[Hikanoo-Ariyama] Let's make tomorrow a brighter and better day (05/10)

Dec 08, 2013 17:53

Titolo: Let’s make tomorrow a brighter and better day [Be the light - One Ok Rock-]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Inoo Kei, Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: slight!Dainoo, Hikanoo, Ariyama
Rating/Genere: PG/romantico, malinconico, fluff
Warning: slash
Wordcount 21.611 fiumidiparole
Note: la storia è scritta per la 500themes_ita con i prompt ‘Un altro bel casino’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: 500themes_ita

Yamada sollevò lo sguardo sulla palazzina dove abitava Kei, individuando una finestra al secondo piano, così come gli aveva detto il più grande. Prese il mazzo che gli aveva prestato, trovando la chiave che apriva il portone, entrando, sentendosi in ansia come non mai: non che stesse facendo qualcosa di sbagliato, ma non si sentiva completamente apposto con la coscienza, consapevole che vi fosse più di un motivo che aveva taciuto sia a Kei che a Hikaru, per cui si era dato tanta pena per andare a casa di Inoo.
Il primo e forse il più importante era Arioka Daiki, il fidanzato di Kei. Mentre percorreva a piedi le scale, per scaricare un po’ di tensione, Yamada, aveva pensato più volte di tornare indietro, andare al combini e comprare all’altro un pigiama e il necessario che gli aveva chiesto, eppure continuava a salire.
Non si riconosceva a dire il vero, non era da lui comportarsi in quel modo, stringere dei rapporti così intimi con i pazienti e soprattutto non gli era mai capitato di rimanere talmente colpito da qualcuno che aveva visto una sola volta e con il quale aveva scambiato pochissime parole.
Sapeva, Ryosuke, che il rapporto tra Kei e il suo fidanzato era mai giunto al capolinea, ma nonostante questo si rimproverava per stare pensando a Daiki così tanto. Nei propri pensieri addirittura lo chiamava per nome e aveva paura di essersi irrimediabilmente innamorato.
Che fosse quello il tanto chiacchierato colpo di fulmine?
Non lo sapeva e aveva paura di rispondersi: non era in grado di affrontare un altro bel casino come quello, non dopo così poco tempo, non dopo la sua ultima delusione d’amore. Non che ci stesse ancora pensando, ormai le sue ferite si erano cicatrizzate ed era riuscito ad andare oltre, ma avrebbe giurato che gli ci sarebbe voluto ancora tempo prima di ricadere nella trappola dei sentimenti. E il modo in cui il suo cuore era stato scosso dall’incontro con quel ragazzo era qualcosa che razionalmente non riusciva a spiegarsi. Nonostante questo però, aveva passato gli ultimi giorni a pensare a lui, a ripetere quelle poche parole che si erano scambiati, a rivedere lui e Kei e la strana atmosfera che aleggiava tra i due per niente serena.
E Hikaru poi aveva dato conferma a quelle che per lui erano solo sensazioni, sebbene neanche con l’amico fosse riuscito a chiedere e a parlare a lungo.
Quando arrivò davanti alla porta lesse i nomi sulla targhetta e trattenne il fiato: sollevò una mano, premendo il campanello, ma non ricevendo risposta, così come Kei gli aveva detto sarebbe successo.
Prese di nuovo le chiavi e ne infilò una nella serratura, facendola scattare, entrando in un appartamento buio.
Cercò a tentoni la luce, illuminando il piccolo ingresso e togliendosi le scarpe, cercando di non apparire troppo curioso sull’arredamento, ma di individuare al più presto la camera da letto del più grande dove Kei gli aveva detto avrebbe trovato quello che gli serviva.
Non poteva fare a meno però di sentirsi un po’ emozionato, cercando con lo sguardo dettagli che gli indicassero anche la presenza di Daiki.
Aprì l’armadio, trovando la borsa che Kei gli aveva menzionato e dal cassetto del comodino prese il pigiama e qualche cambio di biancheria, cercando il bagno e aggiungendo lo spazzolino e il deodorante.
Si soffermò un istante di più a osservare gli oggetti di uso quotidiano e personale presenti nell’armadietto accanto allo specchio, leggendo le targhette dei prodotti, interrompendosi subito quando si rese conto che il proprio comportamento stava decisamente degenerando.
