[Ariyama] Kokoro no dokoka de wa aitai to ka kitai shitetanda (1/4)

Mar 10, 2013 09:42

Titolo: Kokoro no dokoka de wa aitai to ka kitai shitetanda (In my heart, I wanted to meet you again) [ S.O.Kiss - Kis-My-Ft2]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggio: Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: Ariyama
Rating/Genere: nc-17/ angst, AU, romantico, erotico
Warning: slash
Wordcount 12.179 fiumidiparole
Note: la storia è scritta per la think_angst per la tabella AU con il prompt ‘Prostituzione’ e per la 500themes_ita con il prompt ‘Promettimelo’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: 500themes_ita
Tabella: AU

“Arioka?”
Il ragazzo distolse lo sguardo dal computer, voltandosi verso il collega, vedendolo avvicinarsi alla sua scrivania con un sorriso.
“Sei sempre il solito stacanovista” lo prese in giro, notando i fogli ancora sparsi sul piano e il più piccolo stava compilando dei moduli on-line.
“Sono professionale che è diverso” ribatté questi, eseguendo dei calcoli. “Volevi qualcosa?” gli chiese, per arrivare subito al punto e non perdere altro tempo.
“Come vuoi…” lo assecondò il senpai, poi poggiò una mano sulla scrivania e lo guardò sorridendo. “Che fai dopo il lavoro?” domandò.
Arioka sollevò un sopraciglio guardandolo.
“Nulla di particolare. Perché?”
“Con i ragazzi stavamo pensando di andare a bere qualcosa e fare baldoria fino a tardi. Ti unisci a noi?”
“No, grazie!” rispose velocemente Daiki senza neanche bisogno di pensarci.
“Oh, andiamo, perché?” si seccò l’altro, poggiandosi con il fianco alla scrivania. “Non esci mai con noi e sei sempre così rigido. Vieni a lavoro e vai a casa, ma non hai degli interessi?” gli chiese e Arioka non gli rispose, lasciandolo parlare, perché in fondo quello che pensava di lui il collega non gli interessava più di tanto.
“Secondo me dovresti lasciarti un po’ andare. Uscire, conoscere gente, non puoi stare sempre chiuso qui dentro a lavorare. Scusa se te lo chiedo, ma non hai qualcuno?”
Arioka lasciò da parte i suoi conti e si volse con la sedia girevole verso di lui, fissandolo interrogativo, il collega rise e lo guardò con fare ammiccante.
“Da quanto tempo è che non esci con qualcuno? Uomo o donna che sia, questo non mi interessa, ma secondo me risolveresti gran parte dei tuoi problemi e frustrazioni se lo facessi” gli disse.
“Adesso stai esagerando” intimò Daiki, tornando a rivolgere lo sguardo al portatile, ignorandolo, sperando che capisse che l’argomento per lui era chiuso e così il collega fece, sospirando e spostandosi dall scrivania.
“Ho capito l’antifona” gli disse, spostandosi per allontanarsi, ma prendendo prima il cellulare di Arioka, abbandonato sulla scrivania, digitando qualcosa sullo schermo.
“Cosa fai?” lo riprese il proprietario del telefono, levandoglielo di mano.
“Ti ho salvato un sito tra i preferiti, vedilo quando hai tempo. Ci vediamo lunedì!” lo salutò, allontanandosi e uscendo dal’ufficio.
Daiki posò poco accuratamente il cellulare sulla fila di fogli che stava esaminando, riprendendo a far di conto, ma ormai la sua concentrazione era andata a farsi benedire e decise quindi di ritornare a casa, se avesse avuto voglia, poi, avrebbe continuato nel suo studio, dopo cena.
Prese la giacca e i propri effetti personali e uscì dall’ufficio; nonostante abitasse a pochi isolati dal proprio luogo di lavoro, aveva preso l’abitudine di spostarsi in macchina, non gli piaceva usare i mezzi e men che meno, incontrare gente per caso e doversi perdere in convenevoli di sorta.
