Iniziativa Estemporanea di Criticoni: Diamante

May 28, 2009 19:21

Super veloce, che sono in ritardo pazzesco per la cena fuori...
Mi sono iscritta alla community di Criticoni, così potevo scribacchaire un po' di cosine carine.

Titolo: “Dai diamanti non nasce niente”
Fandom: Originale
Prompt: Diamante
Genere: Narrativo
Rating: G (ma c'è qualche espressione colorita di uso comune)
Conteggio parole: 1560 (citazione compresa)
Riassunto [...]Una sola certezza mi sosteneva: Ninetta mi avrebbe sposato non appena finita la leva. Ce lo eravamo promessi un anno fa, proprio qui nel porto di Genova, mentre lei piangeva e io le mentivo dicendole che un anno passa in fretta.
Note: scritta per un'iniziativa estemporanea di Criticoni. Il titolo è tratto da "Via del Campo" di Fabrizio de André, così anche le citazioni all'interno della storia



Dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior
De André, Via del Campo
Genova, Città vecchia, anni Settanta

Sono sbarcato da Cagliari stamattina all'alba, carico delle migliori intenzioni. Ho fatto colazione in porto, un caffè allungato e un cornetto non proprio fresco, ma ero euforico e non ci ho badato. Arrivato a casa, mia madre mi ha fatto grandi feste, non mi vedeva da sei mesi, sei mesi di inferno passati nel Sulcis a stare attento a non farmi sparare dai pastori, che lì mica scherzano. Finalmente ieri mi hanno congedato e ho preso la prima nave per tornarmene a casa. Un anno da carabiniere in Sardegna, l'anno più inutile di tutta la mia vita. Una sola certezza mi sosteneva: Ninetta mi avrebbe sposato non appena finita la leva. Ce lo eravamo promessi un anno fa, proprio qui nel porto di Genova, mentre lei piangeva e io le mentivo dicendole che un anno passa in fretta.
Col cazzo, 'sto maledetto servizio militare non finiva mai, ma adesso me lo posso lasciare alle spalle.
Arrivato a casa, sommerso dai baci della mamma, di mia sorella Giovanna e della zia Delia, che sta sempre da noi, mi sono fatto una doccia, la barba e messo il vestito buono, quello che mamma mi ha cucito per il matrimonio della cugina Franca.
“Io vado” le ho detto gonfio di ottimismo, lei per poco non piangeva. I patti erano chiari, non appena tornato dalla Sardegna avrei fatto la proposta a Ninetta, così la mamma mi ha fatto trovare tutto pronto, compreso l'anello, il suo anello, quello che le fece papà quando le chiese di sposarla. Ha sempre detto che lo avrebbe dato a me, perché io lo regalassi alla ragazza che avevo scelto. Perciò sono commosso a mia volta mentre la vedo tornare dalla camera da letto (in una scatola in fondo all'armadio, sotto alle lenzuola buone, nasconde gli ori).
“Dallo a Ninetta” mi ha comandato guardandomi dritto negli occhi, così come da piccolo mi diceva di portare i soldi al droghiere per saldare i debiti.
Io ho annuito piano, non trovando le parole per dirle quanto le voglio bene, quanto le sono grato per tutti i sacrifici che lei e papà hanno fatto, per farle capire che anche per me quell'oggetto è molto più di un semplice solitario. Ho aperto la scatolina davanti a lei: un cerchietto d'oro e una pietra montana sopra, non molto grande, ma c'è una vena rosata che lo rende prezioso. L'orafo, a cui lo abbiamo fatto valutare, ha detto che può valere anche centomila lire.
Ho dato un bacio alla mamma e riposto la scatolina nella tasca interna della giacca. Sono uscito e mi sentivo il re del mondo. Canticchiavo quella canzone di Celentano che passano alla radio mentre salivo verso casa di Ninetta, che dista pochi isolati dalla mia. Ho citofonato all'interno sette ma la voce della madre non era particolarmente giuliva, eppure la signora Paoli mi adora!
Salendo le scale fino al quarto piano, ogni scalino era un chiodo nel petto, perché la signora non mi aveva accolto calorosamente come al solito? Che fosse successo qualcosa? Eppure avevo scritto una settimana prima a Ninetta indicandole il giorno del mio arrivo.
Ninetta era già sulla porta quando raggiunsi il pianerottolo del quarto piano, era vestita di rosa e aveva i capelli freschi di parrucchiere. Mi ha salutato con un fugace bacio sulla guancia, senza guardarmi negli occhi.
Mi convinsi che era successo qualcosa, pensando subito al peggio: “E' successo qualcosa a tuo padre?”
Il signor Paoli è malato ai polmoni, per via del lavoro in miniera quando era emigrante in Belgio.
“No, babbo sta bene” ha risposto a mezza bocca.
“ E allora che hai?” La conosco Ninetta, so quando qualcosa la preoccupa, ma se non era la salute del padre, cosa poteva essere?
“Senti, Marco... te lo avrei detto con calma. Ecco, io non pensavo che venivi subito subito, insomma...”
“Ho un regalo per te!” ho esclamato senza starla a sentire.
“No, guarda Marco, io ti dovrei dire...”
