[Takachii] Someday I'll hold you again

May 19, 2013 12:21

Titolo: Someday I’ll hold you again
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Takaki Yuya, Chinen Yuri, Yaotome Hikaru
Pairing: Takachii; slight!Takaru
Rating/Genere: R/malinconico, romantico, fluff
Warning: slash
Wordcount 1.594 fiumidiparole
Note: la storia è scritta per la quarta edizione del mmom indetta da mmom_italia per il set Showtime con il prompt ‘Spiato’, per la diecielode per la tabella 12 Storie - Canzoni B con il prompt ‘Life will go on’ e per la 500themes_ita con il prompt ‘Da solo vado a pezzi’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: 500themes_ita
Tabella: Set Showtime
Tabella: 12 Storie - Canzoni B

Yuri non credeva che avrebbe mai potuto odiare una persona più di quanto odiava Yuya in quel momento: ora che il più grande rideva e scherzava con Hikaru davanti a lui come se non sapesse quanto la cosa gli desse fastidio. Come se non fosse a conoscenza del modo in cui, quando stava vicino al più piccolo, lo facesse sentire. E ancora di più, Yuri, odiava sentirsi inferiore a Hikaru, odiava sentirsi insignificante agli occhi di Yuya.
Non stavano più insieme, Takaki l’aveva lasciato per lui solo sapeva quale motivo, dal momento che gli aveva detto che non lo allontanava perché non lo amava più, e Yuri proprio per quello non riusciva ad accettare la cosa.
Era passato un mese da quell’ultima sera in cui avevano fatto l’amore a casa del più grande e poi Yuya l’aveva lasciato. E Chinen non riusciva ancora a capacitarsi di poter definire quello che c’era stato con Yuya come ‘fare l’amore’ dal momento che per l’altro era stato solo sesso.
Per lo meno così gli aveva detto.
E Chinen non ci credeva, assolutamente, ma non poteva costringerlo a stare con lui, non poteva costringerlo perché farlo sarebbe equivalso a dimostrarsi debole e l’ultima cosa che voleva era far capire a Yuya quanto per lui fosse importante, quanto potere avesse su di lui e sul proprio umore, quanto una sua parola o il suo silenzio per Chinen fossero in grado di renderlo la persona più felice della Terra o farlo deprimere oltre ogni misura.
Uscì dalla sala prove, abbandonando lo studio dove stavano provando la nuova coreografia, bisbigliando qualcosa a Yamada, che gli aveva chiesto dove stesse andando, sul fare una pausa extra: in fondo lui i nuovi passi già li conosceva, non aveva bisogno di provare ancora insieme a loro, tanto più se vi erano persone che preferivano farsi gli affari loro piuttosto che impegnarsi seriamente nel lavoro.
E Yuri decise che non avrebbe ripreso a ballare fino a che non sarebbero andati tutti via dagli studi: non gli interessava che pensassero di lui che fosse uno scansafatiche o che avesse un pessimo carattere. Era arrabbiato e quel giorno non riusciva assolutamente a mascherarlo: era da troppo che continuava a reprimere quei suoi sentimenti, pertanto, per una volta, avrebbe fatto i propri interessi e non quelli degli altri.
Quando fu certo di essere da solo rientrò nei camerini e vicino al proprio zaino trovò un biglietto di Ryosuke nel quale gli diceva che in serata avrebbe ricevuto una sua chiamata perché voleva sapere cosa gli fosse preso e per quanto un interessamento del genere da parte del suo amico in altre occasioni gli avrebbe fatto piacere, in quel momento non aveva fatto altro che irritarlo di più: cosa voleva capire lui che nella sua relazione di coppia non aveva mai avuto problemi? Daiki lo amava, da anni lo corteggiava e il loro rapporto era stabile, lui non aveva dovuto combattere con i fantasmi di un amore passato, non sapeva cosa volesse dire sentirsi sempre sotto esame, iniziare a credere a tutte quelle voci che insinuavano che la sua relazione fosse sbagliata, che fosse un pensiero che aveva in primis il proprio fidanzato. Non lo poteva capire. Pertanto Chinen non aveva voglia di parlare con lui.
Infilò in fretta le sue cose nella borsa, non vedendo l’ora di tornare a casa e porre fine a quella giornata, quando uno strano rumore attirò la sua attenzione, facendogli tendere meglio le orecchie e allertare i sensi.
Rimase in attesa, ascoltando ancora attraverso il silenzio che lo stesso suono di prima si ripetesse e quando lo udì di nuovo per un momento fu tentato di andarsene e ignorarlo, ma non poté farlo quando sentì un mugolio e riconobbe la voce di Yuya.
Con il cuore che batteva forte nel petto si avvicinò alla porta socchiusa della stanza adiacente al camerino, sbirciando cauto e maledicendosi per la propria curiosità quando distinse la figura di Yuya seduta su una poltrona, in parte coperta dagli appendiabiti ma facilmente riconoscibile per lui, e non era solo: insieme a lui c’era Hikaru, in ginocchio tra le gambe del più grande che muoveva la mano su di lui, sulla sua erezione e Yuya gemeva in modo incontrollato sotto quelle cure.
Ansimava Yuya, mentre Hikaru stringeva il suo sesso, lo accarezzava, così come poco tempo prima solo lui poteva fare, muoveva le dita attorno alla sua erezione, le stringeva sulla base, risaliva verso la punta, premendovi sopra il pollice, facendo quasi gridare Takaki, il quale muoveva in avanti i fianchi, impaziente, arrovesciando il capo all’indietro.
