Titolo: Let’s make tomorrow a brighter and better day [Be the light - One Ok Rock-]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Inoo Kei, Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: slight!Dainoo, Hikanoo, Ariyama
Rating/Genere: PG/romantico, malinconico, fluff
Warning: slash
Wordcount 21.611
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la
500themes_ita con i prompt ‘Imitazione di una vita’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
500themes_ita Kei entrò nel mini market, salutando con un leggero cenno del capo i cassieri: era ormai da diversi anni che andava sempre a fare la spesa da loro, per cui spesso capitava che scambiassero più di un distratto e freddo ‘buongiorno’, talvolta soffermandosi a un più colloquiale ‘ciao’ o ‘come va?’. Inoo sapeva benissimo che non doveva dare a quei gesti alcun tipo di importanza particolare, ma gli piaceva pensare di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno. Era caduto in quella specie di circolo vizioso della quotidianità di gesti ripetuti sempre uguali e che gli facevano meglio apprezzare anche piccole cose, come quelle di uscire a fare la spesa e vedere volti diversi, volti che sorridevano, magari realmente lieti di vederlo o di chiacchierare con lui.
Era ingiusto a parte sua pensarlo, se voleva che le cose cambiassero, se voleva smettere di stare così male allora bastava poco, lo sapeva, le sue erano solamente scuse, eppure non riusciva a fare niente che non fosse continuare in quello stato di cose.
Sapeva che non poteva definirsi vita la sua, se non un’imitazione della stessa, credendo di poter avere la pretesa di definirla tale quando invece era tutto l’opposto. Viveva in una sorta di prigione che lui stesso si era creato, un rifugio dal quale lui e Daiki volevano disperatamente fuggire, ma che in qualche modo trovavano rassicurante.
Un controsenso nel quale si crogiolavano sia lui che il fidanzato, continuando a stare insieme e a farsi del male. Volontariamente.
Era immerso in questi pensieri Kei, quando sentì una mano sulla spalla e una voce chiamare il suo nome. Si voltò e vide il sorriso di Yamada, l’infermiere che l’aveva visitato quando era andato all’ospedale.
“Oh, ciao!” gli disse, strizzando gli occhi, ritornando al presente. “Scusami, mi chiamavi da molto? Ero assorto!” spiegò.
“In effetti sì. Sei rimasto a fissare quella confezione di shampoo per cinque minuti buoni!” gli disse, ridendo appena. “Scusami, forse non avrei dovuto importunarti, ma volevo salutarti!” esclamò il più piccolo.
Inoo scosse il capo, tranquillizzandolo: “Hai fatto bene, figurati!”
“Volevo chiederti come stai? E se sei passato a ritirare gli esami?” si informò.
“Oh!” Kei aprì appena la bocca, spalancando gli occhi. “Il referto! Era oggi, vero?”
Yamada annuì e chinò il capo.
“Accidenti!” Kei piegò il braccio, controllando al polso l’orologio e sospirando. “Ora non faccio a tempo, vero? Ma dove ho la testa?” si rimproverò e Ryosuke gli sorrise, posandogli una mano sul braccio.
“Figurati, puoi passare anche domani, te li metto da parte se vieni presto!” gli consigliò. “Ho il turno tra poco e starò in ambulatorio tutto il tempo!”
Kei lo guardò, grato per quel suggerimento, storcendo poi la bocca.
“Ci sono problemi?” domandò Ryosuke, intuendo la sua preoccupazione.
“In realtà domani volevo stare a casa a lavorare, devo consegnare un progetto per il fine settimana e ancora non ho terminato” rifletté ad alta voce.
“Beh, se non puoi basta che firmi il foglio di rilascio delegando qualcuno. Può venire anche il tuo fidanzato, se si presenta con un documento” trovò per lui la soluzione, ma a quella prospettiva, Kei entrò ancora più nel panico.
“Oh no, no! Questo è impossibile. Impossibile!” affermò, muovendo le mani in segno di diniego. “Verrò io! Non importa” assicurò.
