[Supernatural] A Baby In A Trenchcoat - 1/?

Sep 10, 2012 03:36

Titolo: A Baby In A Trenchcoat
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean/Castiel
Rating: Rosso
Avvertimenti: Slash, AU
Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Note: L'idea è venuta all'improvviso, mentre stavo pensando ad una storia tutta diversa. Ora, ho questo problemino che quando inizio a scrivere una long, se non pubblico subito, tendo a cancellare in breve il primo capitolo e così niente storia, anche quando la trama poi c'è tutta. Quindi pubblico, sperando che, come è giù successo, questo mi dia l'impulso di continuarla. Naturalmente, pareri e consigli sono sempre accettati ;) Buona lettura!
Riassunto: "L’uomo era maledettamente carino e lui era ubriaco e gli ubriachi fanno una cazzata per minuto, quindi in fondo era giustificato. E poi l’altro non aveva ancora smesso di guardarlo e la cosa sarebbe stata inquietante se solo Dean non avesse cose più urgenti da fare.
Complice il fatto di avere casa proprio dietro l’angolo, Dean riprese a baciare lo sconosciuto, che non sembrava avere alcuna intenzione di fermarlo, e iniziò a trascinarlo verso la porta d’ingresso. Era una notte tranquilla e deserta, ma probabile che anche in un centro commerciale, nelle condizioni in cui si trovava, Dean non ci avrebbe fatto caso. Le labbra dell’altro erano screpolate e gonfie e il respiro mescolato e mancato gli faceva girare la testa. Tutto era così inebriante e perfetto e libero, perché era solo istinto a guidare la nave ora e lui si sentiva bene e bene era una di quelle sensazione che non lasci scivolare facilmente."


C’era un uomo in un vicolo e lo stava guardando.
Dean era ubriaco. Era davvero ubriaco e forse fu questo che lo spinse a baciare lo sconosciuto. Lo aveva preso per le spalle e spinto contro il muro. Solo dopo averlo baciato si era fermato a guardare.
L’uomo era poco più basso di lui, aveva due occhi enormi e azzurri, una folta chioma di capelli neri sparati in ogni direzione e appena un accenno di barba. L’uomo era maledettamente carino e lui era ubriaco e gli ubriachi fanno una cazzata per minuto, quindi in fondo era giustificato. E poi l’altro non aveva ancora smesso di guardarlo e la cosa sarebbe stata inquietante se solo Dean non avesse cose più urgenti da fare.
Complice il fatto di avere casa proprio dietro l’angolo, Dean riprese a baciare lo sconosciuto, che non sembrava avere alcuna intenzione di fermarlo, e iniziò a trascinarlo verso la porta d’ingresso. Era una notte tranquilla e deserta, ma probabile che anche in un centro commerciale, nelle condizioni in cui si trovava, Dean non ci avrebbe fatto caso. Le labbra dell’altro erano screpolate e gonfie e il respiro mescolato e mancato gli faceva girare la testa. Tutto era così inebriante e perfetto e libero, perché era solo istinto a guidare la nave ora e lui si sentiva bene e bene era una di quelle sensazione che non lasci scivolare facilmente.
Come fossero riusciti a entrare era un mistero che Dean aveva poca voglia di risolvere. Importante era l’ossigeno che non aveva più, importante erano le proprie mani aggrappate all’altro, una stretta attorno a quello che doveva essere uno strano trench color sabbia e l’altra aggrovigliata a quella massa informe di capelli maledettamente morbidi. Importante era la patta dei suoi pantaloni ora davvero troppo stretta.
Trascinarlo in camera da letto non era stato un problema, gettarlo sul singolo letto della stanza ancora meno. Spogliarlo di tutto quello che aveva fu un piacevole contrattempo. Lo sconosciuto, dal canto suo, non aveva mai smesso di guardarlo. Quegli occhi rimasero concentrati su di lui, un po’ umidi di lussuria, ancora più blu in contrasto con il rossore disperso sul viso. Erano incollati al suo corpo, alla sua essenza, alla sua anima e lì rimasero, anche quando Dean iniziò a prepararlo, prima di spingersi in lui con famelica passione. A ogni spinta, lo sconosciuto socchiudeva appena le palpebre, ma mai una volta smise di guardarlo. Anche dopo aver raggiunto l’apice, quegli occhi furono l’ultima cosa che Dean vide prima di addormentarsi.

