[Yamachii] Kinou no futari ga ukabu

Jun 12, 2012 14:44

Titolo: Kinou no futari ga ukabu (But all I can see is how we were yesterday) [HSJ Futarigake no basho]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yamada Ryosuke, Chinen Yuri, Arioka Daiki
Pairing: Ariyama, Yamachii
Set di temi: Set 4 - La Bella e la Bestia
Prompt: 04. “Tu sei tornata…”
Rating: NC-17
Genere: angst
Warning: slash, !death fic
Note: la storia inoltre è scritta per la think_angst tabella luoghi con il prompt: 01. Vasca da bagno.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Conteggio parole: 1.356 fiumidiparole
Tabella: qui
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“Cosa state facendo?”
Chinen era rientrato in casa e aveva sorpreso il suo ragazzo in compagnia di un altro.
“Yuri!”
Yamada si era alzato a sedere sul letto, nei suoi occhi paura e colpevolezza.
“Ryo-chan cosa…?”
Chinen era andato verso di lui, prendendolo per le spalle, per scuoterlo.
“Chii, aspetta…”
Daiki era intervenuto a separarli, pensando al peggio.
“Tu non mi parlare!”
Aveva urlato Yuri, colpendolo per una spalla con forza.
“Yuri, mi dispiace io…” aveva cercato di spiegare Yamada, la voce tremante.
“Ti dispiace? Sei qui contro la tua volontà? Arioka ti ha costretto ad andare a letto con lui con la forza?”
Il silenzio di Yamada, il suo sguardo basso era stato sufficiente come risposta.
E Yuri aveva dato di matto: aveva dato un pugno contro la finestra e, incurante della mano sanguinante, aveva iniziato a sfogare la propria rabbia contro tutto quello che aveva trovato, tirando via i libri dagli scaffali, rovesciando la lampada sulla scrivania, aprendo l’armadio e tirando via gli abiti del fidanzato.
“Ti odio… sparisci dalla mia vista!” aveva urlato contro Yamada quando questi si era alzato per fermarlo, gettandolo a terra, prima di uscire via dalla casa.

Yamada girava per la stanza vuota, osservando il disordine che vi regnava.
Strascicava i passi, scalzo percorreva l’area a grandi passi, osservando il vetro rotto della finestra, i cui pezzi aveva ammucchiato in un angolo della stanza, e i soprammobili sparsi a terra.
Era stato orribile, non aveva mai visto Chinen così arrabbiato e ne aveva avuto paura.
Anche se sapeva di non averne alcun diritto.
Tirò su con il naso, impedendosi di piangere, non doveva farlo, perché non era giusto, doveva pagare per quello che aveva fatto, per quel tradimento.
Spense le luci della sala, decidendo che avrebbe pensato poi a sistemare, in quel momento era solo stanco, voleva solo rilassarsi e dimenticare quello che era accaduto, come se fosse possibile farlo.
Si diresse nel bagno, guardandosi di sfuggita allo specchio, notando il succhiotto che spiccava sulla prioria pelle. Ci passò sopra due dita, accarezzandolo; riusciva ancora a percepire le labbra di Daiki su di sé, mentre la sua mano si stringeva al suo sesso e lo masturbava.

A Daiki piaceva torturarlo in quel modo, posò le sue labbra su di lui, mentre con la lingua assaporava la pelle e succhiava quella parte sensibile. Yamada ansimava per quella stimolazione e per la mano del più grande che si muoveva sul suo sesso, le dita che scorrevano per tutta la lunghezza, si fermavano sulla punta, dove il pollice si muoveva circolarmente.

Riusciva a non pensare più a niente Yamada quando stava con Daiki, dopo le prime volte che era successo che si incontrassero in modo così clandestino ed era riuscito ad arginare il rimorso per quel tradimento, per quello che stava facendo a Chinen, riusciva a sentirsi libero.

“Dovremo dirglielo” gli aveva ripetuto anche quella sera il più grande. “Io ti amo e se anche tu…”
“Anche io ti amo, Dai-chan, ma Chinen… Lo amo, lo capisci, lui è la prima persona di cui mi sia mai realmente innamorato… non posso lasciarlo” aveva detto Yamada, interrompendolo.
“Perché?” chiese Daiki. “Perché? Che senso ha? Vieni a letto con me, Yamada, come puoi ancora comportarti con lui come se niente fosse. Come puoi recitare così bene la parte del bravo fidanzato.”
“Non fare così. Non mi urlare” aveva chiesto Yamada, spostandosi su di lui, accarezzandogli il petto con la mano.
“Che dovrei fare, allora?” lo interrogò il più grande, scostandolo da sé. “Io… io non ti aspetterò per sempre” gli aveva detto Daiki e Yamada sapeva che aveva ragione.

