[Hikanoo-Ariyama] Let's make tomorrow a brighter and better day (09/10)

Dec 08, 2013 19:30

Titolo: Let’s make tomorrow a brighter and better day [Be the light - One Ok Rock-]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Inoo Kei, Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: slight!Dainoo, Hikanoo, Ariyama
Rating/Genere: PG/romantico, malinconico, fluff
Warning: slash
Wordcount 21.611 fiumidiparole
Note: la storia è scritta per la 500themes_ita con i prompt ‘Lacero, strappato’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: 500themes_ita

“Penso che dovrei andare ora!” biascicò Kei, separandosi dalle labbra del più piccolo.
“Tu dici?” gli fece eco Hikaru, tenendolo comunque su di sé, lasciando scivolare le mani dalle sue cosce fino alla schiena, infilandole sotto la maglia.
“Sì, dico. La tua pausa è quasi finita e io dovrei essere… aspetta, dove ho detto che sarei andato?” si interrogò, mentre l’altro, incurante delle chiacchiere di Inoo continuava il suo percorso di baci sul corpo del proprio paziente, sollevandogli la maglietta e chinando la testa per riuscire a baciargli il petto.
Kei ansimò, abbracciando la testa di Yaotome e chinando il volto per guardarlo: “Fermo, fermo, Hikaru, ma cosa stai facendo?” gli chiese divertito dai modi che l’altro usava per continuare a vezzeggiarlo di carezze, cercando di evitare l’intralcio dei vestiti.
“Controllo che il tuo corpo stia bene. È il mio lavoro!” disse, tenendo le labbra premute sulla sua pelle, riuscendo a raggiungere le clavicole, succhiando appena con la bocca.
“Ah, adesso è così che si chiama?” lo riprese Kei, cercando di scostarlo da sé. “Mi fai il solletico, Hikaru!” rise appena, prendendolo per le spalle, allontanandolo e sorridendo nel vedere i capelli in disordine.
Vi passò gentilmente le mani, pettinandolo, mentre l’altro lo risistemava.
“Non mi hai lasciato segni, vero?” volle accertarsi il più grande, spostandosi di lato per stare meglio seduto ancora cavalcioni sulle sue gambe.
“No, no…” Hikaru sollevò gli occhi al cielo. “Sei fissato!” lo riprese.
“Non è che sono fissato, ma si dia il caso che io e il mio ancora attuale fidanzato non andiamo a letto insieme da mesi e sarebbe un po’ strano se vedesse i tuoi morsi su di me, cosa dici?” lo fece ragionare.
“Non vedo il problema dal momento che non capisco per quale motivo, qualcun altro che non sia io, dovrebbe vederti nudo!” appuntò, circondandogli la vita con le braccia, stringendoselo contro.
“Ma guardalo, sei geloso? Che carino!” rise Kei dispettoso, passandogli le mani sulla nuca, accarezzandolo gentilmente.
Hikaru lo guardò da sotto in su e gli cercò nuovamente le labbra, prima che Kei si scostasse di nuovo da lui, alzandosi dalle gambe del medico. Questi continuò a tenergli la mano, imitandolo e seguendolo mentre Kei recuperava la giacca e la borsa da sopra il lettino.
“Vuoi venire con me?” gli chiese Kei, notando come il ragazzo non fosse affatto intenzionato a lasciargli andare le dita e sorrise.
“Quando ci rivediamo?” chiese invece il più piccolo, prendendolo di nuovo per i fianchi avvicinandolo a sé per abbracciarlo.
Kei sollevò le mani sulle sue spalle e ci pensò su: “Dopodomani ho la giornata libera, tu che impegni hai?”
“Domani ho il turno di notte e stacco alle sei del giorno dopo, poi sono libero. Possiamo vederci!” propose subito.
“Ma hai lavorato fino a tardi, ti devi riposare!” obbiettò Kei.
“Non importa!”
“Sì che importa. Devi riposare, non voglio che ti trascuri!”