Forse i suoi colleghi avevano ragione, forse la sua vita era noiosa, forse lui era una persona noiosa, ma non poteva farci nulla: svolgeva un lavoro che non gli piaceva, aveva passato anni sui libri rincorrendo un sogno che non era riuscito a realizzare e si era dovuto accontentare a fare un noiosissimo lavoro d’ufficio. Forse era vero che avrebbe dovuto svagarsi di più, forse era vero che doveva reagire e il cambiamento per migliorare le cose doveva venire da lui, ma aveva perso qualsivoglia ambizione o interesse a soli ventotto anni.
Una volta messo piede nel proprio appartamento, lasciò all’ingresso la valigetta e appese la giacca nell’armadio a scomparsa; si allentò la cravatta, cambiandosi le scarpe, tutti gesti abituali e automatici che faceva senza bisogno di pensarci troppo.
Aprì la dispensa e prese una confezione a caso, poco interessato al contenuto precotto e avviò il microonde scaldando la cena, andando in bagno a farsi la doccia. Tornato in cucina, si era seduto al tavolo, spizzicando il cibo, guardando annoiato un programma di varietà in tv, quando il proprio cellulare aveva squillato, avvisandolo dell’arrivo di una nuova mail con allegato; la aprì con poco interesse, dato il mittente, e quando scaricò l’immagine sospirò vedendo che ritraeva i suoi colleghi in un autoscatto un po’ sfocato in un locale di dubbia eleganza. Non rispose alla provocazione e posò nuovamente il telefono, finendo di mangiare e buttando i resti nella spazzatura.
Si versò da bere, spostandosi nel salotto, scorrendo le mail ricevute e facendo pulizia di contatti, imbattendosi poi nell’indirizzo che il collega gli aveva evidenziato quella sera.
Aprì la pagina e gli apparve la home dall’aria importante di un sito di host; premette con il pollice sul logo al centro dello schermo e gli apparve una pagina piena di nomi e anteprime di immagini con dei dati e dei numeri e li scorse senza molto interesse, con fare annoiato: lui non era tipo da fare vita notturna e tanto meno era tipo da rivolgersi a simili compagnie per avere un po’ di compagnia, se solo avesse voluto ne avrebbe trovate quante ne voleva.
Il punto era che lui non lo voleva, ma nessuno pareva capirlo.
“Secondo me dovresti lasciarti un po’ andare.”
“Da quanto è che non esci con qualcuno?”
Per quanto cercasse di non pensarci, le parole del collega gli rimbombavano fastidiosamente nella testa; chiuse il sito internet, abbandonando il telefono accanto a sé e prendendo un altro lungo sorso di birra. Sospirò, stringendosi le ginocchia al petto e ascoltando il silenzio ovattato di quella casa vuota e della propria solitudine.
“Al diavolo!” sbottò d’improvviso, afferrando il cellulare e componendo velocemente il numero, prima di pentirsi, prima di rendersi effettivamente conto di quello che stava facendo e cambiare idea.
Il citofono suonò puntuale un’ora dopo e Daiki andò ad aprire, senza neanche bisogno di chiedere chi fosse. Aprì la porta dell’appartamento, aspettando il proprio ospite misterioso: non l’aveva scelto, non aveva sprecato del tempo per vagliare tutti quei volti per decidere quale gli piacesse di più, in fondo non doveva essere niente di meno che una scopata, non doveva implicare niente, per cui aveva lasciato che, ancora una volta, così come la sua vita era stata fino a quel momento, fosse qualcun altro a decidere per lui.
Attese sulla soglia, vedendo poi le porte dell’ascensore aprirsi e un giovane ragazzo uscire, guardandosi poi attorno cercandolo, sorridendo in modo ampio al suo indirizzo quando lo vide.
“Arioka-san?” domandò, certo comunque che non vi fossero dubbi a riguardo, avvicinandosi alla porta e Daiki annuì, aprendo maggiormente per farlo passare.
“Mi chiamo Ryosuke” si presentò, prima di oltrepassare la soglia. “E questa sera sono qui per servirti” recitò quello che Daiki ricordava essere lo slogan introduttivo dell’agenzia.
