Alla Bottega del Verrocchio

Nov 08, 2009 19:44

Fandom: RPS (Real Personal Fic Slash);
Pairing: Leonardo Da Vinci/ Alessandro Filipepi detto Botticelli;
Rating: NC17;
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico;
Warning: Scene di sesso descrittivo;
Beta: Narcissa63;
Summary: Era da un po’ che desideravo scrivere una RPS, ma non essendo io una persona normale, non potevo scriverla su dei qualunque attori/cantanti e, amando smodatamente l’arte, ho scelto come protagonisti Da Vinci e Botticelli. Il tutto si svolge - come dice il titolo - alla bottega del loro maestro, Andrea Verrocchio, per lo più durante l’esecuzione del “Battesimo di Cristo”, a cui entrambi lavorarono.
La storia inizia nel 1468 con l’arrivo di Leonardo, ancora diciassettenne, in bottega e si conclude nel 1478, una volta finiti i lavori al “Battesimo di Cristo”.
(Scritta per la Criticombola di Criticoni.)




DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono, in quanto sono persone realmente esistite - anche se secoli fa - la maggior parte dei fatti qui raccontati sono realmente accaduti e documentati (sottolineo che ho detto la maggior parte, non tutti) ed io li ho sfruttati e/o revisionati secondo i miei fini. In ciò che scrivo non vi è alcun fine di lucro, ma unicamente di divertimento mio e, spero, vostro.
Scritta per la Criticombola di Criticoni. Prompt 31 - Slash.

Alla Bottega del Verrocchio

Il mio occhio s’é fatto pittore e ha ritratto l’immagine della
Tua bellezza sul quadro del mio cuore,
il mio corpo è la cornice che lo regge
e in quanto a prospettiva esso vince l’arte del pittore più valente.
Poiché attraverso il pittore devi guardare per veder l’operato della sua abilità
E ricercare dove stia dipinta la tua vera immagine
tuttavia appesa alla bottega del mio cuore,
il quale per vetri alle finestre ha i tuoi occhi.*

Quando lo vide per la prima volta, aveva solamente diciassette anni.
Era appena arrivato alla bottega del Verrocchio, il loro maestro, e quest’ultimo, abbagliato dalla sua bellezza, lo aveva scelto come modello per la statua di bronzo che gli era stata commissionata da poco ed avrebbe dovuto raffigurare Davide con ai piedi la testa di Golia.
Sandro ricordava con chiarezza il suo corpo snello ed alabastrino, la luce che guizzava sui muscoli asciutti e quasi glabri, il volto imberbe dai tratti ancora delicati ed infantili, ed il riverbero del sole sui suoi capelli dorati. Era semplicemente perfetto per quella figura biblica, un giovane re armato di un sorriso che trafiggeva il cuore e di occhi chiari più affilati di qualsiasi spada.
Ma Leonardo di Ser Piero da Vinci - questo era il suo nome - non era dotato solo di grande avvenenza, possedeva anche un talento straordinario ed una mente acuta. Apprendeva ogni nozione con inaudita facilità, amava la natura e trascorreva diverse ore del giorno ad osservarla, non aveva pari nell’uso delle proporzioni e della prospettiva, e suonava il liuto con mani divine.
Mastro Andrea affidò a loro due, parte del proprio seguente lavoro. Si trattava di un Battesimo di Cristo, Leonardo avrebbe dovuto occuparsi di un angelo e di una frazione dello sfondo, mentre Sandro avrebbe dovuto realizzare il secondo messaggero del Signore.
Tutti gli allievi adoravano Leonardo, nonostante il suo carattere particolare e pieno di contraddizioni. All’apparenza era gioviale, estroverso e divertiva tutti con i suoi aneddoti ed i suoi scherzi, ma in realtà nessuno lo conosceva intimamente ed era molto geloso della sua privacy.