“Senti un po’ da che pulpito!” rise Hikaru, facendogli la ramanzina.
“Oh, dai, non è la stessa cosa, tu sei un medico e devi essere sempre lucido e attivo e hai bisogno di dormire!” appuntò il più grande.
“Ma io ho anche voglia di stare con te!”
“Allora possiamo vederci nel pomeriggio!” concesse Inoo.
“Dormirò un po’ poi ci vediamo a metà mattina!” rettificò Hikaru.
“A pranzo, alle due. È la mia ultima offerta!” contrattò Kei guardandolo negli occhi e Hikaru dovette accontentarsi.
“E va bene!” concesse. “Ma non è giusto!”
Kei rise e lo baciò di nuovo sulle labbra decidendosi poi a separarsi da lui completamente.
“Adesso vado sul serio. Ci sentiamo dopo, va bene?”
“Va bene!” annuì Hikaru, accompagnandolo alla porta e rubandogli un ultimo bacio, prima di lasciarlo uscire dall’ambulatorio.

Yamada correva da una parte all’altra: quella mattina non aveva avuto un attimo di tregua, aveva dovuto fare delle medicazioni, sistemare camere e lettini e qualche prelievo eccezionale dal momento che erano a corto di personale al centro trasfusionale. Pertanto quando era arrivata la tanto attesa pausa pranzo si era lasciato andare sul divanetto dello stanzino dove si cambiava e aveva sospirato di puro piacere. Era talmente stanco che non aveva neanche voglia di prendere il bento dallo zaino, ma fu costretto a farlo incentivato dal rumoreggiare del proprio stomaco.
Ridacchiò, pensando che se riusciva ancora a sentire gli stimoli della fame non doveva essere poi così esausto e si mise seduto, passandosi le mani sulle guance per riaversi.
Prese la scatola con il pranzo e si sedette sul divano, pronto a mangiare quando qualcuno bussò alla porta.
“Yamada-kun?” la voce di un’infermiera lo distolse e l’altro si alzò in piedi.
“Avanti!” diede il proprio permesso.
“Yamada-kun, mi dispiace interromperti, ma hai visite, un ragazzo ha chiesto di vederti, dice di essere un tuo amico!”
“Ah!” Yamada, pur sorpreso per quell’improvvisata, annuì, acconsentendo a che la ragazza facesse passare il suo ospite e pentendosi un istante dopo di essere stato tanto sprovveduto: avrebbe giurato che la persona andata a trovarlo fosse Kei, il più grande gli aveva detto che sarebbe passato a salutarlo, invece chi comparve sulla soglia della porta era Daiki.
“Ciao” lo salutò l’altro, prima che Yamada potesse dire qualcosa. “Mi dispiace disturbarti durante la pausa, ma avevo bisogno di vederti e non sapevo in che altro modo contattarti, non ho il tuo numero e… avevo paura che non volessi vedermi!” spiegò tutto d’un fiato. “Posso?” chiese, prima di aggiungere altro e Yamada annuì, sedendosi sul divano, completamente dimentico del proprio pranzo, che comunque non sarebbe riuscito a finire dal momento che lo stomaco gli si era completamente chiuso.
“Prego, entra, chiudi la porta” gli disse e Arioka annuì. “Accomodati” gli disse, indicandogli l’unico posto disponibile, al proprio fianco.
“Stavi mangiando? Se vuoi puoi…” esordì Arioka, ma Yamada scosse le spalle.
“Non importa. Non ho comunque più fame” ammise, guardandolo con la coda dell’occhio.
“È colpa mia, lo so, scusami” gli disse il più grande, sospirando poi, tutto il proprio coraggio, tutto il discorso che si era formato e ripetuto nella testa svariate volte si stava dissolvendo ora che si trovava di fronte all’infermiere.
“Cosa ci fai qui?” gli chiese Yamada, cercando di andargli in aiuto. Per quanto quella situazione non piacesse a lui per primo, trovava ancora più scomodo quell’imbarazzante silenzio che aleggiava tra loro.