Yamada lo guardò alcuni istanti perplesso poi sospirò: “Kei?” provò. “Scusa…” ci pensò poi dopo, ma l’altro sorrise.
“Kei va bene!” concesse.
Yamada sorrise e annuì.
“Se vuoi, possiamo andare insieme all’ospedale, adesso. Entri con me, ti do i referti e poi puoi tornare a casa, poi sistemerò io le carte di modo che tutto risulti in regola!” spiegò, facendogli l’occhiolino.
“Davvero?” chiese Kei, incredulo.
“Sarà il nostro piccolo segreto!” gli disse, l’infermiere posando l’indice contro le labbra.
“Oh, grazie mille, Yamada-kun!” esultò il più grande, prendendogli le mani. “Ti devo un favore!” affermò.
Yamada rise e scosse il capo: “Non mi devi niente. E anche tu puoi darmi del tu!”
Kei lo guardò un momento dubbioso, poi parlò: “Ma non so come ti chiami!”
“Ryosuke!” si presentò l’altro e Inoo annuì.
“Bene, Ryo-chan, allora prendo queste cose, passo un attimo a casa, tanto è qui vicino, e possiamo andare. Puoi aspettarmi?”
“Certo, vengo con te!” gli disse, prendendo a sua volta dei bento per il suo spuntino notturno: quando aveva quei turni così lunghi gli veniva spesso appetito agli orari più disparati, e scortò Kei a casa, restando ad aspettarlo giù in strada.
“Eccomi, scusa!” gli disse il più grande quando tornò da lui, camminando insieme verso l’ospedale. “Sei davvero gentile a farmi questo favore!” lo ringraziò nuovamente e Yamada minimizzò.
“Non faccio nulla e poi sono le tue analisi!”
“Lo so, ma le regole vanno rispettate… è che sono stato preso da diverse cose ultimamente e tendo a scordare le cose importanti. Troppi pensieri” aggiunse.
“Sei stato di nuovo male per caso?”
“No no!” assicurò Kei e Yamada lo guardò sollevando un sopraciglio.
“Non sono svenuto di nuovo!” precisò Kei, prima di confessare qualcos’altro. “Ho solo dei continui cerchi alla testa, ma non voglio dire nulla a Daiki, per cui, facciamo che anche questo sarà un nostro segreto. Non voglio farlo preoccupare!”
Yamada aspettò qualche secondo prima di parlare di nuovo: “Il segreto sarà tra me, te e Hikaru, perché ho intenzione di dirglielo!”
“Ryosuke!” lo rimproverò Kei.
“Ah, puoi riprendermi quanto vuoi, ma anche se non sono ancora un medico a tutti gli effetti è il mio lavoro e poi non sono cose da sottovalutare queste. Non ti devi trascurare. Dici che non vuoi far preoccupare il tuo fidanzato, ma secondo me così facendo ottieni solo l’effetto contrario!”
“Tanto qualsiasi decisione io prenda non andrà bene lo stesso” mormorò Inoo e Yamada lo fissò con espressione confusa. A essere incero aveva notato fin da subito una strana atmosfera tra i due la prima volta che li aveva visti e Kei in quel momento non faceva altro che confermare la sua teoria. “Scusami” aggiunse poi. “Non intendevo caricati dei miei problemi” si scusò.
“Non c’è problema, quello che mi dici resterà tra me e te” assicurò il più piccolo, percorrendo poi insieme a Kei in silenzio l’ultimo tratto di strada prima di arrivare al’ospedale.
“Aspettami un secondo qui!” gli chiese Yamada, entrando nella stanza delle visite, lasciando Kei seduto in sala d’attesa.
Il più grande si guardò intorno, l’ospedale a quell’ora era decisamente silenzioso, vi erano solo pochi infermieri che di tanto in tanto camminavano per i corridoi e c’era un silenzio quasi irreale.
“Kei?” una voce familiare fece voltare Inoo, il quale si alzò di scatto e si inchinò in avanti, salutando Hikaru.
