Calendario dell'Avvento: 1° -21 dicembre

Dec 01, 2009 22:38

Da un'idea malsana e malvagia della mia beta del cuore e cousin michiru_kaiou7: Il Calendario dell'Avvento.
24 ff in 24 giorni su altrettanti prompt natalizi/invernali.
Ce la farò?
Intanto, chi ben comincia è a metà dell'opera!


Titolo: Meno ventiquattro a Natale
Fandom: Non si può dire originale (perché loro non sono miei), ma mi sembra strano dire RPF.
Personaggi: Babbo Natale e Rudolf
Prompt: This is my December, this is my time of the year
Contaparole: 101

- Ohohoh!- esclamò l’arzillo vecchietto rosso vestito uscendo dalla casa di legno semisepolta dalla neve - Rudolf, oggi è il 1° dicembre!
La renna dal naso rosso sbuffò: una nuvoletta di fiato si condensò davanti al suo muso.
- Questo vuol dire che mancano ventiquattro giorni alla Notte di Natale! Ohohoh!-
Rudolf calciò nervosamente la neve sotto gli zoccoli - Questo vuol dire che mancano ventiquattro giorni alla Notte dei lavori forzati!- pensò in cuor suo l’animale fissando con occhioni neri e profondi il padrone - Sarà pure una fortuna essere la renna preferita di Babbo Natale, ma io mi sento stanca solo all'idea!-


Titolo: I sogni sono desideri
Fandom: X
Personaggi: Kamui, Fuma, Kotori, Subaru e Nataku (principalmente)
Prompt: "Miss you most (at Christmas time)"
Contaparole: 633
Avvisi: A dispetto del titolo, è angst! Festeggiate con me, la mia beta non ha trovato neppure una virgola da spostare *muore*

Fuori cadeva la neve, lenta, bianca, pura; dentro, suono di risate, bicchieri tintinnanti, carole alla radio, la luce intermittente delle luci su un abete barocco, con i suoi angeli dorati, palle e nastri.
- Kamui-chan, vieni a scaldarti davanti al camino!
Kamui trasalì al suono di quella voce femminile, gaia e squillante, voce che non udiva più da quanto?
Kotori lo prese sottobraccio e lo trascinò davanti al fuoco che crepitava allegro, sotto le cure attente e professionali dello zio Kyugo; sua madre e la zia Saya uscirono dalla cucina con una pirofila bollente a testa e sorridenti posero in tavola le pietanze.
- A tavola- chiamò Tohru e sorrise tenera come non mai al figlio, che sbalordito la fissava con le lacrime che già pizzicavano ai bordi degli occhi.
- Possibile che riesci a piangere anche a Natale?- lo sfotté Fuma arruffandoli i capelli.
- Fuma?- chiese stupefatto il ragazzino.
- E chi altro?- rise l’amico.
Fuori cadeva la neve, lenta, bianca, pura.

Kamui aprì gli occhi di colpo saltando nel letto: era stato un dannato sogno, solo le lacrime erano vere e rigavano il suo viso smunto e pallido. La porta si aprì di colpo e una luce fioca filtrò dal corridoio, subito oscurata dalla sagoma esile del Sumeragi.
- Kamui-kun, tutto bene? Ti ho sentito piangere. Un incubo?- domandò questi premuroso, avanzando a tentoni nell’oscurità della camera.
- Un incubo?- sorrise sarcastico Kamui - No, non direi.
- Cosa, allora? Se non sono indiscreto- Subaru si era seduto sulla sponda del letto e gli prese una mano tra le sue.
- Natale, la tavola imbandita, la mamma, gli zii, Kotori-chan: erano tutti vivi e felici.
- Un bel sogno, dunque; allora perché piangi?- Subaru gli accarezzò una guancia con il dorso della mano per asciugare le lacrime.
- Appunto, un bel sogno, solo un bel sogno- Kamui appoggiò la testa sulla spalla dell’amico e chiuse gli occhi.

Fuori cadeva la neve, lenta, bianca, pura. Dentro, suono di risate, bicchieri tintinnanti, carole alla radio, la luce intermittente delle luci su un abete barocco, con i suoi angeli dorati, palle e nastri.
- Kamui-chan, vieni a scaldarti davanti al camino!
Voce di ragazza gaia e squillante, voce che non avrebbe udito mai più.
Kotori prese sottobraccio Kamui e lo trascinò davanti al fuoco che crepitava allegro, sotto le cure attente e professionali di suo padre, la zia Torhu e sua madre uscirono dalla cucina con una pirofila bollente a testa e sorridenti posero in tavola le pietanze.
- A tavola- chiamò Tohru e sorrise tenera come non mai al figlio, che sbalordito la fissava con le lacrime che già pizzicavano ai bordi degli occhi.
Fuma, che era rimasto in disparte, si avvicinò al ragazzino e, sfottendolo, gli arruffò i capelli - Possibile che riesci a piangere anche a Natale?-
- Fuma?- chiese stupefatto Kamui come se lo vedesse per la prima volta dopo secoli.
- E chi altro?- rise lui.
Fuori cadeva la neve, lenta, bianca, pura.

Il capo dei Draghi della Terra aprì gli occhi di colpo e si prese un secondo per ricordare dove fosse e perché, come sempre, quando si perdeva nella dimensione onirica. Ciò che aveva visto non era, però, un sogno o una visione del futuro: quel che aveva visto non era mai accaduto e mai sarebbe accaduto. Era una proiezione del desiderio dell’altro Kamui, proiezione che l’altro sé stesso doveva condividere e desiderare a sua volta, perché ciò che era rimasto di Fuma Monou era riuscito a trascinarlo in quell’incubo natalizio.
- Tutto bene?- chiese la creatura accoccolata ai piedi della grande poltrona, dove il ragazzo si era addormentato.
- Un sogno, Nataku, solo un sogno- rispose conciliante.
- A cosa servono i sogni?- chiese ancora il biodroide.
- Per ricordare agli uomini che sono ancora vivi.


Titolo: Il tuo amore è una candela tremolante nel buio
Fandom: X (AU: Diario di un segreto)
Personaggi: Fuma/Kamui
Prompt: candele/luci accese
Contaparole: 200

Solo una candela accesa, piccola e tremolante ad illuminare la vastità del dojo silenzioso. La luna in cielo era coperta da nuvole grigie cariche di neve, un altro inverno era cominciato a Nishiongen e il capitano Monou era fermo, con la shinai in mano, al centro della stanza assaporando il vuoto attorno a lui. La candela era stata deposta in un angolo, a terra: non ce la faceva ad illuminare la sala, ma non serviva a far luce quella piccola fiammella, l’aveva portata perché Kamui-kun aveva voluto così.
- Se proprio devi allenarti di notte, almeno cerca di non romperti il collo lungo la strada- aveva blaterato sbattendogli in mano la candela accesa. Il capitano aveva riso di quella premura sciocca, ma per tutto il tragitto aveva protetto con una mano la fiammella tremolante, proprio come lo scudiero proteggeva lui con quelle premure eccesive. Fuma Monou si rese conto che lo sciocco era lui ad insistere con degli allenamenti di cui non aveva bisogno, anzi che lo stancavano e peggioravano la sua già cagionevole salute.
- Dannati lillà!- imprecò gettando la shinai a terra - Non se ne può più fare a meno - e tornò nelle sue stanze, da Kamui.

Note: Note: “Diario di un segreto” e i sidestory (e spinoff) sono racconti storici parodistici, i personaggi, realmente esistiti, vengono sostituiti dai personaggi di X: Fuma è Okita Souji, capitano della prima unità della milizia di polizia Shinsengumi, che fu fondata nel 1863 con il compito di proteggere lo Shogun a Kyoto. Il personaggio di Kamui non rappresenta una persona realmente esistita, ma rispecchia usi e costumi dell’epoca.
Il dojo è la palestra di arti marziali, Nishiongen è il tempio che faceva da quartier generale alla Shinsengumi, la shinai è la spada di bambù usata per allenarsi nel kendo.
Il capitano Okita, alias Fuma, si ammalò di tubercolosi nel 1865.
I lillà sono una citazione dal capitolo dieci, che solo chi ha letto la fic può cogliere, in questo caso è riferito a Kamui e al rapporto che questi ha con Fuma.


