[Ariyama] Kanransha

Feb 27, 2013 18:58

Titolo: Kanransha
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yamada Ryosuke, Arioka Daiki, Inoo Kei
Pairing: Ariyama
Rating: PG
Genere: AU, romantico, fluff
Wordcount: 3.972 fiumidiparole
Warning: slash
Note: la storia è scritta per la think_fluff per la tabella Luoghi con il prompt “Luna Park”
Disclaimer: I personaggi non sono miei, non li conosco personalmente e quanto di seguito accaduto non vuole avere fondamento di verità. La storia è scritta senza alcuno scopo di lucro.
Tabella: Luoghi

Sentendo il citofono di casa suonare, Yamada sobbalzò, voltandosi a guardare Kei con apprensione. Il più grande sorrise, alzandosi dal letto, prontamente fermato dall’amico che gli si aggrappò al braccio.
“È già qui!” disse, iniziando ad agitarsi più del necessario.
“Coraggio, coraggio! Vedrai che andrà tutto bene!”
“No, Kei, aspetta. Io non sono ancora pronto!” esclamò, indicando il proprio corpo, era a piedi scalzi e indossava soltanto i jeans, ancora a petto nudo, indeciso su cosa abbinare.
Il campanello suonò di nuovo e Yamada spalancò ancora di più gli occhi.
“Adesso stai tranquillo” gli disse Kei, mettendo una mano sopra quella di Yamada, distendendo le dita dell’amico per farsi lasciare, accarezzandogli poi la testa, tornando ad avvicinarsi al letto, ponderando la scelta di indumenti su esso disordinatamente esposti. “Tieni, metti questa. Il bianco ti sta bene e non sembri troppo formale. Io scendo!”
“Kei!” lo richiamò l’altro, scrutando la camicia che Inoo gli aveva messo tra le mani. “Vieni con noi!”
Kei scoppiò a ridere.
“Cosa? Ma neanche per idea!”
“Ti prego! Io combinerò un disastro se non ci sarai anche tu e… guarda come sono teso!”
“Appunto, non avrebbe molto senso se venissi anche io. È il tuo appuntamento!”
“Ma se poi non gli piaccio?”
“Ryo-chan, ti ha invitato lui, no? Che tu gli piaccia è il minimo!” gli assicurò.
“Ma… è… è tuo amico, no? Dopotutto ci hai fatti conoscere tu e… me lo devi!” gli disse serio.
Kei iniziò di nuovo a ridere.
“No, questa la devo raccontare… è per questo che mi piaci Ryo-chan, a volte sei davvero scemo!”
“Senti chi parla!” ribatté il più piccolo, ma Kei non se la prese.
“Insomma, io adesso vado ad aprire o il tuo cavaliere si spazientirà e andrà via e allora sì che avresti di che agitarti. Muoviti adesso!” gli mise fretta, uscendo dalla camera e spostandosi all’ingresso.
“Dai-chan, ben arrivato!” salutò Kei, una volta aperta la porta, vedendo Daiki scrutare perplesso il campanello e il nome su di esso.
“Kei! Io… credevo di aver sbagliato, non mi apriva nessuno!”
Kei rise.
“Tranquillo, sei nel posto giusto. Anzi, scusa il ritardo. Yama-chan si sta finendo di preparare, accomodati!”
Il più piccolo entrò, togliendosi le scarpe e seguendo Kei in cucina, accomodandosi al tavolo.
“Posso offrirti qualcosa da bere?” gli chiese, ma Daiki scosse il capo, ringraziando comunque per la gentilezza.
Kei si versò un po’ d’acqua in un bicchiere, sedendosi accanto a lui, poggiando il mento sulla mano, osservando l’amico.
Daiki lo guardò perplesso, non comprendendo il motivo di quel sorriso e si guardò intorno nella casa, prima di parlare.
“Come mai sei qui, Kei?”
