[Ariyama] Junior High

Feb 27, 2013 18:12

Titolo: Junior High
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yamada Ryosuke, Arioka Daiki, Nakajima Yuto, Chinen Yuri
Pairing: Ariyama
Rating/Genere: PG/AU, fluff
Wordcount: 2.698 fiumidiparole
Disclaimer: I personaggi non sono miei, non li conosco personalmente e quanto di seguito accaduto non vuole avere fondamento di verità. La storia è scritta senza alcuno scopo di lucro.
Warning: slash
Note: la storia è scritta per la think_fluff per la tabella luoghi con il prompt ‘scuola’, per la 500themes_ita con il prompt ‘siediti con me’ e ispirata al prompt di vogue91 “Come mai ti siedi sempre con noi? Non ti vanno a genio i tuoi compagni di classe?”
Tabella: Luoghi
Tabella: 500themes

La campanella suonò regalando agli studenti un sorriso perché finalmente le lezioni della mattina si erano concluse e la tanto agognata pausa pranzo era arrivata.
Yamada conservò i propri libri e quaderni nella cartella e si avvicinò al banco di Chinen in prima fila, poggiandogli una mano sulla spalla.
“Chii, andiamo a mangiare insieme?” gli propose.
L’altro sollevò su di lui uno sguardo ridente e annuì.
“Chiamiamo anche Yutti!” suggerì a sua volta, alzandosi dal banco e prendendo il proprio bento.
I due procedettero per il corridoio, incrociando il compagno che camminava verso di loro parlando con un ragazzo che Yamada e Chinen riconobbero come un loro senpai.
“Yuto!” Yamada lo chiamò sollevando una mano e facendosi riconoscere, vedendo l’amico rivolgergli un sorriso.
“Yama-chan! Chii-chan! Stavo giusto venendo a chiamarvi!”
“Anche noi! Mangiamo insieme?” domandò il più piccolo dei tre sollevando il proprio bento.
Nakajima annuì, poi si rivolse al ragazzo accanto a lui.
“Vi ricordate di Dai-chan?” chiese loro guardandoli.
I due ragazzi annuirono, salutando il più grande.
“Arioka-kun” lo chiamò Yamada, chinando leggermente il capo in cenno di saluto e Chinen gli sorrise a sua volta.
“Mangi con noi anche tu?” chiese il più piccolo.
“Se non sono di troppo!” gli rispose Arioka sorridendo.
“Ma cosa dici, Dai-chan!” rise Yuto, poggiandogli una mano sulla spalla e indicando agli amici la terrazza, luogo che prediligevano per mangiare tutti insieme quando il tempo permetteva loro di stare fuori.
I quattro ragazzi sei sedettero in cerchio, scoperchiando i loro contenitori del pranzo e iniziando a mangiare con gusto.
“Questa giornata non finiva più e io stavo letteralmente morendo di fame!” esordì Yamada, mettendo velocemente in bocca tre pezzi di sushi uno dopo l’altro.
“Sai che novità!” lo prese in giro Chinen, “E mangia composto, che modi! Ma non ti vergogni?” lo rimproverò, guardandolo con disgusto e rivolgendo un cenno di scusa verso Daiki.
“Non ti preoccupare per me, non mi scandalizzo e poi è divertente vederlo mangiare perché lo fa con gusto!” disse rivolto poi a Yamada il quale con le guance ancora gonfie chinò il capo in segno di scusa borbottando qualcosa.
“Non si parla con la bocca piena!” lo riprese ancora il più piccolo dandogli un leggero scappellotto e mangiando in modo composto ed educato il proprio pranzo.
“Scusali, Dai-chan, fanno sempre così!”
“Siete spiritosi e comunque si vede che vi volete bene!”
“Io non voglio bene a questo qui! Per favore, Arioka-kun, non mi mettere allo stesso livello di Yamada!”
“Ehi!” riuscì a difendersi stavolta Ryosuke. “Che antipatico! E poi lo sanno tutti che senza di me saresti perso!”
