01 Hikaru era preoccupato, anche una volta tornato dal mare, Yamada non sembrava essere il solito di sempre, stava in disparte, a pranzo aveva mangiato poco e niente, solo Ichigo-sensei era riuscita, con il classico stratagemma dell’aeroplano, a fargli mangiare alcuni pezzetti di salmone, ma poi il piccolo non ne aveva più voluto sapere. Anche quando tutti erano stati sistemati nella palestra adibita per l’occasione a zona relax era stato inquieto e non era riuscito a dormire; non aveva voluto stare buono ad ascoltare la storia, non erano servite le carezzine rilassanti sulla schiena o tra i capelli o i tentativi di rabbonirlo con la promessa di fargli trovare al suo risveglio il bellissimo disegno di una fragola che poi si sarebbe divertito a colorare.
Dato che la situazione era sotto controllo, allora, Hikaru aveva potuto prendere il piccolo ribelle e uscire con lui dalla stanza.
“Yama-chan, perché non vuoi dormire?” gli chiese. “Non sei stanco?” suppose, visto che, lui per primo, se avesse potuto, dopo un’intensa giornata al mare come quella, avrebbe volentieri fatto un pisolino.
Yamada scosse il capo, abbassando lo sguardo e stringendo la maglietta di Hikaru con una mano.
“Hai avuto tanta paura oggi in acqua?” gli chiese dolcemente, sedendosi su una panca, in disparte da eventuali rumori e per non disturbare gli altri che riposavano.
Ryosuke annuì.
“Ehi, il gatto ti ha mangiato la lingua?” domandò ancora, cercando di farsi dare attenzione, solleticandogli poi la pancia. “O è stato per caso il folletto?” continuò, mentre con le dita percorreva la gamba verso il pancino. “O forse la fatina dei boschi che ha voluto farti uno scherzetto?” rise, mentre vedeva un timido sorriso spuntare sul volto di Yamada e il bimbo stringersi nelle spalle, per cercare di sfuggire al solletico, emettendo una piccola risata.
“Aaah, ma allora parli?” continuò Hikaru, prendendolo per i fianchi, sistemandoselo meglio sulle gambe.
Yamada lo guardò e Hikaru attese che gli parlasse.
“Yuri Chii-chan non vuole essere mio amico” disse timidamente, guardando i disegni sulla maglietta di Hikaru, il quale prese ad accarezzargli la testa, portandogli i capelli dietro l’orecchio e ripetendo con le dita quel movimento svariate volte.
“Ma non è vero? Era solo un po’ arrabbiato perché non ha potuto tuffare e l’ho messo in punizione, ma vedrai che domani tornerete a giocare insieme” lo rassicurò, passandogli la mano libera sulla schiena, avvicinandolo al proprio petto e Yamada parve rilassarsi. Hikaru continuò a cullarlo con quei movimenti ipnotici della mano, vedendo che finalmente chiudeva gli occhi esausto e sorrise, senza smettere di accarezzarlo ancora per un po’.
*
Un tocco sulla spalla lo riscosse e Hikaru aprì gli occhi, destandosi di scatto e sorreggendo con il braccio il corpo di Yamada, ancora addormentato su di sé; istintivamente lo guardò in viso ma, fortunatamente, quel suo brusco movimento, non l’aveva destato.
“Mi scusi” parlò il ragazzo che l’aveva svegliato.
“Oh, sì scusi, posso aiutarla?” chiese a bassa voce Hikaru, dondolando per cullare Yamada e guardandosi attorno; nella scuola c’era particolarmente silenzio e la cosa era sospetta. Una risatina attirò poi la sua attenzione e Hikaru fece appena in tempo a vedere due teste femminili sparire velocemente dentro l’aula.
“Quelle due…” borbottò, rivolgendosi poi all’uomo che aveva appena parlato.
“Mi chiamo Yabu Kota e lei ha in braccio mio figlio, sono venuto a prenderlo” ripeté il ragazzo e Hikaru spalancò gli occhi, notando quanto fosse giovane.
