Fandom: Supernatural.
Pairing: Castiel/Dean -
Mr.Gennaio&Prof.Novak ‘verse.
Altri Pairing/Personaggi: Anna, Balthazar, Bobby, Claire, Faith, Gabriel, Padre Jim, Jimmy/Amelia, Jo, Mary, Michael/fem!Lucifer, Sam/Jessica, più vari nominati.
Rating: NC17.
Charapter: 3/5.
Beta:
koorime_yu.
Genere: Angst, Fluff, Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: AU, Scene di sesso descrittivo, Slash, Spin-off.
Words: 4435/24867 (
fiumidiparole).
Summary: «Lo faremo in Gennaio» aveva deciso Castiel ed un nuovo inverno è ormai arrivato. Con la gentile partecipazione di un fratello esasperato, una madre fissata con le tradizioni, due genitori impossibili, uno svariato numero di amici fuori di testa, ed una wedding planner spaventosa. Parola d’ordine: sopravvivere.
Note: Spin-Off di
“I just want you to know who I am” e
“When Everything Feels Like the Movies”. Il titolo della fic, come quelli della storie che la precedono, è un verso di
“Iris” dei Go Go Dolls.
Note importanti: Questa storia raccoglie diversi riferimenti a quelle che la precedono, quindi vi consiglio di accertarvi di aver letto tutta la serie, prima di cominciare a leggerla. Il link accanto al pairing porta alla
Masterlist aggiornata, troverete le storie in ordine di lettura.
Dedica: A
xsickobsession, a cui l’avevo promessa un secolo fa XD
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DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù
You’re the Closest to Heaven that I’ll Ever Be
3. Highway to Hell
Faith, l’organizzatrice d’eventi che pagarono per aiutarli con il matrimonio, diede praticamente fuori di matto, quando scoprì quanto poco tempo aveva a disposizione.
«Mi auguro che vogliate sposarvi il 31 Gennaio» disse con aria minacciosa, aggiustandosi meglio gli occhiali sul naso.
Era una bella bionda, con un viso carino e un fisico davvero okay. Aveva un’aria da segretaria professionista o da maestrina sexy che le dava un certo non-so-che, ma Dean la trovava davvero spaventosa.
Lui e Castiel si scambiarono uno sguardo titubante, poi il secondo ammise: «A dire il vero, non abbiamo ancora fissato la data precisa; ne dobbiamo parlare con il Pastore, prima. Sappiamo solo che sarà a…».
«Gennaio. Voi volete sposarvi a Gennaio» li aveva interrotti lei «E me lo dite adesso, con le feste di Natale nel mezzo» sottolineò «Be’, spero per voi che quantomeno sia l’ultimo giorno di Gennaio».
Dean mise le mani avanti, cercando di mediare: «Senti, tesoro…»
«Con tutto il rispetto, non mi chiami tesoro, Signor Winchester. Lei è un mio cliente, non il mio ragazzo» lo seccò sul nascere.
Spaventosa, sul serio.
Lui si schiarì la voce. «Okay, Signorina Atropos, mi scusi. Comunque, volevo solo dire che gli invitati non saranno tantissimi, giusto una trentina - abbiamo già fatto la lista -, e vorremo qualcosa di molto semplice» ritentò.
«Semplice, certo, dicono tutti così. Ne riparleremo appena fisserete la data, Signor Winchester» replicò lei, prima di stringere la mano ad entrambi e girare sui tacchi, premendosi la sua cartellina al petto.
«Una ragazza adorabile» commentò Dean, non appena non fu più a portata d’orecchio.
«Quindi non ci resta che parlare con il Pastore Jim» osservò Castiel, pragmatico.
*°*°*°*°*
Il Pastore Jim, l’amico a cui Cas aveva accennato durante la cena dai Novak, in realtà era un vecchio compagno di scuola di John, il padre di Dean. Aveva esercitato a Lawrence fino ad una decina d’anni prima, poi era stato trasferito nel Iowa, e per Dean e Sam era una specie di zio acquisito, una di quelle persone gentili che si erano occupate di loro quanto erano piccoli ed i loro genitori erano a lavoro.
