Titolo: Diario di un segreto
capitolo: x
Fandom: X
Personaggi: Fuma Monou e Kamui Shiro
Prompt: 052. Fuoco
Rating: PG-13
Riassunto: Riflessioni notturne sull'amore e sulla vita
Note: Fanfiction storica ambientata nel Giappone dei samurai, nel 1865. Alcuni personaggi incarnano figure realmente esistite, altri sono mie invenzioni. Per scrivere questo breve romanzo ho usato come fonte alcuni libri, film storici e fonti enciclopediche, sempre cercando di romanzare la Storia e non di usare fandom di opere storiche.
Capitolo X
Bruciava il fuoco al centro della stanza: il braciere era un quadrato fatto di pietre e mattoni che occupava quasi la metà della sala, intorno erano posti i cuscini, ormai mezzi stracciati e calpestati; in un angolo, sotto la finestra ora sbarrata dalle persiane, un lavello in pietra dove erano state riposte le stoviglie della cena e l’otre con l’acqua potabile, rovesciato a terra a pochi passi dal coperchio rotolato via. Lo sguardo non aveva su che fermarsi, tutto era un caos terribile, già la casa era quanto mai semplice e spartana, ora anche vagamente fatiscente. La stanza non aveva tatami a terra, che erano stati riservati al solo ambiente per la notte, ma terra battuta di uno strano colore grigio-nero, come la terra di quella montagna, e ora orme di sandali l’attraversavano in ogni direzione. Fuori il mondo si era fermato, pensò Fuma, trattenne perfino il respiro per cercare di captare un qualche rumore, passi, fruscii di vesti, ma la neve era così fitta che nemmeno i lupi si azzardavano a girare quella notte. Dopo la sorpresa della mattina era tornata la calma, la missione punitiva era composta da soli nove uomini, i cui cadaveri erano ormai sepolti da cinquanta centimetri buoni di neve, non c’erano altri nemici nei paraggi, altrimenti sarebbero già arrivati. Fissò la porta sconnessa che a malapena chiudeva la notte fuori dalla stanza; spirava un vento gelido, doveva essere vicina l’ora del drago, si disse, dalla posizione della luna ormai bassa nel cielo bianco di nevischio, che si vedeva dagli shoji squarciati. Gettò poi uno sguardo alla camera attigua: Kamui dormiva, quel ragazzo aveva il sonno di un neonato, disse scuotendo la testa, pessima scelta come scudiero, doveva rinfacciarlo a Seishiro-san…
Già Seishiro-san… si toccò la nuca ormai nuda e un brivido gli percorse la schiena mentre il vento si intrufolava nello scollo dello yutaka. I suoi bei capelli recisi in modo tanto stupido, come aveva fatto a distrarsi? Se solo quello sciocco ragazzo non si fosse messo a gridare come una dama isterica… Rise, non era poi tanto dispiaciuto della scelta del suo scudiero, anche se come spadaccino si era rivelato una delusione: era molto più bravo nella tranquillità del dojo che sul campo di battaglia, chissà se il comandante lo aveva capito? Seishiro-san aveva l’occhio lungo per i bei ragazzi… sì, ma sapeva distinguere un vero samurai da un bamboccio che si agita con la shinai scimmiottando un vero guerriero… allora a cosa pensava quando aveva scelto Shiro l’estate scorsa? E lui a che pensava? Non lo aveva forse messo alla prova e giudicato capace ed idoneo? Aveva infinocchiato tutta la Shinsengumi quel ragazzino, rise scrollando il capo; d’altra parte non era il primo talentuoso kendoka che si perdeva davanti ad un vero nemico e bisognava dargli atto che si era battuto quantomeno decentemente durante