“Oh, sì… certo, scusami… scusami tanto, ecco!” gli disse, mettendogli in braccio Yamada il quale si destò piano.
Aprì gli occhi, mugolando e vedendo Hikaru sorridergli, restò per un istante spaesato non riuscendo a capire tra le braccia di chi fosse, rallegrandosi immediatamente quando vide il padre.
“Papà!” esclamò, abbracciandolo.
“Ryo-chan, ben svegliato!” lo coccolò l’altro, sollevando le braccia, facendo ridere il figlio. “Hai fatto tanta nanna” gli parlò, sistemandoselo meglio in braccio e Hikaru a quel punto intervenne.
“A dire il vero, oggi Ryosuke ha riposato pochissimo, non riusciva ad addormentarsi; stamattina siamo stati al mare e c’è stato un piccolo incidente” spiegò. “Un altro bimbo l’ha spinto e anche se io stavo davanti a loro, non ho potuto impedire che Ryosuke cascasse in acqua. Si è spaventato parecchio ed è stato mogio per tutto il giorno” gli spiegò, chinandosi velocemente in un inchino. “Mi dispiace per la mia disattenzione.”
Il ragazzo gli sorrise e gli toccò una spalla per fare in modo che si risollevasse.
“Non c’è bisogno, rialza la testa” lo rassicurò. “Comprendo che sia difficile avere a che fare con i bambini, anche se li si tiene d’occhio loro sono davvero abili se devono combinare qualche marachella. L’importante è che nessuno si sia fatto male. Ryo-chan si è solo spaventato molto, immagino, vero, tesoro?” chiese, rivolgendosi al figlio il quale annuì, stringendogli il collo.
“Hikka-sensei ha sgridato Chii-chan, abbiamo fatto pace, però” spiegò il bambino, come a voler riscattare il maestro agli occhi del padre.
“È un bravo maestro, Hikka-sensei!” affermò Yabu, guardando il piccolo Yamada che gli sorrise, prima di rivolgersi di nuovo all’educatore. “Gli sei rimasto molto impresso, a casa non ha fatto altro che parlare di te” gli disse e Hikaru sorrise, chinandosi leggermente imbarazzato.
“Ah, io… grazie” disse, allungando una mano e facendo il solletico a Yamada che rise.
“Buon pomeriggio!”
Una nuova voce si era fatta udire, entrando nell’asilo e Hikaru si scusò con i due, indicando a Yabu quale fosse il posto in cui avrebbe trovato le cose del figlio, avviandosi verso il nuovo arrivato e venendo sorpassato da un velocissimo Chinen che, udito il saluto, era schizzato fuori dall’aula, correndo verso il giovane, saltandogli in braccio.
“Onii-chan!” urlò, venendo preso in braccio dal fratello. “Finalmente sei arrivato! Andiamo!” gli disse il piccolo, scalpitando per tornare con i piedi per terra e prendendogli la mano, tirandolo verso il proprio zainetto; se lo mise in spalla, prendendo per mano l’altro.
“Ehi, ehi, tu, dove credi di andare?” lo riprese Hikaru, fingendo un tono serio, poggiandogli una mano sulla testa.
“Hikka-sensei, lasciami!” si divincolò seccato Yuri, venendo ripreso dal fratello.
“Yuri! Non essere maleducato con il tuo insegnante!” si scusò il più grande, presentandosi. “Mi chiamo Yuya, sono il fratello di questo piccoletto” sorrise, prendendo il fratellino per le mani, sistemandolo davanti a sé.
Yuri chinò il capo, salendo sui piedi del più grande e Hikaru si abbassò per essere alla sua altezza.
“Non si saluta prima di andare?” gli chiese, facendogli il solletico sui fianchi, vedendolo sorridere leggermente, anche se tentava di restare serio. Yuri rispose con un frettoloso ‘ciao’ prima di voltarsi e nascondere la testa tra le ginocchia del fratello.