Titolo: L’eterna lotta tra coniglietti e pulcini
Fandom: X (AU: Kamui: il volto dell’amore/Little Devil)
Personaggi: Fuma e Seishiro-chan
Prompt: biscotti/dolci
Contaparole: 664
Note: La ff s'ispira ad una saga demenziale dove Kamui è la regina delle telenovelas, Fuma il suo non proprio perfetto "marito", Seishiro un bambino di cinque, lovvosissimi, anni (il perchè di tutto ciò è ormai parte del mito). In più, questa storia fa riferimento ad un'altra mia ff I dolci dei pulcini. In ultimo, questa ff è un regalo al Venerabile Povero Chicco, seppur in ritardo!

- Facciamo i biscotti?-chiese Seishiro-chan stanco di vedere i cartoni animati alla tv. Fuma e Kamui, baby sitter per un giorno, si fissarono interdetti.
- Ma-ma - balbettò incerto Kamui, lasciando per un attimo il pc dove stava aggiornando il suo blog “Consuelo: sono una donna, non sono una santa”.
- Biscotti? - gli fece eco Fuma, riemergendo dal divano.
- Sì, faccio sempre i biscotti con Subaru-san - spiegò Seishiro-chan con calma, perché a quei due bisognava sempre spiegare tutto - Ci vuole la farina, il cacao, lo zucchero - elencò il piccolo dirigendosi in cucina.
- Credevo li vendessero già fatti- commentò Fuma, osservando divertito il piccolo demonietto arrampicarsi su una sedia per aprire la credenza.
- Portalo al drougstore e fagli scegliere quelli che vuole - propose Kamui, già rapito dalla bustina lampeggiante sullo schermo del computer.
Fuma e Seishiro-chan uscirono di casa, ben coperti perché il cielo minacciava neve, d’altra parte era ormai dicembre. Tokyo era illuminata a giorno, come al solito, ma in quel periodo dell’anno lo era in modo ancora più sfarzoso.
- Natale - commentò sarcastico Fuma, evitando per un pelo una donna sommersa di pacchetti.
- I miei biscotti? - chiese arrabbiato Seishiro-chan, non gli piaceva stare in mezzo alla confusione e al traffico - Andiamo allo Starbuck’s?
- No, ti porto in un posto speciale - gli disse il gigante sollevandolo sulle spalle e Seishiro-chan s’illuminò di un sorriso pieno di stupore e attesa.

- Questo posto è speciale?- chiese una mezz’ora dopo il piccolo mentre veniva spintonato verso il fondo di uno degli ascensori della Tokyo Tower.
- Più o meno - bofonchiò Fuma a sua volta infastidito dalla calca: tutta quella gente, i loro desideri che si affastellavano l’uno sull’altro gli davano la nausea - Prendiamo i biscotti e torniamo a casa, prima che faccio una strage.
- Cosa volete? - chiese la ragazza al bancone dei dolciumi.
- Pulcini - rispose Fuma con un sorrisetto beffardo.
- Coniglietti - gli fece eco il bambino, ma il ragazzo lo fissò torvo.
- Pulcini - ribatté contrariato Fuma.
- Coniglietti - rispose convinto il piccolo.
- No, pulcini!
- No, coniglietti!
- Vi- vi prego - balbettò la commessa sconvolta dalla scena: un adulto che si comportava peggio di un bambino e un bambino testardo come un adulto, e tutto ciò solo per decidere la forma dei biscotti - Ho fatto due bustine separate - I due contendenti si voltarono, Fuma afferrò le buste e, solo dopo averne controllato il contenuto, pagò.
- I pulcini sono meglio dei coniglietti - disse allontanandosi.
- I coniglietti sono meglio di tutto - ribatté testardo il piccolo; Fuma gli lanciò un’occhiata di sbieco, in fondo Seishiro aveva cinque anni, non si poteva pretendere che capisse il significato dei biscotti a forma di pulcino, della Tokyo Tower e della magia di quel luogo.
- Qui Kamui ed io venivamo da piccoli - disse ad un tratto Fuma spingendo Seishiro-chan verso uno dei cannocchiali dell’Osservatorio. Il bambino lo fissò perplesso: Fuma-san era stato bambino? - Venivamo qui con i nostri genitori e Kotori-chan, compravano i biscotti a forma di pulcino, perché piacevano allo scemo - Seishiro si trattenne dal chiedere chi diavolo fosse Kotori-chan perché Fuma aveva un’aria diversa dal solito, come se stesse parlando di qualcosa di triste - Beh, andiamo a casa, Seishiro-chan, portiamo i biscotti al Defic… ehm, a Subaru-san.
Seishiro-chan annuì e lasciò che il gigante lo conducesse verso l’ascensore stracolmo senza protestare, avrebbe voluto dire qualcosa di utile, o intelligente, come faceva Subaru-san quando lui era triste, ma non sapeva cosa dire, perciò si limitò a fissare la punta delle scarpe imbarazzato.
- Questo è un posto speciale, e speciali sono questi biscotti, perché qui il pulcino ed io abbiamo condiviso dei momenti felici, ma oggi sono stato felice anche di averci portato te - disse ad un tratto Fuma, prendendo il bambino in braccio e rubando un biscotto dalla busta - Si chiama essere una famiglia, se non sbaglio!


Titolo: Sonnellino
Fandom: Cesare
Personaggi: Cesare, Miguel
Prompt: “Ho freddo…”
Contaparole: 100
Note: ispirata ad una fanart di immagine ispiratrice (sbav)

Cesare si era appisolato sui libri, dopo una giornata di studio, aveva poggiato il capo sul braccio e chiuso gli occhi solo per un instante, non voleva propriamente dormire, doveva studiare, ma ecco, far riposare un po’ gli occhi, quello sì.
“Ho freddo…” bofonchiò nel dormiveglia e, prima che il suo cervello potesse registrare il bisogno di coprirsi, una stoffa pesante e morbida cadde a ricoprirgli le spalle, avvolgendolo in una piacevole sensazione di benessere e sicurezza. Sapeva che era stato Miguel, doveva esser stato lì intorno tutta la sera, pronto ad evitargli un malanno in quel gelido dicembre pisano.


Titolo: Idee regalo
Fandom: You're my loveprize in Viewfinder
Personaggi: Asami/Takaba
Prompt: il regalo perfetto
Contaparole: 100
Note: Scritta con la febbre, perciò perdonatemi. E' crack e pure vagamente OOC ç_ç

L’idea che Ryouchi Asami, quell’uomo serio e volitivo, aveva del regalo perfetto per Natale era semplice, quanto diabolica, a ben vedere, ma di grande effetto comico. Akihito Takaba, deliziosamente imbronciato perché costretto in una posizione non proprio lusinghiera, era legato, con graziose manette pelose rosse e bianche, alla sponda del letto, sconvenientemente nudo e sensualmente ansimante, dopo l’amplesso appena concluso, con addosso solo delle simpatiche orecchie da renna!
- Buon Natale, Rudolf!- scherzò Asami accendendosi una sigaretta post orgasmo.
- E tu saresti Babbo Natale?- chiese irritato Takaba - E poi perché io la renna?
- Preferivi fare il piccolo elfo?