Alessandro, anche se non l’avrebbe mai ammesso, invidiava maledettamente Pietro Vannucci* - uno dei ragazzi che lavoravano in bottega con loro - perché era l’unico di cui il biondo ricercasse la compagnia e con cui dividesse volentieri il proprio tempo libero. Sospettava perfino che vi fosse ben più di una semplice amicizia tra i due perché, nonostante Pietro non fosse affatto bello, Leo non era tipo da badare all’avvenenza fisica.
In tutta franchezza, aveva l’impressione di stare antipatico al ragazzo di Vinci, infatti, malgrado dipingessero a stretto contatto, non si rivolgevano quasi mai la parola.
Poco tempo dopo l’inizio dei lavori al Battesimo di Cristo, Leonardo s’iscrisse alla Compagnia di S. Luca e cominciò ad accettare personalmente delle commissioni, ricevendo grandi apprezzamenti. Anche Sandro era un pittore di successo, ma nonostante ciò, non poteva fare a meno di ammirarlo intensamente. Le figure da lui realizzate sembravano avere vita propria ed essere in procinto di muoversi… mancava loro solo la parola!
L’anno seguente alla sua iscrizione in Accademia, però, scoppiò uno scandalo: Leonardo insieme ad altri allievi venne accusato, a seguito di denuncia anonima, di sodomia nei confronti di un ragazzo che aveva posato in bottega. Dopo varie peripezie, la questione si risolse in un nulla di fatto - probabilmente perché l’ignoto querelante venne profumatamente messo a tacere dalla famiglia de Medici, imparentata con uno degli accusati - ma la reputazione di Leonardo rimase comunque infangata. Chi lo conosceva personalmente sapeva che non sarebbe stato capace di fare del male ad una mosca - rispettava la vita e la natura come nessun altro ed aveva una spiccata sensibilità, tanto da non riuscire nemmeno a mangiare la carne - tuttavia, gli sguardi sospettosi della gente lo portarono a divenire ancor più diffidente e schivo.
Intanto Alessandro stava aprendo una propria bottega ed il Battesimo di Cristo sarebbe stato l’ultima opera di Mastro Andrea cui avrebbe collaborato. Non vedeva l’ora di potersi dedicare unicamente ai propri lavori e, proprio per questo, voleva terminare il più in fretta possibile il compito affidatogli dal Verrocchio.
Rendersi conto di quanto gli sarebbe mancata la presenza di Leonardo lo scosse nel profondo, aggiungendo, se possibile, maggior urgenza al suo operato. Aveva bisogno di fuggire da quel giovane che, con la sua grazia ed il suo acume, gli aveva rubato il cuore. Lo bramava e, proprio per questo, lo temeva.
Una volta messa in moto la Ruota del Destino, però, non la si può più fermare.
Una notte Sandro, spinto da chissà quale improvviso ardore, tornò nella bottega del maestro; aveva bisogno di dipingere e decise di riversare quel fuoco sull’angelo che doveva terminare. Era molto tardi, l’anziano mastro Andrea e gli altri allievi già dormivano nelle stanze adiacenti, la casa risuonava del loro quieto russare. Per questo, quando entrò nel laboratorio, sussultò nel notare un’altra presenza.
Leonardo, accucciato in un angolo, era intento a scrivere con la sola compagnia del lume traballante di una candela. Per qualche attimo, Botticelli osservò rapito lo scorrere rapido della sua mano sinistra sulla pergamena… la piuma pareva quasi danzare, vergando un codice a lui sconosciuto. La luce aranciata accarezzava la sua figura ammaliante come un’amante ardita e lui si lasciò inconsapevolmente sfuggire un sospiro, attirando l’attenzione del biondo.
-Salve- lo salutò il ragazzo, dopo un breve attimo di sorpresa -Non vi ho sentito entrare- aggiunse, ed il bruno percepì una certa nota di fastidio in sottofondo, anche se il tono era stato educato come sempre.
-Buonasera. Eri molto assorto, mi spiace averti disturbato, credevo che ormai stessero tutti riposando- replicò il più adulto, sinceramente contrito.