“Oh, sono passato per caso, volevo chiedere a Yama-chan se mi accompagnava a fare shopping, ma lui mi ha detto che doveva uscire con te!” mentì, non poteva certo dirgli che l’amico l’aveva urgentemente chiamato in un palese e classico attacco di panico pre-appuntamento, non sarebbe stato carino. A maggior ragione, visto che, a quanto pareva, dal modo in cui aveva potuto osservare il comportamento dei due nelle loro precedenti uscite con tutti gli altri amici della stessa compagnia, Arioka e Yamada avevano sviluppato una fortissima simpatia l’uno per l’altro. E Kei di questo non poteva che essere felice, anche perché, con orgoglio, pensava di essere stato lui a far loro da Cupido e la cosa lo galvanizzava enormemente.
“Ah… beh… se vuoi puoi venire con noi” buttò lì il più piccolo, “purtroppo per il luna park ho solo due biglietti, ma la fiera c’è fino a Domenica e posso andare un’altra volta” propose, venendo immediatamente contraddetto dall’altro che negò con il capo.
“Non ti preoccupare, Dai-chan! Io posso andare a fare shopping da solo o posso chiedere a Yuuyan di portarmici, devo solo sperare che sia in buona, sono poche le persone che sopportano di uscire con me quando devo fare acquisti. Non so perché, ma vi scocciate tutti subito, Yama-chan è l’unico che lo trova divertente!” chiarì, stringendosi nelle spalle e facendo sorridere Arioka.
“Oh, beh, Kei… saremo noi quelli strani, non ti preoccupare” scherzò anche su se stesso, era andato una volta sola a fare shopping con Kei e gli era bastato per imparare la lezione.
“Eh, già, penso anche io, sai!” sorrise Inoo, assolutamente convinto di sé e voltandosi quando sentì Yamada scendere le scale.
“Eccolo!” disse alzandosi, avvicinandosi alla porta e facendo un gesto di approvazione con il pollice sollevato verso il più piccolo che gli face una smorfia, intimandogli di non essere così esplicito, sorpassandolo poi per accogliere il proprio ospite.
“Daiki, scusami per il ritardo, io non ecco…”
“Ah, ho già spiegato a Dai-chan che ti ho rallentato io con il mio chiacchierare, quindi non perdete altro tempo e andate!” li spronò, prendendo entrambi sottobraccio, avviandosi alla porta con loro.
“Esco anche io con voi!” disse loro, infilandosi le scarpe e aprendo la porta, aspettando che anche gli altri due lo imitassero.
“Sei sicuro di non voler venire con noi?” domandò ancora Daiki, gentilmente e Kei annuì con il capo.
“Sì, certo, andate e divertitevi! Ryo-chan, ci sentiamo più tardi!” gli disse, facendogli l’occhiolino, facendo arrossire il più piccolo.
“Sì, sì, ciao, Kei-chan!” lo salutò svelto Yamada, in effetti, aveva fatto bene a non andare con loro e lui non sapeva neanche per quale motivo avesse solo potuto pensare che la presenza di Kei potesse farlo sentire meno teso; quando l’amico era a conoscenza di dettagli come quelli poteva essere molto poco discreto, non si rendeva conto che, sebbene in buona fede, avrebbe potuto creare dei pasticci.
“Andiamo?” chiese Daiki, rivolgendosi a Yamada che lo guardò e annuì, imponendosi di risultare il più naturale possibile; in effetti, quell’uscita non voleva dire nulla, Daiki gli aveva detto di avere un biglietto in più per il luna park e, dal momento che ne aveva parlato con lui l’ultima volta, l’aveva invitato ad andarci insieme. Non doveva essere per forza qualcosa di romantico, no? Non implicava che lui gli piacesse nello stesso modo in cui Daiki piaceva a Yamada; doveva smettere di farsi quegli assurdi viaggi di fantasia e, soprattutto, non doveva farsi trascinare dall’entusiasmo di Kei che, appena saputa la notizia da Yamada, aveva iniziato a saltellare -anche se erano al telefono, Yamada era certo che lo stesse facendo- per la stanza, congratulandosi con lui e assicurando che sì, doveva assolutamente considerare quell’invito come un vero e proprio primo appuntamento.
In effetti, rifletté Yamada, se era così teso, ancora più del normale, era anche un po’ colpa del suo migliore amico, dal momento che, invece di frenare i suoi pensieri, li aveva alimentati come benzina sulla fiamma.