Dean e Castiel approfittarono di quel finesettimana per andarlo a trovare, senza nemmeno annunciarsi con una telefonata, ma non appena Jim li riconobbe - o, quantomeno, riconobbe Dean - gli venne incontro con un sorriso e li abbracciò calorosamente. Era circondato da bambini, come un novello San Francesco, ed i piccoli si aggrappavano alla sua tonaca, sbirciando i due ragazzi dalle pieghe della veste.
«Lasciate che i bambini vengano a me…» citò Dean, osservandolo.
«… non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio» concluse il Pastore «Marco, 10-15. Sono felice di vedere che non tutti i miei insegnamenti sono andati perduti».
«Hai messo su famiglia, Zio Jim?» chiese divertito il vigile del fuoco, facendo la linguaccia ad un marmocchio con gli occhi enormi ed il naso sporco di polvere.
«Sono i bambini della casa d’accoglienza del paese» spiegò lui «Il pomeriggio vengono sempre all’oratorio ed oggi li ho assoldati per darmi una mano a decorare la parrocchia. Chi mi aiuta riceve in premio una cioccolata calda».
«Sembra divertente» disse Castiel, sinceramente convinto.
Jim gli sorrise, poi scrutò Dean «Giovanotto, non dovresti fare le presentazioni?» gli ricordò, tirandogli un orecchio come faceva quand’era un ragazzino.
«Ouch! Sì, certo, scusate. Zio Jim, questo è Castiel Novak, il mio fidanzato» Dio, gli faceva ancora strano dire fidanzato, fortunatamente non era una condizione che sarebbe durata a lungo, perché non pensava che ci si sarebbe abituato tanto presto «Cas, lui è Padre Jim Murphy» concluse, indicandoli a turno.
Quest’ultimo gli rivolse un’occhiata stupita, ma si riprese subito, stringendo la mano dell’altro con entrambe le proprie. «Immagino non siate venuti fin qui solo per salutarmi» osservò con voce gentile «Bambini, andate a giocare nell’altra sala, mentre io parlo con i ragazzi, d’accordo?» aggiunse, abbassando lo sguardo sui piccoli che lo circondavano. Questi annuirono, da bravi, e sgattaiolarono nella sala accanto, rapidi come topolini.
«Vi dispiace se prima io…» accennò Cas, indicando i primi banchi davanti all’altare.
Jim sembrò piacevolmente sorpreso. «Certo che no, figliolo, fai pure. Io ne approfitterò per fare due chiacchiere con questo ragazzaccio» rispose, dando una pacca sul braccio di Dean.
Questi osservò il suo angelo annuire in segno di ringraziamento e raggiungere i posti a sedere per inginocchiarsi e raccogliersi in preghiera. Era in momenti come quello che si ricordava quanto lui e Castiel fossero diversi.
«Sembra un bravo ragazzo» osservò Jim.
«Il migliore» rispose Dean «È Professore di Teologia all’Università di Lawrence e figlio di un pastore» rivelò.
«E come vi siete conosciuti?» chiese l’altro, curioso, evidentemente facendo lo stesso ragionamento che lui aveva fatto poco prima: sembravano troppo differenti.
«Mi ha salvato la vita» rispose il vigile del fuoco.
«Ottimo modo d’incontrarsi» replicò Padre Jim, quasi ironico, e l’altro sorrise. Il Pastore lo osservò in silenzio per qualche attimo, poi disse con cautela: «Mi sembri diverso. Sei maturato» e non era una domanda.
«Suppongo di sì. Anzi, sicuramente sì. Cas mi ha cambiato».
«In meglio, mi pare».
«Tu trovi?»
«Tu no, figliolo?»
Dean ci pensò. «Be’, non bevo più come prima e mi sento meno… arrabbiato, sai? Prima… credo che ce l’avessi con il mondo, ma quando ho incontrato Cas…» si fermò ed arrossì. Quello era molto personale e lui non era bravo a parlare di quelle cose, nemmeno con chi lo conosceva da tutta la vita.
«Continua, ragazzo mio, non sono qui certo per andare a raccontarlo in giro o per giudicarti» gli ricordò il Pastore.
«Quando ho incontrato Cas… ho avuto… come l’impressione che qualcuno l’avesse mandato per me» scosse il capo, non riuscendo a credere che lo stesse davvero dicendo a voce alta «È il mio angelo» asserì, però, con sicurezza.