E avevano fatto ancora una volta sesso, per quietare l’animo di Daiki e il proprio senso di inadeguatezza, Yamada l’aveva baciato, l’aveva eccitato di nuovo e si era lasciato scopare da lui, mentre sentiva il proprio cuore soffrire e appesantirsi con ulteriore dolore.
E quando avevano di nuovo raggiunto insieme l’orgasmo e stavano per cedere a un sonno senza sogni Chinen li aveva scoperti e aveva iniziato a urlare.
Aveva ragione a non volerlo più, aveva ragione a odiarlo, ma Yamada lo amava e non sapeva come fare per sistemare quella situazione. Dopo che Chinen se n’era andato non aveva più permesso a Daiki di toccarlo, anche se l’altro avrebbe voluto consolarlo, anche se gli aveva detto che sarebbe andato tutto bene, perché lui l’avrebbe amato per sempre. Ma Yamada non aveva voluto sentire ragione alcuna e l’aveva cacciato. In malo modo. Non era riuscito neanche a piangere, né per se stesso, né per gli occhi feriti e delusi di Daiki, né per la sua storia con Chinen che era giunta al termine.
Aprì i rubinetti della vasca, lasciando scorrere l’acqua; si sentiva stanco, voleva rilassarsi, voleva non pensare assolutamente a niente, chiudere gli occhi e svegliarsi a inizio anno, quando ancora tutto tra lui e Chinen andava bene, quando ancora non si sentiva così sporco.
Dove aveva sbagliato non lo sapeva, come aveva potuto innamorarsi di qualcun altro oltre a Chinen, come il proprio cuore potesse amare in modo così intenso e distinto due persone diverse, non lo comprendeva.
Fissò un punto vuoto, lasciando che quelle tristi e soffocanti sensazioni lo avvolgessero, era stanco di pensare, era stanco di farsi delle domande a cui non avrebbe risposto. Non voleva pensare al domani, non voleva realizzare di essere solo, di non avere più Chinen al suo fianco, di non avere più Daiki accanto a sé.
Aveva avuto troppo e aveva perso tutto.
L’acqua continuava a scorrere e il livello a salire bagnandogli le dita, ma non se ne curò. Si alzò, spogliandosi piano, restando nudo per qualche secondo, prima di decidersi a sollevare una gamba per entrare nella vasca, ma il pavimento era bagnato e Yamada non stava realmente prestano attenzione a quello che faceva.
Senza trovare un appiglio al quale aggrapparsi, scivolò dentro la vasca, spargendo ancora più acqua, battendo la testa contro il bordo.
Un rivolo di sangue gli colò dalla tempia e Yamada cercò di rimettersi dritto, ma senza molto successo.
Chiuse la manopola, interrompendo il flusso dell’acqua; sentiva la testa dolergli: si portò una mano alla fronte, bagnandosi le dita di sangue, immergendole poi nell’acqua che immediatamente si colorò. Chiuse gli occhi, non aveva le forze per alzarsi, per chiamare aiuto.
Forse però era giusto così, era giusto che nessuno si prendesse cura di lui in un momento del genere. Chinen se n’era andato, lo odiava, l’aveva lasciato.
Stava per chiudere gli occhi e cedere al sonno quando la porta del bagno si aprì e vide Chinen sbiancare, correre da lui e chiamarlo.
“Ryosuke!” lo sentì urlare, mentre osservava le proprie dita macchiarsi di sangue. Sorrise, sollevato di vederlo lì, anche se magari a Yuri di lui non importava, era Chinen la persona che avrebbe visto per l’ultima volta.
“Tu sei tornato…” mormorò il più grande, prendendogli una mano con la propria.
“Certo che sono tornato, idiota. Ho parlato con Daiki e…” scosse il capo, non era realmente importante in quel momento cosa fosse successo tra lui e il più grande. “Cosa hai fatto?” parlò Yuri, colto dal panico, mentre estraeva dalla tasca il cellulare e digitava velocemente il numero delle emergenze.
“Pronto, mi serve subito una…” non poté finire di parlare, perché Yamada gli aveva preso il telefono, immergendolo nell’acqua.
“Ryo, cosa diavolo…”
“Lascia stare, Chii, non importa ormai.”
“Certo che importa! Devi resistere!” lo sgridò Yuri, cercando rapidamente una soluzione. “Tirati su, devo prendere il telefono.”
“No, tu sei tornato, mi basta. Volevo chiederti scusa Yuri, io ti amo eppure ti ho fatto del male e…”
“Zitto, non ti voglio sentire. Devi… devi…”
Cosa gli volesse realmente dire non lo sapeva neanche lui.
“Perché sei così stupido? Che pensavi di fare?” gli chiese, mentre sentiva gli occhi pericolosamente vicini alle lacrime.
“Io volevo solo lavarmi, ero sporco e… e poi sono caduto e adesso sono stanco. Sono felice che tu sia qui” spiegò Yamada, incespicando sulle parole, mentre le forze gli venivano pian piano meno e chiuse gli occhi.
Chinen lo scrollò, tirandolo su per le spalle, ma il suo corpo era pesante e non reagiva più.
Lo chiamò Chinen, diverse e svariate volte, ma Yamada non gli avrebbe risposto.

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