Richiuse l’anta e spense la luce, tornando nella stanza, sobbalzando quando si ritrovò davanti Daiki.
“Ah!” esclamò, portandosi una mano al petto, sentendo il proprio cuore battere impazzito. “Mi dispiace, io non…” esordì. “Kei mi ha dato le chiavi, sono venuto a prendergli il cambio” spiegò, sollevando la borsa, mostrandogli il contenuto. “L’abbiamo dovuto ricoverare, ma non è nulla di preoccupante, sta bene, è solo… sto per sentirmi male” sfumò in un mormorio, troppo agitato per poter continuare, inginocchiandosi sul pavimento.
“Ehi, stai calmo!” gli disse subito Daiki andandogli vicino. “Respira! Sono sorpreso, sì, credevo fosse Kei, ma…” rise appena, guardandolo, trovando la sua espressione molto buffa, un misto tra imbarazzo e desolazione. “Sei tu” gli disse e Yamada a quella semplice affermazione sentì il proprio cuore perdere un battito. “Sei l’infermiere, giusto? Ah, scusami non mi ricordo…” Arioka si portò una mano alla fronte cercando di fare memoria.
“Ryosuke!” esclamò subito il più piccolo. “Yamada…” aggiunse poi.
“Yamada, giusto!” ripeté Daiki. “Ryosuke…” continuò, imitando il modo di fare dell’altro, sorridendogli. “Ryosuke” lo chiamo, indicandogli il piccolo soggiorno. “Perché non andiamo di là, ti offro qualcosa, un bicchiere d’acqua per riprenderti magari” suggerì. “E mi racconti per bene” provò.
Yamada annuì e lo seguì, spostandosi con lui in cucina, sedendosi al tavolo.
“Mi dispiace, davvero. Kei mi aveva detto che non c’eri, non volevo certo mi sorprendessi come un ladro in casa vostra!” affermò Yamada. “Grazie” disse, prendendo il bicchiere che l’altro gli porgeva, bevendo un lungo sorso.
“Di sicuro se anche decidessi di darti alla malavita, ti suggerisco di non fare il ladro. Non ci saresti portato!” scherzò Daiki per alleggerire la tensione.
Yamada sorrise e sospirò, calmandosi gradualmente.
“Ti sei ripreso?” chiese Daiki.
“Sì, grazie!”
“Mi dicevi di Kei. L’avete ricoverato? Perché? E perché non mi ha chiamato, avrei potuto preparare io la borsa” cercò di capire e Yamada si affrettò a spiegare.
“Stamattina Kei doveva ritirare gli esami fatti la settimana scorsa ma si è scordato. Ci siamo incontrati al combini e, anche se non avrei dovuto farlo, gli ho proposto di seguirmi all’ospedale per il ritiro. Ci sarebbe un orario da rispettare per queste cose” spiegò meglio. “Solo che ha avuto un capogiro e Hikaru che era con me, non gli ha permesso di rientrare. Sapevi che Kei ha saltato i pasti ultimamente? Si è molto indebolito e non stava propriamente bene” gli fece presente.
Daiki scosse il capo: “Purtroppo sto lavorando molto e non passiamo tanto tempo insieme, ci vediamo poco anche a casa” ammise.
“Capisco” annuì Yamada, guardandolo da sotto in su. “Non si possono ricevere visite fuori l’orario, per questo sono passato io a casa. E per questo che mi hai trovato qui. Scusa, davvero se sono entrato senza avvisarti, ma Kei pensava lavorassi e non ti voleva disturbare” gli disse.
Arioka non disse nulla, annuendo solamente.
Ryosuke lo guardò poi si alzò sistemando la sedia: “Sarà meglio che vada adesso! Se ti torna bene, puoi passare domani l’orario di visita è in tarda serata” lo informò e Daiki annuì.
“Sì, grazie! Mi scuso per il disturbo che ti abbiamo dato chiedendoti di venire qui” affermò, inchinandosi leggermente.
“Nessun disturbo, davvero” gli sorrise il più piccolo rassicurante.
Arioka accompagnò l’infermiere alla porta e lo salutò: “Grazie ancora, Ryosuke” gli disse, sorridendo e Yamada trattenne inconsciamente il fiato, sperando che l’altro non se ne accorgesse
Riuscì solo a scuotere la testa in segno di diniego e si avviò verso le scale, fermandosi a metà dei gradini quando sentì la porta chiudersi e solo allora tornò a respirare normalmente. Si poggiò con la schiena al muro dietro di sé, battendo appena la testa contro la parete, fissando un punto sul soffitto.
“Ma cosa stai facendo, Ryosuke?” si chiese, tornando dritto, riprendendo a camminare.