Lo fece accomodare in casa, osservandolo mentre si muoveva a suo agio nell’appartamento e studiava curioso l’abitazione.
“Grazie per avermi scelto!” gli disse l’accompagnatore, rompendo il silenzio, voltandosi verso di lui e inchinandosi leggermente in avanti.
“Non ti ho scelto” mormorò l’altro, chiedendogli di accomodarsi con un gesto del braccio.
“Vuoi qualcosa da bere?” gli chiese, avvicinandosi a lui, restando in piedi accanto al divano. “Posso offrirti una birra o dovrei avere del sakè” suppose, vedendo il ragazzo scuotere il capo e poggiarsi con i gomiti al bracciolo.
“No, grazie, non posso bere durante il lavoro, ma se tu vuoi qualcosa fai pure. È casa tua!” ridacchiò, sorprendendo Daiki con tutti quei sorrisi.
Aveva immaginato che chiunque lavorasse in un posto del genere adottasse un determinato comportamento e si desse un certo contegno, quel ragazzo, invece, sembrava così genuino e in qualche modo innocente che l’aveva lasciato sorpreso: era la prima volta che si ritrovava in una situazione del genere e il modo di fare del ragazzo lo confondeva.
Si spostò in cucina, prendendo un’altra birra dal frigo e quando lo richiuse sussultò nel vedere che Ryosuke lo aveva seguito e lui non si era accorto di niente.
“Hai una bella casa, Arioka-san” commentò, sempre sorridendogli, avvicinandosi di più al suo fianco e guardandolo con occhi luminosi. “Posso sapere come ti chiami, Arioka-san?” gli chiese, sollevando un braccio e infilandogli la mano tra i capelli, muovendo delicatamente le dita sulla nuca.
“Daiki” gli rispose, socchiudendo appena gli occhi, sentendo piccoli brividi partire dal punto in cui le dita di Ryosuke si erano poggiate scivolare lungo la schiena; prese un sorso di birra e guardò il ragazzo negli occhi.
“Mi piace…” lo sentì mormorare, sollevando anche l’altro braccio, circondandogli il collo. “Posso chiamarti per nome?” domandò, e Daiki sentì il suo petto aderire al proprio.
“Se ti va…” concesse, guardandolo confuso e poggiandogli una mano sul fianco.
Ryosuke si accorse del suo gesto e ridacchiò, allontanandosi da lui e prendendolo per mano, indeciso sulla direzione da prendere.
“Dove vuoi andare?” gli chiese, indicando la stanza da letto socchiusa e il salotto.
Daiki ci pensò e lo tirò verso la sala, sedendosi sulla poltrona.
“Qui andrà benissimo” decise, sentendo la mano di Ryosuke intrecciarsi meglio con la sua, mentre prendeva posto su una sua gamba, sedendosi di lato.
“Che lavoro fai, Dai-chan?” gli chiese, allungando una mano e giocherellando con lo scollo della maglia, scivolando verso il basso, accarezzando le pieghe della stoffa.
“Lavoro in una banca, faccio un lavoro d’ufficio, inserisco dati, mi occupo di compilare moduli e gestisco conti” illustrò, seguendo il percorso di quella mano su di sé che sembrava non trovare pace né una meta precisa.
“Mh” commentò il ragazzo, chinandosi su di lui, baciandogli piano il collo. “Sembra una roba noiosissima” mormorò, infilandogli una mano sotto la maglietta, accarezzandogli lo stomaco e risalendo sul petto.
Daiki sospirò, piegando un braccio e infilandogli le dita tra i capelli, scivolando sulla testa.
“Meno male che ci sono io qui per te, adesso” sussurrò Ryosuke, assaporando con la lingua il gusto della pelle del cliente, percorse la gola con piccoli baci, spostandosi verso l’alto, sul mento e Daiki abbassò di nuovo il capo, a un centimetro dalle sue labbra.