Non m'interessava più sapere la natura della sua titubanza, insomma se c'è la salute c'è tutto, no? Ho estratto la scatola dalla tasca e gliela ho porta, mi sono pure inginocchiato, come si fa nei film americani e, prendendo un lungo respiro, o esordito di getto: “Mi vuoi sposare?” La chiusura scattava al momento giusto e io restavo, da pirla, con l'anello di diamanti in mano in ginocchio sul pianerottolo di casa sua. Ninetta ha portato una mano alla bocca ed è scoppiata a piangere, rientrando in casa di cosa e sbattendomi la porta quasi in faccia.
Sono rimasto immobile senza capire.
Meno di un minuto dopo il signor Paoli in persona mi ha riaperto l'uscio e fatto segno di accomodarmi in salotto. Sono entrato titubante, dalla porta a vetri della cucina ho intravisto la sagoma di Ninetta che piangeva appoggiata al petto della madre. Non capivo ancora, ma la cosa iniziava a non piacermi.
Il signor Paoli mi ha fatto sedere sul divano e si è seduto accanto a me. Come prima sua figlia, non mi guardava negli occhi.
“Ascolta, Marco, la mia famiglia ha grande simpatia per te e grande rispetto per i tuoi genitori, ma vedi, tu non hai ancora un posto fisso e questa tua passione per i computer dovi ti può portare?” Ha fatto una pausa, come a lasciar intendere che non sarei capace di provvedere alla figlia o cose del genere. “Insomma, com'è come non è, durante la tua assenza, è capitato che Ninetta andasse ad un'innocente festicciola a casa dei De Marco e lì a conosciuto meglio Gigi, il padre lo ha fatto entrare alle Poste, sai? Così, insomma, si sono piaciuti e allora... Si sposano il mese prossimo”
“Cosa?” Gli occhi mi devono essere usciti dalle orbite perché il signor Paoli si è allontanato i qualche centimentro all'indietro.
“Ninetta voleva scriverti, ma le abbiamo detto che certe cose bisogna dirle in faccia”
“Ma lei non mi ha detto...” Non ho finito la frase, capivo che, se non fossi stato così preso dal volerle fare la proposta mezzo secondo dopo averla rivista, forse la poverina avrebbe avuto anche il tempo materiale per dirmi la verità. Sono rimasto in silenzio e anche Paoli non sembrava intenzionato ad aggiungere altro. Mentre siedevo con le mani in mano sul divano di pelle di casa Paoli, fissando con occhi vacui i dipinti alle pareti (vedute di Genova e Camogli), una serie di domande iniziavano a vorticare nella mia mente.
Alla festa in casa dei De Marco c'era andata pure mia sorella, quando era successo? Due mesi prima? Giovanna mi aveva fatto il resoconto della serata e, sì, aveva scritto due righe pure su Ninetta che aveva ballato con Gigi. Non ci avevo dato peso, con slancio altruistico avevo ritenuto giusto che la mia fidanzata si divertisse un po' anche senza di me e, quanto a Gigi, lo ritenevo un coglione incapace di nuocermi.
Due mesi fa la festa e adesso si sposavano? Un fidanzamento lampo, un po' troppo lampo.
Ho gettato uno sguardo fugace al padre di Ninetta mentre mi facevo due conti. Mi èsalito un sorriso cattivo sulle labbra, la santarellina si era fatta mettere in cinta e adesso correva ai ripari, altro che posto fisso alle Poste!
“Signor Paoli, la saluto” Ho detto alzandomi. L'uomo mi ha fissato interdetto, magari si stava chiedendo se avessi capito che sua figlia mi aveva messo le corna con il primo conglioncello che le aveva fatto due moine. “Le faccio le mie più vive congratulazioni, a lei e alla futura sposa”.
Paoli ha annuito piano e mi ha accompagnato alla porta: aveva l'aria sconfitta e afflitta, tra meno di una settimana tutto il rione saprà che la figlia è una zoccola. Mia zia Delia è soprannominata “Il secolo XIX” per la sua abilità a diffondere maldicenze e pettegolezzi.
Sono uscito da casa Paoli per l'ultima volta, e mi sentivo anch'io sconfitto e afflitto, anche se si era rivelata una grandissima delusione, io voglio un gran bene a Ninetta e una parte di me la vorrebbe sposare lo stesso, così, con il figlio di un altro in grembo.
Avevo voglia di fare qualcosa di brutto e stupido, perché non trovavo il coraggio di tornare a casa, affrontare gli occhi pieni di speranza di mia madre e metterla al corrente di questa orribile storia.

Sono venuto qui, nella città vecchia, per fare un giro nei vecchi moli. In via del Campo c'è una puttana, gli occhi grandi color di foglia, se di amarla ti viene la voglia, basta prenderla per la mano (1). E' lì che dirigo i miei passi, tenendo stretto tra le mani l'anello di diamanti di mia madre, penso a quella ragazza che ho visto tante volte affacciarsi al balcone, in attesa di un cliente. C'è sempre un tipo strano, che arriva verso sera, e che vorrebbe sposarla, ma lei non ha mai accettato. Quest'illuso resta a fissare le scale che lei percorre assieme ad un altro con gli occhi all'insù, colmi di lacrime, aspettando che il balcone chiuda; poi, mani in tasca, sparisce tra i carruggi.
Stasera, probabilmente, sarò io quello a salire le scale, anch'io illuso e deluso. Alla fine tra Ninetta mia e la puttana di via del Campo, che differenza c'è? E' molto più onesta quella graziosa, che fa il mestiere che fa alla luce del giorno. Si dice che dai diamanti non nasca niente, ma che dal letame nascano i fiori.

Note:
(1) Via del Campo, De André, 1967

criticoni, originali

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