«Sembra proprio di sì» convenne Padre Jim. «Ammetto che sono sorpreso, Dean. Sembravi molto appassionato al genere femminile».
«Puoi anche dire che saltavo da un letto all’altro, Zio Jim» replicò lui divertito «Ora l’unico letto su cui salto è il mio» concluse ammiccante, meritandosi un scappellotto.
«Ragazzo, siamo in chiesa» gli ricordò il Pastore.
Dean si massaggiò la nuca e poi rialzò la testa per cercare il compagno con lo sguardo. Castiel era ancora inginocchiato e chiuso in preghiera, e lui si morse un labbro con fare incerto, chiedendosi se fosse il caso di raggiungerlo e stargli accanto.
«Sembri preoccupato» osservò Padre Jim.
«Cas non va molto d’accordo con suo padre» disse, senza distogliere lo sguardo dall’oggetto delle sue attenzioni.
«Hai detto che è figlio di un pastore» ricordò l’uomo.
«Sì, ma credo che Michael non abbia mai accettato la sua omosessualità».
«Michael? Padre Michael Novak, di Pontiac?» chiese Jim, con tono stupito.
«Già. Lo conosci?»
«Non di persona, ma ne ho sentito parlare. E molto bene, a dire il vero. Dicono sia una guida forte e lungimirante, per la sua parrocchia» rispose il Pastore.
«Lo è,» confermò Dean, annuendo «ma suppongo sia diverso quando un problema ti coglie così da vicino».
«È un problema, figliolo?»
«Tutte le cose lo sono, se non le sai accettare. Non è così?» replicò il vigile del fuoco.
«Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza di conoscere la differenza» recitò Jim, rispondendo implicitamente.
«Michael ha rifiutato di celebrare il nostro matrimonio e perfino di esservi anche solo presente» rivelò allora Dean.
Se Jim si stupì di sentirlo parlare di matrimonio, non lo diede a vedere.
«Zio Jim… io non so come aiutarlo» ammise il ragazzo a malincuore «Potresti parlargli? Forse tu… io non sono mai stato molto credente, lo sai. Non capisco il loro atteggiamento, questa guerra che ha che fare tanto con la fede quanto con tutto il resto».
«Sarò felice di fargli da guida spirituale, se è ciò di cui ha bisogno» rispose il Pastore, stringendogli un braccio per confortarlo. «Siete qui per questo?» chiese poi.
«A dire il vero, no» il ragazzo sorrise, scrollandosi di dosso un po’ d’apprensione «Ci sposerai, Zio Jim?»
«Ditemi solo una data» asserì affabile.
«Che ne pensi del 31 Gennaio?» ribatté Dean, passandogli un braccio attorno alle spalle magre.
Il Pastore quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
*°*°*°*°*
All’improvviso e con una certezza agghiacciante, Dean seppe che sarebbe stata una totale catastrofe. E non fu per le sue insicurezze o per le sue convinzioni etero sul matrimonio, e nemmeno per le fisse tradizionaliste di sua madre o l’assenteismo del padre di Cas, oh no! Niente di tutto questo. Fu per ciò che accadde non appena comunicarono a Faith di aver fissato la data.
Di colpo, proprio da un giorno all’altro, si ritrovarono immersi in ogni genere di scartoffie: proposte di menù per la cena, brochure di possibili locali da scegliere, bozze di partecipazioni, foto di torte nuziali di ogni forma, e chi più ne ha, più ne metta.
«Avete già scelto gli abiti?» chiese l’organizzatrice, spiccia.
«No, non ci abbiamo nemmeno pensato, a dire il vero» rispose Dean, sopraffatto da tutta quella roba.
«Be’, dovete sbrigarvi. Decorazioni della sala, della chiesa, bomboniere e tutto il resto vanno abbinati ai vostri abiti» spiegò la ragazza.
«Di solito non si abbinano al vestito della sposa?» chiese lui perplesso.