“Yamada, a che pensi?” la voce di Daiki lo riscosse e Yamada si volse a guardarlo, scuotendo il capo, cercando di sorridere in modo naturale.
“Ah, a niente, scusami. Cioè, volevo ringraziarti, veramente, per avermi invitato. Magari… magari avresti potuto andarci con qualcun altro… ecco, mi ha fatto piacere il tuo invito!”
“È stato un po’ improvviso in effetti, ma non ci sono problemi, mi faceva piacere venirci con te, mi sei sembrato così entusiasta per l’arrivo di queste attrazioni che quando mio padre mi ha regalato questi ingressi omaggio mi sei subito venuto in mente!” rivelò e Yamada sentì il proprio cuore accelerare i battiti sentendosi enormemente felice.
Quando arrivarono davanti all’ingresso, attesero in fila e non dovettero aspettare molto per poter entrare.
“Da dove cominciamo?” chiese Daiki, guardandosi intorno, tendendo a Yamada il suo ticket, sfiorandogli le dita quando l’altro lo prese.
Yamada conservò il tagliando nel portafogli come ricordo e fece un giro su se stesso.
“Ci sono tante attrazioni, ah, guarda, lì c’è una mappa, andiamo a controllare!” disse, indicando il grande cartellone vicino all’ingresso che spiegava dove si trovassero e quali fossero tutte le mete disponibili.
“Mmm… iniziamo da questo?” propose Yamada, indicando la struttura di una montagna russa che fece sorridere Daiki.
“Eh? Non ti piace?”
“Non è questo, ma ecco… è per bambini!”
“Come?”
“Guarda” Daiki gli spostò il dito che ancora l’altro puntava sulla giostra che aveva scelto e indicò la legenda di fianco con tutti i colori con cui erano scritti i nomi delle attrazioni e che indicava che il ‘Bruco mela’ di colore verde, era una giostra adatta ai bambini dai cinque ai dieci anni, per via del suo percorso elementare.
Yamada arrossì immediatamente, abbassando la mano e guardando di nuovo il tabellone.
“Mi spiace” si scusò, facendo ridere maggiormente Daiki.
“E di cosa? Per me la possiamo provare, le possiamo provare tutte se vuoi.”
“Non è che io sia un bambino, eh? Cioè, vanno bene anche le attrazioni per grandi, ma ecco… mi piaceva il nome” ammise e Daiki sentì forte l’impulso di circondargli le spalle con il braccio per coccolarselo.
“Oh, sei davvero carino!” commentò, osservando la posizione della giostra e spronando l’altro a camminare.
“Eh? Ma non abbiamo scelto!”
“Sì, andiamo sul Bruco mela!”
“Oh, Daiki no, io mi sono sbagliato!” cercò di protestare.
“Ma io adesso lo voglio provare, dai andiamo, la prossima la scelgo io!” decise, prendendo Yamada per un polso, tirandolo un po’ per farlo camminare, prima di lasciarlo quando si accorse che l’altro lo stava seguendo.
Si fecero consegnare dall’impiegato nel gabbiotto un gettone di plastica colorato e salirono insieme ai visitatori più piccoli sul vagoncino verde che raffigurava parte del corpo del lungo bruco.
“Che vergogna!” mormorò Yamada, sentendosi puntati addosso gli occhi dei genitori che stavano di sotto a guardare i loro figlioli divertirsi quando il lungo trenino a forma di bruco iniziò a muoversi.
Daiki rise, sporgendosi in avanti, guardando divertito Yamada: “Reggiti forte!” lo prese in giro, vedendo comparire finalmente un sorriso sul volto dell’altro.
Come si poteva facilmente immaginare, il percorso su quel tipo di attrazione era stato molto breve e lineare, i due ragazzi scesero e, ringraziato con un cenno del capo il macchinista, ripresero a guardarsi intorno.
“Prima ho visto l’autoscontro, è da parecchio che non ci vado, ti andrebbe?” chiese stavolta Daiki a Yamada, il quale annuì entusiasta.
“Io voglio la macchina rossa!” affermò Ryosuke, dopo che venne loro consegnato il secondo gettone, correndo verso la vettura che aveva scelto e salendoci sopra, iniziando a osservare i comandi. Daiki lo imitò, raggiungendo un’auto di colore arancio, dalla parte opposta del percorso.