Leo si strinse nelle spalle: -Non riuscivo a prendere sonno- ammise, e poi domandò curioso -Come mai siete qui a quest’ora tarda?-
-Avevo…bisogno di dipingere- rispose. Non erano necessarie ulteriori spiegazioni, il collega conosceva bene la frenesia che coglieva un artista preso dall’ispirazione. Dopo una breve esitazione chiese: -Stai lavorando a qualcosa? Desideri che ti lasci solo?-
Il giovane di Vinci parve piacevolmente stupito dalla rispettosa discrezione dell’altro e le sue labbra si arcuarono con dolcezza: -No, stavo solo…annotando delle riflessioni-.
Botticelli s’incantò ad osservarlo, era la prima volta che gli sorrideva: -Posso chiederti su cosa?- sussurrò, sedendosi accanto a lui. Nemmeno guardò la grafia sui fogli, certo che fosse vergata in un codice segreto.
-Sto studiando il volo degli uccelli- rivelò il più piccolo, indicando il disegno di una rondine che si librava in aria, posto a margine del foglio.
Sandro sorrise, constatando una volta di più come quell’Angelo affascinante non fosse solo un pittore, ma anche uno scienziato…ed era così giovane! Il suo sguardo non celò minimamente l’ammirazione che provava nei suoi confronti e questi, rendendosene conto, arrossì timidamente.
-Leonardo, posso farti una domanda?- riprese allora il visitatore notturno.
-Me l’avete appena fatta…- gli fece notare l’interpellato, con un sorrisetto impertinente -Comunque sì, fatemene pure un’altra- concesse gentilmente.
Filipepi abbassò lo sguardo, imbarazzato -Ti sto…antipatico?- mormorò.
-No- replicò questi immediatamente -Vi ho dato quest’impressione?- in virtù dei sei o sette anni di differenza che li dividevano, il ragazzo gli dava del “voi”.
-Dammi del “tu” per favore, non c’è alcun bisogno di formalismi, non sono tanto più grande di te- lo pregò dunque il bruno.
-Ti ho dato questa impressione?- riformulò il biondo.
-Non mi rivolgi mai la parola, a meno che non sia strettamente necessario- spiegò, rispondendo implicitamente.
-Vuoi che ti dica sinceramente cosa penso di te?- ribatté dunque Leonardo e l’altro annuì -Sei una brava persona ed un ottimo artista, ma non apprezzo particolarmente il tuo stile…non mi piace l’uso che fai della prospettiva e delle proporzioni, mi pare che ti lasci troppo influenzare dalle mode- spiegò con franchezza.
-A cosa ti riferisci in particolare?- chiese Sandro, corrugando la fronte.
-A tutta quella faccenda del neoplatonismo di cui si parla tanto alla corte dei Medici- chiarì il giovane, sottolineando quelle parole con uno svolazzo della mano che impugnava la piuma.
-Non sei d’accordo con quella linea di pensiero?- lo interrogò allora l’altro.
L’interpellato arricciò il naso: -La trovo interessante e su alcuni punti sono anche concorde, ma non al punto da lasciarmene suggestionare. Non mi interessa “giungere con la ragione alla contemplazione del divino” e non penso che l’uomo occupi una posizione privilegiata, sulla terra. Siamo creature piene di difetti, non migliori degli animali, anche se di certo la ragione può aiutarci a progredire, ed è proprio questo a renderci speciali, sono le imperfezioni a rendere unica ogni persona. Ciò che davvero desidero è studiare la natura e rappresentarla, nei miei lavori, nel modo più realistico possibile. Non voglio pormi quesiti a cui nessuno potrà mai darmi una risposta certa, preferisco domandarmi come funziona il mondo, cercare di comprenderlo, interiorizzarlo, testimoniarlo e, se possibile, arricchirlo. Voglio fare qualcosa di concreto- il fervore con cui parlò affascinò una volta di più Botticelli.