Titolo: L'omino di neve
Fandom: originale
Personaggi: una donna
Prompt: pupazzo di neve
Contaparole: 233
Note: angst

Si vede un piccolo pupazzo di neve dalla finestra della mia stanza: lo hanno fatto dei bambini, l’altro giorno, dopo la grande nevicata di sabato notte. È un essere deforme, con la bocca storta e gli occhi non allineati, una testa non esattamente tonda e un grosso corpo bitorzoluto. Una delle infermiere ha dato ai piccoli ciò che ha trovato nella stanza della caposala per decorare il pupazzo: un camice verde a fargli da veste, una penna il naso, una padella da notte il copricapo, ed è proprio la padella in testa all’omino di neve che fa ridere noi ricoverati del reparto oncologico. Un essere difettoso, come noi altri, che giriamo in vestaglia per i corridoi con le flebo a posto del bastone da passeggio.
- Se solo lui potesse ridere di noi, come noi ridiamo di lui… - pensò con la solita malinconia che prende a chi è costretto a fare Natale in ospedale. Così, approfittando di un momento in cui mi sento più in forma del solito, mi alzo e scendo di nascosto in cortile, aggiusto gli occhi del pupazzo, do una lisciata alla testa e al grasso ventre e piego la padella alle ventitre.
- Molto meglio!- grida il dottor Severini, uno degli specializzandi del reparto, uscendo dalla sua auto.
- Sì, molto meglio- mi dico soddisfatta e per un attimo il mondo ha girato di nuovo nel verso giusto.


Titolo: Degli alberi di Natale e dei fratelli
Fandom: Tsubasa Reservoir Chronicle
Personaggi: Sestuka, Seishiro, Fuma
Prompt: albero di Natale
Contaparole: 502
Note: ispirata alla raccolta di Michy Long my way home.

Seishiro era solo un bambino, ma capì ugualmente che la sua vita stava cambiando in modo radicale, mentre sua madre, ridacchiando imbarazzata, gli spiegava che il prossimo Natale sarebbero stati in tre e non più solo loro due.
Che bisogno c’è di essere in tre? Pensò il piccolo fissando le forme tonde della mamma, che sembrava ingrassare a vista d’occhio.
Pochi giorni prima del Natale Setsuka, grossa come mai il figlio l’aveva vista, lo salutò dicendo che al suo ritorno voleva trovare l’albero più bello del mondo.
- E tu cosa mi porti? - aveva mercanteggiato Seishiro.
- Sorpresa!- aveva riso la mamma accarezzandogli il capo.
Seishiro preparò, tutto da solo, l’albero più sfavillante della sua vita: tutto luci e fiocchi e palle bianche e blu, cucinò i biscotti a forma di renna, regalo e stella e dispose i pacchetti sotto l’albero. Abbellì le finestre con le stelle di carta, appese il vischio sopra la porta e accese le candele alla cannella, in modo che tutto fosse perfettamente natalizio.
Setsuka tornò dopo alcuni giorni, tra le braccia stringeva qualcosa di prezioso, dal modo in cui sembrava voler proteggere il fagottino, avvolto nella coperta che Seishiro aveva usato da piccolissimo.
- Madre- il bambino gli andò in contro sul vialetto di casa, per liberarla dal peso, ma lei non volle consegnargli la cosa e sorridendo di una serenità insolita entrò in casa.
- Oh, ma è splendido, Seishiro - esclamò estasiata - Oh, è davvero bellissimo!
Seishiro gongolò ai complimenti della mamma, ma la gioia durò poco: voleva sapere cosa Sestuka portasse con tanta cura e voleva la sua sorpresa.
- Madre, la sorpresa- disse spazientito.
Setsuka rise e adagiò il fagottino sul divano, scostò la copertina in modo che Seishiro lo vedesse: un bambino appena nato dormiva placidamente con il pugnetto tra le labbra.
- Cos’è?- chiese perplesso il bambino.
- Tuo fratello Fuma- rise ancora la mamma.
- Non voglio un fratello, voglio la mia sorpresa- batté i piedi Seishiro, allungando al contempo le braccia per ricevere ciò che si era guadagnato: aveva fato una faticaccia ad addobbare tutta la casa da solo! Setsuka mise il broncio per un attimo e poi sollevò di nuovo il piccolo e lo sistemò tra le braccia del figlio maggiore, inginocchiandosi all’altezza di questi.
- La sorpresa di questo Natale si chiama Fuma, ed è la cosa più bella che un bambino possa ricevere in dono: un fratello è un legame che dura tutta la vita - Seishiro fissò la madre poco convinto, però dovette ammettere con sé stesso che il neonato era davvero tenero e dolce e aveva un buon odore - Da adesso in poi non farai più le cose da solo, ci sarà Fu-chan a darti una mano. Tu sarai il suo maestro e lui il tuo piccolo allievo, vedrai che andrete d’accordo!- E come a voler dare il suo assenso, il piccolo aprì gli occhietti e agitò le braccine verso il viso di Seishiro, il quale non poté trattenere una risata di lieto stupore.


Titolo: Il diavolo va a messa la notte di Natale
Fandom: X
Personaggi: Yuto e Tomoe Kigai
Prompt: messa di mezzanotte
Contaparole: 622
Note: ispirata (diciamo pure copiata) a La notte di Natale, scritta per analogo prompt l'anno scorso. Yuto l’ho sempre descritto come cristiano per via di una immagine del primo artbook dove gioca con una croce (il che non signifca nulla perché i giapponesi sono affascinati dalla nostra religione senza però capirla, e poi in X le croci hanno molte valenze). Tomoe-chan appare nel cd drama dedicato a Yuto. “Nii-san” significa fratellone, più o meno. Se avessi avuto più tempo, più ispy, e una salute un po' meno da rottamare, sarebbe venuta meglio, spero che il buon Yuto mi perdoni!

Yuto guardò l’orologio della stanza di sfuggita, senza farsi notare da Kanoe-san, non voleva farle capire che desiderava solo andare via; di solito era più paziente e non gli dispiaceva dilungarsi in chiacchiere con la sua datrice di lavoro, ma quella sera aveva un appuntamento importante e Yuto Kigai non era mai in ritardo.
- So che devi andare - disse Kanoe accendendosi una sigaretta - Va, non preoccuparti.
Yuto sorrise e, senza aggiungere altro, si alzò dal letto e si rivestì. Quando fu sull’uscio, si girò un’ultima volta - Buon Natale, Kanoe-san! - disse facendolo l’occhiolino.
- Buon Natale, Yuto-san - rispose lei tornando a sprofondare tra le lenzuola stropicciate.
Il palazzo del Municipio era deserto a quell’ora, erano andati tutti a casa a festeggiare; anche se il Natale era una festa importata dall’Occidente, i giapponesi la osservavano con piacere, addobbando ogni casa, scuola o ufficio con immagini di un ridente omino di rosso vestito. Le strade erano illuminate a giorno, come sempre, ma in quel periodo dell’anno tutte le pubblicità e le luminarie erano a tema natalizio. Yuto arrotolò per bene la lunga sciarpa attorno al collo e calzò i guanti neri mentre lasciava la hall deserta del Municipio. Scese velocemente a piedi verso la buca della metropolitana e si mischiò nella folla che ancora si accalcava nei vagoni.
Aveva appuntamento con sua sorella Tomoe davanti al sagrato della chiesa parrocchiale del Sacro Cuore, che frequentavano fin da bambini. Yuto l’aveva convinta a trasferirsi al sud con l’arrivo dell’anno nuovo, trovandole un lavoro in un albergo termale, grazie alla signora Kanoe. Tomoe-chan aveva paura dei terremoti e con quel che stava per succedere il fratello maggiore voleva esser sicuro che non si spaventasse troppo, non pensava di salvarle la vita, in fondo non pensava neanche di salvare la propria, ma voleva comportarsi da bravo fratello maggiore per l’ultima volta.
- Tomoe-chan! - la salutò andandole incontro.
- Nii-san, ce l’hai fatta?- esclamò lei con gli occhi che le brillavano.
- Certo, io mantengo sempre le promesse- le rispose aprendole la porta della chiesa - Per questo evito di farne - aggiunse in cuor suo.
I due fratelli Kigai presero posto in un bancone al centro della navata centrale e si fecero il segno della croce. Andare assieme alla Santa Messa di Natale era una cosa che facevano da sempre, da quando Yuto aveva memoria, e anche quell’anno non aveva fatto eccezione; ma quello sarebbe stato l’ultimo Natale. Kanoe-san aveva spiato per anni i sogni di sua sorella Hinoto, la veggente del Parlamento, quindi non c’erano dubbi, l’anno x era arrivato: il 1999 era alle porte!
E lui era uno dei Sette Draghi della Terra chiamati a distruggere Tokyo, e quindi la Terra, il suo destino era già stato scritto, per quel che gliene importava, ma gli dispiaceva per Tomoe-chan e per il Natale, che era una festa bellissima e rendeva tutti felici. Si strinse nella spalle mentre il prete salmodiava la liturgia e il coro intonava “Adeste Fideles”, non poteva salvare tutta quella gente, non poteva salvare Tomoe e non poteva salvare sé stesso, l’unica cosa che poteva fare era rimanere vivo il più a lungo possibile, questa era la sua filosofia!
- Andate, la messa è finita- la voce del prete riecheggiò nella navata - Buon Natale a tutti e Felice 1999!
-Già, il 1999- sorrise tra sé e sé mentre s’inchinava per ricevere la benedizione - Ormai mancava davvero poco!
- Come, nii-san?- chiese Tomoe perplessa.
- Nulla, nulla - Yuto le regalò uno dei suoi proverbiali sorrisi magnetici e la prese sottobraccio - Andiamo a prenderci un tè caldo, Tomoe-chan?- Lei annuì lieta e si strinse al braccio del suo enigmatico fratello, mentre come sempre, nell’acquasantiera, l’acqua prese a vorticare verso di lui come a volerlo abbracciare.