“Non penso proprio. Piuttosto il contrario…” gli disse, guardandolo poi in modo di cui Yamada non faticò a interpretare il sottinteso.
Yuto si accorse dello sguardo confuso di Daiki a quello scambio di battute e spiegò: “Yama-chan è innamorato di Chinen!”
“Ero, prego!” chiarì Ryosuke “E poi per quanto ancora me la volete rinfacciare questa cosa? Non so proprio cosa mi piacesse di te!” si rivolse verso Chinen facendogli la linguaccia.
“Lo sai benissimo, invece!”
“Ma Chii l’ha rifiutato perché è innamorato di un ragazzo più grande!”
“Ehi, ma magari ad Arioka-kun non interessavano i fatti miei. O comunque non andava a me di farglielo sapere” Chinen si rivolse all’amico che si strinse nelle spalle sorridendogli.
“È uno vecchio!” controbatté Yamada ancora offeso per il modo in cui era stato trattato dagli altri due amici.
“Non è vecchio! Sei solo geloso perché ti ho rifiutato per lui. Ha solo tre anni più di noi e va alle superiori!”
“Non sa neanche che esisti!” lo provocò Yamada, divertito.
“E invece sì! Se ti interessa, l’altro giorno ci ho anche parlato!”
I due amici guardarono il più piccolo con occhi spalancati.
“Bugiardo!”
“Invece è vero!” fece il sostenuto Chinen, richiudendo il suo bento. “L’ho incontrato alla fermata dell’autobus, aveva dei libri e quando uno stava per cadergli io gliel’ho raccolto” spiegò.
“Ah!” esclamò d’un tratto Arioka, guardando Chinen.
“Che c’è, Dai-chan?” domandò Yuto confuso.
“Per caso il ragazzo che ti piace è Yuya? Takaki Yuya?” chiese rivolto a Chinen che sbarrò gli occhi piegandosi in avanti per guardare Daiki.
“Lo conosci?”
“Sì! È il mio vicino di casa” affermò e con un movimento velocissimo, Yuri si sedette immediatamente al suo fianco, guardandolo speranzoso.
“Ti ha parlato di me?” volle subito sapere, dal momento che se Daiki aveva avuto quell’illuminazione quando aveva raccontato quell’aneddoto, Yuya doveva per forza avergli parlato di lui.
“Uhm, ricordo che l’altro giorno è tornato a casa con un sacco di libri che gli servivano per una ricerca e quando gli ho fatto notare che erano troppi libri per uno come lui” si fermò guardando Chinen, “mi spiace, ma Yuuyan non è molto bravo a scuola” rise e Chinen gli fece cenno di non focalizzarsi su quei dettagli, ma di arrivare al punto. “Insomma, si è arrabbiato e i libri gli stavano per cadere, quindi l’ho aiutato e lui mi ha detto che anche mentre aspettava la coincidenza gli era successa una cosa simile e qualcuno era stato molto gentile da aiutarlo” concluse. “Quindi forse eri tu!” affermò, vedendo Chinen sorridere leggermente.
“E poi?” lo spronò Yuri.
“E poi cosa?”
“Non lo so, ti ha detto altro?” volle sapere il più piccolo.
“Niente… mi dispiace” si scusò Daiki.
Chinen rimase un po’ deluso e ci pensò Yuto a tirargli su il morale, battendogli una mano sulla spalla.
“Beh Yuri, non ti abbattere! Questo è già un inizio e poi, magari, Dai-chan può parlare con Yuya, no?”
“Io?”
“Sì!” si riebbe subito Chinen. “Sì, Arioka-kun… ah no!” si corresse. “Dai-chan! Per favore, potresti, non so, informarti o farmi avere l’orario delle sue lezioni così io posso fingere di incontrarlo per caso?” chiese.
“Yuri!” lo richiamò Yamada sconvolto. “Sei impazzito?”
“Assolutamente! Tu non metterti in mezzo! Sei solo geloso!” lo minacciò, puntandogli contro l’indice.
