Titolo: Diario di un segreto
capitolo: IX
Fandom: X
Personaggi: Fuma Monou, Kamui Shiro
Prompt: 022. Nemici
Rating: PG
Riassunto: L'esilio tra le nevi di Fuma e Kamui subisce una brusca interuzione e alcuni conflitti sembrano risolversi (schifo di riassunto :( )
Note: Fanfiction storica ambientata nel Giappone dei samurai, nel 1865. Alcuni personaggi incarnano figure realmente esistite, altri sono mie invenzioni. Per scrivere questo breve romanzo ho usato come fonte alcuni libri, film storici e fonti enciclopediche, sempre cercando di romanzare la Storia e non di usare fandom di opere storiche.
Capitolo IX
Le giornate si fecero sempre più corte e la neve dava tregua solo di tanto in tanto, così Fuma e il suo compagno erano costretti all’isolamento lassù tra le nevi. Fin dal primo giorno il programma del capitano era stato: sveglia prima dell’alba, duri allenamenti nella neve e meditazione, ma dovette arrendersi quasi subito davanti alle sgridate di Kamui che non permetteva in alcun modo che prendesse freddo o che si stancasse minimamente, e quella fu solo una delle tante piccole cose a cui l’autorità di Fuma abdicò con un sorriso. Così passavano le giornate in casa a leggere i preziosi manoscritti del capitano o nel piazzale davanti l’abitazione dove Kamui si esercitava con la spada osservato da Fuma, costretto suo malgrado a restare sul genkan e a dare indicazioni solo a voce. Poteva essere una vita noiosa per un uomo abituato all’azione come Fuma, eppure non c’era giorno che si alzasse di cattivo umore o desideroso di rientrare a Kyoto. Stava bene in compagnia di Kamui, anche se preferiva non chiedersi il perché di tanta indulgenza. D’altro canto, Kamui era a dir poco raggiante e ogni giorno più propositivo dell’altro, si impegnava negli allenamenti, si occupava di tenere la casa in ordine e di fare legna, si era accollato tutti i lavori più pesanti e si aggirava come un folletto attorno al suo signore, sollecito e accorto ad ogni minima esigenza. Fuma poteva protestare ben poco perché il riposo stava dando i suoi frutti: la tosse sembrava placarsi giorno dopo giorno, il suo viso era più rilassato, al pelle di nuovo fresca, gli occhi avevano perso quelle antiestetiche borse. Si convinse quasi che sarebbe guarito o, ad ogni modo, iniziò a sperarlo ardentemente. Se prima non gli interessava sapere che morte lo attendeva, e l’unico cruccio di quella malattia era il terrore di spirare in un letto e non in battaglia, ora si chiedeva davvero come poteva aver desiderato la morte, quando la vita era così straordinaria: crudele e generosa al tempo stesso.
Una mattina, approfittando del sole che brillava sulla vallata innevata, Fuma convinse Kamui ad andare a caccia e si inoltrarono nel bosco fitto in cerca di lepri o piccole volpi.
- Un cervo sarebbe l’ideale- commentò Fuma osservando le impronte sulla neve- Ma noi due non riusciremmo a mangiarne uno intero-
- Questi non sono zampe di un animale- Kamui lo strattonò per un lembo degli hakama. Fuma si voltò indietro e vide, nascoste nella boscaglia, orme di passi.
- Hanno impiegato più tempo del previsto… li aspettavo per la settimana passata… D’accordo, torniamo indietro e speriamo che non siano già in casa- tagliò un ramo di vischio con il coltello e camminando a ritroso cancellò le tracce del loro passaggio. La casetta sembrava vuota, le armi erano nascoste in una botola sotto il futon, nella stanza secondaria. Dovevano riuscire a rientrare a prendere le spade, altrimenti cercare di avere la meglio con solo due wakizashi- Kamui-kun, fa’ una corsa, entra dalla finestra sul retro e prendi le spade, io ti copro-
- Fuma-san, non c’è nessuno-
- Sì invece, hanno mandato un professionista, un ninja. È lì che mi aspetta, ne posso sentire l’odore, è desideroso di confrontarsi. Va e sii il più silenzioso possibile, non ingaggiare lotta, almeno che io non sia morto, portami solo la mia spada-
- Voi che farete?-
- Giocherò con lui-
Kamui voleva protestare ma lo sguardo del capitano era già proiettato al futuro, all’incontro, stava già calcolando le sue mosse e quelle dell’avversario, parlare non era più possibile. Fuma aveva fatto la sua scelta. Perciò Kamui scivolò nella neve camminando con passo felpato e s’introdusse nella casa dalla stretta finestra della camera da letto; il rumore che fece cadendo sui tatami fu coperto dalla voce del capitano e del loro misterioso ospite. Fuma aveva calcolato i tempi con precisione e aveva previsto anche che non sarebbe stato capace di recuperare le spade senza far rumore. Così si spicciò a sollevare la botola e ad estrarre le katana avvolte nei loro eleganti foderi. Di là si udivano rumori di lotta e quando si affacciò nella cucina, Fuma stava lottando a mani nude contro l’uomo vestito di nero. Tre stelle ninja erano conficcate nella parete a pochi centimetri dall’orecchio del capitano e lo straniero sembrava avere la meglio, nonostante fosse più basso e minuto di Monou.