“Preparati, Ryo, perché non ho intenzione di farti vincere!” gli urlò il più grande dalla sua postazione e Yamada, nel sentirsi chiamare per la prima volta per nome, si sentì immensamente felice; il suono del proprio nome pronunciato da Daiki era qualcosa che lo scaldava da dentro.
“Oh, Dai-chan!” provò a sua volta e gli venne così naturale che si emozionò tantissimo nel constatare l’intimità che quel nomignolo riusciva a infondergli. “Non mi conosci ancora bene, non sono abituato a perdere!” lo provocò, inserendo la moneta e avviando così il motore, vedendo la spia luminosa accendersi; lo stesso fece Arioka che si posizionò in modo da andare subito addosso all’amico per affermare la sua supremazia. Scontrandosi, i due ragazzi scoppiarono a ridere, prima di venire sballotati da altri partecipanti e allontanati l’uno dall’altro, ma questo non fece diminuire la loro competitività che anzi si trasformò quasi in una gara a chi riusciva a colpire più avversari.
Quando poi la spia acustica iniziò a suonare informandoli che il tempo a loro disposizione stava per terminare, ordinatamente rientrarono nelle postazioni, scendendo dai mezzi e incontrandosi fuori dal percorso.
“Non mi sento più le gambe!” disse Yamada, reggendosi al muro della piattaforma, guardando Daiki che sorrideva.
“È stato divertentissimo, però!”
“Sì, molto meglio della prima!” si schernì Yamada, osservandosi intorno e individuando una ragazza che distribuiva dei volantini con le mappe.
“Oh, guarda, adesso cosa proviamo?” si affrettò a chiedere, desideroso di continuare a divertirsi; Yamada si era rilassato abbastanza in fretta e Daiki era davvero una piacevole compagnia, non tutti avrebbero scelto come luogo per un appuntamento a due un parco giochi. Nel momento stesso in cui formulò quel pensiero, sollevò lo sguardo sul più grande, scrutandolo un istante, prima di domandare piano.
“Dai-chan?”
“Mh?” l’altro distolse per un attimo la sua attenzione dalla mappa e si fermò a guardarlo. “Ti senti bene?” gli domandò, notando il leggero pallore sul suo viso.
Yamada sorrise appena e si morse indeciso un labbro: doveva sapere.
“Sì, sto bene… senti io, so che può essere una domanda scema, magari me lo sono solo immaginato e non vorrei che questo compromettesse il proseguo della giornata, però” si fermò un momento per guardarlo e poi finalmente domandò tutto d’un fiato: “Questo non è che per caso è un appuntamento?”
Daiki spalancò appena gli occhi, ma prima che Ryosuke potesse fraintendere la sua reazione, si grattò il naso con il dorso della mano e sorrise.
“Aaah era una cosa stupida, lo sapevo, fa come se non ti avessi…”
“Se va bene per te che lo sia sì” lo interruppe Daiki, “Io lo considero un appuntamento, però se ti crea disagio allora è una semplice uscita tra amici” chiarì.
Yamada sentì il cuore fare le capriole, anche se sapeva che non sarebbe stata possibile come cosa e scosse il capo.
“Sì” disse d’impulso. “Cioè, mi va bene se è un appuntamento” assicurò e sentì Daiki sospirare di sollievo.
“Meno male, avevo paura che questo potesse creare tensione” confessò e Yamada lo rassicurò scuotendo la testa, avvicinandosi a lui e sfiorandogli la spalla con la propria, mentre prendeva una parte del foglio e indicava un punto.
“Se provassimo delle vere montagne russe ora?”
Daiki si volse a guardarlo e sorrise, annuendo, dirigendosi insieme verso il nuovo gioco.
Si sedettero negli appositi seggiolini, allacciandosi le cinture e assicurandosi a dovere, poi Yamada fece dei profondi respiri per cercare di contenere l’adrenalina.
Daiki, seduto dietro di lui si sporse, poggiando le mani sulla spalliera e sfiorandogli casualmente il braccio.
“Hai paura?”
Yamada si volse, incontrando i suoi occhi grandi, perdendosi diversi secondi a guardarlo: non era mai capitato che si trovassero così vicini e il suo cuore adesso correva più veloce ma per motivi diversi.