«Già, ma qui non c’è nessuna sposa, quindi riprenderanno i colori degli abiti di entrambi» scandì Faith, come se stesse spiegando qualcosa di elementare ad un bambino un po’ tardo. «E sbrigatevi a scegliere locale, menù e modello di partecipazioni, o non potrò mandarle in stampa e spedirle per tempo» concluse, segnando qualcosa sulla sua cartelletta.
«Ma non ti paghiamo proprio per occuparti di tutta questa roba?» sbottò Dean, seccato.
«No, mi pagate per fare una rapida e concisa selezione che segua i vostri gusti e per coordinare tutto quando, ma l’ultima parola è comunque vostra» rispose lei, insensibile al suo tono. «Uno di voi o dei vostri famigliari è allergico a qualcosa di specifico?»
«No» rispose Castiel, impegnato a leggere i preventivi dei menù.
«Perfetto, allora domani stesso farò in modo che vi vengano consegnati tre o quattro assaggi di torte nuziali tra cui scegliere. Saranno delle piccole miniatura in scala» annunciò l’organizzatrice.
«Oh, questo mi piace» replicò Dean con un sorriso.
Lei inarcò un sopraciglio, fissandolo con sufficienza, quasi avesse a che fare con un cavernicolo. «Mi sono presa la libertà di fissarvi un appuntamento da due dei migliori sarti in circolazione, consultando i vostri turni di lavoro. Signor Novak, il suo è domani pomeriggio, alle 16,00» lo informò, consegnandogli un bigliettino da visita «Ed il suo, invece, è dopodomani alle 18,00, Signor Winchester. Potete farvi accompagnare da chi preferite per avere un consiglio» concluse, porgendo a lui un bigliettino diverso.
I due fidanzati rimasero senza parole e si limitarono a fissarla storditi, con ancora i foglietti in mano, così Faith aggiunse: «Se non trovate nulla di vostro gusto, cosa di cui dubito fortemente, potete scambiarvi i bigliettini e prendere un nuovo appuntamento nell’altro negozio».
«Complimenti per l’efficienza» la elogiò Castiel, dopo un altro momento di silenzio.
La ragazza assentì in segno di ringraziamento, poi si strinse di nuovo la cartellina al petto. «Vi lascio a visionare questo materiale, chiamatemi appena avete fatto una scelta, ma - per l’amor di Dio - sbrigatevi. Ho altri impegni per Gennaio, impegni presi da mesi, non posso stare solo dietro a voi» li avvertì, prima di stringere loro la mano, augurargli buona giornata e ripartire come un treno.
«Mi sento bulleggiato» gracchiò Dean, sotto shock.
«È un valido aiuto» si limitò a constatare Castiel, riprendendo a visione le foto.
Solo un’ora dopo, prima di uscire per il suo turno di lavoro, il vigile del fuoco si ricordò della pagina di giornale che aveva trovato nella biancheria del compagno. La recuperò dal cassetto dove l’aveva nascosta e la osservò per qualche secondo, poi vi scrisse sopra qualcosa, prima di appenderla con una calamita allo sportello del frigo:
Ti starebbe bene.
Le lettere ammiccavano in un angola della pagina, scritte con un pennarello nero.
*°*°*°*°*
Le prove dell’abito furono estenuanti. Dean ci mise parecchio a trovare un modello che gli piacesse davvero, non perché gli altri gli stessero male - a lui stava bene quasi tutto, sapeva di essere bello e che effetto faceva alle altre persone -, ma perché lo facevano tutti sentire un damerino e non aveva bisogno di altro che lo mettesse a disagio. Il grande giorno sarebbe già stato teso come una corda di violino.
Avrebbe preferito andare da solo o con Castiel, ma avevano fatto quella stupida promessa di rispettare le tradizioni, così non potevano vedere l’abito dell’altro fino alla cerimonia. Sam era a Palo Alto e i suoi colleghi avevano il senso estetico di un taglialegna, così non gli rimase altro che accettare che fosse sua madre a fargli compagnia.
Come un fottuto moccioso alla scuola materna, pensò acidamente tra sé, mentre il commesso lisciava una piega della giacca e applicava qualche spillo.
«Oh, sei così bello» sospirò Mary, con le mani raccolte al petto «Ma penso ancora che l’abito bianco sarebbe stato meglio». [1]
«Mamma, mi dispiace deluderti, ma né io né Cas siamo più puri da molto tempo» ribatté lui, fissandola attraverso lo specchio.
