissimo.”
“Anche tu mi sei mancato, Kota” gli disse, parlando a voce bassa, gli facevano piacere quelle parole, ma quella sensazione di incertezza e vuoto lo opprimeva ancora.
“Io lo so che molto probabilmente per te non è facile” continuò il poliziotto. “Hai bisogno di stabilità nella tua vita, dopo tutto quello che hai passato e per quanto io desideri farti vivere una vita serena, non so se ne sono in grado, non so se sono degno realmente di stare con te e…” si interruppe, cercando le parole adatte, riordinando i pensieri, prendendogli meglio le mani nelle proprie. “Io ti amo, Kei e lo so che spesso non riesco a dimostrarlo come vorrei e me ne dispiaccio, perché tu ti meriti ogni bene, ti meriti quanto di più bello io possa essere in grado di fare per te e quando mi sembra di essere riuscito a renderti felice, non mi sembra mai abbastanza, per cui…” fece un'altra pausa e Kei lo vide aprire il cruscotto e cercare qualcosa, qualcosa di molto simile a una piccola scatola che Kota nascose in una mano, cercando di non farsi vedere.
E fu allora che Kei trattenne inconsapevolmente il respiro e il cuore accelerò la sua corsa nel proprio petto: poteva davvero interpretare quel preambolo e quei gesti come un segnale di speranza che tutto ciò che aveva desiderato si sarebbe tramutato in realtà?
“Kei…” lo chiamò di nuovo Yabu.
“Sì?”
“Io ti amo” ripeté il più grande. “Ti amo e, ecco… io non sono molto bravo con le parole in certe situazioni” rise imbarazzato Kota, iniziando a giocherellare con la piccola scatola. “So cosa ti voglio dire, ma non so in che modo…”
“Prova a chiedermelo e basta” lo interruppe Kei impaziente, tornando a respirare, sentendo il fiato corto e Kota sorrise della sua impazienza, rendendosi conto che non aveva poi nulla da temere alla fine e che già il solo vedere il volto ansioso di Kei e leggere quella risposta sul suo viso lo tranquillizzarono, scacciando via ogni sua paura.
Si avvicinò al volto del più piccolo, aprendo la scatolina sotto ai suoi occhi increduli e che divennero immediatamente lucidi, quando poi finalmente gli chiese.
“Kei, mi vuoi sposare?”