l’agguato teso da Choschu poco ore prima. Ciò che frenava Kamui-kun, e come lui molti altri nobili guerrieri che aveva incontrato, era il coinvolgimento emotivo: vedendo minacciati i propri affetti o i propri averi perdevano la necessaria calma e cadevano facile preda dell’ansia. Per questo si sconsigliava ad ogni giovane che intendesse seguire il Bushido e farne la ragione della propria esistenza di non legarsi troppo presto ad una donna, metter su famiglia e regolarizzare la propria esistenza: solo i cani sciolti, senza padrone e senza affetti, potevano vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, sempre pronti all’estremo sacrificio in nome dell’Onore e della Giustizia. Il Bushido era una strada da percorrere in solitudine. Non di rado, cedendo alle necessità della carne, questi valenti Eroi si lasciavano andare a terribili storie d’amore tra di loro, terribili perché spesso sfociavano in omicidi e vendette: poteva fare più danni un giovane scudiero prestante di un’intera armata di ninja! Fuma si era tirato fuori da questo tipo di mischia da tempo, anzi, si può dire che non vi aveva mai preso parte, e aveva sempre giudicato deboli o perversi tutti coloro che si dedicavano al Wakashudo. Tendenzialmente trovava meno disdicevole l’amore tra Yuto e Kanoe-mama, che pur distraeva Kigai dai suoi doveri e lo aveva quasi condotto alla rovina, quando l’allora okasan di Kanoe aveva scoperto la tresca, che quello più tranquillo e sereno tra Seishiro-san e Sumeragi-san, ma solo perché immaginava fin troppo bene cosa facessero quei due assieme a letto e si sforzava di capire come poteva lo sciamano vendere il suo corpo in cambio del benessere e l’agio che il comandante gli assicurava. L’amore era un concetto del tutto estraneo al pensiero e alla vita del giovane capitano, tanto da non prenderlo mai in considerazione in quelle occasioni, come ora, in cui cercava di darsi una spiegazione dell’agire umano.
Si alzò rabbrividendo e uscì per prendere della legna e tornò in casa. Noncurante del rumore che avrebbe prodotto, prese a fissare le assi alla porta, avrebbero fermato il vento, quantomeno. Esattamente come si attendeva, Kamui si alzò dal futon e si affacciò dalla camera da letto: aveva lo sguardo assonnato, i capelli sciolti ricadevano sulle spalle, arruffati e sporchi: c’era ancora uno schizzo di sangue rappreso lungo la linea del collo bianchissimo.
- Così dovrebbe andare un po’ meglio- disse Fuma per rispondere allo sguardo interrogativo dell’altro.
- Occorreva farlo nel cuore della notte?-
- Mi era passato il sonno-
- Capisco, ma io dormivo benissimo-
Fuma si limitò a ridere ed uscì di nuovo, lasciando la porta spalancata. Kamui fu colpito in pieno da una folata di vento gelido e si chiuse lo yutaka al petto con ambo le mani.
- Metto su dell’acqua per bollire un po’ di zuppa, non so tu, ma io muoio di fame… abbiamo dormito di giorno, mangeremo di notte!- disse Fuma rientrando con la legna da ardere tra le braccia. Kamui sbuffò ma si prodigò per dargli una mano e in breve si ritrovarono davanti ad un bel fuoco scoppiettante e un calderone d’acqua che bolliva allegro, con due tazze di zuppa pronte per essere assaporate.
- Ora che l’acqua calda c’è, vorresti farti un bagno, Kamui-kun? Sei ancora sporco di sangue- ruppe il silenzio ad un tratto il capitano, allungando una mano ad accarezzargli la pelle sulla giugulare.