I due ragazzi più grandi risero di quel suo comportamento, poi Yuya si rivolse a Hikaru.
“Ha fatto da bravo oggi? So che dovevate andare al mare” si informò.
Hikaru guardò con la coda dell’occhio Chinen, aspettando che fosse lui a parlare e Yuya lo guardò a sua volta.
“Yu-chan?”
Chinen si nascose di più contro di lui, poi i tre sentirono una voce esclamare: “Chii-chan mi ha spinto nell’acqua!”
“Cosa?” Yuya guardò il piccolo che aveva parlato e che teneva la mano del giovane padre, prima di guardare il fratello. “Yuri cosa hai fatto?”
“Lui voleva tuffare prima di me!” ricominciò il più piccolo e Hikaru intervenne prima che potessero nascere delle incomprensioni tra i bambini e i parenti.
“Stavamo facendo tuffare i bambini, Yama-chan non si è accorto che Yuri era prima di lui e l’ha superato senza volerlo, così Chinen l’ha spinto. Ma non è successo niente, ho parlato con entrambi e hanno fatto pace, vero?” chiese ai due che, dapprima si guardarono, poi annuirono, tornando a stringere la mano chi del padre e chi del fratello.
Hikaru sorrise ai due, inchinandosi.
“Credo che resteranno offesi tra loro per un po’, perché ho fatto la ramanzina a entrambi, ma torneranno a far pace presto” assicurò e i due più grandi concordarono con lui.
“A domani, bambini” li salutò poi, lasciandoli finalmente rientrare a casa.
*
“Sono esausto!” Hikaru portò le mani dietro la schiena, poggiandole sul pavimento, arrovesciando il capo all’indietro, godendosi finalmente una serata di meritato riposo dopo un’intensa settimana lavorativa.
“Siamo sopravvissuti bene a questi primi giorni, no?” constatò Nobuo, ordinando un altro giro di birre per tutti. Hikaru annuì, tornando composto per mangiare, perso un po’ nel suo mondo, fino a che non venne di nuovo tirato in ballo.
“A che punto sei con Yama-chan?” chiese Yukiko-sensei.
“Mh?” il ragazzo non aveva compreso a cosa si riferisse.
“Ryosuke continua ad avere paura dell’acqua, nessuno di noi è riuscito a fargli fare il bagno in piscina, quando capita nel gruppo con te, almeno, resta seduto sul bordo della vasca” gli spiegò e il ragazzo annuì comprensivo.
“Eeeh, sarà il mio fascino!” si vantò e Ichigo-sensei gli pizzicò le guance con le bacchette.
“Sentitelo! È solo perché ti considera al suo stesso livello!”
“Cosa vorresti dire?”
“Che sei un bambino anche tu, leggi tra le righe, Hikka-sensei!” lo prese in giro Nobuo.
“Secondo me ha una cotta per te!”
“No, lui è innamorato di Chii-chan!” commentarono le due ragazze, mentre gli altri educatori si limitarono a scuotere il capo, arresi.
“Hai successo anche con i parenti, comunque!” constatò Nobuo d’un tratto, ragionando seriamente.
“Perché sono una persona affidabile” continuò Yaotome, pieno di sé, guadagnandosi un’altra occhiata scettica da parte dei colleghi.
“Parli molto con Yabu-san e Yuya-san” osservò Nobuo, ma Hikaru minimizzò. “È perché Chii-chan e Yama-chan sono nel mio gruppo e quindi fanno riferimento a me” parlò, alzandosi poi dal tavolo.
“Vado a fumarmi una sigaretta, chi viene con me?” domandò, ma nessuno dei colleghi aveva voglia di seguirlo per cui lo lasciarono andare da solo.