Il commesso gli sorrise di nascosto, in modo fin troppo ammiccante per una persona che stava aiutando qualcuno a sistemare un vestito da sposo. Dean lo ignorò.
«Oh, non essere sciocco, tesoro. La purezza non è solo esteriore e tu sei così dolce» sostenne sua madre.
Lui si coprì gli occhi con una mano, contando mentalmente fino a dieci. Se non le avesse voluto così bene e non fosse stata… be’, sua madre, le avrebbe dato un pugno, con ogni probabilità, o l’avrebbe sbattuta fuori.
«Un’altra parola e ti riaccompagno a casa» l’avvisò comunque e Mary gli rivolse uno sguardo triste che gli spezzò il cuore. Manipolatrice, pensò Dean, ecco da chi Sam ha ereditato gli occhi da cucciolo.
«Hai già pensato alle promesse?» chiese allora lei, evidentemente ritenendo di passare ad un argomento più sicuro.
Il figlio quasi rischio di cadere dallo sgabello. «Cosa?» gracchiò, sull’isterico andante.
«Le promesse che farai a Cas davanti all’altare» disse Mary, come se fosse ovvio.
«Non possiamo… diamine, sposarci e basta? Due Lo voglio e via!» sbottò lui, riprendendosi.
«Ma è-» iniziò sua madre.
«Tradizione. Sì, ho capito, lasciamo stare. Grazie per avermi dato un’altra cosa di cui preoccuparmi» sbuffò, nervoso.
Mary ridacchiò divertita. «Oh, somigli così tanto a tuo padre, quando fai così».
«Mi chiedo cosa ho preso da te» borbottò il ragazzo, scacciando le mani insidiose del commesso.
«La sensibilità, naturalmente» rispose lei soave.
«Naturalmente» ringhiò Dean, in tono ancora più basso «E l’udito bionico, anche».
Fu così che quella sera, quando rientrò a casa, si ritrovò a chiedere a Castiel con falsa casualità: «Hai pensato alle promesse?» sentendosi orribilmente simile a sua madre. Sperava solo che il suo angelo avesse una reazione simile a quelle che aveva avuto lui dal sarto, così avrebbe potuto cercare di convincerlo ad evitare tutta quella malefica faccenda.
Ma ciò che il suo fidanzato rispose fu: «Sì, le ho già scritte».
Dean si ritrovò a soffocare un gemito affranto nel suo grembo. Ovvio che le avesse già scritte, era un professore e i professori erano bravi con tutta quella storia di mettere le cose nero su bianco, leggerle a voce alta e spiegarle.
Cas riprese a ravviargli i capelli, voltando una pagina del suo libro, poggiato sul bracciolo del divano, e lui abbassò il volume del televisore per poter parlare con più tranquillità.
«Perché non possiamo semplicemente sposarci?» chiese frustrato.
Il compagno gli concesse un accenno di sorriso. «Sono certo che troverai le parole giuste» disse, prima di chinarsi a baciarlo.
«Così non mi sei d’aiuto» sbuffò Dean sulle sue labbra.
«Non posso essere io a dirti cosa scrivere» rispose semplicemente Cas.
E aveva ragione, certo che aveva ragione, ma - ancora una volta - questo non lo aiutava affatto.
*°*°*°*°*
Una settimana dopo, Dean era esattamente nella stessa situazione, solo più depresso di prima. Se avesse continuato di quel passo, quando il suo angelo gli avrebbe fatto le sue promesse - di sicuro sconvolgendolo con la dolcezza che sarebbe riuscito a tirare fuori -, lui si sarebbe ritrovato a fare scena muta o, peggio, a balbettare come un idiota.
Sbatté la testa sul ripiano del tavolo, nella cucina di sua madre, sperando che questo servisse a svegliare in qualche modo il suo cervello intorpidito.
«Ti preparo un toast, tesoro?» gli domandò Mary, sorridendo intenerita.
«Sì, grazie» sospirò il ragazzo, poggiando la guancia sul legno. Attorno alle sue mani e per terra si era formato un piccolo cimitero di fogli appallottolati.