“Yaotome-sensei, buonasera!” disse, educatamente.
“Cosa ci fai qui, stai di nuovo male?” domandò Hikaru, avvicinandosi a lui.
“No, io ecco…” Kei non sapeva cosa dire, non si aspettava di rivedere Hikaru e non era certo che il suo nervosismo fosse dovuto unicamente al fatto che non dovesse trovarsi lì a quell’ora.
“Kei, eccoli li ho… Hikaru!” Yamada si bloccò con la cartella con gli esami di Kei in mano, guardando l’amico con occhi grandi. “Cosa ci fai ancora qui?” gli chiese, dal momento che, a che risultava sul calendario, quello sarebbe dovuto essere il suo giorno libero.
“Cosa state combinando voi due?” domandò il medico rivolto a Yamada, guardando poi Kei.
“Ti prego, non prendertela con lui è colpa mia!” lo difese subito il più grande. “Stamattina dovevo ritirare gli esiti, ma mi sono scordato e domani avrei avuto lo stesso difficoltà a venire, per cui Ryosuke mi ha fatto il favore di farmi passare!” gli spiegò rapidamente, sollevando le mani giunte sopra la testa, sperando non li sgridasse più del dovuto.
Hikaru lo guardò, intenerito dalla sua reazione e gli mise una mano sulla spalla, tranquillizzandolo: “Ehi, ehi, Inoo-kun, non c’è bisogno, è tutto apposto. Non sono arrabbiato. Sono venuto solo a portare a questo smemorato le chiavi di casa. Però vi devo dire che siete stati fortunati che fossi io e non qualcun altro” sottolineò, guardando Ryosuke negli occhi.
“Scusa” disse il più piccolo, avvicinandosi ai due e porgendo a Kei il suo fascicolo.
“Grazie!” gli disse questi, allungando una mano, ma quando Ryosuke lasciò la cartella, questa cadde a terra.
Kei scosse la testa, stordito, osservando il pavimento e anche gli altri due lo osservarono.
“Siediti!” suggerì prontamente Hikaru, prendendolo per un polso e controllandogli il battito.
“Che cos’hai?” chiese Yamada, guardando Kei, il quale lo fissò scuotendo il capo.
“Nulla, sto bene!”
“Io non direi!” si intromise Hikaru, posandogli una mano sulla fronte e sul collo. “Il tuo battito non è normale. Ti sei agitato subito, respira Kei, non è successo nulla. Calmati!” gli parlò, usando un tono fermo ma allo stesso tempo gentile, guardando poi Yamada. “Vai a preparare una stanza.”
“Eh?” si stupì l’infermiere.
“Che cosa? Hikaru, per favore, non occorre, sto bene!”
Yamada guardò Kei che aveva chiamato il medico con tanta familiarità, cosa che, non gli era sfuggita, prima anche l’amico aveva fatto con il loro paziente.
“Non stai bene Kei, il tuo battito è troppo accelerato e ti devi calmare. Inoltre hai lasciato cadere la cartella e le tue dita tremavano!” notò.
“Sono un po’ stanco, quello sì e non mangio nulla da stamattina, sarà un calo di zuccheri, tutto qui!” si impuntò il più grande.
“Cosa?” Yamada lo guardò sconvolto. “Kei, non devi trascurarti!” lo rimproverò.
“Stai mangiando regolarmente?” domandò Hikaru, intuendo la possibile causa di quei disturbi. “E non mentirmi, tanto non uscirai comunque da qui, stasera!” lo precedette e Inoo sospirò.
“Può essere che abbia saltato qualche pasto in questi giorni, ho una scadenza a breve e me ne sono dimenticato” ammise.
“Come fai a dimenticarti di mangiare?” si stupì Yamada, per lui era una cosa praticamente impossibile.
Hikaru lo guardò e non poté fare a meno di trattenere un sorriso alla sua reazione.
“Yama-chan, la stanza!” gli ricordò.