Hikaru uscì nel giardinetto interno dove era possibile fumare e si poggiò contro il muro, piegando una gamba, accendendosi la sigaretta e dando una prima lunga aspirata, rilasciando il fumo in piccole nuvoline concentriche, sorridendo di quelle forme; si sentiva davvero stanco, era stata una settimana di lavoro pesante, gli piaceva lavorare con i bambini, trovava che gli dessero davvero tanto e, così piccoli erano abbastanza gestibili, sebbene andassero seguiti costantemente e osservati. Personalmente aveva davvero una predilezione per il piccolo Ryosuke anche se, professionalmente parlando, non avrebbe dovuto, ma quel bambino gli piaceva tanto e faceva il tifo per lui affinché riuscisse a conquistare il cuore di Chinen. Si vedeva lontano un miglio che quel bambino gli piaceva e, per quanto fossero ancora piccoli e non avevano di certo idea di quello che facevano, erano divertenti quando battibeccavano. Chinen poi che tentava di fare il duro, sotto sotto, Hikaru ne era certo, si sentiva lusingato delle attenzioni che Yamada dava solo a lui e del modo in cui lo cercava.
Un po’ era preoccupato, però, per la situazione familiare di Yamada, fin dal primo giorno di asilo, la madre non gli aveva fatto una buona impressione e anche questa era una cosa che non avrebbe dovuto pensare, il padre invece era davvero un tipo alla mano. Era andato poche volte a prenderlo quando la moglie, da quel che Hikaru aveva capito, non poteva per via del lavoro e gli era sembrato molto affettuoso con Yamada e il piccolo di certo gli era affezionato più che alla madre, sebbene anche lei la ricercasse tanto. Non capiva quella famiglia, ma di certo non poteva permettersi di porre domande indiscrete: era solo un educatore dopotutto.
Al contrario, la famiglia di Chinen era molto unita, il piccolo stravedeva per il fratello maggiore che aveva per lui moltissime attenzioni, forse troppe e questo spiegava il perché Chinen fosse un pochino pieno di sé e viziatello, sebbene Hikaru aveva capito subito come prenderlo ed era riuscito a instaurare con lui un buon rapporto. Era certo che, a fine dell’estate, avrebbe visto i risultati del suo lavoro di educatore, già in quei primi giorni, aveva fatto notevoli progressi, sia nei rapporti con gli insegnanti che con gli altri bambini, con i quali riusciva a rapportarsi più serenamente, certo Yuri continuava a stare molto sulle sue, ma andava migliorando.
“Oh!”
Proprio in quel momento, in cui Hikaru si stava perdendo nei suoi pensieri, la porta si era nuovamente aperta e qualcuno era uscito, guardandolo sorpreso.
“Oh, sei tu!” sorrise Hikaru, spegnendo la sigaretta nel posacenere. “Che coincidenza!” rise, guardando Yabu.
“Già!” concordò con lui, estraendo dal pacchetto un filtro di nicotina e infilando le mani nelle tasche.
Hikaru prese il proprio accendino e glielo porse, accendendo la fiamma, allungando le braccia.
“Ah, grazie!” mormorò Yabu, con la sigaretta tra le labbra sporgendo il viso verso l’accendino.
“Non dirmi che c’è anche Ryo-chan?” sorrise Hikaru.
Yabu scosse il capo, rilasciando la prima nuvola di fumo, poggiandosi alla ringhiera di legno.
“Non sono qui con la mia famiglia, è una riunione di lavoro e, confesso, non vedo l’ora di essere a casa” ridacchiò.
“Comprendo bene, anche noi insegnanti siamo venuti qui a festeggiare questi primi giorni” spiegò.
“Avete fatto un buon lavoro!” si complimentò Yabu e Hikaru annuì, ringraziandolo.
“Ryosuke ti è molto affezionato, con il fatto poi che a casa non ha nessuno con cui giocare, a volte credo che si senta solo. Mia moglie è spesso via per lavoro e io per quanto posso sto con lui, ma a volte ci sono altre priorità, essere figli unici può essere un problema!” constatò.
Hikaru lo guardò e si poggiò a sua volta alla ringhiera, portando indietro i gomiti.
