Fandom: ALEXANDER
Pg: Alexander/Efestione
Prompt: *Pioggia, pioggia, e ancora pioggia! Non ne posso più di starmene in questa maledetta tenda!"
Note: seconda fic scritta per il pOrnfest #4 sempre di fanfic_italia, e quando mai. Un po’ di estro creativo mentre mia mamma cucina ci voleva proprio, almeno uno si sazia e non pensa all’amount di pesce che mangerà a cena - sì, a me non piace il pesce, preferisco la carne rossa, non so se s’era capito… La smetto, promesso. Per stasera, almeno. Enjoy!
Erano due giorni che continuava a piovere. Le gocce battevano sulla tela della tenda con un ticchettio costante che non gli dava tregua neanche di notte; alla fine aveva deciso di restare sveglio e vedere se effettivamente avrebbe smesso o meno.
Efestione tirò fuori la sua spada dal fodero e prese un panno, iniziando a lucidarla. Lo fece con un movimento lento, così da rilassarsi e da tenere a bada i nervi. Una cosa che detestava era questo non potersi muovere, questo dovere stare fermo senza nulla in particolare da fare. Dopo due giorni neanche la lettura o il combattimento sembravano distrarlo a sufficienza; per di più Alessandro era impegnato in qualche riunione, per cui non era riuscito a scorgerne neanche l’ombra.
Pioggia ed ancora pioggia, se non si fosse fermata ben presto sarebbe impazzito, se lo sentiva.
D’improvviso, con un movimento fulmineo, un lembo della tenda si sollevò e una figura irruppe all’interno, imprecando con voce sommessa,
“Pioggia, pioggia, e ancora pioggia! Non ne posso più di starmene in questa maledetta tenda!"
La mano di Efestione si fermò sull’elsa della spada, mentre le sopracciglia si inarcavano e l’espressione assumeva un tono sorpreso. Guardò il proprio re scrollarsi di dosso il mantello inzuppato d’acqua e continuare ad imprecare come se non l’avesse neanche visto. Cosa che probabilmente era veritiera, visto l’atteggiamento.
“Difatti, maestà” mormorò, cercando di non ridacchiare sommessamente, “questa non è propriamente la vostra tenda…”
Il re dei Macedoni sollevò di scatto il capo, gli occhi che inquadravano solo allora la figura seduta sul bordo del letto con la spada ancora in mano. Efestione ghignò, mentre l’altro lo osservava con più attenzione e si rendeva conto che non aveva nulla indosso, sebbene la temperatura all’esterno non fosse propriamente calda.
Alessandro parve riscuotersi, indietreggiando d’un passo e asserendo, con un tono che avrebbe dovuto rasentare le scuse più profonde e che in vero nascondeva un certo piacere, un certo desiderio, un certo…
“Perdonami, Efestione. Queste riunioni iniziano a sormontarmi, per non parlare della pioggia… sembra non avere fine.”
Efestione scosse il capo, permettendosi di ridere apertamente stavolta. Si mosse di lato, lasciando intendere all’altro che avrebbe potuto sedersi, se avesse voluto. Alessandro sospirò, passandosi stancamente una mano fra i capelli ribelli, prima di avvicinarsi e lasciarsi cadere disteso sul letto.
Efestione tornò a guardare la propria spada, passandovi un’ultima mano di lucido; la rimise nel fodero e posò il panno dove teneva tutte le proprie armi. Voltandosi, vide che Alessandro aveva chiuso gli occhi e giaceva supino; se non lo avesse conosciuto, avrebbe creduto si fosse addormentato.
Tornò a sedersi, facendo piano, e lasciò che la mano destra gli accarezzasse il petto coperto dalla maglia pesante. Le dita affusolate premettero leggermente sulla pelle, inseguendo disegni e mappe che solo lui conosceva. Chinò il capo, sollevando un lembo della maglia e baciando il fianco sottostante, assaporando il sudore che impregnava quel corpo, mordendo piano l’osso sporgente dell’anca, accarezzando con la lingua l’ombra di una cicatrice.
“Tutto ha una fine, mio re.” Sussurrò, mentre la mano sinistra risaliva le curve scolpite di quel petto, cercando i capezzoli ed ancora più su, una clavicola, la base del collo, con gesti lenti e misurati. Scendeva nuovamente, le dita si infiltravano sotto al tessuto degli stretti pantaloni, districandosi fra lana e pelle. Pelle ed ancora pelle, ed Alessandro che ora aveva gli occhi aperti - Efestione poteva avvertirlo anche senza controllare.
Lo udì sospirare, come se fosse contrariato, e si fermò. Esitò per un istante, quell’istante che ci volle perché il re del mondo si tirasse a sedere e gli sollevasse il viso fra le mani libere, fissandolo negli occhi. Per un istante, Efestione tornò a riconoscere il distruttore del mondo; per un istante, Efestione comprese chi era l’uomo che gli era di fronte. E non ne ebbe timore. Così, quando Alessandro impose le proprie labbra sulle sue, sorrise e ricambiò il bacio, lasciando che la lingua lo ammonisse e poi giocasse con la sua, a lungo, mentre le mani del re lo accarezzavano, destando il suo desiderio.
“No, Efestione. Non tutto ha una fine.” Lo udì mormorare poi, mentre si abbassava su di lui e su sul membro per sfiorarlo con la bocca, baciandolo e poi chiudendovi le labbra attorno. Un bacio lungo, uno scivolare di lingua ed un tocco della mano che costrinsero Efestione a chiudere gli occhi. Nel buio di quella visione, poteva avvertire le dita del re muoversi velocemente su di lui, scendendo e risalendo, stringendo e poi allentando la presa man mano che il membro si gonfiava. La sua lingua umida si era fermata sulla punta e leccava avidamente, quasi volesse succhiar via qualcos’altro oltre al seme.
Efestione gemette e venne, non riuscendo a trattenersi oltre. Con un grugnito di soddisfazione, Alessandro rialzò il capo, osservandolo per qualche istante; poi si distese nuovamente supino, spogliandosi del tutto.
“Questa pioggia non ha fine.” Disse piano, posando una languida carezza sul viso di Efestione. “Questo mondo non ha fine. Questa notte è molto, molto lunga.”
L’altro sorrise, chinandosi su di lui e baciandogli il collo in più punti; avvertì le forti mani che lo guidavano per arrivare a raggiungere l’eccitazione del re, come se stessero chiedendo qualcosa.
“Sì, mio re.” Sussurrò l’uomo, tornando a posare le proprie labbra su quella pelle, non curandosi più della pioggia che nel mentre non aveva cessato di cadere.