-Ti stimo, Leonardo, davvero. Sai bene cosa vuoi, sei schietto e non ti nascondi dietro ad un dito- ribatté sentitamente.
-Penso che una verità scomoda sia sempre preferibile ad una comoda bugia. Se tutte le persone fossero più sincere, il mondo sarebbe un posto migliore- il biondo scrollò le spalle.
-Se tutte le persone fossero come te, il mondo sarebbe un posto migliore- replicò, invece, il bruno.
-Non sono poi tanto speciale come credi. Anzi, probabilmente tu sei un uomo molto più maturo di me. Io ho troppi interessi e mi annoio rapidamente, lasciando spesso una cosa in sospeso, per seguirne un'altra che abbia catturato maggiormente la mia attenzione. Tendo ad essere incostante…- si schernì -Tu, invece, sei molto tenace e niente ti distoglie da un obiettivo quando te lo poni- aggiunse poi con un sorriso.
Alessandro chinò il capo, accettando il complimento, lusingato: -Mi farebbe piacere avere il tuo parere su alcune commissioni che sto terminando. Le critiche sincere sono sempre utili. Dovresti venire a trovarmi nella mia bottega- lo invitò, sentendosi felice come un ragazzino quando Leo accettò volentieri.
Da quella notte, i giorni di Botticelli parvero tingersi di una nuova luce, nata da quel dialogo con il collega, il quale - anziché esaurirsi - parve prendere nuovo vigore la mattina seguente, facendo sì che in seguito lavorassero in completa sintonia al Battesimo di Cristo, ascoltando le reciproche opinioni, accettando l’uno i consigli dell’altro e crescendo come artisti e come uomini, fianco a fianco.
La gioia più grande di Alessandro era, però, poter conoscere meglio quell’angelo biondo. Poterlo osservare da lontano, senza sentirsi in colpa, mentre raccontava aneddoti e barzellette agli allievi più giovani, e sapere che, in qualunque momento, avrebbe potuto raggiungerlo, sedersi al suo fianco, ed essere gratificato da un suo sorriso.
-Maestro, perché voi che dipingete quadri così belli, avete figli così brutti?- domandò con impertinenza un ragazzino al Verrocchio, mentre loro lavoravano sui due angeli.
Sandro si lasciò sfuggire la risposta del loro mentore, quando Leonardo gli bisbigliò all’orecchio: -Perché i quadri li ha fatti di giorno ed i figli di notte*- vedendosi costretto a coprire, con dei colpi di tosse, un accesso di risa.
In quel periodo felice, perfino la sua gelosia verso Pietro scomparve.
Osservava gli apprendisti più piccoli aggrapparsi alle maniche della sua camicia ogni qualvolta Leonardo posava i pennelli, anche solo per breve tempo. I bambini lo rincorrevano e gli saltavano addosso, pregandolo di giocare con loro, di raccontargli una nuova storia o qualche nuova facezia e lui, quando era troppo occupato, trovava sempre un modo per allontanarli gentilmente.
-Ecco, intanto risolvete questo- li invitò, scribacchiando qualcosa su di un pezzetto di carta e consegnandolo ad uno dei fanciulli.
Botticelli, curioso, sbirciò da dietro la sua spalla mentre scriveva… si trattava di un facile rebus. Sul frammento di pergamena vi era disegnato un amo, alcune note: re, mi, fa, sol, la, uno “za” prima dell’ultima di queste, e nuovamente il re.* Non appena gli allievi si allontanarono, il bruno bisbigliò all’orecchio dell’amico la soluzione: -L’amore mi fa sollazzare?- inarcando maliziosamente un sopracciglio, ed il collega ridacchiò ammiccante.
Un pomeriggio qualcuno bussò alla porta della sua bottega e Filipepi andò ad aprire, con i pennelli ancora in mano ed un panno sporco di tinture sul braccio, per ritrovarsi davanti il suo caro amico, che portava sulla spalla ciò che appariva, in tutto e per tutto, come un cucciolo di drago.*
-Leo…cos’è quella bestiaccia che ti porti dietro?!- esclamò il padrone di casa, facendosi da parte per lasciarlo entrare.