Titolo: La fata del carillon
Fandom: originale (Saga della famiglia Rocca)
Personaggi: Cesare, Michele (bambini) e nonna Rachele
Prompt: il primo Natale + carillon @ Criticombola
Contaparole: 1188
Note: il racconto fa parte della Saga dei famiglia Rocca, una raccolta di oneshot che hanno per protagonisti Cesare e Michele in varie fasi della loro vita. Ogni racconto è a sé stante, ma ovviamente sono anche l’uno collegato all’altro. La musica citata è “La danza della Fata Confetto” (o della Fata dei confetti), dallo “Schiaccianoci”, atto II di Tchaikovsky.

Roma, 24 dicembre 1986

Il primo Natale di Cesare e Michele Rocca, rispettivamente primo e secondogenito dell’Onorevole Rocca, seppur da madri diverse, ebbe luogo quando i bambini avevano già sette e sei anni. Assurdo, folle in un’altra famiglia, ma non in quella dell’Onorevole, che, a dispetto della bandiera del partito che rappresentava, aveva uno stile di vita assai libertino e, nell’ordine, una moglie defunta cornificata con una terrorista rossa, poi scappata in Brasile, e una moglie vivente che lo cornificava con uno yuppi milanese. Dal primo matrimonio era nato Cesare: moro, sveglio, caparbio e già tragicamente sula strada della ribellione; dalla relazione extra-coniugale, Michele, moro a sua volta, ma timido, silenzioso, riflessivo, acuto e già inesorabilmente affascinato dal fratello maggiore. I due vivevano in collegio, ma per le vacanze erano tornati a casa e la signora Giulia, la nuova mamma (anche se né l’una né gli altri useranno mai quel nome per riferirsi a lei), li aveva sistemati nella stanza dei bambini, stanza che mai altri piccoli Rocca avrebbero abitato.
Il pomeriggio del ventiquattro dicembre una domestica di origini filippine, che parlava poco e male l’italiano, aveva interrotto i giochi dei bambini, obbligandoli a fare il bagno e a vestirsi bene. Nonna Rachele aveva fatto confezionare dei vestiti su misura da un sarto toscano e, vista la straordinaria somiglianza tra i due e l’esigua differenza d’età, aveva optato per due completi identici, ma di colori diversi: così Cesare indossava un completo blu con la camicia bianca e il cravattino rosso e Michele un completo verde scuro, con la camicia grigia e il cravattino blu. La cameriera aveva pettinato con tenacia e vigore i boccoli ribelli di Cesare, fin quasi a far piangere il piccolo, e aveva detto loro di andare in salotto per farsi vedere dall’Onorevole e dalla signora.
L’Onorevole lasciò il giornale sul tavolo un secondo e fissò i figli con affetto; Donna Giulia, invece, li fissava con fare critico e biasimava la suocera per l’eccessivo costo dei vestiti.
- Per questi due discoli, poi.
- Stasera ci saranno molte persone importanti a cena, parenti miei e di Giulia, non voglio dovermi vergognare di voi - tuonò il padre, più che altro per darsi un tono con la moglie, che gli rimproverava di non aver polso con i bambini.
- Con quel che ci costa la retta del collegio…- bofonchiò Donna Giulia, accendendosi una sigaretta.
Cesare e Michele furono mandati in salone a guardare la tv, con l’ordine di non fare assolutamente nulla per evitare di rovinare i loro bei vestiti.
- Io mi annoio - annunciò poco dopo Cesare: era sempre lui a prendere l’iniziativa. Michele alzò gli occhi al cielo e cercò di trattenerlo al suo posto.
- Hai sentito papà?- lo rimproverò.
- Dai, prendiamo le macchinine e andiamo a farle correre sul corrimano delle scale. Non possiamo sporcarci così - protestò Cesare.
- No - ribatté deciso Michele. Quello era il suo primo Natale con il papà e lui voleva fargli vedere che era un bambino buono e ubbidiente, non voleva che anche il papà lo abbandonasse come aveva fatto sua madre l’estate precedente.
- Dai!- si lamentò ancora Cesare, che invece odiava partecipare al Natale a casa dell’Onorevole, perché bisognava sempre vestirsi bene e non si poteva fare mai nulla e lui era l’unico bambino in mezzo ad un mare di adulti. Quello era il primo Natale assieme a Michele e lui voleva divertirsi un mondo - E’ il nostro primo Natale assieme!- disse, infine, per cercare di vincere le resistenze del fratello.
- Appunto - Michele era inamovibile - Il primo Natale e non voglio far arrabbiare papà!
La discussione si sarebbe protratta a lungo se non fosse stato per l’arrivo della nonna: a rilevare la sua presenza in casa non furono tanto il campanello e le voci all’ingresso, a cui i bambini non avevano fatto attenzione, ma il suo inconfondibile odore di acqua di colonia.
- Dove sono i miei piccoli angeli?- pigolò Donna Rachele Rocca, madre dell’Onorevole.
I bambini saltarono giù dal divano e corsero incontro alla donna, la quale, incurante del suo vestito di taffetà nero tutto balze e fiocchi, si chinò per accoglierli nel suo abbraccio.
- Nonna, ci stiamo annoiando - Cesare non perse tempo per fare le sue rimostranze, ma la nonna ignorò il capriccio con disinvoltura e valutò come i vestiti nuovi cadessero addosso ai due eredi.
- Siete così belli!- disse infine, soddisfatta.
- Ci stiamo annoiando - Cesare ignorò a sua volta le manfrine dell’anziana donna e proseguì nel suo intento: costringere la nonna a giocare con loro.
Donna Rachele lanciò uno sguardo all’orologio a pendolo all’angolo del salotto e decise che mancava ancora del tempo prima che la famiglia si riunisse per il cenone, quindi poteva dedicarsi ai nipoti in santa pace.
- Venite - disse misteriosa e, come se fosse stata un aquilone nel cielo terso marzolino, i bambini la seguirono senza fiatare.
Donna Rachele e i due fratelli si ritirarono nello studio dell’Onorevole e lì la donna, con fare cospiratorio, aprì una vetrinetta del mobile di mogano, dove il padrone di casa conservava piccoli oggetti di antiquariato. La nonna prese una scatola di legno e andò a sedersi sul divano di pelle dalla parte opposta. Cesare e Michele le trotterellarono appresso e si sederono accanto a lei, o meglio, Michele si sedé alla sua sinistra, compostamente, Cesare quasi le montò addosso nella foga di capire cosa ci fosse nella scatola.
La nonna trattenne una risatina infantile: era bello tornar bambina assieme ai suoi nipoti; suo figlio non permetteva a nessuno, neanche alla moglie o alla madre, di toccare la sua collezione di antichità, perciò quel gesto aveva il gusto del proibito per tutti e tre.
- Nonna, dai, cos’è?- sbottò Cesare tirandole un braccio, incapace di trattenere la curiosità un secondo di più.
- Silenzio - disse la vedova - Altrimenti la fatina si spaventa e non esce.
- La fatina? - chiese Michele stupito.
- Che fatina?- aggiunse Cesare, continuando a strattonare il vestito.
- Silenzio, bambini, silenzio. Le fate sono assai capricciose, sapete? Se le si infastidisce, fanno i dispetti, ma se si è buoni e si sa aspettare, allora le fate diventano le nostre migliori amiche - sussurrò a fil di voce Donna Rachele fissando alternativamente i nipoti e, come d’incanto, Cesare si sedé e Michele si avvicinò di più, entrambi ammutoliti.
La donna mostrò la scatola ai piccoli: era di legno scuro, il coperchio era intarsiato con legni di diversi colori a creare una composizione geometrica e il corpo poggiava su quattro minuscole zampe di ottone lavorato; una chiave a forma di farfalla, con la sua nappina rossa, era posta di lato. Rachele girò la chiavetta più volte e poi sollevò il coperchio della scatola: si sollevò una bambolina vestita da ballerina, con un abitino bianco fatto di pizzo e tulle: aveva i capelli raccolti in una coroncina, i piedi fasciati in scarpette bianche e una bacchetta dorata nel braccio alzato. Una dolce melodia meccanica si diffuse nella stanza mentre la ballerina girava su sé stessa.
- E’ la Fata Confetto - rivelò la nonna - E’ la signora del Regno dei Dolci…- e raccontò ai bambini del Principe Schiaccianoci, della piccola Clara e delle loro avventure contro il Re dei Topi.