“I baci sono concessi?” domandò, vedendo Ryosuke sorridere e annuire.
“Tutto quello che vuoi” affermò, prima che Daiki gli spingesse in avanti la testa a incontrare le sue labbra baciandolo con passione, suggendo e mordendo, depredandogli la bocca con la lingua, spingendolo maggiormente contro di sé. Lasciò scivolare una mano lungo il fianco, prendendogli la coscia, facendo in modo che salisse cavalcioni su di lui, facendo scontrare in quel modo le loro erezioni.
Non si sorprese di quella reazione, era da tanto che non aveva contatti così intimi con qualcuno e non era di certo la stessa cosa che soddisfare da sé i bisogni naturali del proprio corpo. Inoltre, Ryosuke era bello e ci sapeva fare, sapeva come farlo rilassare e costringerlo ad abbassare ogni barriera difensiva: era da tanto che non si sentiva così vivo.
Fu Ryosuke a scostarsi da lui, quando necessitò di fiato, pulendosi una traccia di saliva con le dita, leccandosi poi i polpastrelli, guardandolo con un sorriso soddisfatto.
“Niente male, Dai-chan” mormorò con voce roca, scendendo da lui per inginocchiarsi a terra tra le sue gambe, iniziando a sbottonargli i pantaloni, prendendo in mano la sua erezione.
“Cosa fai?” gli chiese Arioka.
“Ti do un assaggio” sorrise ancora Ryosuke “Per farti vedere come lavoro, per farti capire se ti piace la merce che hai comprato” commentò, pronunciando quelle parole dal significato tristissimo con un sorriso, come se anche quello fosse un qualcosa di imposto, un dialogo di un copione già prestabilito e la cui replica si ripeteva senza sosta, ma con scenari e personaggi secondari ogni volta differenti.
Daiki reclinò la testa all’indietro, scivolando in avanti con il sedere, concedendosi alle cure di Ryosuke, il ragazzo ci sapeva davvero fare, gli piaceva il modo in cui lo toccava, il modo in cui la lingua scorreva lascivamente sul suo sesso e le dita lo avvolgevano; il calore di quella bocca lo stordiva e iniziò a spingersi maggiormente verso di lui: posandogli le mani sulla testa lo attirò verso di sé, spingendosi fino in fondo alla sua gola, sentendo Ryosuke assecondarlo, non si ribellava, non lo allontanava nonostante l’irruenza, ma anzi agevolava i suoi movimenti procurandogli un piacere intenso. E per questo, avvolto dalle sensazioni, Daiki non si trattenne, venendogli in bocca, osservandolo, mentre ingoiava il suo seme e poi si leccava sensualmente le labbra.
Lo vide risollevarsi e poggiargli le mani sulle cosce, tendendosi verso il suo volto.
“Posso baciarti?” gli domandò sorridendo e Daiki pensò che, se si fosse trattato di qualcun altro, quel sorriso a lungo andare lo avrebbe irritato, eppure non da lui, quell’espressione gli si era impressa nel cervello e gli piaceva come credeva non gli fosse consentito provare.
Annuì solamente, incapace di fidarsi della propria voce, vedendo Ryosuke tendersi verso il suo volto e mormorare qualcosa sulle sue labbra.
“Non a tutti piace” commentò, prima di baciarlo.
Daiki poté sentire attraverso le labbra del giovane il proprio sapore, unito a quello dell’altro e fu un contatto talmente intimo, talmente coinvolgente che temette di poterne diventare dipendente.
“Allora… ho superato la prova?” gli chiese poi con tono divertito quando si separarono.
Daiki lo guardò senza parole e vide Ryosuke ridere e commentare a bassa voce: “Lo prendo per un sì.”
Il più giovane estrasse dalla tasca dei jeans un pacchetto di preservativi, prendendone uno, poggiandolo sul bracciolo della poltrona, accanto alla mano di Daiki il quale osservò l’incarto colorato come se fosse la prima volta che ne vedeva uno; si sentiva come un adolescente alla sua prima esperienza e stava facendo sicuramente la figura dell’idiota, ma non poteva fare altrimenti: si sentiva come fosse privo di ogni armatura di fronte a Ryosuke e la cosa lo spaventava e al contempo lo faceva sentire bene.