“Ah, insomma, io non sono geloso. Quante volte te lo devo dire, non mi piaci più!” specificò, ma ormai Chinen non lo stava più ascoltando, concentrato a monopolizzare l’attenzione di Arioka, chiedendogli di parlargli di Yuya, in modo che potesse scoprire qualcosa di più su di lui e Yamada fu costretto a scuotere il capo e tornare a mangiare il suo pranzo in silenzio.
Qualche giorno dopo, il gruppetto di ragazzi stava rincasando e Chinen era letteralmente su di giri tanto che gli amici stentavano a riconoscerlo.
“E allora mi sono fatto coraggio e gli ho proposto di venire insieme a me a vedere un film e lui ha accettato!”
“Bene, Chii, sono contento per te!” si congratulò Yuto.
“È tutto merito tuo, Dai-chan!”
“Io non ho fatto nulla!” si schernì il più grande, passandosi una mano tra i capelli.
“Invece sì, sei diventato ormai un membro essenziale del nostro gruppo!” lo corresse, guardando poi l’ora. “È tardi! Yuya mi aspetta tra dieci minuti! Ci vediamo domani!” si congedò dagli altri, scappando via.
Yuto lo osservò correre e allontanarsi e rise.
“È proprio cotto!”
“Non ho mai visto Yuri così” scosse le spalle Yamada.
“Ragazzi, anche io oggi vi lascio qui, devo andare al corso di batteria, ci vediamo domani!” si congedò dai due che rimasero quindi da soli; era la prima volta che capitava che si trovassero in una situazione simile, quindi si guardarono incerti su chi dovesse essere il primo a rompere il silenzio, ma nessuno dei due prese parola e Yamada se ne stesse con le mani nelle tasche della divisa, fissando la strada.
“Tu da che parte vai?” domandò infine Daiki.
Yamada gli indicò la sua direzione e il più grande sorrise: “Anche io, possiamo fare un pezzo insieme se ti va?” gli propose, vedendolo un po’ incerto prima di annuire.
Iniziarono a camminare ma nessuno dei due aveva detto molto; non che non avessero argomenti di cui parlare e si frequentavano abbastanza spesso da essere in grado di sostenere una conversazione per riempire quel vuoto verbale, ma nessuno dei due trovava gli spunti giusti, fino a che Ryosuke, stanco di quell’atmosfera così silenziosa, parlò.
“Posso chiederti una cosa?” esordì, guardando Arioka con la coda dell’occhio e quando l’altro annuì, continuò: “Come mai ti siedi sempre con noi? Non ti vanno a genio i tuoi compagni di classe?” domandò e Arioka arrestò il passo, chinando appena il capo di lato.
“Perché?” domandò invece di rispondere, facendo fermare a sua volta anche Yamada qualche passo avanti a lui, interpretando male il suo sguardo.
“Ah, non sto dicendo che non va bene. Solo mi sembra strano che un ragazzo più grande cerchi la compagnia di tre studenti più piccoli… cioè in realtà non sarebbe poi così strano, non c’è niente di male, ma ero solo curioso, ecco. Non ti vedo mai con nessuno dei tuoi amici” finì piano.
“Mi dispiace, non credevo che la cosa ti desse tanto da pensare. In effetti, sei sempre molto silenzioso quando stiamo insieme, pensavo di starti antipatico” ponderò ad alta voce Daik. “O ce l’hai con me perché ho fatto conoscere Yuya e Yuri? Sei geloso?”
Yamada sbarrò gli occhi e lo raggiunse.
“Insomma! Uno non sono geloso di Yuri, siamo solo amici, mi piaceva anni fa quando eravamo piccoli. E poi non mi stai antipatico. Anzi se ti ho dato questa impressione me ne dispiaccio. La mia era solo curiosità, te l’ho detto” chiarì di nuovo, stringendosi nelle spalle.
Arioka piegò un braccio, portandosi la cartella su una spalla e sorridendo.