Il ragazzo più giovane sghignazzò, afferrando l’animaletto e mostrandoglielo con entusiasmo: -E’ un varano, gli ho attaccato delle ali e delle corna di cartapesta. Dovresti vedere che balzi fa la gente quando lo vede!- spiegò gongolando.
Il più grande scosse il capo. -Salai*! Dietro questo bel viso d’angelo si nasconde un diavoletto- commentò, alzando gli occhi al cielo e tentando di nascondere il proprio divertimento. Amava le marachelle del giovane di Vinci, così come amava ogni cosa in lui. -Dato che sei qui, fammi da modello!- propose poi.
L’altro si adombrò brevemente: -Non ne ho nessuna intenzione, ho posato per la prima ed ultima volta quando Mastro Andrea creò il suo Davide- dichiarò posando il cucciolo di drago su un tavolaccio ingombro di ciotole, fogli e colori.
-Perché mai? Hai un corpo che qualunque pittore si augura di poter, prima o poi, ritrarre- obiettò il bruno.
-Voglio essere apprezzato e ricordato per le mie capacità, non per il mio aspetto- argomentò il biondo.
-E sarà di certo così, ma faresti un gran torto all’arte stessa se celassi al mondo la tua avvenenza, mio caro- replicò Botticelli, posando le mani sulle sue spalle sottili e ritirandole un attimo dopo, temendo di imbrattargli gli abiti.
-Sandro, data la mia professione, nessuno si stupirebbe di vedere i miei vestiti macchiati di pigmenti- gli fece gentilmente presente, con un luccichio divertito negli occhi chiari e questi, indispettito, gli macchiò il naso di rosso Magenta. A ciò, seguì una schermaglia a colpi di pennello, in cui i due uomini sprecarono le preziose tinte in modo assai poco proficuo, ridendo come degli sciocchi ragazzini e ritrovandosi ben presto a terra, l’uno sull’altro.
-Vittoria!- esclamò Leonardo, comodamente seduto sui fianchi di Alessandro, inchiodandogli i polsi al suolo. Il torace dell’amico era ancora scosso da risate irrefrenabili, ma questi trovò comunque la forza di ribaltare le posizioni, schiacciandolo sotto il proprio corpo.
-Catturato- ribatté -Ora mi farai da modello? Voglio un tuo ritratto, Leo, e sono disposto a tenerlo solo per me, se mi concederai il privilegio di riprodurre i tuoi tratti sulla tela- soffiò con intensità a pochi centimetri dal suo volto e l’interpellato trattenne il fiato, ritrovandosi suo malgrado ad annuire. Solo allora Filipepi gli permise di alzarsi nuovamente in piedi.
Slacciare i nastri della sua casacca, lasciando che questa scoprisse una spalla candida, intrecciare dei fiori tra i suoi capelli dorati e ritrarre quel viso delicato investito dalla luce calda del meriggio, che incendiava i suoi occhi cerulei e le sue labbra rosee, fu una delle emozioni più intense della sua vita. Non avrebbe mai scordato la curva di quel collo reclinato, quelle iridi penetranti che lo fissavano di traverso, la bocca schiusa e lucida e le ombre lievi sugli zigomi pronunciati, gettate dai boccoli voluttuosi che ricadevano su di un lato.
“Una creatura divina, disegnata dalla mano stessa del Signore” ecco cos’era quel giovane e Botticelli fu felice di averle solo pensate, quelle parole, e di non essersele lasciate sfuggire, perché era certo che il proprio sguardo rivelasse già abbastanza la passione che nutriva nei suoi confronti, e l’amico era decisamente troppo sveglio per non averci fatto caso.
-Ti tremano le mani, forse dovresti riposarti un momento- gli fece notare infatti un po’ di tempo dopo, quando il lavoro era già a buon punto.