“Per quello c’è ancora tempo, però. E poi, sei un padre molto giovane, la prima volta che ti ho visto ricordo di essere rimasto stupito, credevo fossi il fratello!” confessò, voltandosi a guardarlo.
“Già… ho ancora ventiquattro anni dopotutto” annuì, puntando lo sguardo a terra, sul viso un malinconico sorriso.
Hikaru si rese conto di aver parlato forse troppo e si scusò, rimettendosi dritto.
“Oh… ecco, mi spiace, non volevo essere indiscreto con quell’affermazione… io… mi dispiace” gli disse, scusandosi.
Yabu spense la sigaretta fumata a metà e mosse le mani, tranquillizzandolo.
“Non hai detto niente di sconveniente, davvero. Anzi, scusami tu, oggi non è stata giornata. Sarà meglio che rientri!” si congedò.
“Ah, sì, ahm, anche io sarà meglio che torni. Ci…. Ci vediamo all’asilo. Buona serata, Yabu-san.”
Yabu che stava per voltarsi per rientrare lo guardò confuso e scoppiò a ridere.
“Eh?”
“È davvero strano sentirsi chiamare così da te, insomma… siamo coetanei, no?” gli chiese.
“Io ne ho ventidue” lo informò Hikaru e Yabu annuì.
“E sei il maestro di mio figlio. Credimi, quando dico che Ryosuke non fa che parlare bene di voi animatori e di te in particolare. Puoi darmi del tu, senza preoccuparti, altrimenti, mi fai sentire vecchio” aggiunse, prima che Hikaru potesse obbiettare.
Hikaru rise, affondando le mani nelle tasche, imbarazzato.
“D’accordo allora. Ci vediamo all’asilo. Ciao” provò, vedendo l’altro annuire e poi precederlo dentro il locale.
*
“Buon pomeriggio!”
Hikaru voltò il capo verso la voce che aveva sentito e sorrise, avvicinandosi a Yuri, posandogli una mano sulla spalla, disturbando il suo disegnare.
“Chii-chan, guarda chi c’è?”
Il piccolo si voltò e sorrise ampiamente, lo sguardo acceso di felicità, e scostò la sedia correndo verso il fratello.
“Onii-chan!”
Yuya allargò le braccia, incentivandolo ad avvicinarsi e Hikaru si mise a correre insieme a Chinen, facendo a gara con il più piccolo, prendendolo in giro.
“Prima io!” gli disse. “Yuuyan!” cantilenò, arrivando per primo dal ragazzo e prendendolo per un braccio, incastrandolo al proprio torace. Yuya rise, stringendolo scherzosamente in vita, sentendo Yuri protestare.
“Noo, lui è il mio Onii-chan!” si lamentò, giungendo accanto al fratello, stringendogli la mano e saltellando per farsi prendere in braccio.
Hikaru gli fece la linguaccia e si aggrappò maggiormente a Yuya.
“Ma sono arrivato prima io!” lo provocò, quando Yuya sollevò il fratello, vedendo Chinen guardarlo malissimo e scuotere il capo, spingendolo per una spalla.
Yuya li osservò litigare, sistemandosi meglio il più piccolo, lasciando Hikaru e abbracciandolo con entrambe le braccia.
“Ma sì, Yu-chan, io sono solo tuo!” gli disse, dandogli un bacio sulla guancia.
Hikaru incrociò le braccia al petto, sbuffando, gonfiando le braccia, ridendo della faccia soddisfatta che aveva fatto Yuri, nel sentire le parole che aveva detto il fratello.
“Tutto bene?” chiese Yuya all’insegnante, guardandolo.
Hikaru tornò professionale e annuì con il capo.
“Tutto bene, stava finendo un disegno” gli spiegò.
“Uhm, allora sono arrivato troppo presto” constatò, guardando Yuri. “Il seminario a cui dovevo partecipare è finito prima e non ho proprio guardato che ore fossero” spiegò, scusandosi.
Hikaru mosse in aria una mano.
“Non ci sono problemi, Yuya” lo tranquillizzò.