“Allora, beh se ci tieni tanto a saperlo, in realtà Yama-chan, tu mi piaci molto” confessò, sempre sorridendo e il più piccolo sbarrò gli occhi sconcertato.
“Come?”
“Sì” ripeté piano Daiki, poi scoppiò a ridere. “In realtà non volevo dirtelo così, ma visto che me l’hai chiesto ho pensato che fosse giusto essere sincero con te” spiegò meglio e quando lo chiamò per capire cosa pensasse, Yamada indietreggiò di un passo, senza riuscire a guardarlo negli occhi.
“Scusa… scusa devo andare adesso. Mi sono ricordato di un impegno improvviso!” disse scostante e Daiki comprese che la sua era solo una bugia, ma non riuscì a fare niente per fermarlo perché anche se provò a richiamarlo, Yamada aveva iniziato a correre fino a sparire presto dalla sua vista.
Nei giorni successivi a quell’incontro, Daiki aveva iniziato a pentirsi di essersi esposto in quel modo con il più piccolo, doveva capire che l’altro non fosse ancora pronto a sentire il reale motivo del suo interesse e avvicinamento al gruppo di Nakajima, ma quando era rimasto da solo con lui gli era sembrato il momento migliore; Daiki si era innamorato di Yamada qualche mese prima, quando, per l’appunto Yuto li aveva presentati la prima volta, il suo sorriso e la sua allegria l’avevano immediatamente colpito e Daiki era stato sicurissimo di essere stato colpito da un istantaneo colpo di fulmine. In quei mesi aveva cercato di conoscerlo di più, di farsi conoscere, ma Yamada restava sempre sulle sue, parlava poco e Daiki lo osservava in silenzio, felice di poter passere, anche se poco, del tempo con lui.
Gli dispiaceva essersi dichiarato perché, oltre a non aver capito come Yamada avesse preso la cosa e quindi cosa pensasse ora di lui, il più piccolo passava sempre meno tempo con i suoi amici; se gli capitava di incrociarsi per i corridoi cambiava strada o se non riusciva a fare in tempo teneva sempre il volto chino e quando i suoi amici proponevano di mangiare tutti insieme, trovava sempre una scusa per dileguarsi.
Quel giorno, a scuola, Daiki aveva deciso che se anche Yuto fosse andato a chiamarlo per pranzare con loro avrebbe rifiutato: non voleva che Yamada si isolasse dai suoi amici o che comunque si sentisse a disagio a causa sua.
Prese il proprio pranzo per andare a mangiare in cortile e passando per il corridoio non riuscì a fare a meno di buttare uno sguardo alla classe di Yamada e Chinen trovandola vuota, eccezion fatta per una persona che stava mangiando in solitaria seduto sopra gli armadietti accanto alla finestra, senza riuscire a trattenersi dall’avvicinarsi incuriosito quando capì di chi si trattava.
“Yama-chan?” lo chiamò facendo in modo che lo riconoscesse.
“Daiki…” mormorò di rimando l’altro portandosi le bacchette alle labbra.
“Come mai sei qui da solo?” gli chiese, entrando di pochi passi nell’aula, ma restando vicino alla porta.
“Yuri è malato e Yuto aveva una riunione con il suo gruppo di studio” gli spiegò.
“Ah, capisco…” annuì il più grande, muovendo un passo indietro. “Beh, allora io vado… ciao” lo salutò, non volendo creargli altro imbarazzo, ma quando fu sull’uscio Yamada lo richiamò.
“Aspetta!”
Daiki si volse, guardandolo interrogativo.
“Siediti con me…” gli chiese Yamada. “Se ti va, puoi farmi compagnia, non mi piace mangiare da solo” confidò, indicandogli il posto accanto al suo, sistemando meglio i piedi sopra una sedia che stava usando come punto d’appoggio.
“Mi farebbe piacere” gli disse Daiki, sentendosi un po’ emozionato per il fatto che fosse stato l’altro a ricercare la sua compagnia. Lo raggiunse e si sedette di fianco a lui, posando il proprio bento sulle ginocchia, scoperchiandolo e iniziando a mangiare un po’ di riso, fermandosi poco dopo per prendere fiato.
