Fandom: RPS Personaggi Storici;
Pairing:
Leonardo Da Vinci/Alessandro Filipepi detto
Botticelli;
Rating: NC17;
Genere: Erotico, Romantico;
Warning: Scene di sesso descrittivo;
Beta:
Narcissa63;
Summary: «La bellezza va fissata su una tela perché rischia di sfiorire e, se non si coglie l’attimo, lo si perde tra altri mille. Ritraendo quell’istante, lo si rende eterno, ma non sono certo di voler svelare e condividere questo segreto con qualcuno al di fuori di questa stanza».
(Per la
FiveFictionChallenge del
BradleyJamesFan Forum).
Note: Questa storia è idealmente un Missing Moment di “
Alla Bottega del Verrocchio” - che consiglio di leggere per una maggior comprensione - ma può essere anche considerata come slegata da essa, quindi godibile in sé e per sé.
Ringrazio la mia preziosissima beta,
Narcissa63, che non solo corregge pazientemente i miei errori, ma trova anche il tempo - tra una nota e l’altra - di una farmi una lavataccia per il mio abbandono degli studi XD ah, adoro la mia mammina adottiva!
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono, in quanto sono persone realmente esistite - anche se secoli fa - quanto raccontato non è mai accaduto… o, per lo meno, non è mai stato documentato XD ed in ciò che scrivo non vi è alcun fine di lucro, ma unicamente di divertimento mio e, spero, vostro.
Alla Bottega del Botticelli
Possiamo perdonare a un uomo di aver fatto una cosa utile purché non l’ammiri.
L’unica scusa per aver fatto una cosa inutile è di ammirarla intensamente.
L’Arte, tutta, è completamente inutile.*
Il carboncino scorreva sul foglio, disegnando curve, tracciando avvallamenti, individuando, con segni netti, luci ed ombre e facendo emergere un eroe dalla carta.
Leonardo si concentrò sul modello e si umettò le labbra con nervosismo, sentendo la bocca arida come mai gli era capitato prima; non riusciva a mantenere il distacco che provava sempre davanti alle persone che posavano in bottega.
Il sole estivo di Firenze si abbatteva sulla figura virile del modello, illuminandone il corpo nudo, le gambe tornite, i muscoli tesi della schiena ampia e le braccia forti, sollevate verso il cielo come se dovessero reggerne il peso. Il volto di Botticelli era visibile solo di scorcio ed il ragazzo di Vinci ne studiò la linea dritta del naso, lo zigomo cesellato, la mascella volitiva, le labbra carnose... Si perse tra i ricci scuri dei suoi capelli, nei quali immaginò d’intrecciare le dita, e venne inghiottito dai suoi occhi profondi, da quel castano così corposo e caldo - puro - quasi mistico.
Ammirò la perfezione di quel fisico, ideale per raffigurare un guerriero: un Alessandro Magno nel fiore degli anni, forse un Arcangelo Michele che debella Satana, oppure un San Giorgio contro il Drago.
Era stata una follia chiedere a Sandro di posare per lui, ma non poteva lasciarsi sfuggire quell’occasione. La loro amicizia era nata solo di recente ed era felice che fosse stato Alessandro ad avvicinarsi, perché lui non ci sarebbe riuscito. Infatti, si era sempre limitato ad osservarlo da lontano, leggermente intimorito. Poter avere la nuova, piccola bottega di Botticelli tutta per loro, poi, era una fortuna; gli regalava un’intimità che in quella di Mastro Verrocchio non avrebbero mai trovato.
Piccole gocce di sudore scivolarono lungo la schiena di Sandro, accaldata per l’afa opprimente, e sostarono sull’avvallamento delle reni, prima di precipitare giù, lungo le cosce.
La mano di Leonardo tremò, quando allungò il braccio per traguardare* e misurare meglio l’inclinazione di un polso. Il ragazzo scrutò con bramosia quel piccolo concentrato di ossa e tendini, desiderando per un momento di affondarvi provocatoriamente i denti. Immaginò di costringere quel corpo in una posa ancora più scomoda, facendolo inginocchiare ed allungare all’indietro, in modo da vedere tutti i muscoli tendersi in una lenta e deliziosa agonia. Con il carboncino, si appropriò di ogni centimetro di quel fisico, sino a conoscerlo a menadito e possederlo completamente, violandone ogni segreto.