“Ryo, dove sei? Ti sarai mica perso?” Hikaru guardò Kei, storcendo il naso, facendo ridere il più grande che si portò una mano alla bocca per non emettere suono.
“Sto arrivando, sono quasi all’ospedale. E io non mi perdo!” aggiunse con fare piccato, mettendo giù.
“Sta arrivando!” disse Yaotome, informando Kei, il quale rise.
“Sei cattivo!”
“Beh, ma quanto ci vuole!” gli chiese, sedendosi sul letto accanto a lui e Kei sospirò, un suono diverso da quelli a cui Hikaru era abituato, tanto che non riuscì a trattenersi dal voltarsi verso di lui e guardarlo.
“Che c’è?” chiese il più grande.
“Nulla è solo che mi sembri più tranquillo, più rilassato” osservò.
“Yamada mi diverte molto a essere sincero, ma non lo dico per male. Insomma, mi piace come ragazzo, ecco, in quel senso!” spiegò e Hiakru lo guardò inarcando un sopraciglio. “Oooh, no!” precisò ancora Inoo. “Neanche in quell’altro senso!” chiarì. “Intendo che è una persona che mi piacerebbe avere come amico, è una di quelle presenze che riescono a farti dimenticare i problemi secondo me, con cui puoi distrarti facilmente e staccare!” spiegò.
Yaotome annuì e sorrise: “Sì, ho capito. In effetti è così. L’unica cosa che deve imparare è a lasciarsi andare e permettere a sua volta che gli altri lo aiutino a sentirsi bene!”
“Sì, mi dà idea che sia fatto proprio così!” gli disse. “Senti, ma questa cosa la devo tenere ancora per molto?” domandò Kei indicando il tubicino che aveva al braccio.
“Certo, tutta la notte!”
“Cosa?”
“Così impari a mangiare quando dovresti!” lo riprese Yaotome.
“Oh, ma dai! Sto bene, sono in gran forma!”
“Come no!” lo ignorò Hikaru.
“Non ci credi? Guarda!” gli disse Inoo, spingendolo per una spalla, sbilanciandolo verso il letto.
“Ehi!”
“Visto? Non fossi stato bene non ti avrei mosso!”
“Questo perché mi hai preso alla sprovvista! Riprova!”
Kei ripeté il gesto, spingendo di nuovo Hikaru, mandandolo disteso completamente e sorridendo in modo eloquente.
Hikaru si sollevò sui gomiti e lo guardò di traverso: “Devi ringraziare che sei un mio paziente e non posso ribattere. E comunque questo non è un metodo che indica che tu stia realmente bene o meno!” precisò, tornando seduto e fissandolo negli occhi, facendogli una smorfia di beffa.
Kei scoppiò a ridere, sinceramente divertito da quel suo modo di comportarsi: “Continuo a sostenere che mi fa strano pensare che tu sia un medico, non ti comporti come tutti gli altri!” gli disse.
Hikaru lo fissò, trovando meraviglioso quel suo modo di incurvare le labbra, il suono della sua voce finalmente distesa, la sua leggera risata.
“E io continuo a sostenere che quando ridi sei bellissimo” disse, sorprendendosi a sua volta di aver espresso quel pensiero ad alta voce.
Kei lo fissò a labbra appena socchiuse e Hikaru si affrettò ad aggiungere qualcosa, per giustificare quel suo pensiero: “Intendo che non sta bene essere sempre pensierosi e corrucciati, poi ti vengono le rughe, qui!” aggiunse, cercando di buttarla sullo scherzo, sfiorandogli con il pollice lo spazio tra le sopracciglia, muovendo il dito in un breve tratto dal basso verso l’alto, ritrovandosi a guardare quasi incantato il volto di Kei, il quale a sua volta lo fissava, in silenzio.
Hikaru continuò a sfiorargli la fronte, prima di spostare la mano verso l’altro scostandogli la frangia, scivolando indietro sulla testa, incerto se stessero ancora respirando entrambi.
“Eccomi, scusate il ritardo!” Yamada irruppe nella stanza quasi di corsa, costringendo Hikaru e Kei a separarsi velocemente e il medico fece un balzo giù dal letto, indietreggiando di qualche passo.
“Eh?” Yamada li guardò stranito, avvicinandosi al letto del paziente, scrutandolo. “Kei, sei tutto rosso!” gli disse, voltandosi poi verso l’amico. “Cosa gli hai fatto? L’hai sgridato, vero? Hikka, non si fa, anche se Kei si è trascurato ha capito che ha sbagliato, vero?” tornò a rivolgersi al più grande e Kei annuì.
“Sì, ma non è come pensi, non mi ha… non importa!” sorrise, indicando la borsa. “Hai trovato tutto?”
“Ah, sìsì, ecco!” gli porse la tracolla che Inoo aprì, tirando fuori il pigiama.
“Ryo” Hikaru chiamò l’amico, che lo guardò in attesa. “Io vado adesso, stai tu con lui?”
Yamada annuì con sicurezza.
“Vai, grazie! Lo aiuto io, poi lo metto a letto e inizio il mio giro” assicurò.
“Kei, domani inizio il turno nel primo pomeriggio” spiegò Hikaru al proprio paziente, il quale annuì, alzandosi dal letto per spostarsi con l’asta della flebo verso il bagno per potersi cambiare.
“Sì, grazie!”
“Riposa e non pensare a niente!”
“Sei nelle nostre mani ora!” aggiunse Yamada sorridendo.
Kei annuì e ricambiò.
“Grazie. E grazie anche a te, Hikaru!” aggiunse, guardando il medico, soffermandosi qualche secondo in più a specchiarsi in quegli occhi.
Yamada li osservò, facendo passare lo sguardo dall’uno all’altro, abbassando poi il capo, sorridendo appena.
“Io vado, Ryo” catturò di nuovo la sua attenzione Yaotome e l’altro annuì.
“A domani, Hikka!” lo salutò.

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