“Mi dispiace” disse, sentendo a sua volta Yamada parlare insieme a lui, chiedendogli la stessa cosa.
“Eh?” Daiki si volse a guardarlo e Yamada accennò un sorriso.
“Volevo scusarmi per essere scappato l’altro giorno. Io non dovevo, lo so, ma…”
“No, è a me che dispiace, non dovevo dirti niente. Sono stato inopportuno e…”
“No, no!” lo interruppe il più piccolo. “Non è vero. È solo che mi hai preso alla sprovvista, io non pensavo che, insomma, che ti potessi piacere. Mi… mi ha reso felice” ammise, abbassando lo sguardo e Daiki quasi trattenne il fiato, come se avesse paura a muoversi anche solo per respirare, per poi scoprire che se avesse fatto qualsiasi cosa per cambiare lo scorrere del tempo tutto quello potesse non essere reale.
“Davvero?” si azzardò poi a chiedere.
“Sì… però… però l’ho realizzato quando sono tornato a casa. Io non avevo mai pensato a, insomma, a te. Però quando nella mia testa ho riascoltato le tue parole e ho pensato a questi mesi in cui ci siamo frequentati anche se non abbiamo mai parlato molto ho capito che mi piaceva mangiare con te. Mi dispiace per averti evitato, ma mi vergognavo per come avevo reagito e non sapevo come fare per tornare sui miei passi, pensavo che potevo non piacerti più e allora…”
Daiki scoppiò a ridere e Ryosuke si interruppe per guardarlo.
“Scusami, Yama-chan, non volevo ridere, davvero, ma…” si fermò e scosse il capo. “Io pensavo che ce l’avessi con me e che mi evitassi perché mi odiassi per averti messo in imbarazzo” ammise. “Non volevo che la mia confessione creasse problemi con i tuoi amici e avevo pensato di farmi da parte” spiegò.
Yamada lo guardò e sorrise.
“Quindi ti piaccio lo stesso? Ti piaccio ancora?” volle sincerarsi e Daiki annuì, spostandosi e scivolando più vicino a lui.
“Sì” rispose semplicemente e Yamada sorrise, facendo scontrare le loro spalle, allungando poi le bacchette verso la scatola di Daiki.
“Non lo mangi quello?” chiese, indicando un involtino di sushi e prendendolo con la punta delle bacchette portandoselo alle labbra.
“Ehi!” lo riprese Daiki, allungando le proprie e pizzicandogli il naso, facendolo ridere.
“È buonissimo!” si complimentò Yamada spalancando gli occhi.
“Ma dai? Lo so, infatti li lascio sempre per ultimi, perché sono i miei preferiti!”
“I tuoi bento hanno sempre avuto un aspetto buonissimo!” gli rivelò, sbirciando quale altra pietanza potesse assaggiare e Daiki gli allontanò il cestino, dispettoso.
“No, questo è mio!”
“Eddai, Daiki!” mise il broncio, mentre l’altro si alzava in piedi e poi si sistemava davanti a lui imboccandolo con le proprie bacchette.
“Buono!” apprezzò di nuovo il più piccolo, sorridendogli, dopo aver mangiato anche quella prelibatezza.
“E adesso che ti sei mangiato il mio pranzo, cosa mi dai in cambio?” chiese Daiki divertito.
“Ma cosa dici? Ne hai ancora un sacco e il mio è praticamente finito, non ho niente da farti assaggiare!” gli disse Yamada con leggero rammarico e Arioka ridacchiò, avvicinandosi ancora di più a lui, posandogli le mani sui fianchi, tendendo il volto verso di lui.
“Sei sicuro? Secondo me se ci pensi bene qualcosa da offrirmi ce l’hai” lasciò in sospeso, fissandolo in viso e soffermandosi poi a guardargli le labbra che si tesero infine in un bellissimo sorriso.

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