“Quanti anni hai?” gli chiese, osservandolo spogliarsi da solo slacciando i bottoni della camicia e voltandosi, dandogli una perfetta visione della sua schiena, mentre poggiava con attenzione l’indumento sul divano vicino, prima di rispondergli.
“Venticinque!” lo informò Ryosuke, voltandosi leggermente e sfilandosi i pantaloni, restando completamente nudo di fronte a lui.
Daik si alzò a sua volta, poggiandosi contro di lui, sentendo il sangue riprendere a scorrere veloce nelle proprie vene, l’eccitazione e l’urgenza di fare suo quel corpo risvegliarsi improvvisamente.
Gli baciò le spalle, circondandogli il torace con un braccio, mentre con l’altra mano era scivolato tra le sue gambe, iniziando a stimolarlo, passando il pollice sulla punta del suo sesso.
Ryosuke ansimò, stringendogli con una mano il braccio che lo circondava e mandando indietro il capo.
“Allora non è vero che sei così freddo come sembri… credevo di non piacerti” commentò, infilandogli una mano tra i capelli in una carezza. “Ho pensato che avrei dovuto fare tutto da solo” ammise, spingendo indietro il bacino e spostando una mano tra i loro corpi.
Daiki gli posò le labbra calde sulla spalla nuda, spostandosi verso il collo, risalendo con la lingua dietro l’orecchio e soffiando piano sulla pelle umida, sentendo il più piccolo emettere un piccolo gemito.
Ryosuke si voltò nell’abbracciò, sentendo la mano di Daiki sul sedere, accarezzarlo sensualmente e gli poggiò le mani sulle spalle, chiedendogli di sedersi, prese il preservativo, aprendo la confezione e chinandosi su di lui, per infilarglielo.
Daiki strinse la stoffa della poltrona, sentendo di nuovo quelle mani su di sé, osservando Ryosuke che si divertiva a torturarlo e vederlo fremere. Poi, il ragazzo si avvicinò a lui, posando le ginocchia ai lati delle gambe di Daiki, montando cavalcioni su di lui: gli strinse il collo, avvicinandolo al proprio petto e Daiki iniziò ad accarezzargli la schiena, mentre disseminava il torace di baci e lo sentiva discendere su di sé.
“Aspetta, non vuoi che…”
“No… non importa, va bene così” disse il più piccolo, chinandosi a cercargli le labbra e abbassandosi completamente sul suo sesso, fino a sedersi su di lui, lasciandosi andare a un gemito, poggiando la testa sulla sua spalla, sentendolo accarezzargli con una mano i capelli.
“Adesso mi muovo” mormorò il più giovane e Daiki gli poggiò le mani sui fianchi, muovendo le dita in modo circolare, baciandogli una guancia.
“Non ti preoccupare… aspetto” assicurò il cliente, sentendo poi le labbra di Ryosuke posarsi sulle sue.
Daiki riprese a sfiorare il suo corpo gentilmente, giungendo fino al suo sesso, stringendolo e accarezzandolo, muovendosi in modo lento, dal basso verso l’alto, vedendo il ragazzo risollevarsi e iniziare a muoversi su di lui, sfilandosi dal suo corpo, lasciandosi ricadere dapprima con gesti quasi calcolati, poi, abituato alla sua presenza dentro di sé, seguendo il piacere, rincorrendo i loro fiati e raggiungendo l’orgasmo, svuotandosi nella sua stretta, permettendo anche a lui di venire nel suo corpo.

Part. 02

comm: 500themes_ita, genere: angst, hey! say! jump: yamada ryosuke, genere: romantico, fanfiction: hey! say! jump, pairing: ariyama, genere: epic, hey! say! jump: arioka daiki, genere: erotico, comm: think_angst, tabella: 500themes, tabella: au, genere: au, rpf, warning: slash

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