Il modo in cui gli vibravano le dita, però, non aveva nulla a che fare con la stanchezza, quanto piuttosto con il sangue che scorreva frenetico nelle sue vene, bruciante come fuoco.
-Oh no, va tutto bene…tu piuttosto, sei stanco?- domandò sollecito, era ormai diverso tempo che il più giovane era costretto a stare immobile.
-Un poco- ammise Leonardo, muovendo la testa lentamente da un lato e dall’altro, facendo stirare i muscoli indolenziti.
-Prenditi pure una pausa- replicò il più grande, invitandolo a scendere dallo sgabello.
Il suo ospite lo raggiunse, sbirciando curioso la tela e sgranando gli occhi allibito, senza riuscire quasi a riconoscersi in quello splendido dipinto.
-Mi hai raffigurato come Apollo- riconobbe stupito.
-Chi altro potrebbe eguagliare la tua aurea bellezza? Ganimede, Cupido, Narciso, Adone…? Nessuno di loro regge il confronto con il dio del sole- spiegò semplicemente, passando lo sguardo dal proprio lavoro al modello in carne ed ossa, ravviando una ciocca chiara e prendendogli il mento tra pollice ed indice, per scrutarlo da un’altra prospettiva.
Le gote del biondo s’imporporarono lievemente ed i loro occhi s’incatenarono. Alessandro fu certo che il cuore gli sarebbe esploso in petto, quando l’altro si sporse in avanti, congiungendo le loro labbra. Le proprie dita scivolarono morbidamente ad intrecciarsi con i riccioli sulla sua nuca ed il più giovane si strinse maggiormente a lui, aggrappandoglisi alle spalle ed attirandolo di più a sé. I fiati si mescolarono, mentre le bocche si schiudevano in un primo, titubante contatto, lasciando che le lingue si sfiorassero, per poi scontrarsi avidamente.
Filipepi racchiuse quel corpo flessuoso nel proprio abbraccio ed indietreggiò, sino a raggiungere alla cieca il giaciglio di fortuna, posto in un angolo del piccolo locale, e cadere su di esso. Leonardo si lasciò stendere sotto di lui, permettendo all’altro di sopraffarlo nuovamente col suo peso e catturando ancora le sue labbra, dopo aver a malapena ripreso fiato.
-Ne sei certo? Se…se non vuoi, fermami adesso, altrimenti io…- riuscì a smozzicare il bruno, facendosi violenza per staccarsi da lui il tanto da pronunciare quelle parole sconnesse.
L’altro annuì deciso: -Sì, amami Sandro, non sfuggirmi ti prego…è da molto che ti desidero, già prima che prendessimo confidenza ti osservavo da lontano con il timore di avvicinarti- confessò timidamente, posando mille baci leggeri sul suo viso e saggiando con le labbra la consistenza soffice delle lunghe ciglia, che adornavano come pizzo le sue palpebre, e quella ruvida di un’ombra di barba sulle sue guance.
Botticelli si gettò sul suo collo quasi con disperazione, assaporando avidamente quelle pelle candida ed insinuando le dita sotto alla sua casacca, che ben presto scomparve. Lasciò che l’amico gli sfilasse a sua volta la camicia e gli accarezzasse con bramosia la schiena ed il petto, prima di riprendere l’esplorazione di quel torace d’alabastro. I sospiri che il ragazzo sotto di lui si lasciava sfuggire, erano la melodia più bella che avesse mai udito ed, insieme al suo sapore delizioso, infiammavano ogni sua fibra come il migliore dei vini. Con gesti resi incerti dall’emozione, gli slacciò i calzoni e glieli abbassò insieme all’intimo, scoprendo le sue gambe toniche ed asciutte, nonché il sesso arrossato e teso.
Il biondo invertì le posizioni e finì a sua volta di spogliarlo, prendendosi il proprio tempo per conoscere il suo corpo. Si strusciò su di lui, facendo collimare le loro erezioni e gettò indietro il capo, gemendo lievemente.