- Fuma-san- urlò Kamui lanciando la katana sguainata. Questi si voltò verso di lui, sollevò lo straniero con una mossa di jujistu e afferrò la katana al volo, roteò su di sé e colpì l’uomo, che era stato lesto a rialzarsi, in pieno volto, la maschera nera che lo copriva si tranciò in due parti e ne scoprì il volto: era lo sfregiato di Choshu, quello che era scappato all’agguato notturno, dove sia Kamui che Sumeragi erano rimasti feriti. Il volto di Fuma s’illuminò di vendetta e di un certo sadismo, si pose in posizione e decapitò l’uomo in un colpo solo. Un attimo dopo erano circondati: sette uomini di Choschu, armati di tutto punto, irruppero nella casa e affrontarono il capitano circondandolo. Kamui non aspettò nemmeno un segnale e si gettò nella mischia a testa bassa. Cercò di tenere a mente tutti i consigli che il capitano gli aveva dato in quelle settimane, ma alla fine si affidò al suo solo istinto. Quando furono spalla a spalla, poté sentire il cuore impazzito di Fuma che pulsava come il suo.
- Tieni la katana bassa ed impugnala con ambo le mani- gli disse in un sussurrò rotto da un colpo di tosse- E fa’ di tutto per non farti disarmare-
Kamui annuì ma non ebbe tempo di rispondere, un colpo lo raggiunse da destra e lo parò lestamente. La stanza era ora troppo piccola per nove uomini duellanti e piena di fumo: qualcuno aveva rovesciato il calderone con l’acqua calda e reso irrespirabile l’aria. Kamui si spostò così nella stanza da letto, ma capì presto di essersi messo in trappola da solo, così rovesciò con un calcio il paravento addosso all’uomo che entrava dietro di lui e trafisse senza colpo ferire il secondo che lo seguiva, poi finì il primo entrato. Di nuovo libera la via, si gettò lanciando fendenti alla cieca verso la porta d’ingresso e fu come abbacinato dal riverbero della neve, piccole gocce di sangue indicavano la via, per poi diventare sempre più grandi, come in un mandala buddista: passi, neve, terra, sangue, seguì gli indizi fino al declivio della strada, dove iniziavano le risaie coperte dal manto bianco. Erano tre e al centro svettava la capigliatura corvina del suo signore, iniziò a correre verso di lui, ma un laccio dei geta scelse quel momento per spezzarsi e cadde faccia avanti, la katana gli scivolò di mano. Vide un’ombra sovrastarlo, si girò sulla schiena di scatto e il colpo gli squarciò una manica del kimono, senza però intaccare la carne: con il braccio libero sfilò il coltello dall’obi e trafisse l’uomo in pieno petto, e questi ricadde a peso morto vomitando sangue. Ci mise del tempo a togliersi il cadavere di dosso, tempo prezioso, pensava in cuor suo, ed arrancando con un sandalo sì e uno no continuò la sua corsa verso la risaia. Ora gli uomini erano in due e Fuma indietreggiava verso la fine del terrazzamento, ancora pochi passi e sarebbe caduto. Urlò il suo nome con quanto fiato in gola e si accorse di star piangendo solo quando ingoiò le sue lacrime salate. Fuma si voltò verso di lui: gli sorrise, grondava sangue, non sapeva se suo o dei nemici, la coda era ormai un confuso groviglio di fili di lucente seta e sangue rappreso, il kimono rosso e nero, sangue e terra. Quel sorriso fermò il tempo e tutto rallentò, perfino i fiocchi di neve che scendevano ora copiosi, perfino l’assalto dei due nemici, perfino il canto degli uccelli in lontananza, tutto si fermò in quel sorriso. Poi la vita riprese a scorrere al suo ritmo naturale, la katana dell’uomo sulla destra raggiunse il capitano alla testa, mentre questi parava l’assalto dal basso del sicario sulla sinistra. Come fili di un telaio disfatto da mano crudele, i folti capelli d’ebano danzarono nell’aria raggelata, nero contro il cielo bianco, si sollevarono in alto e poi ricaddero a terra in una pozza di terra e sangue. Fuma si girò e sfilato il wakizashi dalla cintura lo conficcò nella coscia dell’uomo, trafiggendo l’arteria femorale, poi si voltò verso l’ultimo avversario e gli squarciò la gola con il filo della spada.