Titolo: Un Natale fuori dall'ordinario
Fandom: Tsubasa reservoir Chronicle
Personaggi: Seishiro/Subaru
Prompt: calze rosse appese + portico e solstizio d’inverno (un vecchio meme)
Contaparole: 332
Note: ispirata a Long Way Home di Michiru.

Seishiro e Subaru, dopo una serie di peripezie e di viaggi avventurosi, erano approdati su un mondo tranquillo, in una regione dal clima quasi tropicale, in un periodo dell’anno che i nativi chiamavano inverno, ma era il periodo più caldo e dalle giornate più lunghe. I due avevano trovato una villetta fuori mano, che avevano decretato loro dimora per il tempo che sarebbero rimasti in quel mondo. Seishiro lo aveva classificato come “mondo sufficientemente evoluto per i miei canoni” quando aveva trovato al mercato cioccolata e dolciumi di suo gusto, quindi la permanenza si protrasse fino alla festa principale di quel pianeta: il solstizio d’inverno, quando si festeggiava il giorno più lungo dell’anno. Seishiro aveva deciso di festeggiare quella ricorrenza locale alla maniera in cui festeggiava il Natale a casa, con sua madre e Fu-chan, visto che, facendo due conti, le date coincidevano. Subaru fu lieto di dargli una mano ed era eccitato nel sistemare le palle colorate sulla palma (abeti non se ne trovavano in quel mondo), mettere le lucine fuori le finestre e decorare con le candele il portico della villa (faceva troppo caldo per stare dentro casa e il portico affacciava su un giardino rigoglioso e verdeggiante).
Ad un tratto Seishiro-san si rabbuiò mentre estraeva dalla sua sacca tre calze rosse - Dove appendiamo le calze per i regali?- chiese a sé stesso, pensando al fatto che in casa non c’erano camini.
- Qui, no?- rispose Subaru-kun con un sorriso e mostrò a Seishiro l’ampio portico, con le sue travi di legno ricoperte dal rampicante e tolse le calze dalle mani del cacciatore.
Seishiro sghignazzò e aiutò il suo Subaru ad appendere le calze che avrebbero contenuto i regali, una per sé, una per il vampiro, una per Fu-chan (perché anche se non lo avrebbe visto presto, comunque un regalo per lui c’era sempre).
- E la quarta per Kamui-chan?- pigolò Subaru aggiungendo alla fila una quarta calza rossa.
Seishiro fece per protestare ma Subaru-kun lo azzittì con un bacio.


Titolo: Natale vuol dire… bambini.
Fandom: originale (Saga della famiglia Rocca)
Personaggi: Isabella
Prompt: Un insolito Natale
Contaparole: 205
Note: il racconto fa parte della Saga dei famiglia Rocca, una raccolta di oneshot che hanno per protagonisti Cesare, Michele ed Isabella in varie fasi della loro vita. Isabella è la moglie di Michele.

Natale vuole dire pacchi sotto l’albero, odore di mandarini sbucciati per segnare i punti alla Tombola, famiglie riunite al calduccio di una casa affollata e risate tra parenti satolli. Natale è la festa dei bambini…
- Già, bambini…- sorrise Isabella Rocca, mentre osservava soddisfatta il bell’albero che aveva appena finito di decorare, nonostante il suo pancione di sette mesi rendesse ogni singolo movimento un’impresa titanica. E già aspettavano di esservi collocati sotto tre regali per la bambina che presto sarebbe arrivata.
- La viziata deve ancora nascere e già è l’indiscussa protagonista di questo Natale - si lamentò la futura mamma accarezzando il pancione ingombrante. Se si calcolava che nella famiglia di suo marito, Michele era stato l’ultimo bambino a nascere, ventotto anni prima, era ovvio che ci fosse una grande eccitazione intorno a quell’evento: ecco perché tutto ruotava intorno alla viziatella che ancora doveva arrivare. L’attesa rendeva quel Natale molto diverso da tutti gli altri, quando per sapere che fosse Natale bastava leggere la data sul calendario, infilarsi un vestito carino e andare a pranzo a casa della zia. Per la prima volta, dopo anni, Isabella respirava davvero l’atmosfera del Natale e sapeva che quello era il regalo che sua figlia faceva a lei.


Titolo: Un tuffo nel passato
Fandom: Up
Personaggi: Carl Fredricksen
Prompt: "At Christmastime it's hard, but when you're having fun/There's a world outside your window"
Contaparole: 234
Note: la ff mi è stata suggerita dal mio Carl Fredricksen e a lui la dedico, poiché mi trova adorabile perfino quando singhiozzo come un coniglietto con gli occhiali per il 3D sul naso!

Carl Fredricksen era un uomo anziano, abitudinario e con un unico, ultimo, scopo nella vita: fare in modo che nessuno gli portasse via la sua casa, la casa in cui aveva diviso tutta la vita assieme alla sua Ellie. Tutto il mondo di Carl era dentro quelle quattro mura, il resto poteva andare in malora, sì, anche il Natale, che lui era troppo vecchio per certe cose. Si sedé sulla sua poltrona, davanti al camino, per godersi la pace che solo la sua casa sapeva regalargli, quando udì gli strilli di qualche ragazzaccio di strada provenire dal suo giardino.
- Ai miei tempi… - iniziò la solitaria filippica che, però, fu interrotta dalla vista di una palla di neve che si infranse contro il vetro della finestra, la finestra di Ellie…
Si alzò furioso, con più furia che impeto, infondo aveva ormai settantotto anni, e afferrò il treppiedi borbottando come avrebbe rimesso a posto quei teppistelli, ma… Fuori, appena al di là dello steccato, giocavano due bambini con le palle di neve: lei aveva trecce rosse sotto un cappellino bianco e lui sembrava più grosso di quanto non dovesse essere realmente a causa di eccessivi strati di lana a proteggerlo dal freddo. Suo malgrado Carl Fredricksen sorrise, forse per la prima volta da quando la sua Ellie non c’era più; la fuori c’era tutto un mondo e sentì di nuovo l’energia di un tempo.