“Onii-chan, posso finire il disegno?” chiese Yuri, scalpitando per scendere.
Yuya guardò Hikaru che si strinse nelle spalle.
“Se non hai fretta puoi stare con me, io devo aspettare che arrivino altri tre genitori, mi faresti compagnia, tanto sono solo, le altre maestre stanno facendo il giro in pulmino con gli altri bambini” gli disse e Yuya annuì.
“Ok, allora, ma facciamo in fretta, Yuri” si raccomandò con il fratello, mettendolo giù e facendosi scortare nell’aula. “Non vogliamo disturbare!”
“Figurati, te l’ho detto, non ci sono problemi se restate” rimarcò Yaotome, facendolo accomodare e richiamando un altro bambino quando un’altra mamma con un neaonato dentro al passeggino, era venuta a prendere il figlio.
“Scusami un attimo!” disse Hikaru, aiutando il proprio alunno a prepararsi e scambiando qualche parola con la donna, facendo poi le smorfie all’infante, addolcito dal sorriso che questi gli rivolse.
“Ciao, Ryo-chan!”
Yuya rimasto da solo nell’aula salutò l’amichetto di Chinen, accarezzandogli la testa, prendendo posto nella piccola seggiola tra lui e il fratello.
Yamada sollevò la testa dal disegno che stava finendo di colorare e, non appena vide Yuya, lo salutò con un largo sorriso.
“Onii-chan!” rispose.
“Non chiamarlo Onii-chan!” lo rimbeccò subito Chinen e Yamada chinò di lato la testa.
“Perché?”
“Perché lui è mio fratello, non il tuo!” stabilì.
Yuya posò una mano sulla schiena di Chinen e lo fece stare buono.
“Yu, Ryo-chan lo sa chi sono, ma non importa se mi chiama così!”
“Non può!”
“Non essere antipatico, Yuri, dai, finisci di colorare” lo spronò, avvicinando la scatola dei pennarelli a Yamada quando lo vide che si sporgeva per conservare quello che aveva usato e sceglierne uno nuovo.
“Questo serve a me!” lo precedette Chinen, prendendo il pennarello verde e Yamada si indispettì.
“Lo volevo io!”
“Lo userai dopo!” ordinò l’altro, stappandolo, colorando sul proprio foglio.
Yuya scosse il capo: non riconosceva il fratello solitamente così tranquillo e amorevole. Guardò Yamada il quale aveva abbassato il capo e stava per mettersi a piangere reclamando il pennarello, scegliendone un altro dalla scatola e porgendoglielo.
“Guarda, Ryo-chan” gli disse, tracciando qualche linea sul foglio. “Questo verde è più bello, secondo me ci sta meglio!” gli disse, tendendoglielo.
Chinen li osservò e si allungò per prendere il colore, ma il fratello gli e lo impedì.
“Che vuoi?” chi gliese.
“Mi serve!” Chinen gli tese la mano, ma Yuya non ci cascò.
“A te serviva quello!”
“Ma quello è più bello!”
Yuya lo fece tornare a sedere, dando il colore a Yamada che iniziò a scarabocchiare.
“Adesso aspetti che lui finisca. Lo sapevo che l’avevi preso solo perché serviva a lui!” lo smascherò.
“Non è vero!”
“Invece sì, ma perché fai così?” gli chiese e a rispondergli arrivò pronta la voce di Hikaru.
“Perché Yamada gli piace. Non fa che fargli dispetti per attirare la sua attenzione, però quando Yamada lo cerca, lui lo manda via e lo maltratta, vero, Chii-chan?” Hikaru si sedette accanto a Yuya, vicino a Yamada, guardando Yuri con espressione furba.
“No!” negò prontamente l’altro.
Hikaru lo osservò sollevando le sopraciglia, rimarcando anche senza proferire parola che non gli credeva assolutamente e Chinen, allora, si alzò in piedi come per dare ancora più forza alla sua dichiarazione.