“No, no, ma ecco…”
“Hai paura!” affermò Daiki ridendo, tornando a sedersi composto quando sentì la giostra iniziare a muoversi; dapprima si mosse piano, dando il tempo ai passeggeri di aumentare l’aspettativa, mentre risalivano sempre più verso l’alto, prima di iniziare la discesa a grande velocità, mentre le urla dei passeggeri diventavano sempre più forti.
“Sono morto!” esclamò Yamada una volta che furono con i piedi per terra e si sedette su una panchina, gli faceva un po’ male la gola, aveva tutti i capelli scompigliati per il vento, il volto arrossato e le gambe gli tremavano.
“Aspetta qui, vado a prendere qualcosa da bere!” gli disse Daiki, correndo verso un chiosco vicino e tornado dopo poco con una lattina di succo di frutta.
“Tieni, ti rimetterà in forze!” gli assicurò, bevendo a sua volta, sedendosi accanto al più piccolo.
“Grazie! Dimmi quanto ti devo?”
“Oh, andiamo, ho usato i gettoni che ci hanno dato prima!”
“Eh?”
“Sì, per cosa credevi servissero?” sorrise.
“Li volevo tenere per ricordo!”
“Beh, sì, puoi se vuoi, ma servono anche per questo!” disse, indicando le loro lattine.
“Oh, allora dopo usiamo i miei per mangiare!”
“Hai fame?”
“Un po’… e di certo dopo questo ancora di più!” rise.
“Allora come ti sei ripreso, facciamo una pausa!” assicurò Daiki, sistemandogli un ciuffo di capelli.
“Sei tutto spettinato!” rise.
Yamada lo ringraziò, chinando poi il viso, stropicciandosi un occhio con la mano.
“Che hai?”
“Ah, credo… credo che mi si sia spostata la lente” mormorò, toccandosi infastidito la palpebra, iniziando a lacrimare.
“Fa’ vedere.”
Daiki gli fece sollevare il volto, un po’ preoccupato, osservandolo in viso.
“In effetti si è arrossato” constatò. “Vieni, andiamo al bagno!” consigliò premuroso, prendendolo per mano, indicandogli la toilette.
Quando Yamada uscì, indossava gli occhiali da vista e si grattava la testa con una mano.
“Scusami… ho dovuto levarle” mormorò imbarazzato.
“Va meglio?” chiese Daiki, avvicinandosi a lui.
“Sì, ora sì” continuò ancora a voce bassa e Arioka notò quello strano cambiamento.
“Ehi?”
“No, è che… gli occhiali” spiegò.
“Mh?”
“Ecco…”
“Aaah” Arioka lo interruppe, comprendendo il suo tomento. “Se ti preoccupi per me, non devi, ti stanno molto bene. Mi piaci anche così!” gli confessò con sincerità e Yamada sorrise.
“Grazie!” annuì.
“Andiamo a mangiare adesso?” propose il più grande.
“Sì, però, prima entriamo là?” deviò Yamada, indicando un castello.
“Vuoi entrare nella casa stregata?”
“Sì, è un classico, non possiamo perdercelo!” lo spronò, incamminandosi verso l’attrazione.

*

“Non ridere!”
“Scusami, Dai-chan, ma non ce la faccio!”
“Non sei per niente divertente, Ryosuke!”
“Oh tu sì, invece! Hai urlato tantissimo! Non ti facevo così fifone!” continuava il più piccolo, cercando di articolare una frase tra le risa.
Daiki lo scrutava sconvolto, cercando di farlo smettere: tutti li stavano guardando.
“Io non ti ho preso in giro, né ho riso di te prima sulle montagne russe!” gli ricordò.
“Oh, dai, eri davvero divertente, per poco non mi sei venuto addosso quando quella strega è saltata fuori dal nulla!”
“Ammetterai che era spaventosa!”
“Ma si vedeva lontano un miglio che era finta!”
“Era molto realistica invece!” lo corresse Arioka.
Yamada però, non riusciva a smettere di ridere.
“Sei antipatico!”
“Scusami, questa la devo dire a Kei-chan!”