Titolo: Scende la neve
Fandom: X
Personaggi: I Draghi del Cielo
Prompt: "I'm dreaming of white christmas / Just like the ones i used to know"
Contaparole: 690
Note: no beta e si vede!

- Nevica - esclama la piccola Yuzuriha affacciandosi alla finestra del salottino, dove i Draghi del Cielo sono riuniti in attesa d’indicazioni della principessa Hinoto. Quella semplice affermazione sbalza ogni membro del gruppo in un ricordo personale, lontano dall’ultima battaglia, dal proprio ineluttabile destino.
“Neve” per Sorata Arisugawa significa i freddi inverni sul monte Koya, le serate passate sotto al kotatsu caldo assieme al vecchio abate che rideva delle sue prodezze infantili e al quale lui immancabilmente finiva col chiedere se sarebbe stata bella la donna per la quale un giorno sarebbe morto.
“Neve” per Karen Kasumi significa Natale, le candele che illuminano la chiesa durante la Santa Messa di mezzanotte e i bambini che intonano i canti natalizi.
“Neve” per Seichiro Aoki significa le risate della sua bambina l’ultima volta che, assieme alla moglie, è andato al parco a fare i pupazzi di neve.
“Neve” per Arashi Kishu significa la purezza dei fiocchi bianchi che cadono a coprire il terreno di fronte al tempio di Ise, fiocchi che le ricordano la propria purezza, che deve difendere dal sorriso caldo ed invitante dell’insistente bonzo.
“Neve” per Yuzuriha Nekoi significa i giorni prima di Capodanno, a Mitsumine, con la nonna, Inuki e gli altri cagnoni a tirar palle di neve cercando di dimenticare l’arrivo di un altro anno di solitudine.
“Neve” per Subaru Sumeragi significa solo un evento atmosferico, o così vorrebbe imporsi, ma ogni anno torna prepotente il ricordo di quell’unico Natale assieme a Hokuto-chan e Seishiro-san, ricordo che, a differenza della neve, non si scioglie mai.
“Neve” per Kamui Shiro significa infanzia e infanzia per lui è il sorriso di Kotori-chan, infagottata nel cappello e nella sciarpa rosa fatti dalla zia, e quello di Fuma, meno sfacciato ma altrettanto familiare.

- Nevica - esclama il biodroide Nataku rientrando nel quartier generale dei Draghi della Terra dopo un giro di perlustrazione; lì, forse proprio a causa del tempo inclemente, il gruppo si è riunito in attesa degli eventi. Quella semplice affermazione sbalza ognuno di loro in un ricordo personale, lontano dall’ultima battaglia, dal proprio ineluttabile destino.
“Neve” per Yuto Kigai significa prendere un tè caldo con una bella ragazza e godere insieme di quell’attimo di pace, per approfittare, poi, del freddo e scaldarsi l’un l’altra rotolandosi tra le lenzuola.
“Neve” per Kusanagi Shiyu significa il letargo della natura, il tempo della sospensione, il bianco mantello che ricopre la terra come una coperta gelida mentre questa si riposa in attesa di esplodere di vita in primavera.
“Neve” per Satsuki Yatoji significa precipitazione nella forma di acqua ghiacciata cristallina, che consiste in una moltitudine di minuscoli cristalli di ghiaccio tutti aventi di base la forma esagonale ma ognuno di tipo diverso… Così le direbbe Beast se lo interrogasse al riguardo, ma si accontenta di guardare con i suoi occhi i cristalli di ghiaccio incorniciare il capo biondo dell’impiegato comunale che è uscito fuori per giocare con la neve.
“Neve” per Kakyou significa il suono sordo di una pistola e la vita che non gli scivola tra le dita come avrebbe voluto, perché il suo corpo non muore e lui non può raggiungere l’amata Hokuto in riva al mare, in un caldo mattino d’estate.
“Neve” per Nataku significa le risate di una bambina, che ricorda di essere stato, e le mani calde della mamma che l’abbraccia e le dice di non toccare la neve perché è fredda, mentre il papa ne accumula un bel po’ in un angolo per dargli la forma di un pupazzo.
“Neve” per Seishiro Sakurazuka significa la sublime bellezza di sua madre bambina che si accascia al suolo tra le sue braccia, dopo averla trafitta, e il manto bianco del giardino di tinge del rosso del sangue e delle camelie sfiorite.
“Neve” per Kamui non significa nulla e tutto al contempo, sa che per l’altro Kamui significa infanzia e si adatta a quel pensiero, lo plasma a suo piacimento e trova il modo di sfruttarlo a suo vantaggio, ma, in lontananza, come se fosse un pensiero troppo vago per esser messo a fuoco, lui sente la voce di quella ragazza che gli ricorda che il futuro non è stato ancora deciso.


Titolo: Preghiera del mattino
Fandom: Versailles no Bara
Personaggi: André Grandier
Prompt: "I don't want a lot for Christmas / There's just one thing I need"
Contaparole: 342
Note: C’è un errore cronologico voluto, la fic è ambientata dopo il primo incontro tra André e Alain, poco prima che Oscar lasci la Guardia Reale per quella cittadina, ma ciò non avviene in inverno, bensì nella primavera del 1789, io invece ho spostato la scena a dicembre 1788.

Un giovane uomo, in sella al suo cavallo, tornava a casa dopo una notte di bagordi in una taverna della capitale, malconcio, alticcio e assonnato, e, da che mondo e mondo, un giovanotto che si rifugiava nell’alcool, lo faceva per dimenticare una donna…
“Bere è il miglior rimedio per dimenticare! Gli antichi dicevano in vino veritas… E la verità è che non basta tutto il vino di Francia per dimenticarti, Oscar!” rise scompostamente André Grandier, portandosi una mano alla tempia dolorante “Fossi solo tu il problema, Oscar” continuò con una mestizia che l’alcool non aveva cancellato “Presto perderò anche l’occhio destro e diventerò un povero cieco, cieco ed inutile, e non c’è bottiglia di vino che mi ridarà la vista, dopo…” Il dolore, la rabbia, l’impotenza, tutti quei sentimenti si accumulavano nel cuore del giovane attendente di casa De Jarjayes e lo opprimevano terribilmente. Non conosceva nessuno a cui rivolgersi, a cui poter confessare quel segreto: non la nonna, troppo anziana e troppo ansiosa per reggere un altro colpo della malasorte, tantomeno, Oscar, che era l’oggetto della sua dannazione. Infondo diventar cieco non sarebbe stato, di per sé, una tragedia, ma diventar cieco significava non poter più vedere il volto di Oscar: no, semplicemente non lo poteva accettare.
André alzò gli occhi al cielo, rischiarato dall’aurora incipiente, e gli venne in mente che presto sarebbe stato Natale.
“Allora, Dio, se volete farmi un regalo, non Vi chiedo di guarire il mio occhio, ma lasciate che io possa vedere Oscar ancora per un po’; permettete ai miei occhi di saziarsi della vista dei suoi capelli color del grano e della sua pelle rosa pallido. Lasciatemi il tempo di imprimere nel cuore la forma delle sue labbra e delle sue dita; fate che io possa non dimenticar mai il modo in cui lei piega la testa quando sorseggia il vino o socchiude gli occhi quando suona il pianoforte. Non chiedo molto per questo Natale, o Signore, ho solo bisogno di sapere che potrò ancora aprire gli occhi e riconoscere il volto di Oscar”.


Titolo: Primo incontro
Fandom: Lawful Drug
Personaggi: Kazahaya Kudo e Rikuo Himura
Prompt: "City sidewalks, busy sidewalks / Dressed in holiday style"
Contaparole: 200
Note: citazione dal primo volume. Più canon di così, sarei la quinta Clamp (fortuna per me e per voi, vuole che ciò non sia vero!)