“Sì, vado!” il più piccolo si allontanò veloce per cercare un’infermiera lasciando i due da soli.
Hikaru controllò ancora qualche istante il battito di Inoo e poi lo lasciò andare, guardandolo con un sorriso rassicurante.
“Kei…” lo chiamò e questi alzò lo sguardo su di lui con fare dispiaciuto.
Yaotome rise e Inoo lo guardò confuso.
“Scusami se rido, ma mi fai tenerezza, sembri un cucciolo. Non ho intenzione di sgridarti, sono solo molto preoccupato per la tua salute” chiarì.
Kei annuì e sospirò, poggiando meglio le spalle allo schienale della seggiola, distendendo in avanti le braccia.
“Sono un caso senza speranza, non ne faccio una giusta. E più non voglio arrecare fastidi, più ne creo” commentò, guardandosi la punta delle scarpe.
Hikaru stette ad ascoltare quel suo sfogo e storse appena la bocca, avrebbe voluto chiedere o dirgli qualcosa per tirarlo su e farlo stare tranquillo, ma non sapeva come esordire, in fondo lui non era nessuno e i problemi di Kei lo riguardavano fino a un certo punto: il suo dovere era accertarsi che stesse bene eppure non poteva intromettersi oltre nella sua vita privata.
“Hikka, è pronta!” la voce di Yamada attirò l’attenzione dei due i quali si alzarono e Yaotome prese la cartella con gli esami di Kei, sfogliandola.
“Vieni, Kei” lo incentivò a seguirlo, prendendolo per mano. “Vedrai che non dovrai stare qui molto” lo rassicurò e l’altro annuì. “Ti ho fatto preparare la stanza più bella e ti ho fatto mettere in una singola!” affermò entusiasta.
“Grazie, ma sarebbe andata benissimo qualsiasi stanza!” assicurò, mentre entravano nella camera e Kei si osservava intorno.
“Forse mi serve un pigiama” commentò, guardando gli altri due.
“Non puoi farteli portare dal tuo fidanzato? Inoltre dovresti chiamarlo per dirgli che sei qui!” gli ricordò il più piccolo.
Kei, senza poterlo impedire, trattenne il fiato, agitandosi di nuovo un po’.
“Ah, sì, forse… forse dovrei, ma mi aveva detto che avrebbe lavorato fino a tardi e…”
Hikaru vide il suo stato e intervenne, avvicinandosi ai due.
“Ryo, non sfidiamo oltre la fortuna e lasciamo le cose come stanno. Non puoi fare entrare le persone nell’ospedale a tuo piacimento” gli ricordò. “Per oggi può usare un pigiama di quelli che abbiamo in magazzino” suggerì quella soluzione.
“Eddai, Hikka, scherzi?” lo contraddisse il più giovane. “Quella roba io non la metterei mai!”
“Guarda che sono ancora incartate!”
“Lo so, ma non mi piace!”
Hikaru lo guardò e poggiò le mani sui fianchi: “Quindi hai altre soluzioni?” gli chiese.
“Sì!” affermò Yamada.
Kei lasciava passare lo sguardo dall’uno all’altro confuso.
“Non vi voglio dare disturbo, davvero, metterò il pigiama che Hikaru…” tentò, ma Yamada lo fermò.
“Assolutamente no! Andrò io a prendere il tuo pigiama!”
“Cosa?” esclamarono in coro i due più grandi.
“Sì. Se per Kei va bene, posso passare a casa sua. Ho visto dov’è e se si fida…” buttò lì.
“Yama-chan!” lo rimproverò Hikaru. “Non puoi permetterti simili proposte, abbi un po’ di…”
“Per me va bene!” si intromise Kei. “Se lui non lo considera un problema, va bene!”
“Hai visto?” Yamada si rivolse a Hikaru con espressione eloquente.
“Ryosuke…” lo riprese il più grande.
“Se ti servono altre cose non farti problemi a chiedermele! Visto che ci sono lo faccio con piacere!” gli assicurò e Kei annuì.