Chinen strinse gli occhi, non poteva credere a quello che stava vedendo, doveva andare via di lì, doveva chiudersi la porta alle spalle e lasciarvi Yuya fuori per sempre. Ma qualcosa glielo impedì e fu lo stesso Yuya che tra gli ansimi pronunciò un nome che non era quello che sarebbe dovuto essere, non aveva pronunciato il nome di Hikaru, bensì il suo. E fu per questo che Yuri rimase ancora lì a osservarli, a osservare Yuya allontanare da sé la mano di Hikaru e sostituirla con la propria, muovendo veloce il pugno sul proprio sesso, concedendosi di venire nella propria mano pronunciando ancora il suo nome in un lamento erotico.
Hikaru inginocchiato davanti a lui lo osservava e non sembrava sorpreso come invece lo era stato Yuri da quel suo modo di agire. Yaotome si alzò in piedi e batté una mano sulla spalla del più grande, con un sorriso malizioso in viso, dirigendosi verso l’uscita e fu allora che i loro sguardi si incrociarono.
Yuri sobbalzò per essere stato scoperto a spiarli, ma Hikaru sembrò non dare molta importanza alla cosa, lo superò senza dire una parola e Chinen si ritrovò a muovere un passò in avanti, entrando nella stanza, continuando a guardare Yuya che a occhi chiusi riprendeva fiato: lo vide portarsi una mano alla fronte e mormorare ancora il suo nome con il fiato pesante e non poté più stare zitto.
“Yuya” palesò la sua presenza chiamando l’altro per nome e il più grande sobbalzò.
“Yuri…” Takaki si volse verso di lui, sedendosi composto e Chinen avanzò, fermandosi in piedi davanti a lui. “Da quanto tempo sei qui?” chiese Takaki.
“Abbastanza da aver visto Hikaru andarsene da qui dopo averti guardato venire” gli disse, senza peli sulla lingua, con sguardo duro.
“Senti, quello che hai visto…”
“Non è quello che ho visto, Yuya, è quello che ho sentito!” specificò. “Perché?” gli chiese soltanto, avanzando di un passo in modo che le proprie gambe toccassero quelle di Takaki.
“Non avresti dovuto spiarci” lo rimproverò il più grande.
“Il punto non è il fatto che vi abbia o meno sorpresi. Il punto è che tu hai chiamato il mio nome, Yuya. Il punto è che non era la mano di Hikaru quella che ti stringeva quando hai raggiunto l’orgasmo. Il punto è il perché mi hai lasciato se mi ami ancora!”
A ogni affermazione Yuri sollevava maggiormente il tono di voce, stringendo i pugni, chinandosi verso Yuya, poggiandogli le mani sulle spalle per scuoterlo. “E adesso voglio sapere perché?” chiese perentorio.
Takaki distolse lo sguardo da quello del più piccolo, gli faceva male leggere delusione, rabbia, tristezza in quegli occhi che non meritavano tanta pena.
“Perché io non ce la faccio, Yuri. Ci ho provato, ma…”
“Non ce la fai? Non ce la fai a fare che cosa?” volle capire Chinen.
“A lasciarti andare, non ci riesco. E non riesco neanche a renderti felice.”
“Ma cosa stai dicendo?”
Yuri si risollevò dritto, guardando Yuya senza capire.
“Ti ho sentito parlare con Kei sulle voci che circolano su noi due e…”
“E che cosa? E hai pensato che per farle smettere sarebbe stato meglio rompere con me?” domandò con tono di voce irritato, perché non poteva davvero credere che Yuya fosse così sciocco da credere che la soluzione migliore per loro fosse stare separati.
“Sì… ho pensato che tu meritassi di più e…”
“Idiota!” lo interruppe Chinen alzando la voce, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime, tutti i sentimenti fino a quel momento trattenuti dentro di sé stavano cercando il loro giusto sfogo. “Voglio decidere io se sono felice o meno. Non puoi prendere da solo simili decisioni. Non farlo più!” lo accusò, lasciando andare le braccia rigide lungo i fianchi, stringendo i pugni.
“Yuri” lo chiamò Yuya prendendogli le mani, facendogli rilassare le dita per poterle stringere nelle sue, avvicinandolo a sé.
“Allora non è vero che non mi ami…” volle sapere Yuri, guardandolo.
Yuya sorrise appena, scuotendo il capo.
“No, io ti amo più di me stesso, ma…”
“Allora non lasciarmi mai più!” ordinò il più piccolo, colpendogli il braccio con il pugno, una, due, tre volte, prima di lasciarsi andare su di lui, seduto su una sua gamba, abbracciandolo in collo.
Yuya sbuffò, sentendosi incredibilmente stupido e in colpa per aver fatto stare così male il suo Yuri.
“Da solo vado a pezzi, piccolo” gli confessò, baciandogli una tempia, stringendolo contro di sé, sentendo Yuri aggrapparsi alla sua maglietta. “Non piangere… mi dispiace. Sono stato uno stupido, scusami” continuò a ripetergli parlando contro il suo orecchio, cullandolo appena, cercando di sollevargli il volto per baciarlo sulla bocca. E Yuri schiuse immediatamente le labbra, alla ricerca di quelle del compagno, beandosene, assaporandole, mordendole e suggendole con le sue per recuperare tutto il tempo che Yuya l’aveva tenuto lontano.
“Yuri, ti amo!” confessò Yuya quando si separarono, prendendogli il volto tra le mani e guardandolo.
“Anche io ti amo, Yuya. Anche se sei stupido, ma lo sono anche io perché ti amo. Ti amo” ripeté, cercandogli ancora le labbra.

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