La città e le sue mille luci, i passanti con il loro pacchetti, tante piccole formichine laboriose che comprano, comprano, comprano in una gara al regalo più bello, più costoso, più grande, e nessuno si accorge che un ragazzo, intirizzito per il freddo di quel dicembre nevoso, si è accasciato a terra, trema e a fatica si rimette in piedi. La città con le sue mille luci e i passanti con i pacchetti ingombranti sono troppo occupati per ricordarsi che Natale vuol dire accoglienza e il ragazzo, tremante, cade di nuovo a terra, tra la neve: non vuole morire, ma le forze lo abbandonano. Eppure in quel brulicare frenetico di uomini e donne troppo impegnati a festeggiare, c’è un altro ragazzo, con un nome da Buddha, che ascolta la richiesta d’aiuto del giovane bisognoso.
- Io non posso ancora morire. Assolutamente no- e Himura Rikuo solleva per un braccio colui che diventerà il suo coinquilino, lo carica sulle spalle e lo porta a casa, come si fa con i gatti randagi. Fosse per lui, lo avrebbe lasciato lì a gelare quell’idiota, ma il signor Kakei ha detto che è importante salvare Kudo Kazahaya e lui lo fa, senza fiatare, come sempre.


Titolo: Il calendario dell’Avvento
Fandom: originale
Personaggi: lei e lei
Prompt: "Lo vuoi/volete capire che Natale è SOLO il 25 dicembre?!" + 40. Femslash/Yuri per Criticombola
Contaparole: 577
Note: descrizione di una relazione omosessuale, sesso non descrittivo

Era arrivata tardi a casa, con una bottiglia di spumante tra le mani, non c’era nulla da festeggiare il 1° dicembre, le disse la compagna, ma, ripensandoci, perché no? Stapparono lo spumante, si ubriacarono e conclusero la serata rotolandosi beatamente tra le lenzuola.
Tornò anche il giorno dopo, con una torta al cioccolato e canditi, non c’era motivo particolare per mangiare una torta, ma neanche uno per non farlo; la mangiarono tutta e per smaltire le calorie in eccesso fecero l’amore, due volte.
Il terzo giorno la invitò a mangiare insieme, durante la pausa pranzo, presero la macchina e andarono a gustarsi un panino al mare, anche se faceva freddo e tirava vento, e per scaldarsi un po’ si ammucchiarono allegramente tra gli scomodi sedili.
Il quarto giorno, davanti alle candele e la proposta di uno strip-poker, le venne il dubbio, ma si dimenticò di esporre le sue perplessità, quando, ormai mezza nuda, ricevette uno speciale trattamento orale.
Il quinto giorno furono le ghirlande già appese alla porta e alle finestre ad accoglierla al suo rientro a casa, ma il bacio sotto al vischio le spezzò il fiato tanto che il suo cervello andò in stand-by e il suo corpo si lasciò eccitare come non mai.
Il sesto giorno le vide in giro per negozi a comprare luci, lucine e lucette, tanto che poi non le dispiacque spegnere tutto e fare l’amore al buio.
Il settimo giorno Dio si riposò, pensò in cuor suo; non che tutte quelle attenzioni le dispiacessero, ma insomma sette su sette era un record… stancante. L’altra le ricordò che le feste vanno santificate e allora santificarono.
L’ottavo giorno era la festa dell’Immacolata, quindi tradizionalmente dedicata alla decorazione dell’albero e del presepe, quindi non trovò nulla da dire nel dover ascoltare un cd natalizio e darsi da fare ad abbellire l’appartamento, né nel gustarsi il meritato riposo con un bagno caldo in compagnia.
Il nono giorno andarono a casa di amici per la prima cena di Natale, prima di una lunga serie, purtroppo per il suo giro vita; così le parve giusto, una volta a casa, prendersi una mezz’ora di buon sesso sfrenato per metter a tacer la coscienza.
Fu al decimo giorno che non ne poté più, non del sesso, quello era fantastico, anche se il ritmo era un pochino incalzante; non ne poteva più del Natale: mancavano tre settimane al 25 dicembre e la sua donna si comportava come se ogni giorno fosse Natale.
Stava per farle notare la cosa, ma lei entrò in camera da letto vestita da sexy Mamma Natale e la discussione fu rimandata ad un altro momento.
L’undicesimo giorno erano entrambe troppo prese con i rispettivi lavori per dedicarsi al sesso o, peggio, al Natale, ma con un certo, masochistico piacere dovette convenire con la sua donna che, proprio quando si è molto presi da altro, bisogna saper trovare un momento da dedicare alla coppia; poi purtroppo, dover passare un’ora a decidere il menù per la Vigilia non fu altrettanto piacevole.
Infine, il dodicesimo giorno, davanti alla colonia di angioletti paffuti che aveva spodestato dal mobile dell’ingresso la foto del matrimonio di sua sorella, sbottò furiosa - Lo vuoi capire che Natale è SOLO il 25 dicembre?
- Pensavo ti piacesse il mio Calendario dell’Avvento?- rispose l’altra mettendo il broncio.
Lei rimase come un’ebete con un angelo grassoccio tra le mani, poi scrollò la testa e baciò la sua compagna.
Sì, il calendario dell’Avvento le piaceva, e anche il Natale, in fondo, doveva solo arrivare viva al 25 dicembre!


Titolo: Nostalgia
Fandom: originale (Saga della famiglia Rocca)
Personaggi: Cesare Rocca
Prompt: "Natale è quando provi nostalgia di casa, anche quando sei a casa."
Contaparole: 327
Note: il racconto fa parte della Saga dei famiglia Rocca, una raccolta di oneshot che hanno per protagonisti Cesare, Michele ed Isabella in varie fasi della loro vita. Per capire questa bisognerebbe aver letto Solitudine.

Roma, 24 dicembre 1997

- Sicuro di non voler venire?- gli chiede per la quinta volta Michele, affacciandosi sulla porta della loro stanza.
- Alla messa di Natale con l’Onorevole e la signora Giulia?- ribatté con supponenza il fratello maggiore, appena alzando la testa dal libro che sta leggendo.
- Viene anche la nonna - continua il minore, come se la presenza di Donna Rachele possa far dimenticare che l’Onorevole e Cesare si sono fissati in cagnesco per tutto il cenone della Vigilia.
- Sei troppo succube della vegliarda!- Cesare rimprovera spesso il fratello per la sua arrendevolezza nei confronti della nonna.
- E’ una tradizione di famiglia - Michele cala l’ultimo asso a suo favore, ma lo dice più per non lasciare nulla d’intentato che sperando di convincere Cesare.
- Quale famiglia?- inquisisce l’altro con spocchia ancora maggiore - Noi non siamo una famiglia: mia madre è crepata, la tua è scapata a Rio e il vecchio si è risposato.
Michele abbassa il capo e se ne va. Cesare sa di averlo ferito, in fondo l’intento era proprio quello, non sopporta il modo ipocrita con cui suo fratello sa affrontare le dannate feste di Natale a casa del padre. Eppure, quando resta da solo nell’enorme appartamento, con solo le luci intermittenti dell’albero a fargli compagnia, Cesare capisce che, non è ipocrisia o opportunismo a spingere Michele alla recita della famigliola felice, è un desiderio folle e atavico di sentirsi a casa.
Cesare fissa i quadri, i mobili d’antiquariato, il lampadario in vetro di Murano, e lo assale una penosa nostalgia di casa, o almeno dell’idea di casa che anni di collegio hanno forgiato nella sua mente. Il magone che inizia a salirgli dallo stomaco è sufficiente a fargli indossare il cappotto e raggiungere i Rocca a messa. Il sorriso sollevato di suo fratello, sul sagrato della chiesa, è la conferma che l’unica casa che avrà mai è dove andrà Michele e per un attimo gli vuole bene davvero a quel rompiscatole.