Ormai aveva quasi terminato il chiaroscuro e la bozza si avvicinava alla sua conclusione, quindi ponderò la possibilità di dare a Filipepi qualche attimo di pausa, dato che era immobile da quasi mezz’ora. «Sei stanco?» domandò, rompendo infine il silenzio, prima di mettere da parte il suo lavoro ed avvicinarsi al collega.
«Un po’» ammise quest’ultimo, abbassando finalmente le braccia e piegandole più volte per rilassare i muscoli intorpiditi, così che si fletterono in modo ancor più invitante.
Leonardo gli si accostò sino ad aderire con il petto alla sua schiena, gli posò le mani sui fianchi e risalì sul suo torace in una lenta carezza, catturando con le labbra una goccia di sudore che dai capelli stava scivolando lungo il collo.
Quel loro legame era ancora nuovo, inaspettato, tutto da scoprire ed il desiderio che provavano l’uno per l’altro era troppo intenso, quasi divorante. Tuttavia era tanto ardente quanto incerto. Quanto a lungo sarebbe durata quella situazione idilliaca? Fino a quando la loro rivalità sarebbe stata costruttiva? Cosa sarebbe accaduto se l’ammirazione reciproca fosse divenuta invidia? Se uno dei due avesse cominciato ad ottenere commissioni molto più importanti di quelle dell’altro, lasciandolo indietro, annichilendolo con il proprio successo? Leo sapeva che Sandro - troppo fiducioso, troppo onesto, troppo buono - non aveva nemmeno contemplato quell’idea, ma sarebbe giunta la separazione prima o poi, quando uno o ambedue fossero diventati abbastanza acclamati da aprire una propria bottega ed avere i propri allievi, ricevendo commissioni da tutti i regni d’Italia ed anche dall’estero.
Lo strinse a sé, come a volerlo imprigionare e cancellare, con il suo calore, tutte quelle elucubrazioni. Gli catturò il mento tra le dita e lo attirò tra le braccia per un bacio, infondendo in esso tutto il proprio bisogno, l’esigenza di farlo completamente suo. «Voglio prenderti, adesso» gli sussurrò all’orecchio, avvertendo il collega rabbrividire nella propria stretta, per l’anticipazione.
Lo sospinse contro il muro, facendogli poggiare i palmi contro di esso, tra un tela incompiuta ed un gesso di Apollo, e con la bocca assaggiò le prime vertebre sporgenti, subito sotto la nuca, scendendo poi a tracciare la sua spina dorsale con la lingua. Scivolò sempre più in basso, gustando il sapore salato della sua pelle, e soffiò sulle tracce umide per far rabbrividire l’amante, sino a ritrovarsi inginocchiato a terra. Morse dispettosamente uno dei glutei e poi li separò, leccando il solco tra di essi e strappando a Botticelli un singhiozzo stupito, quando si soffermò sulla sua apertura, stuzzicandola ed infine penetrandola. Il resto si perse in una profusione di gemiti ed ansiti, che aumentarono ulteriormente di volume quando impugnò il suo sesso, accarezzandolo al tempo di quella piacevole tortura, fino a che Sandro - artigliando la parete scabra - lo supplicò di smetterla di giocare ed appagare finalmente entrambi.
Leonardo si rialzò e lo fece voltare, per poi avvincerlo di nuovo, petto contro petto, unendo nuovamente le loro labbra e sostenendolo, dato che le ginocchia non lo reggevano più. Filipepi cominciò a spogliarlo con frenesia, strappandogli quasi la tunica e la calzamaglia, mentre lo faceva indietreggiare in direzione del piccolo giaciglio in un angolo della stanza.
Il ragazzo di Vinci non seppe chi dei due perse l’equilibrio - Sandro, lui stesso o entrambi? - ma poco dopo si ritrovarono stesi sul pavimento di cotto inondato dal sole, in un bizzarro intreccio di braccia e gambe. Per un momento si guardarono increduli, sdraiati su quelle piastrelle che odoravano di tinture, olio e uova, in mezzo alla luce che rivelava il pulviscolo nell’aria, poi scoppiarono a ridere e, infine, ricominciarono a baciarsi.