«Ti taglio anche le croste» disse sua madre premurosa, coccolandolo come faceva quand’era bambino.
Stupidamente, quando si comportava così, Dean sentiva che sarebbe andato tutto bene. «Non ci riuscirò mai» si lamentò, comunque.
«Ma certo che ce la farai. Tu sai perché ti stai presentando davanti all’altare, non devi fare altro che ricordarlo» rispose lei, poggiando davanti al figlio un bicchiere di spremuta d’arancia.
Lui si sentì arrossire. «Sono cose private, non voglio dirle davanti a tutti» sbuffò.
«Non devi dirle agli invitati, devi dirle a Cas. Lo guarderai negli occhi e sarete solo tu e lui, te lo assicuro» sussurrò, distogliendo un attimo lo sguardo, come se stesse ricordando qualcosa «E non deve essere per forza qualcosa di esplicito. Non importa se gli altri non capiscono, l’importante è che sia lui a farlo» aggiunse a voce più alta, nel tentativo di essergli d’aiuto.
Dean si infilò le mani tra i capelli, tirandoli con frustrazione. «Non mi viene in mente nulla, io non ci so fare con queste cose, mamma».
Lei lo osservò per qualche secondo, poi disse: «Aspetta qui». Girò sui tacchi ed uscì dalla cucina.
Il ragazzo sentì che saliva le scale e, quando tornò, pochi minuti dopo, stringeva tra le mani un cofanetto. Mary si sedette a capotavola, accanto a lui, aprì il piccolo scrigno e prese qualcosa: un foglietto. Lo dispiegò e lo lesse, sorridendo dolcemente, poi lo richiuse e glielo mise in mano.
«Ecco, penso potrebbe essere il tuo qualcosa di vecchio» mormorò, prima di dargli una bacio sulla fronte e rimettersi a lavoro.
Perplesso, Dean lo aprì con attenzione e riconobbe subito la calligrafia sghemba e affilata di suo padre. Non appena lesse le prime parole, capì di cosa si trattava: le sue promesse di matrimonio.
Oh, cavolo, non voglio leggere questa roba intima, pensò imbarazzato, ma lo stava già facendo e pochi secondi dopo si rese conto che la vista gli si era sfocata.
Tirò su col naso e si schiarì la voce, abbassando lo sguardo per non mostrare a sua madre che aveva gli occhi lucidi, mentre infilava il foglietto nella tasca interna della giacca. «Penso di sapere cosa scrivere, ora» bisbigliò con voce roca «Grazie, mamma» aggiunse.
Mary gli sorrise, arruffando i suoi capelli chiari, e posò un piatto con un toast davanti a lui.
*°*°*°*°*
Dean non ricordava di aver mai vissuto un periodo così stressante in tutta la sua vita. Mancavano ormai pochi giorni alle nozze ed era quasi tutto pronto, ma lui iniziava a capire perché quasi in tutti i posti di lavoro concedessero due settimane piene di ferie per la luna di miele.
Non si era mai sentito tanto stanco. Nemmeno la prospettiva terrorizzante di prendere un aereo riusciva a dissolvere i suoi sogni di una rilassante vacanza ai tropici.
Scrutò la padella in cui stava cuocendo la colazione come se nel tuorlo potesse vedere il sole giallo del Messico e nell’albume le sue spiagge bianche.
«Inizio a sentirmi geloso di quelle uova» disse Castiel, abbracciandogli i fianchi e posandogli un bacio sul collo.
«Questo pezzo di bacon non ti ricorda uno sdraio sulla sabbia?» replicò Dean, sognante.
Il suo angelo probabilmente gli avrebbe messo una mano sulla fronte per accertarsi che non avesse la febbre, se solo in quel momento non avessero suonato al campanello.
«Aspettiamo visite?» chiese perplesso.
Dean sbiancò. «Non è Faith, vero? Non può essere lei, l’abbiamo sentita ieri sera e ha detto che è tutto a posto. Se è lei non farla entrare. No, aspetta, forse è venuta a dirci che qualcosa è andato storto, che hanno messo fuoco al ristorante, o che il pasticcere ha avuto un incidente, o…»
Castiel lo zittì molto opportunamente con un bacio. «Va tutto bene» scandì, prendendo il suo viso tra le mani. Sfiorò un’altra volta le sue labbra con le proprie, prima di andare alla porta.