“Bell’amico che sei!”
“Mh, secondo me se foste andati insieme ne sareste usciti di corsa piangendo!”
“Scemo e smettila!”
Daiki gli colpì il braccio, pizzicandogli la pelle per punizione e Yamada si volse verso di lui, passandosi la mano sul punto dolente.
“Ok, la smetto, dai andiamo a mangiare, offro io stavolta!” assicurò, avvicinandosi alla bancarella e ordinando una confezione grande di takoyaki.
Il gestore porse loro una busta con le ordinazioni e quando Yamada fece per mettersi le mani in tasca per prendere i gettoni, si rese conto di non avere libertà di movimento, perché stava ancora stringendo la mano di Arioka; osservò le loro dita saldamente intrecciate, prima di sollevare gli occhi verso Daiki, sorpreso quanto lui: entrambi non si erano resi minimamente conto di aver camminato per tutto quel tempo presi per mano e, soprattutto, senza essersi accorti di averle intrecciate, molto probabilmente già quando erano dentro la casa degli orrori.
Sciolsero insieme la presa e Yamada pagò il conto, prendendo le bibite in omaggio, voltandosi per scegliere un posto tranquillo dove fermarsi a mangiare.
“Che ne dici di andare lì?” propose Daiki, indicando un muretto basso, dove anche altri ragazzi erano fermi a mangiare.
Yamada annuì, sorridendogli e sentì di nuovo la mano di Daiki scivolare contro il suo palmo, stringendolo a sua volta con naturalezza; in quel momento, consapevole di quel gesto, si godette appieno le sensazioni che gli infondeva il calore della pelle di Arioka contro la sua e la sua stretta gentile.
Presero posto uno vicino all’altro, posando la confezione di plastica tra loro, poi Daiki tese a Yamada un bacchetta per poter mangiare.
“Ci voleva proprio! La salsa era buonissima! Quasi quasi me ne prenderei un altro!” affermò Yamada, leccandosi le labbra goloso, soddisfatto della merenda.
“Davvero?” Daiki lo guardò perplesso.
“Mh?”
“Niente, ma non ti facevo un tipo così mangione, non l’hai mai fatto!”
“Ah, ecco, perché ci siamo sempre visti dopo cena e poi non volevo fare brutta figura con voi” ammise. “Kei mi rimprovera sempre che mangio tanto, anche se nemmeno lui dovrebbe parlare. Alle fiere mangia sempre tantissimo e, credimi, non è un bello spettacolo! Ma essendo Kei gli si perdona tutto e poi è carino.”
“Oh, ma lo so, l’ho visto in azione, una volta ha mangiato un hot-dog in un sol boccone, non so come faccia!” rise Daiki, prendendo un po’ in giro l’amico, iniziando a ridere di gusto. Seguendo la scia dei propri pensieri, poi cambiò argomento. “Devo dirti una cosa” esordì, facendo incuriosire Yamada il quale lo guardò confuso, bevendo per ripulirsi la bocca, sedendosi in modo da risultare di fronte a Daiki, incrociando le gambe sul muretto.
“È una cosa molto stupida, adesso, ma ecco… quando ho visto Kei a casa tua oggi… ecco, ho pensato che beh che ti piacesse.”
“Eh?” Yamada lo guardò allibito, tossendo appena, sentendo la bevanda andargli su per il naso.
“Lo so che è stupido, però mi avevate date quell’impressione. Per un momento pensavo che non volessi più uscire con me” spiegò.
Yamada pose la lattina accanto a sé e gentilmente prese una mano di Daiki, congiungendo i palmi, misurandone le dita, abbassando le proprie per stringerlo.
“Che scemo. Io e Kei siamo amici da poco più di un anno, ma abbiamo legato molto. Semmai dovrei pensarlo io di te, vi conoscete da quando eravate piccoli, me l’ha detto Kei-chan” spiegò.
“Lo considero più come un fratello a dire il vero, mi fa ridere e lo trovo tenero a volte, ma nulla di più” replicò Daiki, chinandosi leggermente in avanti con la schiena.
Yamada sorrise, giocando anche con l’altra mano e riflettendo tra sé.