“Yama-chan non mi piace. A me piace il mio Onii-chan. Io sposerò il mio Onii-chan!” affermò e i due ragazzi si misero a ridere. Yuya abbracciò Chinen, scoccandogli un bacio sulla guancia e Hikaru si sporse verso il bambino, muovendo l’indice davanti al suo viso, in segno di negazione.
“Mi spiace deluderti ma non puoi, perché il tuo Onii-chan è il mio fidanzato” lo prese in giro.
“Non è vero!” si scandalizzò Yuri, stringendo le braccia al collo del fratello, guardandolo con in viso un’espressione tristissima tanto che il più grande non ebbe cuore di continuare quel gioco.
“Ma certo che no, Yuri. Hikka-sensei stava scherzando. Ti prende in giro” gli disse sorridendo e Chinen parve tranquillizzarsi, credendo di gran lunga alle affermazioni del fratello che non a quelle del maestro.
“Ehi!” Hikaru si finse triste, improvvisando un broncetto.
Yuya lo guardò e ridacchiò.
“Sei inquietante, Hikka!”
“Perché? Non sono carino?” chiese sbattendo le palpebre verso Yuya, sentendo poi due mani posarsi sulle sue gambe; abbassò il capo e vide Yamada guardarlo seriamente.
“Hikka-sensei, io ti voglio bene. Ti sposo io!” affermò sicuro e Hikaru non poté resistere a quel visino tondo e adorabile, così lo prese in braccio, facendolo sedere sulle proprie gambe, stringendolo.
“Oh, Ryo-chan, tu sì che sei un bravo bambino!”
Yuya rise nel vederli e Chinen, invece, li guardò storto, allungando una mano per cercare di spingere Hikaru per una spalla.
Yuya lo guardò confuso e Hikaru gli fece l’occhiolino.
“È geloso” mormorò, stringendo ancora Yamada e guardando Chinen con sfida.
Yuya comprese e scoppiò a ridere, facendo sistemare il fratello in piedi tra le proprie gambe, permettendogli di finire di colorare.
Lo stesso fece Hikaru rimettendo a sedere Yamada che continuò la sua opera, poi Yuya domandò all’insegnante: “Ma come fai a gestirli?”
“Non lo so. Mi trovo davvero bene con loro, forse perché anche io sono ancora un bambino. Ovviamente devi far capire loro che non sei esattamente uno di loro, ma con cui possono giocare” spiegò.
“Finito!”
Yamada tese a Hikaru il suo lavoro e Yaotome si alzò, facendogli i complimenti e conservando il foglio nella cartellina con il suo nome, insieme agli altri, poi, come avvedendosene solo in quel momento, si rivolse a Yuya.
“Yuuyan, che ore sono?”
“Le cinque e mezzo” rispose l’altro, prendendo il foglio che gli tendeva il fratello, quando anche lui concluse il proprio disegno e si alzò a sua volta, tendendolo a Hikaru.
“Che c’è?” gli chiese, notando la sua espressione pensierosa.
“Non so, i genitori di Yama-chan non sono ancora arrivati, solitamente sono molto puntuali, anzi, di solito sono i primi ad arrivare. Sono un po’ preoccupato” ammise.
“Non hai un recapito telefonico?” si informò l’altro e Hikaru annuì.
“Ho il numero del cellulare della madre… senti puoi stare un altro po’, dovrei…”
Yuya non lo lasciò finire di parlare e sorrise.
“Certo, bado io a loro, vai pure.”
“Grazie!”
Hikaru prese il registro con i dati di tutti i bambini e uscì a telefonare. Compose il numero e attese.
Dopo pochi squilli gli rispose l’inconfondibile voce della signora Yamada.
“Sì?”
“Ehm… buonasera signora, mi scusi se la contatto sul cellulare, sono Yaotome Hikaru, l’insegnante di Ryo-chan dell’asilo “Hana no Egao”, volevo sapere se fosse tutto a posto, perché non siete ancora venuti a prendere Ryosuke” chiese educatamente.