“Sono venuto per parlarti, Ryosuke. Io volevo spiegarti riguardo quello che è successo l’ultima volta che ci siamo visti, quando sono venuto a prendere Kei” precisò.
“Non c’è nulla da dire, Daiki. Io ho già dimenticato e mi dispiace che tu ci abbia pensato e ti sia trovato in difficoltà per questo e sia stato costretto a venire qui” lo precedette.
“Non sono stato costretto a fare niente” negò l’altro, scuotendo la testa. “Ma non ho avuto il tempo di parlarti quel giorno e voglio dirti che per me, insomma non lo ritengo un errore né un colpo di testa. Ti ho baciato perché intendevo farlo, perché volevo farlo” precisò e Yamada trattenne il fiato, ricordarlo da sé era un conto, fantasticarne un altro, ma sentire quello che era successo dalla voce di Daiki era tutta un’altra questione.
“Ascoltami, Ryosuke!” Daiki si mosse sul divano, sedendosi meglio vicino all’altro, prendendogli le mani, stretta dalla quale Yamada non riuscì a sottrarsi, sebbene sapesse che avrebbe dovuto fare qualcosa e non restare inerme: quello che desiderava e ciò che voleva erano l’esatto opposto di quello che sapeva avrebbe dovuto fare. Ma rimase fermo.
“Mi dispiace averlo fatto all’improvviso. Questo sì” chiarì Arioka. “Avrei dovuto parlarti prima e dirti che, ecco, che mi piaci, Ryosuke” confessò e Yamada lo guardò, trattenendo il fiato, sentendo il rimbombo del proprio cuore nelle orecchie. “Quello che mi dispiace è averlo fatto senza chiederti il permesso o per lo meno senza essere stato chiaro” specificò.
“Non occorreva chiedermi il permesso” mormorò Yamada, guardandolo e scostando le mani da lui quando vide lo sguardo di Daiki illuminarsi e il volto rilassarsi.
“Allora ti piaccio anche io?” chiese Arioka speranzoso, anche se più che una domanda, sembrava un sospiro di certezza.
“Non importa se mi piaci o meno, Daiki, importa che entrambi dobbiamo fare finta che non sia successo. Tu eri probabilmente su di giri perché il tuo fidanzato tornava a casa e io ero un po’ giù di tono e si è creata un’atmosfera che entrambi abbiamo frainteso, traendo differenti conclusioni” parlò in modo confuso, cercando di far valere anche a se stesso quella giustificazione.
Daiki però non aveva intenzione di cedere e dal momento che l’altro non lo guardava, si spostò, piegandosi sulle ginocchia davanti a lui prendendogli il volto tra i palmi.
“Se fosse stato come dici avrei dovuto baciare Kei, non te” precisò, scuotendo poi la testa. “E lo sai benissimo che non è questo, Ryosuke. Se lo volevi anche tu, tu hai risposto al mio bacio…”
“Quello che voglio io non importa e non importa neanche che abbia risposto o meno. Mi hai preso alla sprovvista, è stato un riflesso!”
“Un riflesso?” Daiki sorrise, notando come le sue parole contrastassero con i pensieri di cui leggeva sul volto ogni sfumatura.
“Esatto, te l’ho detto, mi sentivo triste e mi hai colto di sorpresa!” continuò a insistere.
“D’accordo” disse Daiki parlando mesto, lasciandolo andare e sedendosi di nuovo al suo fianco, sempre standogli molto vicino. “Se è come dici, adesso io ti bacerò di nuovo” affermò.
“Cosa?” Yamada lo guardò sconvolto.