“Sai una cosa? Se non ci fosse stato lui, non ci saremo incontrati, è un po’ merito suo se adesso io e te stiamo insieme” parlò Yamada.
Daiki gli strinse la mano e lo guardò da sotto in su, con un leggero sorriso.
“Stiamo insieme?” domandò.
“Ah!” Ryosuke spalancò la bocca, conscio di quello che aveva detto. “Ah no, aspetta, non… non volevo dire in quel senso, era per dire che adesso, oggi siamo insieme al luna park, cioè siamo usciti insieme, in quel senso, non voglio dire che…”
La risata di Daiki lo interruppe e Yamada arrossì.
“Non ridere!” gli disse, cercando di sottrarsi dalla sua stretta, ma l’altro glielo impedì.
“Sei buffo e sei veramente carino!”
“Non si dice a un maschio che è carino!”
“Perché?”
“Perché no, è già la seconda volta che me lo dici” Yamada fuggì il suo sguardo, imbarazzato.
“Tu prima l’hai detto per Kei e lui è felice quando qualcuno gli dice che è carino!” obbiettò Daiki.
“Oh, ma Kei-chan è carino davvero… cioè, insomma, è Kei. Lui è un caso a parte!” esplicò, sentendo Daiki allungare l’altro braccio e prendergli anche l’altra mano nella propria.
Arioka annuì e scese dal muretto, tenendo Yamada per una mano, indicando con l’altra la ruota panoramica.
“Ti va di salire?” gli chiese. “Quella è l’attrazione principale, a turno fermano le cabine sul punto più altro per far ammirare il panorama, dicono che si veda la Torre e che sia bellissima!”
“Allora non dobbiamo perderla, sì, andiamo!” accettò di buon grado Yamada.
Si sedettero uno di fronte all’altro, osservando fuori dai finestrini il paesaggio sottostante farsi sempre più piccolo e la ruota girare piano su se stessa, cullandoli dolcemente, fermandosi di tanto in tanto, fino a che non fu il loro turno di giungere in cima e osservare il tanto declamato orizzonte, stupendosi di quanto effettivamente fosse suggestivo osservare la città da quella prospettiva e la Torre di Tokyo che primeggiava contro il cielo aranciato del tramonto.
“È davvero splendido!” commentò Yamada, le mani posate contro il vetro e sul volto un’espressione entusiasta, Daiki lo osservò sorridendo, intenerito dal vedere quella reazione; quando la ruota riprese a scendere e Yamada si mise di nuovo composto, guardandolo con quell’espressione ilare, Daiki si alzò, per sedersi accanto a lui.
Gli posò le mani sui fianchi, scivolando appena sulla coscia.
“Pensi che dovremo dirglielo?” gli chiese improvvisamente e Yamada lo guardò confuso.
“A chi?”
“A Kei.”
Yamada sentì il proprio cuore accelerare i battiti e l’aspettativa salire, mentre si accingeva a domandare piano: “Co-cosa?”
Daiki gli sorrise, avvicinandosi un poco a lui.
“Che stiamo insieme” affermò.
Ryosuke spalancò gli occhi, non riuscendo a trattenere un sorriso e sollevò le braccia, circondando il collo di Daiki, stringendolo a sé, posando la fronte contro la sua, strofinando le punte dei loro nasi; socchiuse le palpebre, inclinando leggermente il capo di lato, mentre le braccia del più grande, scivolavano sulla sua vita, dietro la schiena, attirandolo di più contro di sé, sentendo finalmente le loro labbra entrare in contatto in un bacio dolce, ma che si fece presto più profondo e a lungo desiderato.
Si separarono solo per un istante, constatando che mancava ancora parecchio all’arrivo a terra e Ryosuke scivolò meglio in avanti, sollevando una gamba, intrecciandola e inserendola tra quelle di Daiki, protendendosi di nuovo verso di lui, gesto che dall’altro venne accolto con la stessa impazienza, mentre lo stringeva ancora più forte.

genere: oneshot, hey! say! jump: yamada ryosuke, hey! say! jump: inoo kei, fanfiction: hey! say! jump, pairing: ariyama, tabella: luoghi_tf, comm: think_fluff, genere: fluff, hey! say! jump: arioka daiki, genere: au, rpf

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