La donna, dall’altra parte del telefono, gli sembrò che avesse appena sbuffato, ma si disse che doveva essersi sicuramente sbagliato, anche se dal tono di voce con il quale gli rispose avrebbe potuto dire il contrario.
“Questo pomeriggio sarebbe dovuto passare a prenderlo mio marito. Io sono ancora a lavoro, le do il numero dell’ufficio, provi a chiamare lui. Ha carta e penna?” gli chiese, frettolosa.
Hikaru ne trovò per fortuna una sulla scrivania e appuntò quanto gli venne dettato.
“Ah… grazie” riprese poi. “Mi scusi se l’ho disturbata a lavoro. Arrivederci” salutò garbatamente e mise giù.
Quando riattaccò, la sua espressione era particolarmente perplessa, non riusciva davvero a comprendere come fosse fatta quella donna; l’aveva vista poche volte, ma non poteva afferrarne come fosse la natura.
Digitò velocemente anche il secondo numero, presentandosi di nuovo alla segretaria di Yabu la quale lo informò che Kota era appena andato via, ma che non aveva richiesto alcun permesso speciale, come spesso succedeva, per andare a prendere il figlio. Hikaru la ringraziò e mise nuovamente giù.
Si poggiò con le spalle al muro e lasciò andare indietro la testa, confuso: cosa doveva fare?
“Hikaru?”
Yuya, con in braccio Chinen e Yamada preso per mano, era uscito nel corridoio.
Hikaru cercò di riprendersi in fretta e sorrise, per non farsi vedere così abbattuto dai bambini e non far preoccupare Yamada in particolare.
“Papà?” gli chiese infatti il piccolo e Hikaru si avvicinò a lui, piegandosi sulle ginocchia.
“Ho chiamato la mamma, papà ha avuto da fare a lavoro e non è potuto venire a prenderti, ti accompagno io a casa. Va bene?” gli chiese.
Yamada annuì, sorridendo entusiasta.
“Bene, vai a prendere lo zainetto. Io sistemo qui e andiamo!” gli disse.
Yuya chiese a Chinen di iniziare a prepararsi e osservò Hikaru chiudere le finestre della stanza, rimanendo a sua volta sull’uscio, in modo da tenere d’occhio i bambini.
“Tutto bene?”
“Non lo so” ammise Hikaru. “Ho chiamato la madre e non ha fatto una piega. Cioè tuo figlio è ancora qui e l’unica cosa che sai dirmi è che tu stai lavorando e riesci solo a darmi il numero dell’ufficio di tuo marito? Io non capisco come…” si interruppe. “Lascia stare, scusami. Adesso lo accompagno a casa e vedo. Grazie per avermi aspettato!” gli disse riconoscente, togliendosi la pettorina e prendendo il casco dello scooter e lo zaino.
“Figurati, non ci sono problemi, spero si risolva” gli disse sincero, uscendo con lui e prendendo per mano i bambini, mentre Hikaru chiudeva la porta principale della scuola e poi il cancello.
“Waaa, Hikka-sensei! Hai una moto!” si entusiasmò Yamada e Hikaru rise.
“Moto, non esageriamo!” minimizzò divertito, guardando Yuya che a sua volta sorrideva.
Hikaru fece sedere Yamada sul sellino, mettendogli il proprio casco e cercando di legarglielo per quanto possibile, anche se gli andava decisamente grande.
“Sempre meglio di niente!” disse rivolto a Yuya, salendo dietro il bambino, mettendo in moto.
“Grazie di tutto, Yuuyan” gli sorrise.
L’altro annuì, strattonato poi da Chinen che gli chiedeva di darsi una mossa a rientrare e quando stavano per andare via, Yuya richiamò Hikaru.
“Qualche volta… se qualche volta sei libero, potremo vederci per bere qualcosa insieme” buttò lì.
Hikaru lo guardò un secondo, poi sorrise, annuendo.
“Mi farebbe davvero piacere” annuì, sollevando poi una mano e suonando il clacson quando si allontanarono.
03