“Sì, intendo baciarti e sto per farlo” mormorò, posandogli le mani sui fianchi, ma senza forzarlo, lasciandolo completamente libero di agire se non avesse voluto. “Ti sto per baciare e se non vuoi” bisbigliò a un soffiò dalla sua bocca, “mandami via, Ryosuke” lo chiamò, avvicinandosi al suo viso e Yamada si ritrovò a chiudere gli occhi, in speranzosa attesa di quel contatto, dischiudendo appena le labbra per sentire quelle di Daiki posarsi sulle sue e modellarsi sulla sua bocca, cercandolo, spingendo in avanti la lingua, trasformando quel contatto in un gesto totale e completo.
Yamada non lo scostò, né si sottrasse dalle sue labbra, sollevando una mano e posandola sul suo collo, percependo sotto le dita il battito del suo cuore che correva veloce come il proprio e stringendogli con l’altra i capelli, sentendoli morbidi tra le dita.
Solo quando furono entrambi in difetto di fiato, Yamada si rese completamente conto di quello che era appena successo e si scostò da lui, guardandolo con fare pentito.
“Ryosuke” lo chiamò Daiki, notando i suoi occhi combattuti e appena spaventati probabilmente dai suoi stessi sentimenti.
Yamada scosse la testa, cercando di ritrovare la voce per spiegare, posando le mani sulle spalle del più grande.
“Non devo” chiarì. “E tu non puoi!” specificò.
“Sì, sì che posso invece. Non ho mai potuto desiderare niente di più giusto!” affermò Daiki, lasciando scivolare le mani dalle braccia del più piccolo sui gomiti, cercando di attirarlo verso di sé quando l’altro voleva fuggire il suo tocco.
“No. Tu sei impegnato e io non avevo nessun diritto di innamorarmi di te. Io non posso fare questo a Kei, lui è mio amico adesso e io…”
“Tu non stai facendo niente di male a Kei. Non stai facendo nulla di sbagliato, Ryosuke!” lo volle tranquillizzare Daiki, riuscendo a circondargli la vita con un braccio, sfiorandogli con una mano i capelli.
“Smettila, per favore” gli chiese Yamada che stava combattendo con tutto se stesso per non cedere a quelle carezze, per non lasciarsi andare tra quelle braccia e dio solo sapeva quanto avrebbe voluto farlo.
“Ormai non c’è più niente tra me e Kei, lo sai anche tu.”
“Sì, ma non è comunque giusto, perché io so quanto lui ci stia male per tutto questo e non voglio che a causa mia soffra ancora di più!” affermò.
“Il nostro rapporto ormai è lacero, strappato, non ci lega più alcun sentimento d’amore. Devi credermi!” insistette Arioka.
“Vorrei farlo, Daiki, ma se è come dici, perché state ancora insieme?” gli fece quella domanda, mettendolo davanti alla realtà. “Io lo sapevo che non dovevo lasciarmi coinvolgere, che non dovevo innamorarmi di te, ma non sono riuscito a controllarlo e ci ho provato!” strinse i pugni, adirato con se stesso.
“Ryosuke, mi dispiace” mormorò Daiki, sporgendosi per baciargli una tempia. “Hai ragione. Hai ragione su tutto ed è colpa mia” ammise e Yamada lo guardò negli occhi senza comprendere. “Voglio bene a Kei, come amico, non posso rinnegare quello che è stato, non posso dire di non averlo amato, ma è tutto un parlare al passato. E hai ragione, Kei soffre e soffre per colpa mia e adesso anche tu stai soffrendo e non avrei dovuto permetterlo!” affermò, scostandosi da lui e alzandosi dal divano.
Yamada si sentì per un attimo perso, senza più quel tocco su di sé e guardò l’altro con fare perplesso.
“Cosa fai…?” gli chiese e Daiki sorrise appena.
“Una cosa che avrei dovuto fare molto tempo fa, ma che ho sempre rimandato perché non avevo capito nulla e perché pensavo che non ci fosse niente per cui valesse la pena sistemare le cose” spiegò in modo sibillino che lasciò Yamada ancora più confuso.
“Mi dispiace, Ryosuke. Per tutto” gli disse, dandogli le spalle e uscendo dalla stanza e Yamada immaginava, anche dalla sua vita.

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