“Se potessi procurarmi lo spazzolino te ne sarei grato!” gli disse Inoo arrossendo un poco. “E un cambio!” aggiunse.
Yamada sorrise e gli posò una mano sul braccio con fare rassicurante.
“Scrivimi tutto e dove trovarlo!” gli disse, prendendo un foglio dalla tasca del camicie e porgendogli anche una penna.
Yaotome guardò i due sospirando, soffermandosi sulla figura di Kei il quale, chino sul letto, appuntava qualcosa e parlava con Ryosuke.
“Tieni, queste sono le chiavi. Dai-chan non dovrebbe essere in casa” lo informò e l’altro annuì.
“Per sicurezza suonerò al campanello prima!” assicurò, salutando poi i due e avviandosi verso l’uscita.
Rimasti nuovamente da soli, Hikaru e Kei si guardarono, poi il più grande si sedette sul letto, lasciando ondeggiare i piedi.
“Mi dispiace davvero tanto procuravi tutti questi fastidi. Non parlo solo della mia salute, ecco, dico anche per la situazione” tergiversò, ma Hikaru lo comprese comunque.
Si avvicinò a lui, poggiandosi con un fianco al materasso, restando in piedi davanti a lui.
“È a me che dispiace. Io e Yamada non siamo stati molto professionali con te. Quello si sta anche intrufolando a casa tua!” gli disse, storcendo la bocca e Kei rise appena.
Yaotome lo guardò sorpreso, era la prima volta che lo vedeva con quell’espressione e pensò che fosse proprio bello, sebbene nei sui occhi ci fosse ancora un’ombra di malinconia.
“Credo di non essere stato molto corretto nei tuoi confronti” aggiunse poi e Inoo lo guardò confuso. “Ho capito che cosa ti fa agitare e volevo evitarlo ancora, per questo ho detto a Ryosuke che non potevi ricevere visite, non a quest’ora” affermò.
Kei annuì e gli fu grato per quel pensiero.
“L’ho capito e ti ringrazio. Dovrei imparare a essere più forte e controllare le mie emozioni. In questo modo lo so, mi faccio solo del male” affermò.
“Voglio solo capire se devo preoccuparmi o meno più di quanto stia già facendo” gli chiese Hikaru guardandolo.
Inoo scosse il capo: “No, sono solo io che reagisco in modo esagerato, ma è una situazione che va avanti da troppo tempo e io sono stanco. Non riesco a uscirne. Daiki… lui non è cattivo, non voglio che tu lo pensi, è solo che non riusciamo più a comunicare come un tempo, a capirci. Lo so che si preoccupa per me, so che non vuole che io stia male e a sua volta non riesce a rapportarsi con quello che ci sta succedendo” spiegò. “Non ha molto senso, vero? La soluzione sembra essere scontata, ma…”
“Non è vero” lo interruppe Hikaru. “Io non ti sto giudicando, affatto, né voglio in alcun modo giudicare il tuo fidanzato, perché sono cose vostre e capisco che all’esterno si abbia una visione differente della situazione. Solo tu che la vivi sai realmente cosa provi e i motivi che ti portano a comportarti in un determinato modo. Non posso essere io, né nessun altro a dirti cosa fare, quello che posso fare per te è ascoltarti, quando avrai bisogno di parlare. Se senti di volerti sfogare” gli disse, senza volerlo forzare, ma semplicemente facendogli sapere che, per qualsiasi cosa ci sarebbe stato.
Kei restò in silenzio, annuendo per fargli capire che aveva ascoltato con attenzione e apprezzava il suo supporto, accennando un sorriso.
“Vado a cambiarmi e a procurare il necessario per la flebo” gli disse, allontanandosi.
“Aspetta, ma non eri di riposo?” ricordò solo in quel momento quello che Ryosuke aveva detto quando aveva visto l’altro in ospedale.
“Tranquillo, non ci sono problemi. Aspetto che arrivi Ryosuke, poi ti affiderò a lui!” affermò, sorridendogli e uscendo dalla stanza.