La persona che si trovò davanti, era l’ultima che si sarebbe mai aspettato.
«Mamma?» fece Cas incredulo, osservando la figura composta della donna sulla soglia, accompagnata solo da una piccola valigia.
«Non mi inviti ad entrare?» replicò lei, mentre Dean si scapicollava per raggiungerli.
Il suo angelo non sembrava in grado di riprendersi dalla sorpresa, mentre la madre li salutava entrambi con un bacio.
«Cosa c’è? Non avrete pensato che mi sarei persa il matrimonio di mio figlio?» domandò Lucy, inarcando un sopraciglio.
«Come… Quando?» smozzicò Dean.
«Ho preso un autobus e poi un taxi. Grazie al Cielo mi annoto sempre le cose come si deve, o chissà come avrei fatto a distinguere questa casetta dalle altre della via» asserì, sventolando un agendina da borsetta.
«Papà?» chiese Castiel, riavendosi finalmente dallo stupore.
Sua madre lo guardò con serietà. «Cerca di essere paziente, con lui» sussurrò, posandogli una mano curata su una guancia «È un brav’uomo, ma è testardo e - fondamentalmente - un idiota» dichiarò compita, lasciando i due fidanzati un tantino traumatizzati «Però è il mio Idiota, capisci?»
Dopo un momento, lui annuì e Lucy gli concesse un sorriso.
«Le uova!» esclamò Dean, correndo di nuovo verso i fornelli quando sentì la padella sfrigolare in modo un po’ troppo irato. «Per un pelo» sospirò, accorgendosi che se avesse tardato solo un altro paio di secondi sarebbero passate da piacevolmente dorate a carbonizzate. «Uhm… Signora Novak, si unisce a noi?» domandò poi, schiarendosi la voce.
«Volentieri» rispose lei «Sono partita molto presto e non ho ancora avuto occasione di fare colazione» rivelò, guardandosi attorno con fare curioso.
Era la prima volta, in due anni che l’avevano acquistata, che visitava la loro casa, e Dean si sentì arrossire quando sua suocera - oddio, sua suocera! - si fermò ad osservare la grande foto dietro al divano, che raffigurava lui e Castiel vestiti rispettivamente da marinaio e da crocerossino, intenti a scambiarsi un bacio tutt’altro che casto.
«Il bacio di Time Square?» domandò Lucy, inarcando un sopraciglio.
«Balthazar l’ha scattata il primo Halloween che Dean ed io abbiamo passato assieme» le rispose il figlio, con voce monocorde. «Il Rettore ne ha fatto due copie, una per me ed una per Dean».
«Il Rettore della tua università?» chiese lei.
«Sì, il Professor Death ha un certo senso dell’umorismo» confermò, guidando la madre al tavolo.
«È spaventoso» borbottò Dean, in tono perfettamente udibile, guadagnandosi un’occhiata divertita da parte del fidanzato, che gli sorrise mentre scostava la sedia alla madre per farla sedere, prima di spingerla con eleganza sotto di lei.
Intanto Lucy continuò ad occhieggiarsi attorno, scrutando le foto ed i biglietti attaccati al frigo con calamite colorate, e le cornici alle pareti. Dean si sentì improvvisamente cosciente di quante foto ci fossero in giro per casa che ritraevano lui e Cas abbracciati o intenti in altre effusioni. I Signori Novak non li avevano mai visti in momenti così intimi, stavano sempre ben attenti a mantenere un certo decoro in presenza loro.
Servì la colazione prima a lei e poi a Cas, piegandosi a baciarlo su una guancia, deciso a fare com’era abituato, dato che - una volta tanto! - erano a casa loro.
La Signora Novak non fece commenti, limitandosi a versarsi del caffè senza aspettare che fosse uno di loro a versarglielo, guadagnando un paio di punti sulla sua personale scala di gradimento; se lei aveva intenzione di valutarlo - o valutarli -, Dean non sarebbe stato da meno. Ed era lunga la strada per entrare nelle sue simpatie.