Cadde il silenzio e il capitano della Shinsengumi si afflosciò a terra, cadendo sulle ginocchia, vomitando sangue a sua volta. Kamui correva come in un sogno, quando si continua a camminare senza mai toccare l’oggetto desiderato, ma quando riuscì ad abbracciare le forti spalle, scosse da sussulti, e ad accarezzare il capo si sentì incredibilmente felice.
- E’ finita- disse Fuma tenendo gli occhi chiusi e la mano ancora serrata sull’elsa.
- Sì, Fuma-san- rispose Kamui dando libero sfogo alla sue lacrime, solo allora sentì le mani dell’altro circondarlo e stringerlo a sé.
- E’ finita, Kamui-kun, siamo ancora insieme-
Kamui si costrinse ad abbandonare quel tenero contatto per fissare Monou negli occhi e gli sorrise.
- I vostri capelli- disse tra il pianto ed il riso- I vostri splendidi capelli!-
Fuma si passò una mano sulla nuca e sospirò, la coda era stata tagliata di netto ed ora la chioma era un cespuglio arruffato, lungo davanti e corto dietro.
- Non li tagliavo da quando avevo sette anni- sospirò- Sono così brutto?-
- No, tutt’altro, sembrate più grande-
- Te lo avevo detto che era ora di tagliarli!- scherzò tornando ad abbracciarlo.
- Sì- annuì Kamui ridendo. Fuma lo sollevò di peso e cominciò a risalire verso casa-No, capitano, no, che fate? Sono pesante!-
- Una dama peserebbe più di te!- gli rispose Fuma ridendo.
- Ma siete ferito- protestò Kamui.
- Solo la mia chioma è ferita…- sghignazzò l’altro senza minimamente intendere di mettere lo scudiero a terra- Sai che farò? Raccoglierò quel che resta dei miei bei capelli e li spedirò a Seishiro-san. Non so se gli verrà prima un colpo al cuore o sarà la spada di Yuto-san ad ucciderlo! Mi sembra già di sentirli litigare!-
- Siete indisponente!- commentò Kamui.
- Oh, sì! Non sai neanche quanto!-
Erano arrivati in casa. Fuma richiuse gli shoji un po’ ammaccati con un calcio e attraversò il caos di ciò che restava della cucina. Depose Kamui sui tatami e prese un futon pulito dall’armadio, accantonò in un angolo tutto quello che gli dava fastidio, e stese il letto. Riuscì all’aperto con un secchio, che riempì di neve; acqua calda non ce n’era più e il fuoco era stato spento, l’idea di lavarsi con quel freddo era improponibile, così cercò di darsi una sistemata come meglio poteva. Si tolse il kimono fradicio di acqua e di altri liquidi corporali e, con un panno inumidito nella neve, che si andava sciogliendo, cercò di strofinare via il sangue, prima che si rapprendesse. Kamui fece lo stesso, poi si sdraiarono sul futon. Fuma gli cinse la vita con un braccio e gli fece appoggiare la testa sul suo petto, chiuse gli occhi e si rilassò.
- Fuma-san?-chiese Kamui, senza muoversi.
- Dopo, Kamui-kun, dopo, ora devo dormire-
- Fuma-san, ma io vi piaccio almeno un po’?-
Fuma aprì solo mezz’occhio e gli accarezzò i capelli- Direi che “almeno un po’” è riduttivo, ragazzino! Ma se non stai zitto, ti caccio a pedate-
- Non fiaterò, promesso-
Si addormentarono quasi di colpo.