Kamui rabbrividì appena a quel tocco e poi prese la mano calda e grande e l’avvicinò al viso per strofinarci il suo, come un gattino. I suoi occhi viola erano accesi di una luce tremolante, riflesso della fiamma che danzava ipnotica nel braciere. Le ombre erano violente e nette, dividevano la stanza in due parti ben distinte: buio cupo e luce rossa. Il caos e i cocci della battaglia erano stati inghiottiti dall’oscurità, ma loro due erano immersi in quella luce irreale, come se l’attimo stesso che stavano vivendo non fosse che un sogno, dai contorni confusi e tremolanti, proprio come il fuoco scoppiettante, fulcro di luce e calore. Le gote del giovane scudiero si infiammarono, poteva essere il caldo o l’emozione, poteva essere che lo avesse solo immaginato, ma la guancia contro la sua mano era morbida e liscia, e gli occhi lo fissavano da sotto le palpebre abbassate, come quelli di un cucciolo che aspetta un cenno del padrone per poter far le feste e scodinzolare felice. Fuma capì, allora, che c’era dentro fino al collo e che indietro non sarebbe più tornato. Non ci sarebbero più state notti in solitudine o lunghe ore di meditazione per ritrovare la calma e la concentrazione, non sarebbe più bastato a se stesso, non sarebbe più stato un cane sciolto: da quel momento in poi avrebbe avuto qualcuno di cui occuparsi, qualcuno che sarebbe dipeso da lui e dal quale lui sarebbe dipeso. La morte iniziò a spaventarlo e a desiderare di aver più tempo, più tempo per vivere, amare, gioire e accarezzare quella guancia morbida e liscia.
Ad un tratto, Fuma Monou disse una cosa che non avrebbe mai immaginato che avrebbe detto ad un altro uomo.
- Andiamo di là… questa notte lasciamo che fioriscano i lillà-
Kamui annuì e si lasciò condurre per mano fino al futon lasciato disfatto nella stanza accanto.
Il fuoco continuò a scoppiettare allegro al centro del braciere minacciato dal vento che spirava attraverso gli spiragli lasciati dalle assi assemblate alla bene e meglio, finché pian piano la legna non si consumò per intero e, non giungendo nessuno a rianimarlo, si spense tra gli ultimi scoppiettii della brace rovente.
NOTE:
Bushido:(giapponese: la via del guerriero) è un codice di condotta e un modo di vita, analogo al concetto europeo di Cavalleria, adottato dai guerrieri giapponesi. In esso sono raccolte le norme di disciplina, militari e morali che presero forma in Giappone durante gli shogunati di Kamakura (1185-1333) e Muromachi (1336-1573), e che furono formalmente definite ed applicate nel periodo Tokugawa (1603-1867).
Ispirato ai principi del buddhismo e del confucianesimo adattati alla casta dei guerrieri, il Bushidō esigeva il rispetto dei valori di onestà, lealtà, giustizia, pietà, dovere e onore che dovevano essere perseguiti fino alla morte. Il venir meno a questi principi causava il disonore del guerriero, che espiava commettendo il seppuku, il suicidio rituale.
Successivamente alla Restaurazione Meiji (1866), il Bushidō ebbe come punto fondante il rispetto assoluto dell'autorità dell'imperatore e divenne uno dei capisaldi del nazionalismo giapponese. Uno dei principi del Bushidō, l'assoluto disprezzo per il nemico che si arrende, fu la causa dei trattamenti brutali e denigranti a cui i giapponesi sottoposero i prigionieri nel corso della seconda guerra mondiale, mentre la ricerca della morte onorevole in battaglia, fu la molla che spinse molti kamikaze al sacrificio.
I sette principi del Bushidō
Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Yu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.
Jin: Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una.
Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini.
Makoto o Shin: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.
Meiyo: Onore
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.
Chugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.
(tratto da Wikipedia, l'enciclopedia libera)
Wakashudo:Uno letterato buddista giapponese, parlando ad un pubblico cristiano nel XVII sec, disse che secondo le interpretazioni giapponesi di Buddha, l'eterosessualità doveva essere evitata dai preti, e che invece l’omosessualità doveva essere permessa. Il Monte Imose simboleggia l’eterosessualità, invece Wakashudo, significa la via della gioventù, o meglio la via del giovane uomo, quindi l’omosessualità.