Prima parte

Riconobbe i segni di una sbornia colossale ancor prima di riprendere del tutto conoscenza. Tenne gli occhi ben chiusi e sprofondò con il viso nel cuscino, tentando di fuggire alla calda luce del mattino che illuminava la stanza. Quasi credette di lacerare stoffa e materasso e cadere a terra, tanto che la testa gli sembrava pesante. I ricordi della notte precedente erano solo una macchia di colore confuso e nulla era abbastanza chiaro da essere comprensibile. Ricordava di essere uscito per andare in un bar e festeggiare con alcuni amici la sua nuova impresa, un’officina tutta per sé dove poter sfoggiare senza vergogna il proprio amore per la meccanica e le auto in particolare, ma dopo il quinto bicchiere tutto diveniva confuso. C’era qualcosa, però, che si era incastrato bene nella memoria e, sebbene fosse annegato in fiumi di alcool, stava tentando in tutti i modi di risalire a galla, fino a fargli venire un mal di testa allucinante. Eppure sembrava importante. Era qualcosa di enorme, qualcosa di blu.
Dean aprì gli occhi di scatto e quasi si ribaltò dal letto nella fretta di mettersi a sedere.
Accanto a lui, beatamente addormentato, c’era un uomo.
Un uomo, uno sconosciuto.
Dean sentì tutta la saliva prosciugarsi nella sua bocca ed era solo per metà consapevole di star guardando il corpo nudo, anche se coperto dalla cintola in giù, di un uomo sconosciuto che dormiva nel suo letto. E, piccolo dettaglio, anche il proprio corpo era piuttosto scoperto.
Certo, non era la prima volta che, ubriaco, finiva nelle braccia di una donna qualsiasi incontrata in un bar.
Il corpo accanto al suo, però, era tutto eccetto che donna e non lo aveva incontrato in un bar, ma in un vicolo, e non ci aveva nemmeno parlato. Lo aveva sbattuto contro un muro e poi se lo era portato a casa, nel proprio letto. E tutto quello che riusciva a ricordare erano i suoi occhi.
“Dio, che situazione”, mormorò tra sé e sé, con gli occhi chiusi e due dita a massaggiare la testa dolorante. Aveva combinato un bel casino, come al solito, e adesso gli toccava rimettere le cose al posto giusto. Era ubriaco, era stato solo un errore. Sarebbe bastato spiegarlo e quello sconosciuto lo avrebbe lasciato in pace per il resto della sua miserabile vita.
Quando riaprì gli occhi e si voltò verso l’altro lato del letto, tutto intenzionato a svegliarlo e spiegargli la situazione, ritrovò due occhi azzurri fissarlo intensamente. Lo sgomento che lo pervase gli fece dimenticare ogni singola parola.
La situazione era a dir poco strana. Lo sconosciuto non smetteva di guardarlo e lo sguardo era concentrato su di lui in tutto e per tutto, anche se ancora un po’ confuso dai residui di sonno. Dean boccheggiò un paio di volte, in cerca di parole.
“Senti”, iniziò esitante. “Sono sicuro che passare la notte con te deve essere stato fantastico, anche se non ricordo molto, ma, be’, sai com’è, no? Però, ora devo andare a lavoro, quindi, immagino che adesso ognuno se ne va per la sua strada?”.
L’altro non rispose, ma si limitò a guardarlo intensamente per un lungo ed estenuante minuto. Dopo questo, distolse lo sguardo e, scostato il lenzuolo, si alzò in piedi. Raccolse i suoi vestiti e si chiuse nel bagno. Dean restò a guardare tutto il processo con le labbra un po’ dischiuse dalla sorpresa.
Era stato facile, dopotutto.
Con un sospiro di sollievo, si alzò a sua volta, cercò dei vestiti puliti e decise di utilizzare il secondo bagno della casa, ringraziando per la prima vola l’idea del suo fratellino di regalargli un appartamento con bagno doppio incluso. Sperava solo che una volta uscito di lì, lo sconosciuto fosse scomparso dalla sua vita così come ci era apparso.
Per questo motivo, passò una buona quantità di tempo a rilassarsi sotto il getto dell’acqua calda, tentando di liberarsi, oltre che della sporcizia, anche del ricordo di quegli occhi. Non ricordava nient’altro, eccetto loro. Tutto il resto era solo un ammasso di colori e sensazioni, ma quegli occhi erano fissi nella sua mente come un rilievo scolpito nella pietra dei suoi ricordi. Era impossibile liberarsi di loro.
Quando fu sicuro di aver dato abbastanza tempo all’altro di lavarsi, vestirsi e lasciare casa sua, Dean uscì dalla doccia e iniziò a prepararsi. Indossò un paio di jeans vecchi e una semplice t-shirt nera. Dopotutto doveva lavorare in un garage, non di certo al ballo reale. Si passò una mano tra i capelli per dargli un certo ordine, senza risultati, e poi si decise finalmente ad uscire.
La prima cosa che notò fu il silenzio totale. Lo sconosciuto era davvero scomparso e ora, per Dean, sarebbe rimasto solo un sogno strano da dimenticare. Con un sorriso di sollievo stampato in volto, prese la giacca e le chiavi della sua bambina e si diresse verso l’ingresso, pronto per il suo primo giorno di lavoro. Purtroppo, fu proprio a quel punto che tutte le sue speranze furono infrante.
“Che cosa ci fai ancora qui?!”
Lo sconosciuto era ancora lì, ad aspettarlo davanti la porta. Guardò Dean intensamente, poi piegò leggermente la testa.
La sua voce era profonda e roca e del tutto in contrasto con l’immagine che stava dando di sé.
“Dove andiamo?”
Cosa avrebbe dovuto dire, quando si ritrovava alle prese con quello che aveva tutte le sembianze di un bambino in un trenchcoat?

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Masterpost & Artpost - Seconda parte

tvshow: supernatural, fanwork: fanfiction

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