Lucy osservò i titoli dei volumi - di Castiel - sulla libreria e quelli dei CD e degli LP - quasi tutti di Dean - sulle mensole sopra il televisore. Con uno sguardo complessivo sembro valutare i colori, le tende, l’arredamento e perfino il pavimento, prima di sbilanciarsi a dire: «È un posto carino».
Cas seguì lo stesso percorso, accarezzando tutto l’ambiente con occhi affettuosi. «È venuto piuttosto bene, per dire che la maggior parte dei mobili vengono dai nostri vecchi appartamenti» ammise.
«Davvero?» chiese sua madre.
«Già, il tavolo era nella mia cucina e la credenza in quella di Cas, l’impianto stereo è praticamente un pezzo da museo, apparteneva a mio padre, mentre il divano...» è quello su cui abbiamo fatto sesso per la prima volta, pensò tra sé, ma fu abbastanza sveglio da non dirlo a voce alta.
«Era mio» concluse il compagno per lui «Dean aveva un vecchio pezzo di antiquariato che era-»
«Fantastico» lo interruppe l’interessato.
«Un rottame» concluse Castiel.
«Questa è discriminazione» asserì il vigile del fuoco.
«È obbiettività».
«Non capisci il fascino di-»
«Era arancione, Dean» stavolta fu Cas ad impedirgli di finire, facendolo imbronciare come un bambino.
La Signora Novak sorrise divertita - forse il primo sorriso del genere che avesse rivolto loro da che Dean la conosceva. «Sembra proprio che vi siate sistemati bene, insieme» osservò soltanto.
Il che portò suo figlio a fargli una domanda importante: «Mamma, dove starai stanotte?»
Mancavano ancora due giorni, prima che si dirigessero in Iowa per festeggiare gli adii al celibato ed il matrimonio, e nella loro villetta non c’era nessuna camera per gli ospiti.
«Sul vostro divano, se a voi sta bene. Altrimenti cercherò un motel qui in zona» rispose Lucy tranquilla.
«Non se ne parla, non lascerò che tu dorma in un motel, né sul divano» asserì Castiel, categorico «Puoi dormire in camera nostra, Dean ed io ci arrangeremo».
«Oh, non essere sciocco, una signora come me starà molto più comoda su quel sofà di voi due ragazzoni insieme» sostenne, agitando una mano in aria come per scacciare una mosca.
«Ho un’idea migliore» intervenne Dean «Potrebbe stare da mia madre, Signora Novak. In casa dei miei genitori ci sono tante camere libere, ormai, e sono certo che mia mamma sarebbe felice di avere un po’ di compagnia» spiegò, quando gli altri due si voltarono a guardarlo «Inoltre, sarei felice di potervi finalmente presentare».
«Oh, non so se è il caso di invadere così lo spazio di tua mad-» tentò Lucy, imbarazzata all’idea di stare a casa di una sconosciuta.
«La chiamo subito e le dico che andremo a trovarla per pranzo, così farete amicizia» la interruppe lui, zittendo le sue rimostranze.
Malgrado la sicurezza che aveva mostrato a colazione, Dean era più teso di quanto volesse ammettere, riguardo a quell’incontro; pensava che le due donne fossero troppo diverse per andare d’accordo.
Osservò di sottecchi il viso inespressivo della suocera, mentre sua madre salutava calorosamente sia lui che Castiel, abbracciandoli e lisciando loro i vestiti con fare premuroso.
Le due signore si strinsero la mano, poi Mary prese Lucy a braccetto e la condusse dentro casa, facendole fare un breve giro turistico, dopo aver spedito i ragazzi ad apparecchiare. Quando tornarono chiacchieravano come se si conoscessero da tutta la vita.
Dean non sapeva chi delle due fosse più spaventosa. Si chiese chi avesse manipolato chi, poi si rese conto che probabilmente si somigliavano più di quanto immaginasse; erano entrambe donne forti e furbe, madri di due figli maschi, abituate a tenere il cuore delle persone che amavano in pugno, nel bene e nel male.
Spaventose, appunto.
[1] L’
abito bianco. Che sì, è bellissimo, ma più da Lucifer che da Dean XD Eh, che volete farci, Mary è una Campbell e se loro sono i tramiti del Diavolo un motivo c’è.
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