Leo invertì le posizioni, schiacciando il compagno sull’impiantito bollente, e Botticelli s’inarcò sotto di lui, spingendo i fianchi contro i suoi. «Sbrigati» mormorò mordendogli il collo ed accogliendolo tra le proprie gambe; un momento dopo l’amante si seppellì in lui.
Ambedue ansimarono, poi Leonardo gli catturò i polsi e li costrinse sopra la sua testa, cominciando a muoversi con lentezza, possedendolo sempre più a fondo, un centimetro dopo l’altro, abbattendo ogni resistenza del suo corpo.
Sandro si dimenò istintivamente, cercando un appiglio, qualcosa a cui aggrapparsi per non soccombere a quelle sensazioni troppo intense, senza tuttavia riuscire a liberarsi, troppo stordito per recuperare davvero le forze - o anche solo un’autentica volontà di farlo - e svincolarsi dalla presa dell’altro. Si ritrovò ben presto a cedere sotto quell’attacco metodico, insistente e fin troppo desiderato, sottomettendosi senza più remore ed affidandosi completamente al compagno.
«Guardami» ordinò Leonardo senza fiato, posandogli un bacio sulle palpebre serrate, e le sue iridi chiare si scontrarono con quelle castane del ragazzo più grande, scurite dalla passione e velate per il piacere. Si soffermò su ogni sua espressione - il modo in cui le labbra si arricciavano ad ogni affondo, gli occhi che si socchiudevano per il piacere, la fronte corrucciata per la concentrazione - ed immaginò di ritrarlo così - tremante, sudato, lascivo, scoperto - mostrando quel capolavoro ai luminari di Firenze ed istituendo un nuovo canone di bellezza.
L’aria bollente del pomeriggio, densa di gemiti, sospiri e polvere, era opprimente, quasi irrespirabile. Sandro si sentì soffocare quando il piacere lo travolse del tutto, strappandogli ogni consapevolezza di sé. Percepì a malapena il collega raggiungerlo ed accasciarglisi addosso, e poco dopo avvertì soltanto le sue braccia stringerlo e portarlo sopra il suo corpo, cancellando il contatto con il pavimento scottante.
«Ci sono opere che al mondo non è dato di conoscere, poiché vengono concesse solo a pochi eletti» sussurrò senza fiato il ragazzo di Vinci, accarezzando con un pollice la bocca tumida dell’amante ed intrecciando le dita sottili tra i suoi capelli umidi.
«Come?» replicò l’amico, ancora stravolto ed ignaro del significato di quelle parole sibilline.
«La bellezza va fissata su una tela perché rischia di sfiorire e, se non si coglie l’attimo, lo si perde tra altri mille. Ritraendo quell’istante, lo si rende eterno, ma non sono certo di voler svelare e condividere questo segreto con qualcuno, al di fuori di questa stanza» rispose il più giovane ancor più enigmaticamente.
«Di che parli?» insistette Botticelli, perplesso.
Leonardo sorrise. «Di te. Non voglio dividerti con nessuno» spiegò allora, lasciando il compagno senza fiato.
Il disegno preparatorio per la tela che doveva ancora cominciare, rimase solo una bozza conservata tra tante altre, che nel tempo venne dimenticata.
FINE.
*La frase d’introduzione è tratta dalla prefazione di “Il Ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde.
Note finali: ho cercato su internet qualche link che potesse dare, a chi non è pratico d’arte, una definizione di “traguardazione”, purtroppo non ne ho trovato. In breve: si tratta di una tecnica di misurazione che serve a calcolare la prospettiva e centrare il disegno sul foglio, permettendo di riportare una figura tridimensionale su una superficie bidimensionale. E’ una spiegazione molto sterile, me ne rendo conto, ma non posso fare di più senza darvi una vera e propria lezione d’arte XD tutti sanno che c’è matematica nel disegno e “traguardare”, in questo contesto, significa proprio “misurare”.
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