Alessandro si sporse da un lato, riuscendo ad afferrare l’ampolla contenente l’olio di lino, che usava solitamente per sciogliere i pigmenti, e con essa si unse le dita, portandole poi dietro la schiena dell’amante e tracciando il solco fra le sue natiche.
Leonardo ansimò, sporgendosi maggiormente verso quel tocco e divaricando di più le gambe, permettendo così alle falangi del compagno d’intrufolarsi nel suo canale palpitante, preparandolo accuratamente. Recuperò anch’egli l’ampolla e raccolse dell’altro olio sul proprio palmo, portandolo al membro dell’amante e spargendovelo accuratamente sopra. Il giovane si morse con forza un labbro, quando l’altro sfiorò un punto preciso dentro di lui, che spedì intense ondate di piacere lungo ogni suo nervo, e s’inarcò con decisione, spingendosi contro quelle intrusioni: -Adesso…- ansò, sollevandosi il tanto da portare il pene del bruno al proprio orifizio.
Il più grande posò le proprie mani sui suoi fianchi, guidandone ed agevolandone i movimenti, aiutandolo a scivolare lentamente sopra di sé e ringraziando il cielo per ogni centimetro guadagnato in quell’anfratto stretto e bollente. Osservò ammaliato quel viso contratto dalla concentrazione e, quando finalmente riuscì a prenderlo totalmente, si mise seduto e lo attirò a sé per un nuovo bacio.
Il biondo, una volta che si fu abituato a quella consistente presenza, fece leva sulle sue spalle per riprendere a muoversi, stringendosi a lui, assorto unicamente sul piacere che quell’unione gli donava ad ogni affondo. Nascose il volto nella curva del collo di Alessandro ed il godimento gli fiorì come rose rosse, dietro alle palpebre chiuse. Si lasciò cingere da quelle braccia forti ed assaporò la sensazione di sentirsi completamente in balia dell’altro, posseduto, conquistato, adorato, amato.
Incapace di stare ancora fermo, Sandro prese ad andare incontro al suo bacino, aumentando l’impeto e la profondità di quell’amplesso. Guidò le sue gambe ad intrecciarsi dietro la propria schiena e prese il pieno controllo di quell’unione passionale, spingendosi in lui più facilmente e portando in breve entrambi al tracollo. Lo strinse al proprio petto come se fosse la cosa più preziosa al mondo ed il più piccolo si aggrappò a lui quasi fosse un’ancora, nel mare tempestoso di quelle sensazioni troppo intense, venendo tra i loro ventri e soffocando un grido contro la sua spalla, mentre anche l’amante raggiungeva l’orgasmo riempiendolo di sé. Ansimanti, caddero nuovamente sul materasso e Botticelli lasciò il suo corpo con riluttanza. Tuttavia non smise di abbracciarlo e scostò i ricci sudati dal suo volto congestionato, posandogli teneramente le labbra sulla fronte liscia, lasciandole poi scivolare sulla linea dritta del suo naso, e raggiungendo infine la sua bocca carnosa. -Ti amo…- soffiò su di essa, ed il sorriso che il giovane di Vinci gli regalò in risposta valse più di mille parole.
Furono, senza dubbio, i mesi più felici della sua vita.
Nelle settimane seguenti il biondo tornò di sovente a fargli visita per “permettergli di ultimare il ritratto”, fermandosi spesso anche tutta la notte, ma le cose ebbero una svolta imprevista quando il Battesimo di Cristo venne ultimato e l’intera bottega del Verrocchio restò basita davanti a quell’opera e sconvolta di fronte alla reazione che il Maestro ebbe vedendola. Il talento di Leonardo era lì, d’innanzi agli occhi di tutti, ed accanto ad esso scompariva non solo quello di Filipepi, ma anche quello dello stesso Mastro Andrea.