Titolo: Natale a casa Monou
Fandom: X (AU: Kamui, il volto dell'amore)
Personaggi: Fuma/Kamui
Prompt: "Il Natale, non è una data. E' uno stato d'animo."
Contaparole: 329
Note: Questa storia fa parte della raccolta di avventure di due improbabili Fuma e Kamui "felici sposi" in un universo alternativo dove Phantasma (sì, quello di Michiru) è la regina delle serial tv e Kamui il suo accolito più accanito.

- Kam, che cazzo succede?- sbraitò Fuma Monou spalancando la porta della camera da letto, alle tre di notte, dopo tre giorni di trasferta lavorativa.
- Oddio, cosa? Che? Dove? La Fine del Mondo!- Kamui saltò sul letto per lo spavento e Consuelo, il leopardo, miagolò isterico per esser stato svegliato in malo modo.
- Ho detto: cosa cazzo succede?- ripeté Fuma scandendo le sillabe come si fa con i bambini o i pazzi.
Kamui accese l’abat-jour sul comodino e fissò perplesso il suo compagno - Di cosa parli?- chiese infine. Fuma lo sollevò di peso e con la solita mancanza di grazia lo fece cadere a terra davanti all’albero di Natale che illuminava la stanza con le sue lucine colorate.
- L’albero di Natale? - chiese ancora più perplesso Shiro - Non sai cosa è un albero di Natale, Fuma?-
- So cos’è un dannato albero di Natale, pulcino scemo, ma quando sono uscito di casa…-
- Tre giorni fa - lo interruppe Kamui con astio.
- Quando sono uscito di casa - continuò Monou come se non fosse stato interrotto - Questa casa era la residenza dei Sakurazuka, c’erano i ciliegi in fiore, il laghetto… Adesso vedo solo alberi, lucine, candele, Babbi Natale di ogni forma, razza e colore. Quindi, ripeto, che cazzo è successo? Santa Claus ha deciso di trasferirsi qui da noi?
- Ah, questo!- disse Kamui sollevato, aveva temuto per un attimo fosse scoppiata di nuovo l’Ultima Battaglia - Ho aggiornato un po’ l’arredamento, sai al periodo, siamo a Natale.
- Natale è il 25 dicembre - lo corresse Fuma freddamente.
- Natale non è una data, Fuma, è uno stato d’animo - ribatté Kamui con convinzione.
- Non pensavo che lo avrei mai detto - sospirò Fuma alla vista della casa addobbata a festa - Ma preferivo il laghetto e quegli stupidissimi petali di ciliegio.
- In primavera, avrai il tuo giardino Heian!- lo rincuorò Kamui - Adesso andiamo a dormire, ti ho comprato un pigiama da elfo, sai?
- Tu vuoi proprio morire giovane, eh, stupido pulcino natalizio?!


Titolo: La lettera
Fandom: Cesare
Personaggi: Lucrezia
Prompt: "I'll be home for Christmas"
Contaparole: 100
Note: missing moment del VI volume

La lettera era un lungo resoconto della permanenza di suo fratello maggiore a Pisa; una frase colpì l’attenzione di Lucrezia Borgia, mentre suo padre leggeva a voce alta: Cesare sarebbe tornato a casa per Natale. Lucrezia sentì come un ronzio nelle orecchie a quelle parole e, subito dopo, una morsa alla bocca dello stomaco. Cesare tornava a casa per Natale. Smise di ascoltare del tutto, il resto non le interessava più. Cesare tornava a casa, ripeté dentro di sé ancora una volta. Un sorriso sfacciato le sorse sulle labbra da bambina: quello era il più bel regalo che potesse ricevere!


Titolo: La magia del Natale
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Italia del Nord, Germania, Giappone
Prompt: "Ricorda: se non riesci a trovare il Natale nel tuo cuore, non potrai trovarlo sicuramente sotto un albero"
Contaparole: 555
Note:prima assoluta nel fandom di Axis Powers Hetalia, quindi le hetaliane del gruppo mi perdonino l’eventuale OCCness e siano clementi, ma questo promt mi piaceva in bocca a Italia. Il Gluckwein è un vino caldo aromatizzato con cannella, chiodi di garofano, arancia o limone, che si beve a Natale nei paesi di lingua tedesca (tipo il nostro vin brulé). Gli Zimtsterne (letteralmente “stelle di cannella”) sono biscotti tipici tedeschi per le feste natalizie (che ho pure fatto e sono buonissimi).

Il Natale era prossimo e, in casa di Germania, le nazioni dell’Asse lavoravano alacremente per addobbare la casa e preparare i biscotti, o meglio, Germania andò nella Foresta Nera per tagliare l’abete, lo decorò con le candele e i festoni, mentre Giappone preparava i biscotti alla cannella e quelli di pan di zenzero da appendere all’albero (seguendo attentamente le ricette fornitegli gentilmente da Svezia) e Italia…
Beh, Italia dormì fino a tardi, poi si alzò e si mise a fare il ragù alla bolognese, poi tornò a dormire e solo verso sera arrivò in salone (dove Giappone illustrava a Germania il funzionamento di un suo robot capace di mettere il puntale al gigantesco abete senza rovinare le altre decorazioni) e fissò l’opera faraonica messa in atto dalle due nazioni alleate.
Germania era sicuro che tanto sfoggio di eleganza e perfezione natalizia avrebbe conquistato quel sempliciotto d’Italia; Giappone, dal canto suo, aveva lavorato indefessamente, quindi si riteneva al di là di ogni critica.
- Manca qualcosa - disse infine Italia.
- Cosa? Non può essere? - esclamarono sconvolti gli altri due.
Giappone corse a rileggere gli appunti presi sul Natale e Germania si guardò intorno alla ricerca del tassello mancante: l’albero c’era, le luci, i festoni, le candele, il vischio sulla porta, i biscotti, aveva perfino preparato il Gluckwein per intingerci gli Zimtsterne.
- Impossibile, ho pensato a tutto- sentenziò infine il tedesco.
- Sì, è così, qui lo dice chiaramente - aggiunse Giappone mostrando ad Italia le interviste, che assieme avevano realizzato sul Natale.
Italia diede agli alleati due bandiere bianche e, con una serietà che mal si addiceva al suo viso buffo, li apostrofò - Ricordate: se non riuscite a trovare il Natale nel vostro cuore, non potrete trovarlo sicuramente sotto un albero.
Germania e Giappone si fissarono interdetti, poi con la solita autorevolezza, il tedesco annunciò che avrebbe chiamato Finlandia e domandatogli di venire a fare un’ispezione natalizia.
- Finlandia confermerà che questa casa è perfettamente natalizia - aggiunse convinto Giappone.
Ma Italia non li ascoltava, era uscito in giardino per realizzare un omino di neve di tre metri d’altezza prendendo a modello il David di Michelangelo, solo che al posto della foglia di fico aveva messo foglie di vischio ed aveva aggiunto un grosso sacco con regali sulle spalle.
- Magnifico!- esclamarono in coro i due amici, estimatori convinti della genialità artistica d’Italia (che poi era l’unica cosa, o quasi, che sapesse fare).
- Inoltre - disse Giappone battendosi un pugno sulla mano aperta - Questo omino di neve è davvero natalizio, molto più dei miei biscotti o del tuo abete, Germania! Eppure ho seguito le ricette alla lettera…
- Appunto, Giappone, alla lettera, non ci abbiamo messo nulla di nostro in quel che abbiamo fatto. Invece lui ci mette tutto sé stesso in quel suo pupazzo di neve…-
- Deve trattarsi della cosiddetta magia del Natale!- concluse Giappone.
In quel mentre iniziò a nevicare, così Germania, Giappone ed Italia rientrarono in casa, si accomodarono davanti al camino acceso e sorseggiarono insieme il Gluckwein con i biscotti allo zenzero, raccontandosi dei loro Natali passati. Passata la mezzanotte, con Italia che russava sulla poltrona e Giappone che sonnecchiava sul divano, Germania gettò uno sguardo al suo albero e capì che il Natale arriva quando ci si lascia avvolgere dal calore degli amici; si addormentò a sua volta felice.

Le storie del 22, 23 e 24 dicembre sono qui!

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