Quest’ultimo, umiliato nel vedersi superare dal proprio allievo, gettò via i pennelli ed asserì che non avrebbe più dipinto.*
Impossibile descrivere il dolore che Alessandro riuscì a leggere nello sguardo dell’amato a quella dichiarazione ed, in quell’esatto momento, comprese che tutto sarebbe cambiato. Quella notte stessa, il giovane di Vinci radunò i suoi averi e decise di partire, cercando fortuna e commissioni in altre città ed in altri regni della penisola italica, sperando che il loro mentore ripensasse a quell’assurda presa di posizione.
A nulla valsero le preghiere del compagno, che lo abbracciò per l’ultima volta con la morte nel cuore.
-Ci rivedremo, non essere triste- lo rassicurò Leonardo, mentre raggiungevano le porte della città.
-La mia casa sarà sempre la tua casa- replicò Sandro, baciandolo avidamente.
-Ti scriverò non appena giungerò a Milano- sussurrò il biondo, congiungendo nuovamente le loro labbra un attimo dopo -E’ solo un arrivederci, non è un addio…quindi vedi di non dimenticarmi- soffiò al suo orecchio.
-Mai- gli garantì Botticelli, prima di spingerlo lontano da sé -Vai! Vai prima che ti costringa a restare con la forza- esclamò con voce grave.
Leonardo barcollò e poi si rimise dritto, dedicandogli un’ultima occhiata sofferta, prima di voltargli le spalle e cominciare a correre, senza più girarsi indietro.
Tre mesi dopo arrivò la prima missiva.

FINE.

La poesia d’introduzione è tratta dal XXIV Sonetto di William Shakespeare.

Ecco il “David” di Andrea Verrocchio, in cui potete vedere com’era Leonardo da Vinci a diciassette anni.
Questo invece è l’autoritratto di Sandro Botticelli, presente ne “L’Adorazione dei Magi”.
Il Pietro Vannucci, a cui ho accennato, è un altro famosissimo allievo del Verrocchio e venne in seguito soprannominato il Perugino.
La Compagina di S. Luca è tutt’oggi un Accademia di Belle Arti.
Gli aneddoti e le burle dove vedete l’asterisco sono tutti scherzi che Leonardo ha riportato nei propri appunti.
“Salai” significa per l’appunto “diavolo” nell’antico dialetto fiorentino ed è il soprannome che in seguito il Da Vinci affibbiò a Gian Giacomo Caprotti, suo allievo prediletto e presunto amante.
Il fatto che il Verrocchio, dopo aver visto l’angelo che Leonardo aveva dipinto nel “Battesimo di Cristo” , dichiarò di voler lasciare i pennelli è piuttosto risaputo e viene riportato da Giorgio Vasari nella sua opera “Le Vite”.
Infine, se può interessarvi, qui trovate chiarimenti sul Neoplatonismo.
Oltre a tutti i link che vedete qui, mi sono affidata anche alle mie conoscenze storiche ed artistiche, acquisite su libri scolastici e non.

Spazio Autore: Spero che gli ammiratori di Botticelli non me ne vogliano per l’opinione che esprime Leonardo su di lui, la notte che s’incontrano alla bottega del Verrocchio e parlano per la prima volta. Essa è in realtà molto simile al mio parere personale su Filipepi. Questi, infatti, non solo si lasciò influenzare dal Neoplatonismo (di cui però, va precisato, aveva un'idea tutta sua, spesso in disaccordo con quella espressa dalle personalità della cultura del suo tempo) ma gettò addirittura molte delle proprie opere, di cui oggi non resta quasi traccia, nei roghi del Savonarola. Tuttavia le opinioni espresse dal Da Vinci non sono del tutto campate in aria, infatti negli appunti di quest'ultimo, non mancano le critiche ad altri artisti, tra i quali proprio l'amico Botticelli.

Potete trovarla anche su:
Fire&Blade;
Marauders Archive;

serie: alla bottega del..., maridichallenge: criticombola, da vinci/botticelli, real person fiction

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